Coronavirus e teorie del complotto: il ruolo dei social media
Il metodo complottista in rete
I complottisti, nonostante tutto, hanno ideato vari modi per sfuggire ai diversi controlli. Uno di questi è la cosiddetta "viralità nascosta" a causa della quale ricercatori e giornalisti riescono ad accedere a meno del 2% di quei dati contenenti teorie del complotto che circolano su pagine e gruppi privati su Facebook e WhatsApp. Così facendo, i post vengono più raramente contrassegnati come falsi e ricevono segnalazioni solamente nel momento in cui compaiono su pagine pubbliche. Un altro metodo utilizzato consiste nel condividere uno stesso post da una posizione online differente dopo averlo archiviato sull'Internet Archive, cioè su un sito web che consente di conservare i contenuti.
Nell'Aprile del 2020, ad esempio, un post del sito News NT che affermava che la Cina volesse nascondere informazioni sul virus è stato rapidamente individuato come contenente notizie false. Secondo i dati di Crowdtangle però, il collegamento originale di quel post raccoglieva poche interazioni e condivisioni su Facebook mentre la versione di quella stessa pagina salvata sulla Wayback Machine di Internet Archive ha reso possibili 649.000 interazioni e 118.000 condivisioni. Molti post, che diffondono disinformazione e cospirazioni sul Covid-19, in questa maniera, riprendono vita (Donovan, 2020).
Gruppi su Facebook ma anche numerosissimi gruppi su Telegram hanno visto riunirsi complottisti, negazionisti e no-vax. Eventi, manifestazioni no-mask e feste clandestine sono state organizzate sulle chat di Telegram - che consente di creare gruppi con un numero altissimo di persone e offre anche la possibilità di aprire delle chat segrete. Noto è il caso del canale denominato "GRAN RISVEGLIO" all'interno del quale i membri organizzavano una manifestazione a Roma che molti di loro definivano "marcia su Roma" con il motto "liberiamo l'Italia". Il tema principale del gruppo era infatti il dibattito sulla pandemia ritenuta inesistente e la convinzione secondo cui all'interno del vaccino vi sia un microchip che serve a far controllare ai politici la vita e la mente delle persone (Salamida, 2020).
Non solo manifestazioni, ma veri e propri atti di violenza (come l'assalto al Campidoglio degli Stati Uniti avvenuto il 6 gennaio 2021) sono stati messi in atto da individui che hanno dato vita a movimenti complottisti proprio sul web. É il caso di Qanon: la comunità che oltre a essere convinta vi sia un Deep State che agisca contro l'ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, familiarizza anche con le teorie del complotto sul coronavirus. I componenti si trovano principalmente all'interno di tali gruppi dove molti di loro hanno trovato un rifugio dopo essere stati banditi da altri social media. Da tempo sono quindi migrati su social network alternativi come ad esempio Gab, nato nel 2016, noto per le sue norme più permissive e per il suo pubblico di estrema destra spesso razzista e antisemita.
L'interfaccia della piattaforma è simile a quella di Twitter e molti post all'interno di questo social riguardano proprio il Covid-19 e il rifiuto a credere nell'efficacia dei vaccini anti-coronavirus. La particolarità di questo social è data da un approccio chiuso: il fondatore, Andrew Torba, ha apertamente dichiarato di aver limitato il motore di ricerca interno in modo da contrastare notizie non in linea con il pensiero degli utenti (Longo, 2021).
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Coronavirus e teorie del complotto: il ruolo dei social media
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Informazioni tesi
Autore: | Alessia Simon |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2020-21 |
Università: | Università degli Studi di Torino |
Facoltà: | Scienze della Comunicazione |
Corso: | Scienze della comunicazione |
Relatore: | Moreno Mancosu |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 43 |
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