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The Importance of Being Earnest: tra anticonformismo e dissimulazione

Il dandy: un bugiardo autorizzato dalla sua propensione estetica

L’irlandese non faceva che appellarsi, durante il corso del suo saggio non a caso esposto in forma dialogica, al giorno in cui la noia avrebbe preso il sopravvento in quella plumbea realtà, e solo allora, una volta presa coscienza di quanto poco piacevole fosse la vita contemplativa in quel contesto buio, sarebbe stato necessario rivolgersi ad un bugiardo che riprendesse in mano le redini dell’arte così per come essa era stata concepita in altri tempi. Egli, imprimendo il giusto impulso creativo, ed avvalendosi di ogni mezzo per rendere possibile la risurrezione della perduta arte di mentire al fine di creare “beautiful untrue things”, avrebbe ripristinato il piacere della contemplazione del bello, respingendo, quindi la velenosa intromissione della morale.
L’autentico bugiardo era colui che mostrava con franchezza “… his fearless statements, his superb irresponsibility, his healthy, natural disdain of proof of any kind!”, mentre il suo scopo diveniva quello di “… to charm, to delight, to give pleasure. He is the very basis of civilized society, and without him a dinner party… is as dull as a lecture at the Royal Society…”. L’arte, evadendo dalla prigione della realtà, sarebbe andata a baciare le labbra del bugiardo, l’unico in realtà che possedesse il segreto per la manifestazione del bello, l’eletto investito delle doti necessarie per divulgare il credo per il quale “Truth is entirely a matter of style; while life - poor, probable, uninteresting human life - tired of repeating herself… will follow meekly after him, and try to reproduce… some of the marvels of which he talks”.
L’artista supremo, o piuttosto lo spregiudicato mentitore, nella plastica teoria di Wilde, era il dandy, il cui stereotipo era particolarmente caro alla produzione letteraria dell’autore.
Non si ricorda, infatti, neanche uno scritto dell’irlandese che non sia stato neanche in minima parte contaminato dalla velenosa e brillante intromissione di tale personaggio che si investiva, oltretutto, del ruolo di portavoce delle autorevoli e controverse teorie del suo creatore. Il critico J. McCormack descrive il ruolo del dandy nel corpus di opere di Wilde, spiegando la natura della sua attività ed i meccanismi che dettano il proprio modo d’agire, affermando:
The dandy masters life by rejecting it; he is not born but made, and made in proportion to his powers of rejection. His effort to make himself involves him in a struggle with those forces that would determine him; in particular with those of history. This he does on two counts.
First of all he denies history its claim to superiority as fact… Secondly, the dandy denies history its warrant in appeal to feeling: he becomes invulnerable by appearing to be heartless.

E’ evidente quindi quanto il critico voglia confermare la superiorità di questo personaggio, osservando che il piedistallo sul quale egli imperioso giace, si erga ritto sulla base dell’attenta costruzione di una certa artificiosità, capace di conferire il coraggio, o piuttosto quella attenta dose di presunzione, necessaria per negare la storia nel tentativo di svuotarla dall’egemonia conferitagli dal saldo legame con gli eventi catalogabili nel reale. A questo modo il dandy affermava la propria autorità sfoderando una facciata quanto più disinvolta possibile per rendersi invulnerabile al sentimento, probabilmente la grande vera minaccia allo spregiudicato cinismo. Il dovere di chiunque operasse nel campo artistico, doveva essere quindi quello di rivalutare la perduta arte del mentire e di riacquisire quella deliziosa artificiosità che era complice per la creazione di nuovi e più entusiasmanti mondi, attribuendosi, o piuttosto assecondando, tutte quelle eccezionali esagerazioni proprie della personalità del mentitore per antonomasia, ovvero il dandy.
Sarebbe stato necessario, secondo Wilde, educare nuovamente alla menzogna, di modo da elevarla ad una sfera molto più spirituale, perché mentire non prevedeva la volgare accezione di ingannare, quello era il condannato scopo pratico legato all’acquisizione di vantaggi personali che riconosceva il favore di “many earnest and deep-thinking people”del suo tempo. La menzogna, invece, diventava edificante e superbamente necessaria solo se associata alla creazione di nuove sensuali geometrie, o come dichiarava l’autore, solo laddove trovasse una dignitosa giustificazione nel “… lying for its own sake, and the highest development of this is… lying in Art”.

Questo brano è tratto dalla tesi:

The Importance of Being Earnest: tra anticonformismo e dissimulazione

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Informazioni tesi

  Autore: Marachiara Marino
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2006-07
  Università: Università degli Studi della Calabria
  Facoltà: Lingue e Letterature Straniere Moderne
  Corso: Lingue e Letterature Straniere
  Relatore: Maria Maddalena Parlati
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 132

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