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Economia dei cambiamenti climatici e vulnerabilità nei paesi in via di sviluppo

Governare i beni collettivi

Dalla teoria di Hardin emerge l’incapacità da parte di un gruppo o di una comunità a darsi delle regole per fronteggiare o sottrarsi alla “tragedia delle risorse comuni”, vale a dire al loro esaurimento. Una prima soluzione possibile alla tragedia dei beni collettivi è quella di privatizzare il bene collettivo, suddividendolo in tante frazioni private. La proprietà privata eviterà un eccessivo sfruttamento della risorsa. Tuttavia, molti beni comuni non sono “divisibili”. L'atmosfera, come altri global commons, e diversamente dal pascolo di cui parla Hardin, non può essere recintata. L'altra soluzione “classica” è quindi quella di creare un patto, un “Leviatano”, per usare il termine di Hobbes, che limiti la libertà individuale. La soluzione hobbesiana punta tutto sullo Stato il quale crea un sistema di sanzioni e di istituzioni per implementarle.
Questa opzione si scontra però con la natura globale di alcuni commons ed è di difficile implementazione (non esiste un Leviatano globale). Chi può creare un sistema di enforcement per far rispettare patti eventualmente stipulati dalle grandi potenze mondiali?
Una terza via tra Stato e mercato per risolvere il problema dei commons è stata quella aperta da Elinor Ostrom (Governing the Commons, 1990). La Ostrom notò che, molte comunità di utilizzatori sembrano capaci di evitare il deterioramento del common senza privatizzazioni o interventi pubblici. Ostrom prende le mosse dal lavoro di Ciriacy-Wantrup, che negli anni Cinquanta osservava che vi sono nel mondo molti esempi di proprietà comuni che sfuggono al destino preconizzato da Hardin, come ad esempio le foreste e i pascoli alpini. Pur in assenza di un’entità che possa vantare diritti di proprietà esclusivi, a fare la differenza è l’esistenza di una comunità, l’appartenenza alla quale impone agli individui certi diritti di sfruttamento del bene comune, ma anche determinati doveri di provvedere alla sua gestione, manutenzione e riproduzione, sanzionati dalla comunità stessa attraverso l’inclusione di chi ne rispetta le regole e l’esclusione di chi non le rispetta. Su queste fondamenta poggia l’edificio concettuale della Ostrom, la cui opera più importante, Governing the Commons, sviluppa una teoria complessiva che identifica le condizioni che devono valere affinché una gestione “comunitaria” possa rimanere sostenibile nel lungo termine. La sua analisi riguarda realtà lontane e oggetti diversi (dalle risorse di caccia degli Indiani d’America alle comunità di pescatori dello Sri Lanka) ma appare rilevante per il controllo del cambiamento climatico, una tragedia derivante dallo sfruttamento dell’atmosfera. La Ostrom, in A Polycentric Approach for Coping with Climate Change (2009) suggerisce di affrontare il problema con una varietà di regole a diversi livelli di decentramento.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Economia dei cambiamenti climatici e vulnerabilità nei paesi in via di sviluppo

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Informazioni tesi

  Autore: Massimo Ingegno
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Economia
  Corso: Scienze sociali per la cooperazione, lo sviluppo e la pace
  Relatore: Patrizia Romei
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 101

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Parole chiave

paesi in via di sviluppo
kyoto
adattamento
vulnerabilità
emissioni
cambiamenti
climatici
mitigazione
stern
global commons

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