Distorsione dell'immagine corporea nell'anoressia

Dopo aver stilato un sunto sulle principali correnti psicologiche che hanno trattato il problema dell’anoressia nervosa mi soffermerò nella descrizione della metodologia utilizzata dal professor Emanuel Mian per rilevare la presenza di un disturbo alimentare, come l’anoressia, annesso ad un problema percettivo della propria immagine corporea.
L’immagine corporea positiva è d’importanza rilevante per tutti; di conseguenza un’immagine corporea distorta o negativa è alla base dei disturbi alimentari, tanto è vero che uno dei criteri per diagnosticare l’anoressia risiede nell’insoddisfazione corporea e la focalizzazione delle proprie preoccupazioni per il peso o le forme corporee (Mian, 2006, 64).

L’anoressia di tipo nervoso ha, infatti, come costante la percezione errata e virtualmente ingannevole del proprio corpo, inteso come grasso e pesante. Mian (Ibidem) asserisce che le pazienti anoressiche sono in grado di valutare la propria immagine corporea distorta, ma tendono a sovrastimarla se si chiede loro di rappresentarsi nel modo in cui si sentono realmente. Alcuni soggetti considerano grassa la totalità del loro corpo, altri ammettono la loro magrezza ma percepiscono come troppo grasse alcune parti del loro corpo come l’addome, i glutei, le cosce. Il terrore di essere o diventare grassi presente negli anoressici non è solitamente modificato dal decremento ponderale, anzi in alcuni individui tale paura aumenta con la perdita di peso (Galimberti, 2004, 70).
Esiste un ampia gamma di strumenti per valutare la stima della percezione e della distorsione dell’immagine corporea. Solitamente, si tende a valutare la componente percettiva dell’immagine corporea, da cui deriva la percezione che il soggetto ha della propria taglia, oppure quella soggettiva, che si riferisce al modo in cui il soggetto vive la propria taglia e a come sente la sua esteriorità.