Dall'informazione al mito. L'infotainment: un'analisi retorico-linguistica
Gli italiani, la televisione e la nascita delle tv commerciali
Nelle teorie sui media descritte nel paragrafo precedente abbiamo visto come queste siano passate dal sostenere che i media manipolino gli individui fino ad affermare che essi svolgano il ruolo di socializzatori. La televisione è il mezzo che più degli altri riesce a “socializzare”. In questo paragrafo analizzeremo il secondo fattore sociologico che ha
portato allo sviluppo del fenomeno dell’infotainment: la nascita delle tv commerciali.Le tv commerciali nascono, in Italia, negli anni ’70 e a differenza della televisione pubblica – finanziata dal canone – si “nutrono” del finanziamento privato delle aziende, attraverso le inserzioni pubblicitarie. Le tv commerciali hanno trovato nei prodotti seriali1– esportati soprattutto dagli Stati Uniti – un modo per coprire l’intera fascia di programmazione giornaliera. Ne sono un esempio emblematico le soap opera, create per iniziativa delle case produttrici di detersivi e saponi – dalle quali prendono il nome – che vollero sperimentare una nuova forma di intrattenimento, in grado di attirare i consumatori dei prodotti pubblicizzati. In questo modo il pubblico viene abituato all’incontro con lo stesso programma, tutti i giorni. L’obiettivo delle tv commerciali è quindi quello di cercare di attirare ed intrattenere una fetta di pubblico, la più grande possibile, per “venderla” agli inserzionisti pubblicitari e ottenere – di conseguenza – sempre più finanziamenti. Per migliorare il raggiungimento di questo obiettivo, la programmazione del palinsesto viene divisa in fasce orarie, ognuna con una programmazione specifica, in modo da segmentare chiaramente il target dei messaggi pubblicitari. Inoltre diventa di cruciale importanza la misurazione degli ascolti perché si presuppone – giustamente – che maggiore è il numero di spettatori che ha seguito un determinato programma, maggiore sarà il numero di utenti che avrà visto la pubblicità inserita all’interno di esso. In Italia nel 1976, dopo più di vent’anni di monopolio statale, vengono autorizzate a trasmettere le prime televisioni locali. Tuttavia è a partire dalla metà degli anni ’80 che nascono le prime televisioni commerciali che coprono tutto il territorio nazionale, a cominciare dalla Fininvest – oggi Mediaset – di cui è proprietario Silvio Berlusconi. Il passaggio definitivo alla neotelevisione – termine coniato da Umberto Eco nel 1983 – si ha quando anche la Rai, spinta dalla perdita di una grande porzione di pubblico, riempie la propria programmazione di occasioni di svago e programmi di intrattenimento in tutte le ore del giorno. In questo modo l’intera programmazione televisiva viene riempita di programmi con un alto contenuto di spettacolarizzazione, a tal punto che anche l’informazione dovette confrontarsi, e immediatamente adattarsi al contesto dominante per riconquistare i consensi del pubblico. Enrico Menduni afferma che: “nella neotelevisione l’intrattenimento ingloba tutti gli altri generi, diventando il vero tessuto connettivo della programmazione”.L’imperativo, dunque, è trattenere ovvero in-trattenere. L’intrattenimento è l’innesto che consente a molti generi televisivi di mantenersi ancora in vita all’interno di una programmazione “generalista”, cioè rivolta a un pubblico indifferenziato. Se lo spettacolo preferito in Tv è quello che mette in piazza il privato per il divertimento del pubblico (emotainment), l’informazione si adegua diventando infotainment, la divulgazione scientifica si trasforma in edutainment e persino lo sport è costretto a riconvertirsi in sportainment .
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Informazioni tesi
Autore: | Giovanni Giannetto |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Roma La Sapienza |
Facoltà: | Scienze della Comunicazione |
Corso: | Scienze della comunicazione |
Relatore: | Ilaria Tani |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 159 |
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