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Dove le parole finiscono inizia la musica - Figuratività e audiovisione nel cinema indipendente di Gus Van Sant

Dal muto al sonoro

Il problema chiave con la nascita del cinema sonoro è stato quello della sincronizzazione.
Nel 1880 Edison (inventore e padre del cinema secondo gli Stati Uniti d’America) creò il Kinetoscope, una cassetta azionata con l’inserimento di qualche monetina. La musica è prodotta da un fonografo e si arresta assieme alle immagini. Edison fu dunque il primo a studiare il problema della sincronizzazione audio/video. A partire dagli anni 90 si assiste ad una vero e proprio bum creativo di apparecchiature per la sincronizzazione: Chronomégaphone, Apollogramophone, Filmophone, Replicaphone, Vivaphone, Cinephone, Cameraphone, Synchronophone, Commercial Biophone, Talkephone e Vi-T-Phone sono solo alcuni apparecchi dove le immagini sono fissate su pellicola e il sonoro è proposto su un supporto a parte e non in sincronia con le immagini stesse. In questo caso è la pellicola che segue la musica, e non viceversa come accade nel cinema moderno.
Se per molte apparecchiature di sincronizzazione si parlò di fallimento, il vero successo si ebbe a partire dal Vitaphone. L’avvento del sonoro corrisponde infatti al 1926 con il lungometraggio Don Juan di Alan Crosland. È infatti il primo caso di cinematografo muto post - sincronizzato con la partitura orchestrale composta da William Axt e David Mendoza. Don Juan rimane però un film non parlato che contiene solo la musica e gli effetti sonori, mantenendo quindi certi stilemi del cinema muto. Solo un anno dopo viene proiettato, al Warner Theatre, The Jazz Singer, sempre di Alan Crosland, che passa alla storia come il primo talkie, film parlato. L’etichetta discografica Brunswick pubblica nel 1927 il 78 giri contenente la canzone Mother o’ mine, presente nel film di Crosland. Fu il primo caso di disco con brani di una colonna sonora.
Sempre nel 1927 la Fox (in competizione con il Vitaphone della Warner Bros) inizia ad utilizzare un apparecchio in cui il suono è impresso direttamente sulla pellicola: il Movietone. Quando sembrava di essere di fronte ad una serie di tecniche sincronistiche infinite, Alan W. Griffith, dopo aver sperimentato nel 1921 il cinema sonoro con Dream Street, dirà che “I film parlati sono impossibili. Quando sarà passato un secolo, tutti inostri progetti dei cosiddetti film parlati saranno stati abbandonati. Non sarà mai possibile sincronizzare la voce con l’immagine”. Insieme a Griffith molti sostenitori della musica continuarono a condannare i sistemi moderni di sincronizzazione, rievocando con nostalgia il passato dove i pianisti o gli ensamble strumentali accompagnavano dal vivo la proiezione. Vi sono casi curiosi nei seguenti anni delle sperimentazioni sonore. Uno di questi è nel 1929 con il film Un chien andalou, di Luis Buñuel, che pensa ad un accompagnamento improbabile accostando un tango argentino con il Tristan und Isolde di Richard Wagner alternandoli con il grammofono dietro lo schermo cinematografico. Un altro caso è quello di Stanley Kubrick del 1975 con Barry Lyndon, dove nelle avvertenze ai proiezionisti è scritto: “Caro proiezionista, è da sperare che tu abbia un giradischi. […] Metti la facciata 1 del disco prima che inizi il film. Durante la pausa tra il primo e il secondo tempo metti la facciata 2, badando bene a non fare suonare il primo pezzo. Questa seconda facciata la puoi anche mettere alla fine della proiezione”.
Con l’avvento del sonoro distribuito a livello mondiale, si apre il problema della traduzione. Il doppiaggio (affermatosi a partire dal 1934) non fu l’unica soluzione. Si ricorse anche alla produzione di versioni multiple dello stesso film (ad esempio stesso regista con attori diversi o viceversa), oppure ad ammutolire le pellicole sonore in lingua straniera. In questo ultimo caso la colonna sonora originale era sostituita da un’altra esclusivamente musicale e i dialoghi erano riassunti in brevi didascalie. E’ opportuno segnalare come il problema di traduzione non riguardasse solamente i dialoghi ma anche la musica, che variava seguendo precise scuole e tendenze appartenenti ai diversi paesi dove il film veniva tradotto.

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Dove le parole finiscono inizia la musica - Figuratività e audiovisione nel cinema indipendente di Gus Van Sant

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Informazioni tesi

  Autore: Guido Pontani
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
  Facoltà: Scienze della Comunicazione
  Corso: Comunicazione Pubblicitaria e Istituzionale
  Relatore: Nicola Maria Dusi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 199

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