Carmine Crocco, luoghi e suggestioni della rivolta del Sud
Crocco, Borjes e la fine del brigantaggio politico
L'insurrezione borbonica dell'aprile del 1861, domata grazie allo spiegamento di ingenti forze militari, non fu che l'inizio di una guerra intestina detta "grande brigantaggio" che avrebbe sconvolto e insanguinato le province meridionali per altri 4 anni.
Crocco, ripresosi dalla sconfitta militare della primavera, all'inizio dell'estate 1861 riorganizzò la sua armata brigantesca, che grazie soprattutto all'afflusso di renitenti alla leva, andò di nuovo ingrandendosi. La banda il 10 agosto 1861 saccheggiò Ruvo del Monte e avendo saputo di avere alle calcagne le forze del presidio militare di Venosa, decise il 14 agosto di combattere in campo aperto gli inseguitori, presso la macchia di Toppacivita; la battaglia terminò con il clamoroso successo della banda di Crocco, grazie all'astuzia del capobrigante che studiò attentamente il terreno e le manovre militari da compiere.
Il 15 agosto1861, per festeggiare la vittoria contro il presidio di Rionero a Toppacivita, Carmine volle organizzare una festa per la sua banda, con un migliaio di polli e 2 botti di vino, il tutto saccheggiato dalla masseria del capitano Giannini di San Fele.
Borjes, generale legittimista borbonico inviato in missione al Sud dal generale Tommaso Clary per dare un'organizzazione militare alle bande brigantesche, dopo aver attraversato la Calabria e il massiccio del Pollino, confine naturale tra Calabria e Basilicata, alle due e mezza del pomeriggio del 19 ottobre 1861 entrò con 7 dei suoi uomini nel bosco di Lagopesole.
Il generale catalano dopo aver fatto inviare una lettera a Crocco, per invitarlo ad un incontro, attese la risposta per ben 3 giorni. L'incontro tra Borjes ed il generale dei briganti, avvenne il 22 ottobre e tra i due iniziò una strana collaborazione, ispirata da reciproca antipatia e diffidenza, infatti lo stesso Crocco confessò:
"Quell'uomo forestiero che veniva da noi per arruolare proseliti e reclamava in conseguenza l'ausilio della mia banda, destò subito che a petto suo dovevo spogliarmi del grado di generale comandante della mia banda, per indossare quella di sottoposto"
Borjes capì subito che Crocco non aveva voglia di mettere a disposizione della causa borbonica la sua formidabile banda, in quanto dopo la pesante sconfitta della primavera, non si fidava più di quanti, privi di mezzi, formulavano ipotesi di rivolgimenti politici; ciò nonostante, ispirato dall'ipotesi che Borjes potesse davvero creare un esercito formidabile tale da poter occupare Potenza, non rifutò l'aiuto richiestogli.
Borjes racconta nel suo diario, che i suoi timori nei confronti di Crocco ebbero conferma il 25 ottobre, quando il capobrigante durante uno scontro a fuoco contro una quarantina di bersaglieri, lo lasciò da solo con i suoi fidi compagni ad affrontare il nemico; ma il generale catalano, nonostante le amare osservazioni appuntate nel suo diario nei confronti di Crocco, decise di muovere con lui alla conquista dei centri abitati per restaurarvi l'autorità borbonica, cosi da osservare le istruzioni ricevute dal comitato borbonico di Marsiglia.
Quello che avvenne in Basilicata nel novembre del 1861, fu la ripetizione su scala ancora più grande dell'impresa già tentata in primavera; secondo Ettore Cinnella, questa volta Crocco si fece scudo del progetto legittimista di Borjes, solo per far bottino e per riassaporare di nuovo la gioia del potere, senza però battersi per la restaurazione della monarchia borbonica.
La numerosa masnada brigantesca, uscendo dal bosco di Lagopesole, marciò verso la valle del Basento e la prima cittadina ad essere occupata il 3 novembre 1861 fu Trivigno; Borjes, con amarezza potè annotare nel suo diario che:
"Dopo un combattimento di 2 ore, debbo dirlo con rammarico, il disordine più completo regna fra i nostri, cominciando dai capi. Furti, eccidi e altri fatti biasimevoli furono la conseguenza di questo assalto"
Crocco, nell'interrogatorio a Potenza del 1872, tentò di minimizzare le sue colpe dichiarando che fu Borjes a capo della reazione e che non si poteva impedire al popolo in rivolta, di abbandonarsi agli eccessi, mentre nella sua autobiografa ammise tutte le sue colpe, affermando che la carneficina di Trivigno segnò una triste pagina della sua vita.
I due comandanti in seguito occuparono Calciano, Garaguso, Salandra e Craco, paesi appartenenti al territorio materano e il 9 novembre occuparono Aliano, paese nel quale Carlo Levi venne mandato molti anni dopo al confino dal regime fascista; qui Crocco entrò senza alcuna resistenza e alloggiò in un palazzo signorile.
Il giorno seguente, in località Acinello, tra i comuni di Stigliano e Aliano, ebbe luogo uno degli scontri più cruenti, terminato con la completa vittoria della banda brigantesca; vittoria che provocò una fuga generale dal vicino paese di Stigliano, occupato il giorno stesso dalla banda.
Crocco, come al suo solito, alloggiò nello sforzoso Palazzo Colonna e fu ricevuto con tutti gli onori, ma nella sua autobiografa confessa come quella notte fu per lui insonne e agitata, infatti ammette che furono troppo grandi le emozioni dei giorni precedenti, per poter chiudere occhio.
Crocco e Borjes rimasero a Stigliano il 1O e l'11 novembre per poi occupare Vaglio Basilicata, Pietragalla ed Avigliano; ma la folle campagna militare stava volgendo ormai al termine, sia per l'arrivo dell'inverno sia perchè continuamente minacciata dalle gelosie e diffidenze tra Borjes e Crocco, infatti quest'ultimo vedendo svanita la possibile entrata trionfale a Potenza, non potendo sbarazzarsi di Borjes per i suoi forti legami con Francesco II, cercò di emarginarlo sempre di più.
Tra i due generali vi fu un'accesa discussione perchè Crocco, non avendo mai condiviso l'azione militare in campo aperto del catalano, accusò Borjes di voler portare al massacro la sua banda.
Il 27 novembre 1861 la banda si rifugiò nel bosco di Monticchio e derubato durante la notte, Borjes decise di troncare il sodalizio militare con i briganti e di dirigersi verso Roma, con l'intenzione di ritornare al Sud con un proprio esercito ma ciò non fu possibile perchè venne arrestato a Carsoli in provincia dell'Aquila, e poi giustiziato senza processo a Tagliacozzo il 15 dicembre del 1861 dal maggiore dei Bersaglieri Enrico Franchini.
Quella che per Borjes doveva essere in realtà una vittoriosa passeggiata da Sud a Nord, si risolse in un'umiliante disastro.
Se in altre regioni il brigantaggio politico si prolungò oltre l'autunno del 1861, come nel caso del brigante Luigi Alonzi che insieme al tedesco Ludwig Richard Zimmerman, continuò a combattere per la causa legittimista tra il territorio pontificio e l'Abruzzo, in Basilicata esso si estinse con la fine del sodalizio militare tra Borjes e Crocco, che comportò anche la fine dei tentativi di egemonizzare il brigantaggio per scopo militare.
Con il tramontare delle pretese legittimiste, il brigantaggio si svestì di quel "decoro politico" e mostrò sempre più chiaramente il suo fondo di protesta sociale, lungi da una reale direzione politica o militare-reazionaria.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Carmine Crocco, luoghi e suggestioni della rivolta del Sud
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Informazioni tesi
Autore: | Manuel Maiese |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2011-12 |
Università: | Università degli Studi di Padova |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Scienze del turismo |
Relatore: | Gianpaolo Romanato |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 64 |
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