I principi della preparazione fisica in Jacques Lecoq
Come strutturare gli allenamenti
Una seduta di allenamento
L'allenamento è un processo che produce un cambiamento fisico, motorio e psicologico.
L'obiettivo dell'allenamento è sviluppare gli adattamenti necessari all'organismo per renderlo capace di riprodurre uno sforzo adeguato al compito e, nello stesso sport, per aumentare la prestazione nella specialità sportiva prescelta.
Ogni allenamento deve essere organizzato in modo razionale e specifico nel breve, medio e lungo periodo. In letteratura scientifica si parla di microciclo, mesociclo e macrociclo. Il microciclo è una sequenza di sedute di allenamento generalmente racchiuse nell'arco di una settimana. Il mesociclo è composto da più microcicli. Il macrociclo, invece, è composto da più mesocicli e può avere la durata di un anno, permettendo di pianificare un allenamento nel lungo periodo. Questi tre periodi consentono di strutturare gli obiettivi in differenti fasi, mantenendo sempre sotto controllo i risultati.
La caratteristica dell'esercizio fisico è di generare cambiamenti momentanei e duraturi, rispettivamente detti aggiustamenti e adattamenti.
Gli aggiustamenti sono la risposta acuta dell'organismo. Essi si verificano durante l'attività motoria e scompaiono pochi minuti dopo la fine. Tra gli aggiustamenti vi sono l'incremento della frequenza cardiaca, del consumo di ossigeno e della ventilazione polmonare.
Gli adattamenti sono, invece, una risposta cronica dell'organismo, che permette di rispondere in modo più adeguato a stimoli successivi dello stesso tipo.
Il processo di miglioramento è dovuto all'adattamento dell'organismo agli sforzi. Durante l'allenamento i fattori che agiscono sull'organismo sono detti agenti stressanti, o stressor, questi fattori agiscono sull'organismo dando due possibili risposte: una aspecifica, comune a tutti gli stressor, ed una specifica diversa a seconda degli stressor. Lo stimolo allenante, nonché agente stressante, agisce sull'organismo provocando un processo di adattamento a cui segue un miglioramento delle prestazioni.
Lo stress è perciò l'insieme delle risposte specifiche e aspecifiche dell'organismo ad uno stimolo.
Il concetto di stress in questo caso non deve essere inteso come una nozione negativa, in quanto permette un miglioramento delle caratteristiche fisiche dell'individuo.
Un qualsiasi stimolo allenante, per essere definito tale, necessita di un carico.
Il carico fisico è il complesso di impegni richiesti all'individuo, ma può essere definito anche come il lavoro che l'atleta deve svolgere per migliorare la propria prestazione. In un corretto allenamento i parametri di un carico devono essere attentamente regolati tramite:
✓ Intensità: è la forza dello stimolo, classificabile come debole, media, forte, intensa o massimale.
✓ Durata: ogni stimolo ha una durata allenante al di sotto della quale non ci si allena.
✓ Densità: rapporto tra quantità di lavoro e tempo di recupero.
✓ Volume o Quantità: numero e durata degli stimoli. Valutata in unità di misura (metri, kg, durata o numero di ripetizioni).
✓ Frequenza: numero di allenamenti settimanali.
Il complesso di impegni richiesti ad un soggetto può riguardare stimoli interni o esterni al corpo.
Il carico esterno include tutti i mezzi utilizzati dal soggetto durante il suo allenamento. Esso viene valutato in funzione di due parametri: quantità e intensità: [C = Q x I]. La valutazione del carico esterno consente di determinare il volume di un esercizio.
Il carico interno, invece, si riferisce all'adattamento fisiologico vero e proprio, che dipende dal tipo di lavoro svolto. L'indice di valutazione deriva dagli effetti prodotti sulla frequenza cardiaca, sul consumo di ossigeno, sul debito ventilatorio e sul grado di concentrazione di lattato ematico nel sangue. L'indice di valutazione rappresenta l'intensità che il soggetto percepisce durante l'esercizio fisico. Per questo motivo, la valutazione del carico interno consente di monitorare la risposta dell'organismo durante l'allenamento.
La capacità di un soggetto di adattarsi ai vari carichi di lavoro è detta allenabilità. Essa dipende da fattori non modificabili (genetica ed età) e fattori modificabili (motivazione, volume, intensità, durata e densità). Più una persona si rivela allenabile più i carichi derivanti dall'esercizio fisico avranno un effetto efficace e di conseguenza vi saranno progressi più evidenti.
Per sviluppare l'allenabilità è fondamentale alternare carico e recupero. La successione degli stimoli produce un affaticamento a cui corrisponde un abbassamento della capacità prestativa. Durante un adeguato periodo di riposo si verifica un recupero del livello iniziale di allenamento con successivo innalzamento della capacità prestativa.
Il risultato è, dunque, l'abilità di svolgere uno stesso esercizio con maggiore efficienza ed efficacia.
Questo processo è spiegato dalla teoria della supercompensazione. Questa teoria è composta da un grafico che permette di leggere l'andamento dell'esercizio fisico nelle sue diverse fasi.
La prima fase corrisponde alla pratica motoria vera e propria, durante la quale vi è un decremento della capacità prestativa del soggetto dovuto all'affaticamento.
La seconda fase si verifica durante il recupero, con essa il corpo rigenera il livello iniziale.
La terza fase è quella vera e propria di supercompensazione. In questa fase il livello prestativo iniziale appare decisamente superato, proprio durante questa fase l'atleta dovrebbe eseguire un ulteriore allenamento.
Siccome la supercompensazione è un processo reversibile se il soggetto non si allenerà l'organismo tornerà al livello iniziale.
Lo stimolo allenante deve rispettare alcune caratteristiche affinché avvenga la supercompensazione, tra queste il carico allenante deve essere adeguato, né troppo blando né eccessivo e l'impegno fisico deve raggiungere una soglia limite che generi uno stress fisico. Se il carico non è allenante, ad esempio perché troppo debole, non vi è uno stress dell'organismo e la supercompensazione non avviene. Al contrario, se il carico di allenamento è eccessivo, o non vi è un periodo di recupero sufficiente, si va incontro ad un sovrallenamento.
La sindrome di sovrallenamento, in inglese overtraining, si verifica nel momento in cui il soggetto subisce un notevole stress a causa di una programmazione sbagliata. Ad esempio nel caso in cui volume, intensità e frequenza sono superiori rispetto alla fase di recupero e l'organismo non ha il tempo sufficiente per ristabilire le proprie riserve energetiche.
Un allenatore deve saper gestire il carico all'interno di una seduta di allenamento e programmarlo nel breve, medio e lungo periodo.
In riferimento a ciò, vi sono “6 principi di organizzazione del carico allenante”:
1) Continuità:
la continuità è la non interruzione di un periodo di allenamento, permette agli stimoli di divenire efficaci, ottenendo miglioramenti nelle prestazioni.
Se l'atleta si ferma per un periodo (ad esempio a causa di un infortunio) le sue capacità prestative diminuiscono. "È generalmente riconosciuto che la maggior parte dei
benefici dell'allenamento vanno perduti, entro un periodo di tempo relativamente breve, dopo la sospensione di esso. [Il disallenamento] può richiedere da qualche settimana a parecchi mesi".
In base a questo principio le prestazioni ottenute con lungo lavoro regrediscono lentamente, mentre le prestazioni ottenute in poco tempo regrediscono rapidamente.
2) Progressività (o principio del carico crescente):
stabilisce che per aumentare la prestazione è necessario aumentare il carico allenante (intensità, durata, densità, volume, frequenza).
3) Gradualità:
precisa che il carico può essere aumentato solo quando i processi precedenti si sono stabilizzati.
4) Variabilità:
annuncia che è necessario sollecitare tutti i meccanismi energetici, alternando attività differenti attraverso il principio di multilateralità.
5) Specificità:
ogni esercizio attiva in modo specifico determinate funzioni e, per questo, deve essere scelto in base agli effetti che produce ed agli obiettivi stabiliti.
6) Individualizzazione:
ricorda che ogni individuo risponde in modo diverso ai vari carichi sia dal punto di vista organico che muscolare. "Pertanto non ci si può aspettare che un gruppo relativamente omogeneo di persone che iniziano un programma di allenamento possa ottenere lo stesso livello di allenamento o la stessa capacità di performance fisica dopo 10 o 12 settimane".
Il rischio di ogni insegnante e allenatore è di progettare attività che non hanno lo stesso tipo di efficacia anche in un gruppo con caratteristiche simili.
Tutti i parametri analizzati fino ad ora devono essere inseriti all'interno di un “piano strategico”. Qualsiasi allenamento dovrebbe essere strutturato secondo una “logica della seduta allenante”, secondo la quale è necessario:
✓ definire gli obiettivi;
✓ scegliere gli esercizi in modo accurato e non casuale;
✓ scegliere attentamente l'ordine delle esercitazioni;
✓ non inserire esercitazioni che impegnino considerevolmente la muscolatura a seguito di altre che abbiano stancato notevolmente l'organismo;
✓ proporre le esercitazioni tecnico tattiche prima di esercitazioni che possono stancare e ridurre l'apprendimento;
✓ utilizzare i carichi in modo crescente partendo dal più blando;
✓ stabilire i periodi di lavoro suddivisi per microcicli, mesocicli e macrocicli.
Tutti gli allenamenti, inoltre, devono avere una fase iniziale di riscaldamento, una fase centrale nella quale concentrarsi sugli obiettivi ed una finale di defaticamento.
Il riscaldamento, o warm up, può essere effettuato in vari modi, il suo scopo è preparare sia fisicamente che psicologicamente l'individuo. Un corretto riscaldamento genera un aumento della temperatura corporea, della conduzione nervosa, della vasodilatazione e dell'apporto di sangue ai muscoli, riducendo il rischio di infortuni.
Il warm up ha una durata di circa 15 minuti e, generalmente, si divide in due parti. Nella prima parte si aumenta la VO2max al 50% tramite attività cicliche come la corsa. Nella seconda parte, invece, si esegue un riscaldamento specifico dei distretti impegnati nell'allenamento. L'obiettivo è aumentare gradualmente la frequenza cardiaca preparando il corpo alla fase successiva.
Inoltre, il riscaldamento può essere generale o specifico. Il riscaldamento generale mette in moto grandi masse muscolari, prevede un'intensità crescente, ma contenuta, ed un basso impegno cardio-circolatorio e muscolare. Il riscaldamento specifico è, al contrario, rivolto ai distretti muscolari coinvolti nell'esercizio che si svolgerà nella fase centrale dell'allenamento.
In questa fase, siccome l'organismo è più riposato, si tende a proporre esercizi che richiedono grande concentrazione ed attenzione, oppure esercizi per sviluppare coordinazione, forza rapida e massimale con l'utilizzo di pause incomplete.
La fase successiva al riscaldamento è quella dei target goals. Questa è la fase principale della seduta allenante, strettamente correlata ai traguardi organici, muscolari, tecnici, motori e cognitivi.
La fase finale, in inglese cool down, ristabilisce i ritmi cardiovascolari, respiratori e metabolici, ristabilendo l'omeostasi. Ha l'obiettivo di agevolare il ritorno allo stato
iniziale. In questa fase si propongono esercizi meno impegnativi. L'unica eccezione avviene negli ambienti competitivi, dove le scelte vanno paradossalmente al contrario, proponendo attività che richiedono un grande sforzo nonostante l'organismo sia già affaticato. Lo scopo è abituare l'atleta a reagire allo stress e ad agire nonostante la fatica. Il defaticamento non deve essere sopravvalutato in quanto è un ottimo strumento per predisporre il recupero in vista del prossimo allenamento. La fase di cool down promuove l'avvio alla ricostruzione delle risorse energetiche necessarie alla seduta successiva.
Indipendentemente dal tipo di attività fisica svolta i principi teorici affrontati devono essere applicati durante una qualsiasi seduta allenante. L'universalità di questi principi permette che essi siano applicati durante la progettazione sia di un allenamento fisico- sportivo sia di un allenamento fisico-teatrale. A variare saranno le singole esercitazioni che dipendono dal tipo di sport praticato, dal livello dell'individuo e dagli obiettivi che si desidera ottenere.
Questo brano è tratto dalla tesi:
I principi della preparazione fisica in Jacques Lecoq
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Informazioni tesi
Autore: | Anna Burzio |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2020-21 |
Università: | Università Telematica San Raffaele Roma |
Facoltà: | Scienze Motorie |
Corso: | Scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattative |
Relatore: | Emiliano Bernardi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 119 |
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