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Boundary-work, come si allargano i confini del giornalismo
I cambiamenti nel mondo della stampa causati dal web e dalle ICT vengono descritti dal boundary-work che è attualmente in atto nel giornalismo. Questo termine venne coniato negli anni ottanta dal sociologo Thomas F. Gieryn, che lo utilizzò per identificare la difficoltà filosofica di tracciare una linea tra ciò che è scienza e ciò che non lo è. Il boundary-work, che riguarda un lavoro sui confini di una professione, permette di capire come cambiano gli attori, le pratiche e i valori all’interno di un campo di produzione culturale come il giornalismo (Splendore 2017).
La teoria del campo
Per analizzare al meglio questo fenomeno bisogna partire dalla “teoria del campo” del sociologo e filosofo Pierre Bourdieu. Un campo può anche consistere in una professione, in tal caso quella giornalistica, che va inquadrata stabilendo gli attori che appartengono ad essa in modo legittimo. Il campo è composto da:
– Posizione: il campo è, sotto certi versi, un miscuglio di posizioni. Per studiarlo bisogna comprendere il modo in cui ogni attore (figura professionale) si colloca all’interno di esso. Tra attore e campo c’è una relazione di reciprocità, nel senso che una determinata posizione impone una serie di codici di comportamento che l’individuo deve rispettare. Dall’altro lato, però, se un attore cambia posizione è chiaro che il campo subirà delle modifiche.
– Riconoscimento: riguarda il modo in cui gli attori di un campo giudicano e reputano l’operato di chi ci lavora. È una sorta di legittimazione.
– Capitali: possono essere culturali (il percorso di studi, le abilità, la formazione), economici (proprietà, denaro e beni), sociali (le relazioni e i contatti che si hanno, o non si hanno, con le persone appartenenti a un campo) e simbolici (prestigio e legittimazione in un campo).
Grazie ai cosiddetti capitali, quindi, un individuo ha la possibilità di raggiungere una determinata posizione all’interno dei confini di un campo.
– Pratiche: ciò che si fa (anche da un punto di vista pratico) all’interno di un campo è fondamentale e dà una speranza in più a chi ha un basso capitale sociale o economico. È un discorso che concerne anche le innovazioni o le idee che danno un valore aggiunto a una professione.
– Posta in gioco: è una sorta di obiettivo di una professione; ciò che un attore deve perseguire quando mette in atto le pratiche necessarie per svolgere un lavoro. La posta in gioco ha anche il potere di trasformare un campo. Nel giornalismo, consiste nell’essere watchdog e nell’informazione precisa, chiara, coerente ed equidistante dal potere e dalla politica.
In tutti i campi, che sono fluidi e in continuo cambiamento, diventa essenziale l’habitus, ossia una serie disposizioni acquisite che orientano il posizionamento di una persona in una professione. Più semplicemente, riguarda la strada percorsa per arrivare a fare un determinato lavoro. L’habitus legittima il legame tra gli attributi elencati sopra e l’appartenenza a un campo; concerne delle traiettorie storiche e dei percorsi professionali che un individuo ha intrapreso (consapevolmente o non) per avvicinarsi a un campo. Ad esempio, un ragazzo che ha il papà giornalista, che all’università ha frequentato un corso di comunicazione e che ha completato uno stage in una redazione, avrà maggiori possibilità di entrare nel giornalismo rispetto ad altri coetanei che si sono laureati in ingegneria. Sono importanti, inoltre, anche i concetti di doxa giornalistica (ciò che si dà per scontato durante le pratiche di produzione) e illusio (la convinzione di credere nel “gioco” del giornalismo).
Giornalismo come insieme mutevole di pratiche e conoscenze
L’utilizzo del campo come metafora spaziale aiuta a dare una collocazione ai cambiamenti (Splendore 2017, 21) e permette di capire di cosa tratta il boundary-work, che nel giornalismo riguarda appunto l’allargamento dei confini della professione e, di conseguenza, chi può (o non può) essere considerato parte di essa. Prima dell’arrivo di internet e delle piattaforme digitali, il giornalista professionista veniva concepito come una figura che lavorava in una redazione (Tunstall, 1976). A causa del boundary-work, però, questa visione non è conforme alla realtà del mondo odierno. I risultati di un lavoro sui confini, secondo Gieryn, sarebbero tre:
– Espulsione: chi tenta di legittimarsi come possessore del diritto di informare può essere allontanato dal campo. È un esempio di “difesa” dei confini, che ad esempio avviene quando gli algoritmi di Facebook cercano di far comparire nelle nostre home solo le notizie vere e fondate.
– Espansione: riguarda l’allargamento dei confini. I blog, l’uso dei social network e della SEO, la matematica e la statistica (grazie al data journalism), le tecniche di programmazione e molto altro: prima nessuna di queste pratiche veniva considerata parte del giornalismo, mentre adesso sono a dir poco fondamentali per fare informazione online.
– Protezione dell’autonomia: nuovi attori che entrano nello stesso campo. Con le medesime regole e poste in gioco.
Matt Carlson, inoltre, sostiene che nel campo giornalistico questi esiti possono influenzare le pratiche, i partecipanti e la professionalità. Oggi ci sono giornalisti che lavorano da casa (mai entrati in una redazione) e che collaborano con diverse testate online, indossando un “mantello” diverso (e cambiando quindi il modo di lavorare) a seconda del sito per cui scrivono; oppure ne troviamo alcuni che all’università hanno studiato una disciplina scientifica e che non avevano nulla a che fare con il giornalismo. Si allargano i confini e si inglobano al loro interno delle figure professionali che, anni fa, avrebbero fatto parte di altri campi. Per arrivare a fare il giornalista, in passato, c’era un percorso di studi più preciso, che generalmente culminava con una laurea umanistica o la scuola di giornalismo. Come accennato all’inizio del capitolo, prima della rivoluzione digitale il tesserino da pubblicista dava molte più garanzie, mentre ora ci sono assi del settore che lo prendono dopo vent’anni di carriera quasi solo per sfizio (o che non l’hanno proprio). Fino agli anni novanta la strada da imboccare era più sicura e illuminata, come quella che percorre un giovane che punta a diventare medico o avvocato. Il potere e la democrazia di internet, però, hanno complicato tutto, avviando un lavoro sui confini del mondo della stampa che è ancora in atto. La professione in questione non va interpretata come una serie di caratteristiche formali (Lewis 2012, 839), ma come un insieme mutevole di conoscenze e pratiche che costituiscono la sua giurisdizione (Splendore 2017, 50), intesa come la pretesa di un diritto nel cimentarsi in un particolare compito (Abbott 1988, 58): fare informazione. Ma il giornalismo, a causa delle opportunità provenienti dal web, è destinato a perdere sempre di più la sua esclusività e il suo carattere elitario.
Valori professionali
Con il boundary-work cambiano anche i valori professionali, ossia le ragioni che giustificano le scelte dei giornalisti: puntualità, trasparenza, accuracy e molto altro. A tal proposito non esiste più una strada prefissata per l’accesso alla professione né un preciso e ben definito corpo di conoscenze da apprendere (Merrill 1996, 210). Un caso emblematico è lo “scandalo Lewinsky” del 1998: un blogger scoprì, tramite un altro giornalista, i rapporti sessuali tra l’ex presidente degli Stati Uniti d’America Bill Clinton e una stagista (Monica Lewinsky), anticipando i giornali più autorevoli e pubblicando all’istante la notizia online. Drudge, il nome del proprietario del blog, ignorò ogni valore professionale del giornalismo anche perché non verificò la veridicità di un fatto per certi versi clamoroso. Un fatto che, però, divenne di dominio pubblico partendo da un mezzo di comunicazione (il blog) che non era considerato parte del campo. Questo è solo uno dei tanti esempi che spiega come, per via del boundary-work, la tempestività e “l’arrivare prima degli altri” siano due valori ormai entrati dentro i confini della professione. E per quanto riguarda la situazione italiana, l’importanza sempre minore dell’Ordine dei giornalisti sta ulteriormente riducendo il carattere più istituzionale di questa professione. […]
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Informazioni tesi
Autore: | Fabrizio Fasanella |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2017-18 |
Università: | Università degli Studi di Milano |
Facoltà: | Comunicazione e società (CES) |
Corso: | Scienze della comunicazione |
Relatore: | Sergio Splendore |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 62 |
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