Oliva farcita all'ascolana: aspetti produttivi e valutazioni igienico sanitarie
Alterazioni tecnologiche
L’oliva utilizzata per la produzione di “olive farcita all’ascolana” è sottoposta a fermentazione che consiste prima in una fase di deamarizzazione che comporta l’idrolisi dell’oleuropeina e, successivamente, nella salamoia.
Le olive vengono messe in un bagno di salamoia al 6-7% dove ha inizio il processo fermentativo che dura circa 30-40 giorni. Il sale deve essere costituito da pochi solfati alcalini ed alcalino-terrosi che conferirebbero un sapore amaro. E’ importante controllare
la concentrazione del sale nella salamoia in quanto concentrazioni troppo basse (inferiori al 5%) possono creare condizioni adatte alle fermentazioni anomale.
L’azione del sale è disidratante e plasmolitica; evita in parte il diffondersi di germi nocivi, favorendo lo sviluppo dei fermenti lattici acidificanti. Per effetto osmotico e di diffusione la soluzione si arricchisce di vari principi nutritivi utili ai microrganismi che provocano la fermentazione lattica. Se non ci fosse questo tipo di fermentazione, si formerebbe un prodotto anonimo sotto il profilo gastronomico e quindi un sapore piatto anche per quanto riguarda l’oliva farcita.
Il sale però non impedisce lo sviluppo di lieviti e muffe (microrganismi alofili); i lieviti facilitano lo sviluppo dei lattobacilli e quindi l’acidificazione della salamoia che permette la conservazione delle olive (Savastano,1966).
La fermentazione lattica si blocca quando il pH raggiunge valori di 3,5-4, e sostanzialmente è svolta da: Lactobacillus plantarum e Lactobacillus brevis.
E’ buona norma aggiungere alla salamoia fattori nutritivi come ad esempio:
- al momento dell’immersione delle olive, inoculo di fermenti lattici (L. plantarum in siero di latte ed estratto di lievito, 0,2 per mille);
- a fermentazione iniziata, aggiunta di glucosio (1%);
- a fermentazione inoltrata o conclusa, aggiunta di acido acetico fino a raggiungere un pH pari a 3,5-4 (Cantarelli, 1958).
Durante la conservazione non devono svilupparsi i lieviti in superficie quali Debaryomyces, Mycoderma, Pichia ecc, che consumerebbero acido lattico ed acetico con conseguente innalzamento del pH ed eventuale formazione di fermentazione putride. A questo è da attribuire varie alterazioni che rendono il prodotto non commestibile come ad esempio:
- l’alterazione gassosa, frequente nella prima fase della fermentazione, produce nella polpa dei vacuoli pieni di gas ed è dovuta ai colibacilli, in modo particolare Acetobacter;
- l’alterazione rancida, causata da Clostridium butirricum;
- la maculatura da fermenti, provocata da alcuni Saccaromiceti, produce piccole macchie in corrispondenza delle lenticelle, rendendo molle il tessuto sottostante;
- la zapatera, provocata dall’intervento di batteri delle differenti specie di Clostridium sporogenes e C. bifermentans;
- il “bombaggio”, che si può osservare nei contenitori metallici, le drupe si presentano rammollite. Questa alterazione è dovuta alla presenza di germi gassogeni e pectolitici ed è probabilmente legato allo sviluppo di germi anaerobici di tipo Bacillus e Campylobacter.
Gli stessi batteri concorrono al processo di rammollimento delle drupe insieme con i batteri, e quindi provocano uno scarto per quanto riguarda la produzione di olive farcite. Per avere un buon controllo sui microrganismi, e quindi avere un prodotto sicuro da destinarsi all’alimentazione umana, di fondamentale importanza è il controllo della fermentazione che porta alla produzione di acido lattico. L’acidità infatti è espressa in acido lattico e non deve essere inferiore allo 0,6% e non superiore all’1,25%; il pH deve essere compreso fra 3,8 e 4,2 (tanto più si avvicina a 3,8 tanto più il prodotto è conservabile).
Infine non bisogna dimenticare che per quanto le carni utilizzate nella formulazione dell’oliva all’ascolana (che si trova nella grande distribuzione) siano congelate, durante questa fase si possono verificare diverse modifiche dovute sia egli enzimi che a fattori ossidativi dovuti appunto alla presenza di ossigeno nell’ambiente. Le modifiche avvengono soprattutto a carico della frazione lipidica della carne. Se si utilizza della carne congelata, che poi verrà opportunatamente scongelata, per la produzione di oliva farcita all’ascolana, è bene ricordare che con il prolungarsi della conservazione a temperatura di congelamento, si ha un incremento dell’acidità libera del prodotto carne. Questo cambiamento porta alla formazione di acidi grassi a corta catena e quindi si potranno notare dei cambiamenti dal punto di vista organolettico. L’ossidazione dei grassi è un processo che evolve lentamente e si rende evidente, generalmente, dopo 8 mesi (Tiecco, 2000).
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Oliva farcita all'ascolana: aspetti produttivi e valutazioni igienico sanitarie
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Informazioni tesi
Autore: | Alessandra Falleroni |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2016-17 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Corso: | Scienze e tecnologie agrarie, agroalimentari e forestali |
Relatore: | Gerardo Manfreda |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 56 |
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