Il nuovo cinema d'impegno civile italiano, analisi della produzione giornalistica su quattro casi: Gomorra, Il divo, ACAB e Diaz
ACAB
«ACAB» di Stefano Sollima è uscito nelle sale il 27 gennaio 2012, ed ha incassato 2.931.000 euro.
Stefano Sollima (Roma, 4 maggio 1966) conosciuto principalmente per aver diretto tutti gli episodi della serie televisiva «Romanzo criminale – la serie». Il film ACAB è il suo primo lungometraggio su grande schermo, ed è un adattamento del romanzo «ACAB (All Cops Are Bastards)» di Carlo Bonini.
Il film, come il libro, ha attirato polemiche ancor prima delle riprese. Lo racconta nel suo articolo, presente sulla rivista mensile «La Repubblica XL», la giornalista Emanuela Del Frate. Il titolo dell’articolo è esplicativo, «La polizia è al servizio del cittadino?», non a caso titolo ispirato ad un celebre poliziesco del 1973 di Romolo Guerrieri.
Nel cappello vi è scritto: «…I sindacati di polizia si mettono sulla difensiva e chiamano in causa Pasolini, gli ultras guardano scettici le prime immagini che fanno il giro dei giornali. In rete, dopo il primo trailer, c’è chi si congratula con Sollima per aver fatto un film che descrive stati d’animo e lavoro del Reparto Mobile e chi lo accusa di non aver il coraggio di denunciare la violenza...». Come per i due film precedenti anche questo articolo che precede l’uscita del film crea molto interesse perché porta il lettore a porsi delle domande: Perché la polizia si mette sulla difensiva? perché gli ultras non accolgono positivamente le prime immagini del film?
Con questo genere di film il giornalista si trova particolarmente a suo agio nel creare interesse. Tralasciando la parte centrale, che ci racconta la storia e i personaggi, la conclusione dell’articolo è particolarmente interessante, in quanto vi troviamo le parole del regista, atte a spiegare che si tratta di un film scevro di ideologie: «...Non mi interessa fare la morale, non cerco di giustificare questi uomini né di comprenderli, sono solo una chiave di accesso al mondo. Uno strumento per raccontare i rimbalzi che universalmente fanno l’odio e la violenza: Ognuno può farsi la propria idea...» - prosegue sottolineando la brutalità del nostro paese, seguendo il percorso già tracciato da Garrone e Sorrentino- «... Non è più il paese degli «italiani brava gente», ma un paese che abbiamo scoperto essere meschino, cattivo,intollerante, frammentato da odi radicali , diviso in tante tribù contrapposte» – e conclude con un richiamo esplicito al cinema anni settanta a cui questi registi si ispirano- «...A volte sembra che in Italia abbiamo perso il gusto di raccontare delle storie, perdiamo tempo a fare film a tesi, ma non credo sia quello lo scopo del nostro lavoro: io penso che il cinema debba soprattutto intrattenere. Per questo ho scelto di evitare l’ideologia. Ho seguito la lezione dei poliziotteschi anni Settanta, che hanno fatto scuola in tutto il mondo (Stefano è figlio di Sergio Sollima, celebre regista e sceneggiatore, ndr) ACAB è un film di genere, poliziesco con dei risvolti sociali, molto tirato, duro, ma che spero faccia riflettere»
Il 24 gennaio, tre giorni prima dell’uscita del film nelle sale, vi è stata una vera e propria contestazione, alla libreria Feltrinelli in corso Buenos Aires a Milano, durante la presentazione del film da parte del regista Stefano Sollima, dell’autore del libro Carlo Bonini e dell’attore Pierfrancesco Favino. Quanto accaduto è stato riportato da alcuni quotidiani e naturalmente si è propagato velocemente in rete. Nell’articolo di Giulia Iselle dal «Cinematografo.it» si legge: «...I giovani hanno acceso fumogeni e lanciato petardi, mentre nell’affollata saletta al piano terreno la presentazione proseguiva indisturbata. Di fronte alla libreria, blindata da un gruppo di carabinieri, campeggiavano due striscioni: “La vita reale non è un film” e “Se il mondo vi odia ci sarà un perché”. I contestatori spiegano in un comunicato che il libro di Bonini è “un miscuglio di racconti parziali, romanzati, edulcorati che tutto potevano sembrare tranne che una reale ed obbiettiva descrizione della natura delle forze di Polizia nel nostro paese”. I giovani, parlando “a nome di tutte le vittime dei soprusi delle forze dell’ordine”, aggiungono che “Acab è tutti i giorni, è un tatuaggio inciso sulla pelle, una maglietta sfoggiata a testa alta, una scritta su un muro, uno stile, un motto che dilaga nelle piazze, è un odio transnazionale e transgenerazionale che cresce spontaneo sui corpi di ragazzi e ragazze che non hanno bisogno di vedere questo film per sapere il livello di mistificazione e falsità”.
Si capisce fin da subito che il tema è delicato, è un film che affronta un “nervo scoperto” della nostra società. D’altro canto tutte queste polemiche non fanno che incrementare l’interesse nel film. Tutto questo avviene senza che la pellicola sia uscita nelle sale. [...]
Questo brano è tratto dalla tesi:
Il nuovo cinema d'impegno civile italiano, analisi della produzione giornalistica su quattro casi: Gomorra, Il divo, ACAB e Diaz
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Informazioni tesi
Autore: | Matteo Nascig |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2011-12 |
Università: | Università degli Studi di Trieste |
Facoltà: | Scienze della Comunicazione |
Corso: | Comunicazione e Pubblicità indirizzo giornalistico |
Relatore: | Elisa Grando |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 59 |
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