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Introduzione
La costruzione delle ville di campagna ha come fine ultimo anche (come vedremo non
sarà il solo) la dimostrazione di potere e affermazione sociale che caratterizza i ceti più
illustri fin dall’antichità. In tutto il Veneto questa “febbre dell’edilizia” ha dato il via ad
un fenomeno unico: tra il XVI e il XVIII secolo si ipotizza che siano sorte sul territorio
veneto circa 4.300 abitazioni di pregio, simbolo della nobiltà di terraferma, figlia della
potente Serenissima Repubblica di Venezia.
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Centocinquanta di questi capolavori
dell’architettura sono ora aperti al visitatore, ma la maggior parte si cela alla vista;
nascoste, dimenticate o destinate ad abitazione privata, le ville delle province venete
meritano di recuperare almeno una parte dell’antico sfarzo di cui erano ammantate ai
tempi della Serenissima.
La fine della Repubblica fu sancita il 12 maggio 1797, quando Napoleone ingiunse al
Maggior Consiglio, la più alta istituzione veneziana, seconda solo al Doge, di sciogliersi
definitivamente. Le truppe francesi minacciavano i nobili del Consiglio con l’ombra
dell’esproprio: tutte le loro possessioni di terraferma sarebbero state confiscate o
distrutte se non avessero accantonato l’orgoglio e votato per l’estinzione della
Serenissima. Il 12 maggio le truppe francesi sfilarono in piazza S. Marco: per la prima
volta nella storia di Venezia truppe straniere mettevano piede in città.
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E le ville? Molte vennero confiscate comunque, divenendo caserme e ospedali militari,
altre vennero abbandonate dagli stessi proprietari per traferirsi in città. Fu però durante
il corso del Novecento che il destino di questi splendidi esempi di architettura sembrava
segnato: durante le due guerre mondiali le case servirono da rifugi per gli sfollati dalle
città bombardate, come ricoveri per coloro che non avevano più una casa e persino
magazzini per opere d’arte
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. Occorre qui ricordare la storia di un uomo, Pietro Gazzola,
direttore del neonato Museo di Castelvecchio. Durante la Seconda Guerra Mondiale
Verona era una città fondamentale dal punto di vista strategico: vi si trovavano infatti
moltissimi ministeri della Repubblica di Salò, motivo per il quale fu vittima di numerosi
bombardamenti. Gazzola, preoccupato per la collezione del museo, trasferì ciò che
poteva nella sua abitazione di campagna: l’ottocentesca villa Rizzardi di Pojega di
Negrar.
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Il suo fu un atto di generosità encomiabile, ma soprattutto lungimirante: nel
gennaio 1945 infatti, Castelvecchio fu pesantemente danneggiato da un bombardamento
degli Alleati. Lo stesso Gazzola, eminente architetto, si occuperà del restauro filologico
1
Associazione “Ville Venete”, presentazione del sito villevenetetour.it.
2
Frederic C. Lane, Storia di Venezia, Torino 1973.
3
Associazione “Ville Venete”, presentazione del sito villevenetetour.it.
4
Ufficio Stampa Guerrieri Rizzardi Villa Rizzardi apre ad eventi e occasioni speciali, comunicato emanato nel maggio 2015.
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dei ponti distrutti dalla ritirata tedesca, nello specifico proprio del ponte di
Castelvecchio.
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Negli anni Quaranta altri eminenti studiosi si occupavano di preservare il patrimonio
storico artistico del Veneto, in questo caso la sua storia architettonica. Nel 1953 furono
raccolti i fondi per un’esposizione “denuncia” sulla situazione delle ville storiche
venete. Importante rilevanza ebbero le tragiche testimonianze fotografiche di Giuseppe
Mazzotti, nelle quali veniva evidenziato lo stato di degrado raggiunto da molti palazzi
storici, specialmente quelli della campagna trevigiana, duramente colpita dai
bombardamenti del 1944
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. La “Mostra della Ricostruzione” venne aperta a Villa
Contarini Simes a Piazzola Sul Brenta, proseguendo da lì un cammino che l’avrebbe
condotta in tutta Europa e persino oltreoceano.
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L’iniziativa portò i risultati sperati: ben presto enti statali e privati iniziarono ad
interessarsi di questi beni architettonici bisognosi di restauri spesso dispendiosi. Si
trattava di rimettere a nuovo quasi 4000 edifici, tra cui broletti, barchesse, cappelle
private e giardini. Purtroppo la buona volontà nulla poteva contro la mancanza di fondi.
Fu così che con la legge 6 marzo 1958 n. 243 nacque l’Ente per le Ville Venete,
un’associazione senza scopo di lucro che, in accordo con le Province di Verona,
Venezia, Rovigo, Padova, Vicenza, Treviso e Belluno, si sarebbe occupata del
mantenimento (tramite fondi stanziati appositamente dalle Province), della salvaguardia
e talvolta dell’esproprio del bene per mantenerne l’integrità; ciò era ovviamente reso
possibile grazie all’affiancamento di Sovrintendenti all’interno del consiglio di
amministrazione dell’Ente.
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Grazie alla volontà e all’abnegazione di tali figure, oggi moltissime delle ville di
campagna della nobiltà veronese e veneta sono ritornate al loro antico splendore,
permettendo ai cittadini del XXI secolo di calcare i passi di quell’aristocrazia che, al
tempo, abbandonata la polverosa città, godeva degli agi della villeggiatura.
È su questi propositi che si basa questo lavoro: restituire alla memoria cittadina la
propria storia architettonica, la storia di vicende familiari ora ricoperte dalla polvere, ma
che un tempo erano sulla bocca di tutti, grazie agli sfarzosi arredi, alle possessioni
sconfinate, agli abiti lussuosi e, soprattutto, a palazzi meravigliosi ed inaccessibili.
Si pensa che nella sola zona della Valpolicella esistano circa 500 ville, la maggior parte
delle quali è chiusa al pubblico, o peggio, versa in condizioni di abbandono a causa di
proprietari poco accorti o mancanza di fondi. L’obiettivo ultimo, e forse un poco
5
P.P. Brugnoli; A. Sandrini, L'architettura a Verona dal periodo napoleonico all'età contemporanea, Verona 1994.
6
Enciclopedia Treccani, II appendice (1949), voce “Treviso”.
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Istituto Regionale delle Ville Venete, Sezione Storia all’interno della pagina web dedicata:
http://www.irvv.net/it/listituto/storia.html.
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Ivi.
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utopistico di questo lavoro, consiste proprio nel recupero mirato e rispettoso sia della
volontà dei privati, sia dell’integrità del bene; un modo per far conoscere realtà così
vicine eppure così inaccessibili, un modo per permettere, ancora in via del tutto teorica,
di restituire alla comunità tesori inestimabili.
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Analisi bibliografica
1.1 Produzione bibliografica su Villa Rovereti e le ricerche svolte
all’Archivio di Stato Veronese
Per fornire un quadro completo della storia di Villa Rovereti e dei numerosi
avvicendamenti delle nobili famiglie veronesi che l’ebbero in proprio possesso, occorre
mettere insieme e verificare la quantità enorme di informazioni che riguardano questa
piccola realtà immersa nella campagna della Valpolicella.
Grazie al prezioso aiuto del Professor Marco Pasa, la storia della villa ha cominciato ad
apparire più chiara e lineare, districandosi dai numerosi, e a volte ostici, documenti che
la riguardano.
Il lavoro si è svolto da luglio a settembre del 2016 all’interno degli Archivi Storici
Veronesi, una realtà tutt’altro che chiara per coloro che la affrontano per la prima volta.
La vicenda storica di questo possedimento inizia con la famiglia Pilotti, che nel 1603
nomina nell’elenco delle proprietà a loro appartenenti una possessione soprannominata
“Il Palazzo”.
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Successivamente la villa passerà prima ai Maffei nel 1676, poi andrà nel
1682 definitivamente nelle mani di Claudio Rovereti
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, rimanendo in possesso dei suoi
discendenti per circa due secoli, quando la proprietà dei campi e della villa passò ad un
ramo cadetto della famiglia Rizzardi, già proprietari della vicina villa di Pojega, resa
famosa dal magnifico giardino progettato da Luigi Trezza.
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Sarà proprio la bellezza
classicheggiante del nuovo palazzo di Tomenighe a ispirare la ristrutturazione del
vecchio podere di famiglia che, a quanto risulta da un disegno di Ludovico Perini del
1707 conservato negli archivi privati dei Rizzardi a Bardolino, non doveva essere
esteticamente ricercato.
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Tra il 1868 e il 1870 l’architetto Filippo Messedaglia donerà
alla casa dominicale l’aspetto di un palazzo di gusto indefinito, in cui si fondono
barocco, Rinascimento ed Ottocento.
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9
M. Pasa, Villa e poderi della famiglia Rizzardi a Pojega di Negrar, Verona 1996, pp. 223-224.
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ASVr, Antichi Estimi Provvisori, reg. 87 cc. 844.
11
A. Sandrini, Tra “formale e pittoresco”: il giardino Rizzardi a Pojega di Negrar, in Annuario Storico della Valplolicella,
Verona 1997, pp. 214-215.
12
Ivi, pp. 217 e seguenti. Per quanto riguarda la descrizione del disegno, conservato presso l’archivio privato della famiglia
Rizzardi, si rimanda a Giuseppe Franco Viviani, Ville della Valpolicella, Verona 1983, p.249.
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Autori vari, Ville venete: la provincia di Verona, Istituto regionale per le ville venete, Venezia 2003.
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Il lavoro all’interno degli archivi si è svolto principalmente con elementi ricavati da
lasciti testamentari, elenchi di possessioni e, talvolta, verbali di processi. Questi preziosi
documenti vedono le vicende di alcune tra le più facoltose famiglie veronesi incontrarsi
e scontrarsi, legarsi tramite matrimoni e talvolta allontanarsi a causa di litigi sui
possedimenti di campagna (spesso amministrati da persone terze e con confini labili),
debiti insoluti e persino la proprietà di due candelabri d’argento!
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Altro importante contributo che il Professor Pasa ha voluto offrire a questo lavoro, e
all’intera comunità veronese, è il riordino e la consultazione del grande archivio privato
della famiglia Rizzardi. Grazie alla catalogazione di queste fonti assolutamente uniche
è stato possibile ricostruire molto delle vicende delle colline negraresi e delle famiglie
che vi abitavano, in quanto è tenuta minuziosa nota delle compravendite e delle
proprietà della zona: abbiamo ad esempio la possibilità di conoscere i beni mobili
presenti all’interno di Villa Rovereti al momento dell’acquisto nel 1810.
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La produzione di fonti a stampa riguardanti la famiglia Rovereti e la villa sono
abbastanza scarse; tra queste possiamo annoverare il testo di Giuseppe Franco Viviani
Ville della Valpolicella (Verona: Centro di documentazione per la storia della
Valpolicella, 1983), in cui si esaminano circa 70 ville costruite tra il XV e il XIX secolo,
compresa quella di Tomenighe.
Altro importante contributo è sicuramente dato dal volume di Giovanni Viviani, Negrar,
un filo di storia (Verona, 1991). Questo testo ripercorre circa un millennio di storia della
cittadina della provincia di Verona; un documento ricco di informazioni per quanto
riguarda le innumerevoli vicende che hanno come punto focale Negrar, tra le quali
compare anche quella esaminata in questo elaborato, analizzata con precisione molto
puntuale, specialmente per quanto riguarda la cappella privata dell’Assunta e la
funzione che essa assumeva all’interno della piccola comunità di Tomenighe.
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ASVr, Archivio Giuliari, Processi, R. 41.
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Archivio Rizzardi, Atti Famiglia Rizzardi, 15 marzo 1802. Si tratta soprattutto di beni di interesse agricolo, come botti,
torchi e attrezzi per la lavorazione delle uve e delle olive.