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Introduzione
La storia della televisione italiana è risultata di vivo interesse per la critica accademica sin dai
primi decenni di esistenza dello stesso mezzo, trovando già nel decennio 1970-1980 il suo
spazio in lavori specifici grazie all’opera di precorritori di tale ambito di studio; esponenti
esemplari in tal merito sono da individuare nella scuola di studio massmediologica
dell’Università Cattolica di Milano, tra cui si distingue l’approccio critico di Aldo Grasso
1
.
Per quanto riguarda la disciplina storica, in particolare, l’attenzione a tale campo di studio
risulta motivata dalla profonda vicinanza tra l’evoluzione del mezzo televisivo e le mutazioni
storiche a cui va incontro il Paese, la sua società civile e politica: in tal modo, l’esplorazione
storiografica contribuisce a mettere in luce nodi inediti della questione alla base dello studio
mediologico, ossia se siano i mezzi di comunicazione a plasmare il contesto sociale di loro
riferimento o quest’ultimo a dare l’origine a forme, contenuti e mutamenti dei primi.
In virtù di ciò, nell’ampio panorama della storia della televisione nazionale si è dunque scelto
di prendere in considerazione il periodo che vede il progressivo sorgere e affermarsi della
galassia Fininvest di Silvio Berlusconi, o più precisamente i decenni 1970-1980 e 1980-1990:
tale arco temporale appare particolarmente interessante in quanto in esso si avvicendano eventi
chiave per il progressivo definirsi del Paese attuale, del suo panorama culturale e istituzionale
e dei suoi mezzi di comunicazione.
Prendendo in considerazione il periodo in oggetto, è innegabile che i media berlusconiani
abbiano ricoperto un ruolo di primo piano nel dare forma alla televisione italiana
contemporanea, ai suoi contenuti caratteristici e al suo rapporto con la società civile; la presente
tesi si propone pertanto di definire i termini dell’innovazione rappresentata dalle televisioni di
Berlusconi, e dell’impronta duratura che questa ha lasciato nella storia del mezzo televisivo e
del Paese stesso.
Ai fini di ciò, si è resa necessaria un’analisi critica del panorama di contributi storiografici e
mediologici sulla figura di Berlusconi, il berlusconismo mediatico e l’evoluzione del settore
televisivo nei decenni di riferimento; per una ricostruzione del quadro storico e istituzionale in
cui le televisioni berlusconiane si ritagliano un ruolo da protagonista è stato peraltro doveroso
fare riferimento a fonti pubblicistiche tratte dagli archivi storici di periodici come il Corriere
della Sera, l’Unità e Repubblica.
1
F. Monteleone, Storia della radio e della televisione, Marsilio, Venezia 1992, p. XXVIII.
4
Capitolo 1 – Berlusconi e neotelevisione: lineamenti storici e critici
1.1 Berlusconi e berlusconismo nella riflessione accademica
Definire il ruolo dell’operato storico e imprenditoriale di Silvio Berlusconi nella storia della
televisione italiana risulta essere un’operazione complessa per vari fattori: in primis, è
riconosciuto come il suo ingresso nel settore mediatico nazionale, e non solo, abbia avuto
ricadute fondamentali per lo sviluppo del Paese stesso, della sua storia interna e della propria
vita civile e sociale, e tali effetti profondamente definenti sono stati analizzati in un ampio
ventaglio di discipline:
[...] La letteratura su Berlusconi e sul berlusconismo, in italiano ma pure in altre lingue, è ormai
molto ricca, oltre che multidisciplinare – ne hanno scritto fra gli altri storici, politologi, sociologi,
antropologi, filosofi, linguisti, semiologi
2
.
Dall’analisi riportata sopra di Orsina, il quale però si concentra nella sua trattazione del
fenomeno berlusconiano sugli aspetti prettamente politici e sociologici, è interessante rilevare
come il cosiddetto berlusconismo abbia abbracciato aree di studio anche distanti tra loro
proprio per l’importanza della sua impronta nella storia dell’Italia contemporanea; ciò,
inevitabilmente, complica lo studio di quello che si può intendere con l’utilizzo di tale termine
e con le sue ramificazioni estranee all’ambito storico e mediatico.
Il secondo aspetto da menzionare che testimoni la complessità di una possibile trattazione è la
relativa penuria di letteratura storica e critica che si concentri specificamente sugli intrecci tra
le attività berlusconiane e l’evoluzione del mezzo televisivo italiano, a eccezione di analisi
circoscritte in opere di registro più esteso sull’interezza della storia televisiva del Paese (v.
Menduni 2002, Anania 2004) o in lavori di interesse prettamente storico e storiografico per il
periodo di maggiore interesse del berlusconismo mediatico, ossia gli anni Ottanta (Gervasoni
2010).
Un ulteriore e ultimo aspetto degno di nota che va a complicare l’analisi in oggetto è, come
sottolinea Orsina, è l’incertezza sulla ricerca delle radici storiche e culturali del fenomeno
berlusconiano e sull’ampiezza dello sguardo con cui è necessario che siano esaminate:
2
G. Orsina, Il berlusconismo nella storia d’Italia, Marsilio, Venezia 2013, p. 6.
5
[...] Le radici dell’avventura politica del Cavaliere sono state cercate soprattutto nel passato
prossimo degli anni ottanta o addirittura in quello vicinissimo di Tangentopoli (con qualche
eccezione) [...]
3
.
Nella necessità, ai fini della presente tesi, di mantenere il focus sugli aspetti mediatici e storico-
televisivi dell’operato di Berlusconi, può essere utile prendere avvio proprio dalla linea di
analisi del già menzionato Orsina; questi, infatti, integra nella sua riflessione introduttiva gli
apporti di sguardi di studiosi interni ed esterni al panorama italiano (v. Caniglia 2000), i quali
accostano la temperie politica e culturale in cui fiorisce il berlusconismo a termini come
teledemocrazia e videocrazia.
Tale terminologia risulta particolarmente utile per il disvelamento di un aspetto piuttosto
centrale, per non dire cruciale, dell’analisi del nodo tra universo berlusconiano e media
televisivi. Etimologicamente, l’unione della radice di origine greca (-κρατος) indicante “potere,
dominio” a prefissi richiamanti la dimensione del vedere e del mostrare (-tele, -video) è difatti
particolarmente efficace per sottolineare il legame forte e imprescindibile tra successo dei
media berlusconiani e potere politico.
Proseguendo in questa prospettiva, un altro apporto fondamentale è dato dal contributo di
Ginsborg e Asquer nel dare una definizione di che cosa si intenda per berlusconismo:
Il berlusconismo emerge da questa indagine [...] non solo come un sistema che salvaguarda gli
interessi della figura centrale, ma come una configurazione sociale, politica e culturale astuta e
originale
4
.
Il lavoro di Ginsborg e Asquer si propone difatti di analizzare il contributo berlusconiano alla
storia del Paese negli ultimi decenni e dei propri media tratteggiandolo come un complesso
sistema di potere, il quale trova la sua conferma istituzionale nella dimensione politica
tradizionale di governo, e che allo stesso tempo affonda le proprie radici in un consenso
popolare costruito attraverso l’apparato mediatico e televisivo; i due ambiti sono così
interconnessi in un processo di mutua alimentazione e validazione.
A tal proposito, Ginsborg e Asquer sembrano individuare la fortuna del fenomeno
berlusconiano in ambito culturale e mediatico nell’aver saputo colmare una grave aporia del
3
Ivi.
4
P. Ginsborg, E. Asquer, Berlusconismo: analisi di un sistema politico, Gius. Laterza & Figli, Roma-Bari 2011,
p. VII.
6
panorama legislativo e istituzionale italiano dell’età contemporanea, ossia l’insorgenza
dell’uso privatistico dei media e la mancanza di restrizioni apposte alla nascente televisione
commerciale (su cui si tornerà):
Le [...] incertezze [della classe politica precedente] si sono tradotte in un’incapacità di stabilire ben
precisi limiti di tolleranza nei confronti del berlusconismo, e in una considerevole inettitudine nel
portare all’attenzione [...] gli ambiti in cui l’Italia si poneva e tuttora si pone al di fuori delle regole
democratiche
5
.
In tal merito, a dare ancora più luce a tale aspetto è il contributo di Dondi, che inquadra
l’assenza di una qualsivoglia disciplina normativa nel periodo corrispondente alla nascita della
televisione commerciale in Italia; nel concreto, lo studioso bolognese rileva anche la mancanza
di criteri di pianificazione e normazione del pluralismo televisivo ed editoriale già
immediatamente dopo la riforma del 1975, vero spartiacque per l’avvio dell’iniziativa privata
nel panorama mediatico italiano, del cui merito si approfondirà in seguito.
Alla base di tale aporia Dondi sottolinea l’importante apporto del consolidato intreccio tra
interesse politico-economico e grandi gruppi editoriali, portando a esempio i legami tra il
partito egemone della Democrazia Cristiana e il gruppo Rusconi (fondatore di Italia 1). A ciò
va unita un’“apparente” assenza dei grandi partiti e delle istituzioni nella sistemazione di un
settore in profonda evoluzione, anche in termini di gusti del pubblico; Dondi suggerisce però
come tale ufficiosa mancanza di attenzione da parte del ceto politico contemporaneo fosse
sopperita, anche nel caso dell’ascesa di Berlusconi, da rapporti sotterranei di intesa personale
con importanti esponenti del panorama politico dell’epoca:
[...] Come investimento immateriale, Silvio Berlusconi tesse rapporti in ambito istituzionale
incontrando una consonanza di interessi con il segretario del Partito socialista Bettino Craxi e con
le correnti conservatrici della Dc milanese
6
.
Dai contributi esaminati appare così già chiaro un possibile elemento definente per il radicarsi
del fenomeno berlusconiano a livello mediatico, ossia l’essersi inserito favorevolmente in un
contesto politico-mediatico molto nebuloso nella regolamentazione delle emissioni televisive
5
Ginsborg-Asquer, p. XIII.
6
M. Dondi, “L’emittenza privata tra cambiamento sociale e assenza normativa (1976-1984)”, in Italia
contemporanea, 298 (2022).
7
private, traendo vantaggio anche dal benvolere implicito di alcuni gruppi dirigenti nell’Italia
degli anni ‘80.
Come si vedrà con ancora maggiore chiarezza in seguito, la nascita e l’evoluzione della galassia
mediatica di proprietà di Berlusconi è stata dunque in primis fondamentale per aver
riconfigurato, con il suo progressivo consolidarsi, gli equilibri tra le forze politiche in campo
nel panorama mediatico della tarda Prima Repubblica, colmandone mancanze e sfruttandone
appoggi; in secundis, i media di proprietà berlusconiana hanno inevitabilmente dato linfa e
sostegno vitale al consenso politico e istituzionale in mano al proprio fondatore, alimentando
quel complesso apparato gerarchico di potere (e poteri) più o meno ufficiali denominato
“berlusconismo”.
Proseguendo nella riflessione elaborata da Ginsborg e Asquer, al cuore del regime mediatico
identificato con l’apparato politico, televisivo ed editoriale berlusconiano viene poi posto
l’elemento fondamentale degli interessi patrimoniali e personali dell’imprenditore, che guidano
l’espansione della proprietà economica a lui ricondotta e della sua relativa influenza; a tal
proposito, il modello interpretativo recuperato nella trattazione è quello del «patrimonialismo»
di Max Weber, inteso come forza di governo che vede una diffusione progressiva di potere
centrifugo proveniente dalla figura del leader
7
.
Tale paradigma di costruzione e consolidamento del potere vede dunque una progressiva
erosione della distinzione tra pubblico e privato, fino a una totale compenetrazione delle due
dimensioni; in tal modo la difesa degli interessi del Berlusconi proprietario e “personale”
sarebbe andata ad avvicinarsi e a interagire sempre di più con le linee programmatiche e
d’azione non solo dei media privati di sua proprietà, ma inevitabilmente anche di quelli pubblici
ricadenti sotto la sua influenza negli anni del suo governo.
In tale sistema di potere l’elemento mediatico assume una particolare rilevanza: approfondendo
il modello del patrimonialismo per la comprensione del berlusconismo mediatico, Ginsborg
sottolinea come l’universo di Fininvest-Mediaset si sia determinato in un momento di generale
concentrazione di gruppi mass-mediatici a livello internazionale, con ricorrenti espansioni e
fusioni tra mezzi di comunicazione di massa, in un generale clima di assenza di
regolamentazione a livello globale
8
.
È dunque possibile riconoscere come la spinta di ambizione patrimoniale e personale di
Berlusconi alla base della vertiginosa espansione del suo apparato mediatico sia stata conciliata
7
J. I. Baker, “Patrimonialismo” in Enciclopedia del governo, Berkeley 2006.
8
P. Ginsborg, Berlusconi. Ambizioni patrimoniali in una democrazia mediatica, Einaudi, Torino 2003.