PREFAZIONE
La seguente tesi, esortata dalla volontà di unire la passione per i “giornaletti” Disney a
quella per l’inglese e la traduzione, dal desiderio di mettersi in gioco e dalla profonda
speranza che possa trattarsi di un punto di partenza e non solo d’arrivo, intende
analizzare, attraverso la traduzione personale di una sequenza di storie a fumetti firmate
Walt Disney, le problematiche relative all’adattamento linguistico e culturale di tale
genere letterario e le possibili soluzioni ad esse, nonché far risaltare le difficoltà di
traduzione legate alla necessità di rispettare sia gli esigui spazi destinati alla collocazione
delle battute che l’inconfondibile tradizione del brand Disney. Ostacoli e intoppi che si
sostanziano in una continua e ricercata scelta di termini ed espressioni linguistiche idonee
a mantenere la traduzione il più vicino possibile al testo originale, ma che non
affievoliscono il fascino innato delle storie e dei personaggi disneyani, né tantomeno la
forte volontà e la profonda speranza di poter esplorare in modo più approfondito tale
settore e possibilmente anche entrarne a far parte.
Precede quanto appena citato una panoramica generale sul mondo dei comics con
particolare riferimento a quelli Disney, una breve illustrazione dei racconti proposti e dei
relativi autori/sceneggiatori e un accenno alla complessa realtà della traduzione
fumettistica; conclude il lavoro un’apposita sezione destinata all’analisi delle scelte di
traduzione.
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A partire dal XIX secolo si sono susseguite numerose le invenzioni che hanno permesso al
pubblico di essere raggiunto velocemente e in maniera capillare, anche a distanza, da
informazioni e contenuti, ma sono i due secoli successivi a vivere la vera espansione dei
cosiddetti mass media, legata a filo diretto con il progresso scientifico e tecnologico. E
proprio la spinta tecnologica ha consentito la riproduzione di dispositivi multimediali
sempre più all’avanguardia e dei cosiddetti media digitali i quali, in tempi più recenti,
hanno surclassato i vecchi mezzi di comunicazione, garantendo una più istantanea
veicolazione delle informazioni, in un mondo sempre più caratterizzato dalla frenesia.
Ce n’è uno però che, grazie anche alla sua capacità di adattarsi a tale insita peculiarità
del mondo moderno, resterà vivo in eterno come strumento sia di comunicazione che di
divertimento: il “fumetto”, un genere grafico e letterario in grado di contenere ogni sorta
di informazione e veicolare qualsiasi tipo di messaggio, la cui lettura, per consuetudine,
risulta generalmente disattenta, non richiede profonda attenzione e può avvenire anche in
luoghi e momenti meno appropriati.
A differenza degli altri mezzi di comunicazione e informazione, i “giornaletti” (termine
con il quale venivano identificati i fumetti in passato), vengono inoltre costruiti in modo da
favorire l’astrazione dei fruitori, permettendo loro di sognare, di dimenticare la propria
identità vivendone altre e di identificarsi nei personaggi e nella storia, mediante la
costante trasformazione della realtà in icone: eroi umani, che commettano errori e che
siano anche un po’ impacciati, che riflettono il nostro desiderio di affermazione e di
rivalsa in una società non sempre benevola nei nostri confronti.
Il fumetto o, come viene chiamato in America “comics”, risulta spesso utile per la
divulgazione e l’informazione sociale, e assume la connotazione di Arte Sequenziale,
intesa come racconto visivo attraverso l’uso di immagini poste in sequenza
1
. Disegni che
diventano un tutt’uno con le parole, in un rapporto interdipendente che favorisce la
comprensione del lettore, bambino o adulto che sia. È spesso opinione comune, infatti,
credere che i “giornaletti” siano dedicati soltanto ai più giovani, ma non c’è niente di più
sbagliato; grazie al suo linguaggio semplice, fondato su un sistema di segni (visivi e
fonetici) e alla sua semantica composta di immagini e parole, il fumetto risulta in realtà di
grande effetto anche tra i meno giovani, i colti e perfino i semianalfabeti, senza mai
annoiare.
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Santarelli, S. Fare fumetti – linguaggio e narrazione dall‟idea alla storia disegnata, Roma, Dino Audino
Editore, 2003, p. 11
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Le immagini, poste in sequenza e raffiguranti una seppur minima differenza spazio-
temporale, risultano essere l’elemento essenziale del fumetto, ciò che permette al
destinatario di comprendere rapidamente, mediante un semplice sguardo, l’evolversi della
storia, nonché di immagazzinare una serie di informazioni circa personaggi e ambienti che
assumono il ruolo di stereotipi. Pur premettendo che gli stereotipi godono di cattiva fama,
anche Will Eisner, uno dei più grandi maestri dell’arte fumettistica, ammette l’ineludibilità
di tale ingrediente per molti fumetti affermando: “I disegni dei fumetti sono riproduzioni
riconducibili di gesti ed atti umani. Ne rappresentano un riflesso, ed è compito dei ricordi
e delle esperienze immagazzinati nella memoria del lettore utilizzarli per visualizzare
rapidamente un’idea o un’azione. Questo rende necessaria la semplificazione delle
immagini in simboli riproducibili, cioè in stereotipi. (...) Nei film c’è un sacco di tempo a
disposizione per sviluppare un personaggio che faccia un determinato mestiere. Nei
fumetti, invece, il tempo e lo spazio disponibili sono molto ridotti. L’immagine o la
caricatura devono risolvere la faccenda all’istante”
2
.
Ad accompagnare i disegni troviamo poi immancabilmente delle parole, dei dialoghi, atti
a spiegare in modo più chiaro fatti ed azioni che potrebbero risultare poco chiare e a
favorire lo scambio di informazioni tra i personaggi del racconto. Quello del fumetto è un
dialogo atipico, poiché non si ha un reale scambio di battute tra i personaggi, ma siamo
noi a leggere ciò che questi si dicono, e risulta totalmente in linea con le regole
linguistiche tipiche della lingua parlata: “maggior numero di concetti possibili con il
minor numero di parole possibili”, cosicché la battuta sia compresa nel ristretto margine
di un balloon e non debba rubare spazio al racconto visivo, alle immagini. Ad arricchire i
semplici scambi di battute tra personaggi intervengono poi una serie di convenzioni
grafiche, che denotano l’andamento e il tono del discorso: riconosciamo tra questi l’uso
del grassetto all’interno del balloon per appoggiare la voce su questa o quella parola che
riteniamo fondamentale per la comprensione del discorso; l’uso dei puntini di sospensione
per prendere delle pause; il punto esclamativo per esprimere stupore o perplessità; il
punto interrogativo che sostituisce l’ipotetica domanda; le didascalie, per fornire
indicazioni circa luogo e tempo, per avvisare di un salto temporale o per descrivere ciò
che è in procinto di accadere; la forma stessa del balloon, attraverso la quale capiamo il
tono o il volume con il quale è pronunciata la battuta. Costituiscono una assoluta
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Eisner, W. Graphic Storytelling – Narrare per immagini, Torino, Vittorio Pavesio Productions, 2001
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peculiarità del mezzo, infine, le onomatopee (parole o locuzioni il cui suono imita il suono
reale della cosa che si vuol significare
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), che contribuiscono a creare quell’illusione di
realtà di cui il fumetto ha disperatamente bisogno per essere credibile.
Nel mondo dei comics, senza ombra di dubbio, ricopre un ruolo di primaria importanza il
fumetto Disney, fedele compagno di intere generazioni e amato passatempo, strumento di
svago e relax nonché fonte di cultura, che appassiona ormai da poco meno di un secolo
grandi e piccini di tutto il mondo, grazie all’equilibrata combinazione di educazione,
divertimento e satira che ne costituiscono la chiave del successo. La Walt Disney
Company, oggi una delle più grandi aziende del mondo nel campo dei media e dello
spettacolo e leader assoluta nel mercato dell’intrattenimento per l’infanzia, nasce negli
Stati Uniti nel 1923 per opera dei fratelli Roy Oliver e Walter Elias Disney che danno vita
ad una serie di cortometraggi animati ed opere filmiche, prima di pubblicare, il 13
Gennaio del 1930
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, il primo fumetto a striscia, dal titolo “Lost on a Desert Island” e con
protagonista quel Topolino che oggi è l’emblema della stessa Disney e icona indiscussa
dei comics. Neanche il tempo di veder pubblicata, negli USA, l’ultima “strip” (termine
americano per striscia) che il fumetto Disney, esattamente il 30 Marzo, sbarca anche in
Italia, dove viene inizialmente divulgato su un supplemento domenicale de La Gazzetta del
Popolo con il titolo “Le avventure di Topolino nella giungla”
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: era la nascita di un mito
che dopo più di ottanta anni continua ad interagire con gli italiani e viene percepito come
qualcosa di fortemente connesso a valori morali e sentimenti positivi nonché al concetto di
educazione e al valore della famiglia. Dopo una lunga e fortunata serie di pubblicazioni
in strisce, nel Dicembre del 1932 nasce la testata “Topolino”, dapprima edita sotto forma
di giornale e poi a partire dal 1949 in formato libretto, nella quale iniziano a comparire
uno dopo l’altro anche tutti gli altri personaggi della cosiddetta Banda Disney, celebri
protagonisti dei racconti ambientati nelle fittizie città di Topolinia e Paperopoli.
Topi e paperi che hanno raccontato, e raccontano tutt’ora, vizi e virtù degli italiani, che
hanno attraversato gli ultimi ottanta anni di storia del Belpaese dal secondo conflitto
mondiale alla crisi economica, ma che non sono mai passati di moda, conservando quella
semplicità, quella goffaggine, quel lieve umorismo e quello spirito che li accompagnano
fin dalla “nascita” e donano loro un magistrale tocco di umanità.
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De Agostini, Enciclopedia Generale, Novara, 2001, p. 1286
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http://coa.inducks.org/ (INDUCKS – Database globale dei fumetti Disney)
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http://coa.inducks.org/ (INDUCKS – Database globale dei fumetti Disney)
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Topoliniani e Paperopolesi alle prese con storie di vita quotidiana sono anche gli assoluti
protagonisti dei racconti Disney che delineano il corpo centrale della presente tesi, nove
diverse storie a fumetti prevalentemente caratterizzate da sarcasmo e ironia, risultato di
una approfondita ricerca (condotta essenzialmente sul già citato “Database globale dei
fumetti Disney INDUCKS”) mirata ad individuare testi in lingua inglese mai pubblicati
precedentemente in Italia, possibilmente di contenuto eterogeneo (ad esclusione di quelli a
carattere avventuroso in cui la componente satirica rimane maggiormente nell’ombra) e
ideati da autori di vario calibro e origine. Fanno parte della raccolta, infatti, alcune storie
natalizie, la parodia di un celebre romanzo ottocentesco e talune simpatiche peripezie,
magistralmente narrate sia da autori di grande spessore come Donald Gunn, Gil Turner,
William Van Horn e Vic Lockman, che da autori di minor fama quali Sarah Kinney, Gorm
Transgaard e Frank Jonker. Oltre alla impari notorietà, contribuiscono alla loro
distinzione anche la diversa nazionalità (eccezion fatta per la Kinney, nata e tuttora
residente negli USA) e la scuola fumettistica di provenienza: i primi quattro hanno infatti
origine americane e sono cresciuti professionalmente presso case editrici statunitensi
(Western Publishing e Gladstone Publishing), mentre Transgaard e Jonker sono originari
del nord Europa (danese il primo, olandese l’altro) e sono cresciuti professionalmente
presso case editrici della cosiddetta scuola “nordic” (VNU/Sanoma e
Gutenberghus/Egmont Publishing).
Donald Gunn, meglio conosciuto come Don Gunn, è stato senza dubbio uno dei fumettisti
Disney di maggior calibro; attivo dai primi anni Quaranta fino alla metà degli anni
Sessanta, ha lavorato prevalentemente per la Western Publishing disegnando quasi
esclusivamente storie raffiguranti Topolino ed è stato il primo a ritrarre Cip & Ciop in un
fumetto.
William Van Horn (diminutivo di William Roger Van Horn), già impegnato nell’ambito
dell’animazione e come illustratore per libri da bambini, inizia il suo lavoro in ambito
disneyano soltanto verso la fine degli anni Ottanta, dapprima presso la Gladstone
Publishing e poi per conto della Gutenberghus/Egmont Publishing, con la quale collabora
tuttora, e conquista una certa notorietà con la creazione del personaggio Rumpus Mc
Fowl, fratello pigro di Paperon de’ Paperoni.
Nonostante la sua primaria occupazione nel campo dell’animazione, Gil Turner (nome di
battesimo Gilbert Turner) è stato uno dei maggiori disegnatori e sceneggiatori Disney,
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soprattutto nel corso degli anni Quaranta e Cinquanta quando, attivo presso la Western
Publishing, illustrava numerose storie con protagonista Topolino.
Vic Lockman comincia a lavorare nei primi anni Cinquanta presso la Western Publishing
dove svolge dapprima la professione di calligrafo e poi quella di redattore degli albi,
scrive storie e sceneggiature per diversi personaggi, non solo disneyani, inventa il
“cappello delle idee” (copricapo a forma di nido d’uccello spesso indossato da Archimede
per avere nuove e brillanti idee), ma soprattutto è l’artista che più di tutti ha contribuito a
sviluppare parte del passato di Paperon de’ Paperoni e le basi storiche della famiglia dei
paperi; conclude la sua carriera come collaboratore della Gladstone Publishing.
Danno avvio alla sezione dedicata alla traduzione due storie di carattere natalizio ideate
da Don Gunn, “Mickey’s Christmas Mix-up” e “Mickey’s Christmas Trees”,
rispettivamente riadattate in lingua italiana con i titoli “Che pasticcio Topolino” e
“Topolino e gli alberi di natale”: la prima, pubblicata dalla Western Publishing per la
prima volta negli Stati Uniti nel 1945 e poi diffusa anche in Olanda e Brasile
6
, ritrae
Topolino, Minnie e Pippo alle prese con una vecchia sedia a dondolo, apparentemente
senza valore, ma portatrice di mille sorprese; nella seconda, divulgata ancora una volta
dalla Western Publishing per la prima volta negli USA nel 1946 e successivamente giunta
anche in Brasile e Olanda, assistiamo invece ad una goffa indagine condotta da Pippo con
l’intento di scovare il criminale Pietro Gambadilegno, da poco evaso dal carcere e già
“all’opera” in numerosi negozi della città.
Chiude lo spazio dedicato alle storie di Natale “Mickey Mouse’s Christmas Story”,
disegnata da Gil Turner e pubblicata per la prima volta dalla Western Publishing negli
Stati Uniti nel 1947; Topolino si improvvisa cantastorie per tranquillizzare i due nipotini
Tip & Tap, preoccupati di non ricevere i tanto attesi regali richiesti a Babbo Natale,
vecchio gentiluomo vestito di rosso al quale Topolino e Pluto avevano fatto visita alcuni
anni prima accompagnati da un piccolo folletto. Diffusa in tempi più recenti anche in
Brasile, Olanda e Norvegia, viene presentata in italiano con il titolo “Topolino e la storia
soporifera”.
Topolino, Pippo e Minnie sono protagonisti anche del quarto racconto, realizzato da
Sarah Kinney ed edito dalla Egmont Publishing che lo ha divulgato per la prima volta in
Danimarca nel 2006; approdato successivamente anche in Finlandia, Francia, Germania,
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http://coa.inducks.org/ (INDUCKS – Database globale dei fumetti Disney)
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Lituania, Norvegia, Polonia, Svezia e Stati Uniti (con il titolo “Cyrano de Maniac”), è la
parodia del romanzo ottocentesco “Cyrano de Bergerac”: Pippo è innamorato della bella
e dolce vicina di casa, che riuscirà a conquistare solo grazie all’aiuto di Topolino, suo
fedele suggeritore; in traduzione italiana, la storia conserva il titolo adottato per
l’edizione americana, in modo da rendere chiara l’allusione al celebre romanzo.
Con il quinto racconto si apre invece la serie di fumetti dedicati agli abitanti di
Paperopoli, in particolar modo ai più noti Paperon de’ Paperoni, Paperino, Qui, Quo,
Qua e Nonna Papera; “Lost on a dog”, creato da William Van Horn, viene pubblicato per
la prima volta negli USA dalla Gladstone Publishing nel 1988 per poi giungere anche in
Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Norvegia, Olanda e Svezia, e segna l’esordio nei
fumetti Disney della cosiddetta Baron Itzy Bitzy, pulce canterina acquistata a caro prezzo
da Paperon de’ Paperoni, intenzionato a diventare suo manager, ma sbadato a tal punto di
perderla. Nell’adattamento italiano, il titolo “La pulce canterina” si distanzia
dall’originale inglese per mettere in evidenza la protagonista della narrazione e le sue doti
canore.
Il sesto fumetto, firmato Gorm Transgaard e divulgato per la prima volta in Olanda nel
2003, è un racconto apparentemente banale, ma pieno di riferimenti alla realtà culturale
indiana, probabilmente poco nota al protagonista Paperino, chiamato a soddisfare gli
inconsueti bisogni di una mucca indiana come “ricompensa” per averle salvato la vita; il
titolo “Holy Cow” adottato per la pubblicazione americana, seguita a quelle danese,
finlandese, tedesca, greca, norvegese e svedese, è stato semplicemente riadattato in
italiano con “La mucca sacra”.
È sempre di origine olandese, ma con prima pubblicazione nel 2004 e firmato Frank
Jonker, il fumetto che spiega il modo in cui Zio Paperone è divenuto proprietario della
fittizia testata giornalistica paperopolese “Gossip”, rivista tanto amata quanto odiata da
Paperino. Si distanzia totalmente dal titolo scelto per l’edizione americana quello adottato
per la traduzione italiana: da “Tabloid Tattletale” si passa infatti a “Il gossip ti fa ricco”,
pensato per ricollegarsi sia al nome della rivista in questione che all’intenzione lucrativa
di Paperone.
Concludono la sezione dedicata alla traduzione due fumetti brevissimi ma pieni di ironia:
il primo, di origine statunitense, creato da William Van Horn e con prima pubblicazione
nel 1992 con il titolo “Nap in Nature”(adattato in italiano con “Un impossibile
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sonnellino”), descrive il rapporto poco felice di Paperino con la natura, che non lo assiste
nella sua volontà di schiacciare un profondo sonnellino nel bel mezzo della campagna; il
secondo, anch’esso di origine americana, ma ideato da Vic Lockman e con prima uscita
nel 1994 con il titolo “The skipper” (italianizzato in “Lo skipper”), intende invece
rimarcare l’infinita ricchezza di Zio Paperone che si appresta, con giacca da marinaio e
cannocchiale, ad un piacevolissimo viaggio sull’esteso mare di denaro che riempie il suo
deposito.
Il presente “viaggio”, tanto arduo quanto piacevole, nell’esteso e intricato mondo della
traduzione, intende essere un trampolino di lancio verso un futuro il più possibile in linea
con quanto studiato e approfonditamente analizzato nel percorso di studi ormai giunto alla
conclusione, un importante banco di prova, vista la personale inesperienza nell’ambito
della particolare tipologia traduttiva (quella fumettistica) affrontata, nonché un modo
mediante il quale unire la profonda passione per i comics Disney a quella per l’inglese e
la traduzione in un binomio non certo privo di ostacoli, ma pieno di fascino e ironia con il
quale sarebbe assolutamente piacevole confrontarsi quotidianamente.
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