6
sistemi elettronici che l’utente incontra durante il suo viaggio, cercheremo di capire se
e in che misura anche i disabili possono usufruire di tale servizio.
Attraverso il confronto fra opinioni e intenzioni dei responsabili che rappresentano
l’azienda, dei gestori che si occupano realmente di sicurezza e dell’atteggiamento degli
utenti, vogliamo rilevare se c’e’ distanza fra volontà e realtà.
Analizzando un contesto reale da diversi punti di vista si intende fare luce su come
l’ambiente si adegua alla persona e in che misura invece sono le persone a doversi
adattare.
7
CAPITOLO PRIMO
ERGONOMIA TECNICA DELLE TECNICHE
1 STORIA E PRINCIPI FONDAMENTALI
1.1 NASCITA DELL’ERGONOMIA
Negli Stati Uniti,all’inizio del XX secolo, gli impianti industriali si rivolgono alla
produzione di massa, standardizzata e finalizzata al raggiungimento di economie di
scala. Frederick Taylor inizia a porsi il problema di organizzare il lavoro umano in
modo da massimizzarne l’efficienza produttiva: nasce l’organizzazione scientifica del
lavoro, più nota come Taylor-Fordismo
70
. Si trattava di adattare “l’uomo alla macchina”
con lo scopo di ottenere il massimo dai lavoratori non specializzati che si avevano a
disposizione per una ragione molto semplice:il lavoro specializzato costava troppo.
Questo metodo si basa sulla netta separazione tra lavoro puramente esecutivo e attività
di programmazione e gestione della produzione con la conseguente parcellizzazione e
rigida definizione dei compiti lavorativi. E’ da qui che ha origine la famigerata catena di
montaggio le cui norme ferree sono spesso alienanti per i lavoratori. L’Ergonomia fin
alle origini si contrappone in modo critico all’organizzazione scientifica del lavoro
rovesciandone il postulato di base.
Gli sviluppi tecnologici e il cambiamento sociale che hanno caratterizzato la seconda
metà del ventesimo secolo, hanno costituito un terreno fertile per l’ergonomia. La
guerra e gli studi in campo militare sulle difficoltà fisiche e mentali dell’uomo hanno
70
www.uninsubria.it,sez.convegni e conferenze, Piergiorgio Frasca,“Ergonomia e lavoro: evoluzione di
un’idea rivoluzionaria dei nostri tempi”,Gennaio,2006.
8
aperto la strada verso una nuova sensibilità nei confronti dell’uomo e dei suoi bisogni.
Ci si rende conto che alcune mansioni ad alta criticità, come pilotare un velivolo o
controllare l’attività di un radar, impongono una notevole quantità di lavoro mentale
agli operatori. Si inizia a pensare che,almeno in questi ambiti, conviene progettare
impianti modellati sulle caratteristiche umane, piuttosto che il contrario: è un
rovesciamento del modello Taylorista, sia pur limitato a pochi settori. A testimonianza
dell’emergere di nuove tematiche legate all’uomo,nasce nel 1949 a Oxford la
Ergonomic Research Society,
71
fondata dallo psicologo gallese K.F.H.Murrell che
aggregava fisiologi, psicologi, igienisti, medici del lavoro, ingegneri e architetti. Il suo
obiettivo era quello di adattare il lavoro all’uomo e assicurare i più elevati livelli di
sicurezza e benessere. La Società appena fondata era caratterizzata da un lavoro di tipo
applicativo e a tutte le discipline coinvolte veniva data pari importanza. Proprio per
questo il termine che Murrell utilizzò per la prima volta fu “ergonomia” per riferirsi a
un ambito di interessi così vasto e generale che coinvolgeva diverse discipline,con
l’intento di non privilegiarne qualcuna a discapito di altre. Fu l’atto di nascita
dell’Ergonomia come disciplina autonoma. Murrell spiega così la scelta del termine:
“Era una parola semplice che poteva dare origine a una nuova fraseologia; poteva essere
tradotta in altre lingue;e ancora più importante ,non implicava che una disciplina fosse
di importanza maggiore di un'altra”
72
. Per ciò che concerne l’Italia, sempre nel 1961,
nacque la S.I.E. - Società Italiana di Ergonomia - con sede a Milano, presso la Clinica
del Lavoro
73
.
Ci si rese conto che anche se i mezzi materiali potevano considerarsi potenzialmente in
grado di funzionare perfettamente ,era l’interazione con l’uomo che spesso rendeva
inefficiente l’insieme. Da questo momento l’idea che fosse opportuno partire dalle
caratteristiche umane per progettare la macchina vide l’ergonomia conquistare nuovi
ambienti di lavoro. L’idea che muoveva gli studi ergonomici era che la macchina si
dovesse adattare all’uomo. In Italia alla fine degli anni 60,il movimento operaio collocò
71
E’ la prima società nazionale di Ergonomia.
72
Murrel K.F.H., Ergonomics. Man in His Working Environment, Chapman e Hall, London 1965 (trad.
it. Ergonomia. L’uomo e il lavoro,ISPER edizioni,Torino,1967)
73
La prima clinica del lavoro
al mondo nata nel 1906 ad opera di Luigi Devoto
.
9
al centro del proprio programma la salvaguardia della salute in fabbrica. Nel 1970
venne promulgata in Italia la legge nota come lo Statuto dei Lavoratori
74
.Con essa
vennero garantiti i diritti dei lavoratori in campo sindacale,previdenziale e della salute e
si costituirono organismi rappresentativi operai nelle fabbriche;in oltre il controllo delle
condizioni di lavoro venne allargato agli esperti. L’ingegnere in fase di progettazione
inizia ad interessarsi più da vicino alla componente umana,ascolta il parere degli
psicologi perché aveva bisogno di conoscenze sul funzionamento cognitivo umano
circa la detenzione del segnale e il carico di lavoro mentale tollerabile. Anche
l’esperienza proveniente da altri ambiti e discipline contribuì a cambiare seppure con
grosse difficoltà lo scenario dell’ uomo al lavoro. L’approccio ergonomico di questo
periodo è correttivo, prende consapevolezza di problemi e dove è possibile cerca di
applicare le soluzioni correttive per migliorare l’attività umana.
1.2 ATTENZIONE VERSO I FATTORI COGNITIVI UMANI
Nella prima metà degli anni 70 si ha una svolta decisiva. L’ergonomia infatti passa
dall’essere centrata sulla prestazione isolata di individui isolati, quindi separati dal
contesto, all’essere concentrata sulla relazione che intercorre fra le persone e l’ambiente
circostante .L’interesse dell’ergonomia si applica,in questa fase, ai beni di consumo e ai
servizi. Ad una concezione atomistica si sostituisce una concezione relazionale del
lavoro
75
e dall’adattamento fra uomo e macchina si passa al concetto di interazione.
Questo cambiamento è caratterizzato anche dall’abbandono della macchina
“meccanica” e i dispositivi che compaiono negli ambienti di lavoro sono sempre meno
macchine meccaniche e sempre più macchine intelligenti multifunzioni che dialogano
con l’operatore inserito nell’ambiente lavorativo. Il lavoratore non è più una figura
74
Statuto dei lavoratori: Legge 20 maggio 1970, n. 300 “Norme sulla tutela della libertà e dignità del
lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nel luoghi di lavoro e norme sul
collocamento”.
75
“Logica relazionale” Per approfondimenti su, cfr. Mantovani, Ergonomia:Lavoro sicurezza nuove
tecnologie, Il Mulino, Bologna 2003, pp.17-19.
10
generica,non è più forza lavoro dequalificata e anonima;la questione della salvaguardia
della salute e dell’integrità dei lavoratori diviene di centrale importanza. In questa
nuova fase il compito dell’ergonomia è quello di comprendere l’interazione per
progettare e costruire ambienti di lavoro che siano affidabili e sicuri. Questo nuovo
periodo in cui si sviluppa l’ergonomia dei sistemi è caratterizzata da alcuni mutamenti a
livello sociale e tecnologico. E’ scomparsa in parte la fatica muscolare come unica
protagonista del lavoro e l’attenzione per la mente e l’applicazione di modelli cognitivi
fanno dell’uomo non più l’anello debole del sistema produttivo ma il cardine per
costruire un ambiente di lavoro favorevole all’interazione dove sicurezza e produzione
vadano di pari passo.
La differenza fra l’ergonomia di correzione e l’ergonomia di prevenzione
76
o dei
sistemi è sintetizzabile nella maniera differente di vedere la sicurezza. Mentre
l’ergonomia pre-sistemica analizzava gli infortuni, cioè le situazioni in cui il lavoratore
riportava danni fisici, distinguendoli dagli incidenti tecnici ,guasti delle
attrezzature,l’Ergonomia sistemica supera la separazione fra fattori umani e tecnici
collegando entrambi all’affidabilità del sistema. La divisione rigida fra errori umani e
errori tecnici faceva si che per gli infortuni si ipotizzassero cause umane mentre per i
guasti cause tecniche con la conseguenza che la responsabilità ricadeva quasi sempre
sull’uomo. Le cause degli infortuni erano attribuite a distrazioni qualora la macchina
funzionasse correttamente e non riportasse guasti. Dopo l’infortunio l’unica
preoccupazione dell’azienda era stabilire a chi si dovesse attribuire la colpa. Problemi
legati ad errori nella progettazione della macchina o della mansione lavorativa non
venivano presi in considerazione prima che l’ergonomia dei sistemi abbattesse la
separazione fra fattori umani e tecnici collocando entrambi nell’ambito dell’affidabilità
del sistema. Grazie a questo nuovo modo di intendere il lavoro, si passa alla logica
dell’affidabilità come requisito di progettazione. Gli oggetti devono essere progettati in
base alle caratteristiche umane e in più devono essere in grado di prevedere l’utilizzo
che l’uomo ne farà in relazione all’ambiente e al modo in cui elabora le informazioni
76
Cfr.,Mantovani, op.cit.
11
ambientali. La prospettiva dell’affidabilità di sistema consente di prevedere le situazioni
di impasse o pericolo che il sistema potrebbe imporre al lavoratore. Le azioni erronee
non sono riconducibili solo all’uomo bensì al cattivo funzionamento del sistema
UOMO-MACCHINA come insieme, quindi l’errore diventa del sistema. Muovendosi
sulla necessità di progettare prevedendo gli errori, diventa importante adattare gli
strumenti al modo in cui le persone elaborano le informazioni ambientali, prima ancora
che alle loro azioni umani.
A partire da questa nuova sensibilità è possibile tracciare una distinzione fra ergonomia
classica e ergonomia cognitiva. La prima si occupa delle interazioni uomo-macchina-
ambiente soprattutto sotto il profilo meccanico e fisico ,studia il fattore umano
nell’ambito delle esigenze fisiche come la postura e la possibilità fisica di fare le cose.
La seconda studia le interazioni uomo-macchina-ambiente con attenzione rivolta ai
fattori cognitivi ed emotivi, legati ai processi di percezione, apprendimento,
memorizzazione, presa di decisione e soluzione di problemi.
In termini molto generali, dunque, l’ergonomia cognitiva riguarda la progettazione di
interfacce uomo-machina che tengano conto dei limiti cognitivi umani.
Le aree fondamentali
sulle quali essa si concentra sono:
I processi percettivi di input ambientali (detenzione del segnale,
classificazione e individuazione di percorso);
L’elaborazione cognitiva centrale (processi decisionali, soluzione di
problemi, memoria);
I processi percettivo -motori (es. scrittura a tastiera).Grazie a questo approccio, i
modelli proposti dalla psicologia cognitiva ,sono applicati a specifici progetti e loro
problematiche.
La psicologia cognitiva e la psicologia sociale aprono un panorama molto ampio di
analisi; diventa possibile studiare il modo in cui usiamo la conoscenza nella vita
quotidiana poiché il punto di partenza è che non vediamo e percepiamo gli oggetti cosi
come sono ma li vediamo in un contesto e ne costruiamo il senso sulla base delle nostre
percezioni. Non esiste una conoscenza data ma i processi ,gli oggetti e le azioni si
12
costruiscono reciprocamente; poiché l’informazione non è data ma costruita, gli
individui non sono osservatori ma attori. Le situazioni sono sistemi aperti ,mai
completamente strutturati e cambiano a seconda degli attori .Questa è la teoria
dell’azione situata che non parte da informazioni date ma dalla mutevole interazione che
gli attori stabiliscono con gli loro ambienti saturi di occasioni. Le situazioni sono il
luogo in cui gli interessi degli attori e le opportunità dell’ambiente si incontrano e si
costruiscono reciprocamente,cambiando a seconda degli attori. La teoria dell’ azione
situata si basa sulle mutevoli interazioni che gli attori stabiliscono con i loro ambienti.
La conoscenza dipende dal contesto risente della specificità della situazione ed è
strettamente legata all’azione. L’attore sfrutta le opportunità della situazione e si muove
reagendo all’ambiente e seguendo i suoi obiettivi
77
.
1.3 ANNI ’80. LE INTERFACCE DESTINATE AGLI UTENTI
Gli interventi effettuati negli anno 70 nell‘industria avevano portato tangibili
miglioramenti negli ambienti di lavoro. L’ergonomia sposta il suo interesse principale
dal lavoratore dell’industria all’addetto al lavoro d’ufficio. Dalla ricerca del benessere
fisico a quella del benessere mentale a cui peraltro quello fisico è strettamente legato.
Con gli anni 80 infatti e la diffusione del computer sui luoghi di lavoro, emergono
nuove problematiche. Proprio nel periodo di massima accelerazione
dell’industria del software, si avverte l’inadeguatezza delle interfacce destinate
all’utente;emergono quegli aspetti del lavoro d’ufficio ,prima inimmaginabili, dannosi
per gli individui come le posture fisse,l’elevato impegno visivo e mentale spesso fonte
di stress.
Si comprende che per sfruttare le enormi potenzialità dei computer, è necessario
apprendere specifici linguaggi-macchina che istruiscano sulle operazioni dello
strumento. E’ un ritorno, sia pure in termini inediti, all’adattamento
77
Cfr. Mantovani, op.cit., pp.29-.31.
13
dell’uomo alla macchina. E’ per questo che l’ergonomia si concentra sulla definizione
delle informazioni necessarie comprensibili all’operatore nei vari momenti attraverso
l’analisi delle caratteristiche e dei limiti dell’uomo per giungere alla progettazione di
comandi che gli corrispondano. E’ proprio negli anni 80 che viene elaborato il concetto
di progettazione centrata sull’utente, User-Centered Design e si assiste a un maggiore
coinvolgimento dell’ergonomo non solo nell’analisi ma nella progettazione di macchine
prodotti e sistemi informatici.In seno al paradigma dello User Centred Design, nascono
le GUI, grafic user interfaces, che rendono possibile un’interazione decisamente più
intuitiva con il sistema, attraverso la progettazione di interfacce che sfruttano
le immagini. In quegli anni gli studi di interazione Uomo-Computer prendono in
considerazione in maniera molto approfondita il concetto di utente valutandogli
elementi cognitivi,percettivi,motori ma anche aspetti culturali,generazionale.
L’interfaccia grafica è il risultato di oltre 20 anni di studi e sperimentazioni condotti da
diversi ricercatori. Windows intreccia un interfaccia amichevole di facile e veloce
gestione con la possibilità di andare oltre e entrare nel vivo della macchina esplorando e
interagendo con il sistema operativo,che usa un linguaggio non user friendly. Se prima
trasparente significava chiarezza nel far vedere come funziona una tecnologia, ora
voleva dire chiarezza nel far vedere come usarla.
1.4 TECNOLOGIA E DESIGN
Ma gli anni 80 e 90 sono anche gli anni dell’immagine e del design. I prodotti gli
oggetti e le tecnologie sono ancora abbastanza semplici tanto da essere dominati dai
designer specializzati nell’immagine. Gli aspetti tecnologici del progetto sono
subordinati all’obiettivo che è quello di fornire un prodotto originale. Sinonimo del
nuovo stile di vita e di una nuova società che vive il boom economico gli acquirenti
sempre più scelgono in funzione della qualità dell’immagine.
14
“Il rapporto fra design e ergonomia è sempre stato conflittuale. Se per i designer gli
ergonomi sembrano preferire ciò che è sedimentato rispetto all’innovazione e alla
creatività l’ergonomia continuamente ammonisce che la ricerca di forme nuove e belle
spesso ha condotto alla progettazione di macchine che impongono posture innaturali,
strumenti difficili da usare, oggetti di cui è difficile capire l’utilità, ambienti che
causano incidenti. Tuttavia,oggi la metafora del giovane design in perpetuo conflitto
con la presunta saggezza dell’ergonomia descrive sempre meno la realtà. E’ ormai
evidente e riconosciuta una sostanziale somiglianza strutturale fra ergonomia e design.
Sono aree di ricerca che entrambe attingono da conoscenze qualitativamente diverse.
L’ergonomia fa riferimento a tante e differenti conoscenze disciplinari specifiche, di cui
fa uso di volta in volta con combinazioni diverse. Questa descrizione vale anche per il
design che usa conoscenze sviluppate in molte discipline diverse. La somiglianza
strutturale si é accompagnata, a partire dagli anni ottanta, ad una prima, lieve ma poi,
sempre più importante coincidenza di obiettivi e metodi. La missione dell’ergonomia è
divenuta quella di ridurre la pena del lavoro, per portarlo almeno dentro i parametri
della salute.Le belle forme che i designer creavano si traducevano in movimenti
ripetitivi, in posture rigide e spesso inadeguate per gli operai della produzione. la
metodologia ergonomica si concentra sull’uomo e sui suoi bisogni ed esigenze reali
inserite nel contesto d’uso. Questa metodologia, originariamente solo ergonomica, è
ormai patrimonio comune del design, soprattutto di quell’area del design dove la
progettazione è centrata sull’interazione fra la soluzione e l’uomo,in misura superiore
quando la soluzione prevede un adattamento da parte dell’uomo. Ogni prodotto
incorpora il comportamento umano, un prodotto di buon design mostra in modo
immediato e preciso quale comportamento deve essere adottato dall’uomo per
utilizzarlo. Quanto più è faticoso il passaggio fra percezione ed azione tanto meno un
oggetto è ben progettato. In oltre se per gli oggetti si ha a che fare con comportamenti
piuttosto semplici, che riguardano azioni, al massimo, sequenze di azioni, la situazione
si complica quando si progetta un servizio che permette di dare risposte diverse.Se poi
ci riferiamo a grandi ambienti,nei quali si erogano servizi l’importanza delle norme
15
ergonomiche e del design “intelligente”, rivelano la loro importanza nel determinare la
qualità del servizio per l’utente
78
”.
Oggi lo sviluppo del prodotto industriale centrato sul design lascia il posto alla
soddisfazione di altre esigenze. Il progresso tecnologico ,i vincoli normativi di
sicurezza, le qualità legate all’uso del prodotto sono gli elementi sui quali si muove
l’ergonomia. Gli utenti apprezzano sempre più la qualità d’uso e la semplicità ma anche
l’efficienza e la sicurezza del prodotto. Si assiste in Italia ad un aumento dell’interesse
da parte delle aziende per la qualità ergonomica. Sono state sviluppate tecniche di
indagine specificamente adatte ai bisogni e ai tempi del mondo produttivo nel campo
dell’usabilità e della qualità sensoriale. Le aspettative e le richieste degli utenti hanno
spinto i produttori ad affrontare la progettazione di prodotti e sistemi che soddisfino
l’affidabilità e il confort per gli utenti e garantiscano la compatibilità con l’ambiente.
Molti produttori riconoscono l’importanza del ricorso all’approccio ergonomico come
metodo di progettazione capace di accogliere e prevedere le esigenze del complesso
sistema uomo macchina ambiente.Per soddisfare le odierne esigenze devono scendere in
campo metodologie rigorose in grado di gestire la complessità. L’ergonomia può gestire
la complessità poiché è in grado di finalizzare al benessere dell’uomo gli apporti delle
altre discipline umane, biomediche e tecnologiche. Ciò che ci circonda non è facile da
usare perché non è facile adattare interfacce semplici a tecnologie complesse.In oltre il
progettista non considera che l’utente finale ha dell’oggetto una conoscenza ben
diversa dalla sua .
La SIE, Società italiana di ergonomia, ha lo scopo di promuovere lo sviluppo
dell'ergonomia e la diffusione e sistematizzazione delle conoscenze e delle esperienze
connesse all'approccio ergonomico, in stretto rapporto con le realtà sociali produttive.
Ha inoltre lo scopo di promuovere il corretto sviluppo degli aspetti professionali e di
costituire un riferimento per gli organi istituzionali preposti alla regolamentazione in
materia di professioni. Può inoltre erogare borse di studio per il sostegno di studenti in
78
www.societàdiergonomia.it, sez. contributi scientifici, Sebastiano Bagnara,”Ergonomia e Design”,
Giugno 2006.
16
discipline ergonomiche o per favorire lo studio e l'approfondimento di temi inerenti
l'oggetto sociale
79
.
1.5 I PRINCIPI DELL’ERGONOMIA
L'ergonomia è il campo dove diverse competenze si incontrano e collaborano per
fornire una risposta a una domanda che la produzione industriale ha reso centrale cioè
come fare a progettare una macchina, un oggetto d'uso, un sistema che siano al servizio
dell'utente e non viceversa. Odescalchi nel 70 la definisce come “una tecnica di
procedure che avvalendosi di apporti interdisciplinari studia i rapporti farà l’uomo la
macchina e l’ambiente al fine di intercorrelarli in termini umani”. L’ergonomia non
nasce infatti come “disciplina” ma come “corpus di conoscenze”, ossia ambito di studio
e di intervento nel quale si integrano conoscenze e strumenti metodologici provenienti
da differenti settori disciplinari
80
.
Non potendola considerare una disciplina proprio per la sua natura interdisciplinare,ne
parleremo come di un insieme di regole e tecniche necessarie per analizzare, valutare e
progettare qualsiasi azione umana organizzata.
INTERDISCIPLINARITA’
La diversa provenienza culturale degli studiosi di ergonomia ne è una caratteristica fin
dalle origini proprio a partire dalla convinzione che per lo studio del lavoro umano
fossero necessarie competenze diverse. Come rammenta lo stesso Murrell: “Nella prima
riunione del gruppo,si raggiunse la decisione di costituire una società che potesse riunire
anatomici,fisiologi,psicologi,medici di fabbrica,ingegneri progettisti,ingegneri per lo
studio del lavoro,architetti;in effetti chiunque,qualsiasi fosse il suo ambiente,il cui
79
www.societadiergonomia.it
80
Cfr. Bandini Buti L., Ergonomia e prodotto : design, qualità, usabilità e gradevolezza ,Il Sole 24 ore,
Milano, 2001.
17
lavoro fosse riferibile a qualche aspetto della prestazione umana”. L’ approccio
interdisciplinare è una necessità in ergonomia per la natura complessa dell’oggetto di
studio. L’ergonomia accetta questo tipo di approccio per ottenere un interazione
positiva dai vari contributi e una comprensione specifica del problema,in tutte le sue
parti analizzate da diverse prospettive specifiche. “Quando i progettisti hanno la
necessità di valutare
l’ambiente e la componente umana lo fanno attingendo il sapere dalle altre discipline.
Di fronte a problemi complessi è bene non peccare di superficialità ma avvalersi del
gruppo di lavoro interdisciplinare all’interno del quale ogni contributo deve essere
accolto, compreso e messo in atto. Quando si mette in pratica questa metodologia tutte
le discipline hanno un ruolo uguale e agiscono all’interno delle loro aree di competenza
per raggiungere un risultato finale valido e completo. L’apporto di ogni disciplina deve
essere specifico e nello stesso tempo comunicabile e comprensibile agli altri tenendo
conto dell’ottica di chi riceve le informazioni. Durante l’iter progettuale ogni disciplina
ha il suo spazio anche se gli apporti avranno un peso diverso a seconda della fase del
progetto. Il concetto di interdisciplinarità ormai accettato per quanto concerne
l’interazione di tecnici di natura diversa deve essere allargato per includere le
conoscenze degli utenti del prodotto finale. Il protagonista della ricerca
ergonomica,come si sa, è l’uomo e l’obiettivo il raggiungimento del suo benessere
attraverso il superamento degli errori e delle difficoltà. Per questo motivo quando si
devono suggerire e sperimentare soluzioni riguardanti problemi reali, le competenze
degli utenti e le loro esperienze pratiche assumono una rilevanza altrettanto
importante”.
81
L’ergonomia per mantenere le sue qualità di scienza aperta deve
continuare ad attirare competenze da ambiti di studio diversi con cui scambiare
conoscenze e trasformarle così in qualcosa di più completo anche attraverso l’analisi
dell’uomo nella globalità delle proprie interazioni.
81
Ivi, pp.42-43.
18
GLOBALITA’
L’ergonomia sa bene che non basta che ogni elemento sia funzionale o che singoli
aspetti o prodotti siano ergonomici per rendere un sistema sicuro, funzionale e privo di
errori. Un problema non deve essere visto nei confini ristretti di un singolo posto o
ambiente di lavoro ma deve essere esteso a tutte le strutture e funzioni che sono
interessate direttamente o indirettamente al fenomeno. In oltre si devono correlare i
problemi interni all’organizzazione produttiva con quelli esterni ad essa per ottenere
risultati veramente efficienti. Così il principio della globalità si applica allo studio dei
piccoli oggetti,dei posti di lavoro,dei grandi ambienti sempre considerando le relazioni
che intercorrono fra le parti e le possibili interazioni. L’ergonomia si propone con un
approccio sistemico allo studio della realtà e, capendo l’importanza delle relazioni,
ritiene che sia inefficace risolvere un problema trascurando altre caratteristiche
correlate al problema.
“Al centro dell’interesse dell’ergonomia,infatti, vi è il sistema uomo-macchina-
ambiente (U-M-A), un’entità che contiene tutti gli aspetti che interessano i processi di
interazione dell’uomo con gli strumenti e le tecnologie che esso impiega per eseguire il
compito o l’attività lavorativa. Il sistema U-M-A racchiude al suo interno l’insieme di
relazioni che si instaurano tra l’uomo e la macchina (U-M), tra l’uomo e l’ambiente in
cui opera (U-A) e tra l’individuo e gli altri membri della struttura organizzativa (U-U) e
nessuno di questi aspetti può essere trascurato ai fini della globalità”
82
. Nello sviluppo
di un prodotto di un ambiente di un sistema è necessario conoscere chi userà cosa e
dove la userà. In questi elementi ci sono tutte le indicazioni per una buona
progettazione che deve considerare tutte le relazioni complesse che intercorrono
all’interno del sistema preso in esame. L’aspirazione alla globalità è l’approccio più
completo e corretto per la progettazione di contesti ma ha dovuto superare numerosi
ostacoli di applicazione. Quello che nei primi anni si richiedeva all’ergonomia era un
82
Ivaldi I.,(a cura di), Ergonomia e lavoro,Liguori, Napoli, 2005 p.16.
19
intervento correttivo che avrebbe apportato un miglioramento al sistema ma non una
risoluzione definitiva del problema. Infatti dover intervenire su singoli aspetti isolandoli
dal contesto e dalle relazioni che lo caratterizzano significa lavorare solo a metà.
“ Il sistema UOMO-MACCHINA è un’organizzazione le cui componenti sono uomini
e macchine tra loro legati da una rete di comunicazioni e che lavorano insieme per
ottenere uno scopo comune. Esso concerne tutti gli aspetti che interessano i processi di
interazione dell’uomo con gli strumenti e le tecnologie che esso impiega per eseguire la
sua prestazione lavorativa. Tra l’operatore umano e la macchina si instaura una
relazione causale di tipo circolare mediante la quale l’uomo e la macchina interagiscono
scambiando informazioni e dando corso ad azioni. L’uomo attraverso i suoi organi di
senso vista, udito, tatto, percepisce le informazioni che vengono trasmesse dalla
macchina tramite i sistemi di indicazione display, spie, segnali acustici e pianifica gli
interventi da eseguire mediante l’azionamento di organi di comando. In un’ottica
ergonomica sia i sistemi di visualizzazione delle informazioni, sia gli organi di comando
devono essere adattati alle caratteristiche dell’uomo: ai sistemi di segnalazione devono
essere garantiti requisiti quali la leggibilità e l’interpretabilità delle informazioni
trasmesse, mentre i comandi dovranno essere facilmente raggiungibili per rendere
l’azione immediata.
Il sistema UOMO-AMBIENTE (U-A) riguarda il contesto nel quale il lavoratore
opera e concerne il complesso delle influenze che l’ambiente, inteso sia sotto l’aspetto
fisico che sotto quello psicologico, esercita sull’attività umana. Esso racchiude una
vasta gamma di fattori ed in particolare:
- le variabili proprie dell’ambiente quali il microclima, l’illuminazione, il rumore, le
vibrazioni;
- i fattori di rischio derivanti dalla tipologia dell’attività svolta, quali: gas, fumi,
polveri, radiazioni;
- le condizioni derivanti dall’organizzazione del lavoro e dalla strutturazione dei
compiti, quali: fatica fisica, fatica mentale, monotonia, noia, ripetitività del lavoro,
posture scorrette, sovraccarico biomeccanico, stress;
-i vincoli socio culturali che condizionano le interazioni fra l’uomo e l’ambiente.