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- PARTE INTRODUTTIVA -
1. ALIMENTI FERMENTATI
Quella degli alimenti fermentati rappresenta una ca tegoria di prodotti molto presenti
nella dieta umana fin dall’antichità. Ciò che contr addistingue tali alimenti è, appunto, il
verificarsi del processo di fermentazione, che avve niva spontaneamente nell’ambito
delle prime produzioni casalinghe, ma che viene ind otto e favorito artificialmente per le
produzioni in scala industriale.
Tra i prodotti fermentati vengono annoverati:
• Pane : è un alimento noto già all’epoca dell’ Homo erectus il quale faceva cuocere
l’impasto di farina di cereali e acqua sopra una pi etra riscaldata. La lievitazione è stata
scoperta casualmente dagli Egizi intorno al 3500 a. C. e il pane divenne allora anche
simbolo e fonte di ricchezza.
Nel processo di panificazione il lievito Saccharomyces cerevisiae fermenta gli
oligosaccaridi che si formano dalla demolizione del l’amido presente nell’impasto di
farina, generalmente di grano tenero, e acqua duran te la fase di riposo, o lievitazione,
e cottura. Si formano prodotti quali anidride carbo nica e alcol etilico che passano in
fase gassosa formando le caratteristiche bolle dell a mollica.
• Vino : è una tra le più antiche bevande che l’uomo abbia conosciuto. Prodotto a partire
dall’uva dalla quale, per pressione, si estrae il s ucco che si lascia fermentare in
presenza del lievito Saccharomyces cerevisiae che ne trasforma gli zuccheri in alcool,
liberando inoltre un numero elevato di sostanze aro matiche, come quelle terpeniche.
Oltre alla fermentazione alcolica, la vinificazione presenta anche la fermentazione
malolattica che consente di ottenere un gusto più a pprezzabile dato dalla
degradazione dell’acido malico in acido lattico, da l gusto più rotondo e meno
astringente.
• Birra : anche questa è una bevanda alcolica ottenuta a pa rtire da mosto di malto di
orzo, o frumento, e lievito della specie Saccharomyces cerevisiae e Saccharomyces
pastorianus che ne fermentano i carboidrati.
• Formaggio : in questo tipo di alimento il processo fermentati vo non costituisce una
tappa essenziale per l’ottenimento del prodotto ma si può apprezzare nel caso in cui il
formaggio presenti le cosiddette occhiature cioè le bolle all’interno della forma nei
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formaggi di tipo Emmentaler o Asiago. Queste sono d erivanti dalla formazione di gas
in seguito alla fermentazione propionica dei lievit i del genere Propionibacterium. C’è
anche un tipo di fermentazione, quella butirrica, c he invece è indesiderata nei
formaggi in quanto porta alla formazione di spaccat ure in fase tardiva di
conservazione del prodotto. Responsabili di questa alterazione sono batteri del
genere Clostridium .
• Yogurt : è un alimento molto presente nella nostra quotidi anità e deriva dalla
fermentazione del latte ad opera di batteri lattici , quali Lactobacillus delbruekii subsp.
bulgaricus e Streptococcus thermophilus che producono acido lattico, il quale,
abbassando il pH del prodotto, porta a denaturazion e proteica e relativa consistenza
cremosa. Inoltre, l’aumento di acidità rende lo yog urt conservabile molto più a lungo
rispetto al latte fresco.
L’impiego di Lactobacillus acidophilus, Lactobacillus casei, Lact obacillus lactis e
Bifidobacterium bifidum conferisce al prodotto qualità probiotiche.
• Prodotti carnei fermentati .
1.1 LA FERMENTAZIONE
Affinché si verifichi il processo fermentativo è ne cessario che nella matrice alimentare
siano soddisfatte le seguenti condizioni:
• presenza di microrganismi come lieviti e batteri la ttici;
• quantità adeguata di carboidrati fermentescibili;
• ambiente pressoché privo di ossigeno.
La fermentazione è, infatti, un processo biochimico che si verifica a carico dei carboidrati
in condizioni di anaerobiosi da parte dei suddetti microrganismi. La respirazione degli
zuccheri, in assenza, di ossigeno consta della glic olisi che non è seguita dal ciclo di Krebs
come avverrebbe in presenza di O 2, ma da reazioni di ossido-riduzione che coinvolgon o
l’acido piruvico formatosi e il NAD (nicotinammide adenina dinucleotide), biomolecola
dal ruolo fondamentale, in quanto permette gli scam bi di elettroni. Il NAD può trovarsi
in forma ossidata (NAD
+
) o ridotta (NADH+H
+
) e per la cellula è necessario che sia
presente in questo ultimo stato in quanto rappresen ta una importante forma di energia,
ma in condizioni anaerobie questo non è possibile e la rigenerazione del NAD
+
in questo
caso non comporta la produzione di energia.
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Per rigenerare il NAD
+
dal NADH 2, formatosi con la glicolisi, si passa attraverso re azioni
di ossido-riduzione in cui l’acido piruvico precede ntemente prodotto entra in reazioni
fermentative di tipo lattico o alcolico.
• Fermentazione lattica :
2CH 3CO-COOH (piruvato) +2NADH 2 2C 3H 6O 3 (lattato) + 2NAD
+
• Fermentazione alcolica :
2CH 3CO-COOH (piruvato) 2CH3CHO (acetaldeide) + 2CO 2 (1)
2CH 3CHO (acetaldeide) + 2NADH 2 2CH 3CH 2OH (etanolo) + 2NAD
+
(2)
Quella lattica e quella alcolica, attuate rispettiv amente da batteri lattici e lieviti, in
alimenti e bevande, rappresentano le due principali vie fermentative, ma non sono le
uniche in quanto si verificano anche processi secon dari come per esempio la
fermentazione propionica, malolattica o acetica.
Negli alimenti la conseguenza diretta dell’azione s volta dai lattobacilli o LAB ( lactic acid
bacteria ), è un aumento dell’acidità, dovuto alla produzion e di acidi organici, quali il
lattato, che comporta l’instaurarsi di un ambiente più o meno ostile alla proliferazione di
microrganismi alteranti o patogeni, ma anche lo sv iluppo di molti composti secondari
dalla rilevante funzione aromatizzante.
Si può dire, quindi, che la fermentazione intesa co me processo tecnologico comporta
numerosi ed evidenti aspetti positivi in termini di conservazione e di sviluppo
aromatico.
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2. PRODOTTI CARNEI FERMENTATI
La fermentazione della carne è un metodo di conserv azione che richiede bassa energia,
dato dall’acidulazione biologica della materia prim a, ad opera dei batteri lattici. Questi
convertono il glicogeno della carcassa, o gli zucch eri artificialmente immessi, in acido
lattico. I microrganismi coinvolti sono contaminant i naturalmente presenti nella materia
prima, ma anche colture appositamente ricercate e i mpiegate per la produzione a livello
industriale del prodotto. Infatti, in base al ceppo considerato, si hanno diversi risvolti
sulle caratteristiche del prodotto finito che posso no riguardare caratteristiche
organolettiche come il colore, l’aroma e la tenerez za, ma anche la sicurezza
microbiologica che è strettamente correlata al pote nziale di acidificazione del ceppo. Il
processo fermentativo, così come per qualsiasi reaz ione biologica, è influenzato da molti
fattori che possono essere intrinseci o estrinseci al prodotto. Tra i primi, di
fondamentale importanza è la quantità e la qualità dei carboidrati disponibili, mentre tra
i secondi è utile considerare la temperatura e l’um idità relativa dell’ambiente, oltre che
un eventuale trattamento di affumicatura.
L’azione dei batteri lattici si manifesta, quindi, con un rilevante abbassamento del pH
che, in concomitanza con l’aggiunta esterna di sale e l’asciugatura, comporta l’instaurarsi
di due grandi ostacoli per la proliferazione di mic rorganismi alteranti e patogeni
consentendo al prodotto di ottenere una buona shelf life .
2.1. STORIA
La fermentazione e l’asciugatura della carne posson o essere considerati tra i trattamenti
più antichi che siano stati applicati agli alimenti . Infatti, in passato, queste pratiche
erano impiegate per conservare i prodotti della cac cia, per poter garantire un
approvvigionamento più o meno costante alla popolaz ione dei villaggi.
I prodotti fermentati a base di carne hanno probabi lmente una lunga storia non solo in
Europa ma anche negli altri continenti. Incze (1993 ) ritiene che la pratica della
fermentazione risalga a più di 3000 anni fa. Infatt i, il termine “salame” con cui
generalmente si identifica questa categoria di prod otti deriverebbe dalla città di Salamis
sull’isola di Cipro, che fu distrutta più di 2000 a nni fa. Ho e Koh (1984) asserivano che i
salami di maiali cinesi erano già conosciuti circa 500 anni prima di Cristo. Secondo
Whitaker (1978) la fermentazione della salsa di soi a è nota da 3000 anni. Leistner
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(1985), al contrario, riteneva che la storia del sa lame stagionato in Europa risalga solo a
250 anni fa.
2.2. CARATTERISTICHE DELLE MATERIE PRIME
Le materie prime per la produzione di questi prodot ti sono varie. Si può utilizzare,
infatti, carne di manzo, suino, agnello, pollo, car ne, tacchino, oca, anatra, renna, cavallo,
asino, gazzella, balena, pesce, coniglio e molte al tre carni, in base anche alle tradizioni e
agli usi locali delle diverse aree considerate.
Le carni fermentate possono essere divise in due ca tegorie:
• pezzi anatomici interi quali prosciutto crudo, bresaola, pancetta e speck che vengono
processati come tali;
• a base di carne macinata, come per quanto riguarda i salami, alla quale dura nte la fase
di miscelazione vengono aggiunti alla frazione magr a e a quella grassa, ingredienti e
additivi, spezie, zuccheri (anche sotto forma di la tte in polvere) e l’inoculo della
coltura starter per la fermentazione. Il formulato così ottenuto viene inserito
nell’involucro che può essere naturale (budello ani male) o artificiale.
La contaminazione microbica presente nella carne fr esca è tipicamente composta da
microrganismi Gram negativi, sia ossidasi positivi che negativi (Enterobacteriaceae) e
una minima parte di batteri lattici e altri Gram po sitivi. In condizioni di anaerobiosi
questi ultimi diventano le specie predominanti.
Data la mancata cottura del prodotto, importante ri sulta la ricerca di Trichinella spiralis
nel suino che può essere distrutta nella carne mediante il co ngelamento della materia
prima precedentemente al suo impiego.
I valori post mortem di pH per i vari tipi di carni sono di 5,5-5,7 per il manzo, 5,6-5,8 per
il suino, e per il pollame di 5,8-6,0. In ogni caso la carne destinata alla produzione di
prodotti fermentati dovrebbe avere un pH inferiore a 6,2. Manzo, agnello e suino
presentano un quantitativo maggiore di grassi satur i e minore umidità rispetto a pollo e
tacchino per cui presentano maggiore consistenza e sono meno suscettibili a fenomeni
di irrancidimento dei grassi, e conseguente svilupp o di off-flavours rispetto alle carni
bianche (Ockerman e Basu, 2010).
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3. SALAMI
Il D.M. del 21 settembre 2005 riguardante la “ disciplina della produzione e della vendita
di taluni prodotti di salumeria ”, stabilisce le definizioni, gli ingredienti utili zzabili, il
processo produttivo generale, le proprietà organole ttiche, la presentazione e la vendita
di salumi quali il prosciutto cotto (scelto e di al ta qualità), il prosciutto crudo stagionato
e il salame.
Nello specifico, la definizione del salame è “ il prodotto di salumeria, costituito da carni
ottenute da muscolatura striata appartenente alla c arcassa di suino, con aggiunta di sale,
ed eventualmente di carni di altre specie animali, macinate e miscelate con grasso suino in
proporzioni variabili, ed insaccato in budello natu rale o artificiale ”.
I salami costituiscono una categoria molto vasta e si differenziano in base a vari aspetti:
• origine della carne (suina, bovina, ovina, mista…);
• modalità di triturazione della parte magra e della parte grassa;
• modalità di miscelazione della carne;
• intensità della salagione e tipologia di spezie e a dditivi aggiunti;
• tipo di budello;
• modalità di conduzione del processo fermentativo (t empi, temperature, umidità…);
• modalità e tempi di conduzione della stagionatura e maturazione.
Il Decreto Ministeriale, inoltre, descrive brevemen te i fenomeni che si verificano durante
il processo produttivo. Nel documento è riportato, infatti, che “il salame è asciugato e
stagionato in condizioni climatiche suscettibili di determinare, nel corso di una graduale
riduzione di umidità, l'evolversi di fenomeni ferme ntativi ed enzimatici naturali tali da
comportare modificazioni che conferiscono al prodott o le caratteristiche organolettiche
tipiche e tali da garantire la conservazione e la sa lubrità in condizioni normali di
temperatura ambiente”.
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3.1. ANALISI DI MERCATO
(Indicatori del Settore Agroalimentare Italiano 200 8 – ISMEA)
Negli ultimi anni i prodotti di salumeria hanno mos trato una crescita importante nel
mercato italiano e internazionale sia in termini di produzione che in termini di consumo.
Questo è dato dalla consolidata stabilità dei prodo tti a marchio certificato ma anche da
tutta una serie di prodotti cosiddetti unbranded ovvero commercializzati dai centri di
distribuzione senza una specifica marca. Anche l’in troduzione e lo sviluppo di soluzioni
innovative di marketing , come per esempio la vendita del prodotto già affe ttato e pronto
al consumo, hanno favorito il trend positivo di questo tipo di prodotti, nonostante un
progressivo aumento dei prezzi negli anni.
L’analisi dei dati relativi agli anni 2004-2008, ri portati nelle tabelle da 1 a 3, consente di
dimostrare le affermazioni appena fatte.
Tabella 1: Indice degli acquisti domestici di salum i in Italia (2000=100)
2004 2005 2006 2007 2008
Salumi 95.2 96.7 97.7 96.9 98.4
di cui Salami 94.4 94.1 92.0 91.7 92.8
(Fonte: elaborazioni Ismea-Nielsen)
Tabella 2: Indice dei prezzi al consumo di salumi i n Italia (2000=100)
2004 2005 2006 2007 2008
Salumi 115.8 116.1 120.4 123.4 124.6
di cui Salami 114.1 116.4 120.5 122.8 124.7
(Fonte: elaborazioni Ismea-Nielsen)
Tabella 3: Competitività del settore salumi in Ital ia
2006 2007 2008
Fatturato mln € 7370 7554 7578
% ind. agroalimentare 6.7 6.7 6.4
(Fonte: elaborazioni Istat, Ismea, Eurostat, Nielse n, Federalimentare, ASS.I.CA.)
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3.2. PROCESSO PRODUTTIVO GENERALE
3.2.1. Macinazione e preparazione dell’impasto
Le varie sezioni vengono porzionate manualmente o i n cutter, macchinario che fa
passare i vari tagli di carne attraverso delle lame rotanti dalla forma elicoidale. Dopo
questa prima fase si ottiene un taglio grossolano d el magro e del grasso per cui queste
due componenti vengono processate in un tritacarne dotato di piastre di diametri
variabili in modo da poter regolare la grana second o le dimensioni desiderate. La massa
viene spinta verso le lame e le piastre forate medi ante vite a coclea (Zambonelli, 1992).
3.2.2. Miscelazione degli ingredienti
La carne macinata viene immessa nell’impastatrice, generalmente dotata di due assi con
pale, insieme alla concia, rappresentata da spezie, aromi e additivi che permettono di
ottenere un prodotto finale dalle caratteristiche o rganolettiche e sensoriali desiderate.
Gli ingredienti principali sono:
• sale : si impiega cloruro di sodio (NaCl) in granulazion e fine generalmente in quantità
del 2,5-4% che comporta valori di a w iniziali di 0,95-0,97. Utilizzando il 4% di sale s i
rischia di favorire la proliferazione di Staphylococcus aureus che potrebbe svilupparsi
più velocemente rispetto ai LAB. Concentrazioni dal 5 al 6% allungano di molto il
tempo di fermentazione ma rappresentano un alto pot enziale antimicrobico. In linea
generale la concentrazione di sale è inversamente p roporzionale alla velocità di
fermentazione e direttamente proporzionale al risch io di proliferazione di specie
stafilococciche coagulasi positive.
Il sale favorisce la formazione di un gel che lega la frazione magra a quella grassa e ha
anche la funzione di carrier di sostanze aromatiche oltre a conferire esso stes so un
sapore particolare al prodotto (Ockerman e Basu, 20 10);
• nitriti e nitrati : in Italia il D.M. 27 febbraio 1996 n.209 “ sulla disciplina degli additivi
alimentari consentiti nella preparazione e per la c onservazione delle sostanze
alimentari” stabilisce il limite nell’uso di nitrito, impiegato come nitrito di potassio e
nitrito di sodio, in 150 mg/kg con un residuo nel p rodotto finito pari a 50 ppm per il
primo e 100 ppm per il secondo mentre, per quanto r iguarda il nitrato, il limite di
impiego è pari a 300 ppm in forma di nitrato di sod io, con residuo nel prodotto finito
pari a 250 ppm. Queste restrizioni sono state adott ate in seguito al dimostrato effetto
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nocivo di questi composti successivo alla formazion e di nitrosammine per reazione
con determinati aminoacidi, potenziali cancerogeni allo stomaco.
Le funzioni principali dei nitriti e dei nitrati ne i salumi, così come nei prodotti carnei
in generale, sono:
mantenimento del colore in seguito alla reazione de llo ione nitrito con la
mioglobina muscolare che comporta la formazione di nitrosomioglobina dal colore
rosso vivo, stabile nel tempo;
azione antibatterica che si esplica soprattutto nei confronti delle spore del
Clostridium botulinum diminuendo la loro resistenza termica e inibendo l a crescita
di eventuali spore già germinate;
funzione antiossidante a favore degli acidi grassi insaturi presenti nella materia
prima;
in associazione con il sale conferisce sapore al pr odotto;
• zuccheri semplici : hanno la funzione di agevolare il processo fermen tativo dei LAB e,
in ordine di fermentabilità, sono glucosio, fruttos io, saccarosio e lattosio (Zambonelli,
1992). Possono essere impiegati singolarmente o in miscela fino alla dose massima
dell’1% per quanto riguarda glucosio, saccarosio e fruttosio, e fino al 4% sotto forma
di latte in polvere per quanto riguarda il lattosio (Zambonelli, 1992). La quantità di
zuccheri determina la velocità e il tasso di acidif icazione del mezzo e contribuisce in
maniera considerevole sull’aroma e consistenza. L’i mpiego di zuccheri diversi dal
glucosio comporta un prodotto dal pH finale più alt o in quanto questi presentano una
resa in acido lattico inferiore e il processo risul ta più lento. In linea generale, per
ridurre il pH di 0,1 unità è necessario aggiungere 0,62 grammi di glucosio per
chilogrammo di carne (Ockerman e Basu, 2010);
• spezie : in questa categoria sono inclusi ingredienti qual i, per citarne alcuni, pepe
nero, rosso e bianco in polvere o grani, noce mosca ta, zenzero, semi di finocchio,
cannella, aglio e peperoncino. Consigliabile è impi egarli dopo averli sterilizzati o
comunque decontaminati in quanto sono degli importa nti veicoli di microrganismi
come muffe, e delle relative micotossine. Le spezie sono impiegate principalmente per
la loro funzione aromatizzante, che è l’aspetto per cui si caratterizzano molti prodotti
tipici, ma anche per le proprietà antiossidanti e a ntimicrobiche, oltre che per la
capacità di stimolare l’azione fermentativa dei LAB . Possono essere inserite
nell’impasto sotto forma di soluzione liquida o nel loro stato naturale. Nel primo caso