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1. INTRODUZIONE E CENNI STORICI
Tra i microrganismi coinvolti nella preparazione di alimenti, i batteri lattici (lactic acid bacteria,
LAB), sia naturalmente presenti nelle materie prime (non starter LAB, NSLAB), sia addizionati
come colture starter e/o protettive (starter LAB, SLAB), trovano largo impiego nella produzione
di una grande varietà di alimenti fermentati, come prodotti da forno, insilati, derivati del latte,
della carne, e di vegetali, contribuendo alle caratteristiche di qualità dei prodotti finali e la loro
stabilità e sicurezza microbiologica.
Il riconoscimento da parte di Pasteur nel 1857 della natura microbica delle fermentazioni e
successivamente il primo isolamento in coltura pura di un batterio da parte di Lister nel 1878,
identificato come Bacterium lactis (oggi Lactococcus lactis), portarono all’impiego, nel 1890,
della prima coltura starter per la produzione di formaggi, aprendo la strada
all’industrializzazione delle fermentazioni alimentari (Styles e Holzapfel, 1996; Axelsson, 1998).
Il raggruppamento dei LAB comprende un numero molto vasto di generi e specie batteriche,
Gram positive, generalmente catalasi negative, in grado di crescere in condizioni di
microaerofilia o di anaerobiosi e incapaci di produrre spore. I piø importanti generi di LAB sono
Lactobacillus, Lactococcus, Enterococcus, Streptococcus, Pediococcus, Leuconostoc, Weissella,
Carnobacterium, Tetragenococcus e Bifidobaterium. Fra questi i LAB appartenenti al genere
Lactobacillus sono considerati organismi “generalmente sicuri per la salute umana”, cioè
organismi GRAS (generally recognised as safe). I lattobacilli sono microrganismi ampiamente
diffusi in natura, prediligono habitat ricchi di nutrienti e fanno parte della normale microflora
della bocca, dell’intestino e della vagina umana (Hammes e Vogel, 1995; Vaughan et al., 2002).
I lattobaccilli sono stati inoltre individuati come microrganismi in grado di contribuire e
promuovere la salute umana, e per questo insieme ai Bifidobatteri, rappresentano la principale
categoria microbica impiegata come probiotico.
L’influenza sull’ecosistema intestinale di microrganismi positivi derivanti dagli alimenti o
dall’ambiente, quali batteri lattici, è stata osservata ancor prima di possedere gli strumenti
scientifici per la loro conoscenza. Infatti, nel primo secolo d.C., Plinio il Vecchio illustra
l’efficacia terapeutica dei latti fermentati nella cura delle affezioni gastro-intestinale. Döderlein
(1892), fu invece il primo a riportare l’esistenza di un’associazione positiva tra microrganismi e
uomo, proponendo che i batteri vaginali producono dal metabolismo degli zuccheri, acido lattico
che inibisce la crescita di patogeni. Tuttavia si deve all’attività scietifica del premio nobel russo
Elie Metchnikoff, l’affermazione del concetto che ci fosse una relazione causa effetto fra salute
dell’uomo e consumo di prodotti lattiero - caseari fermentati. Questa pionieristica ipotesi venne
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criticata fortemente da una parte del mondo scientifico, mentre altri ricercatori, come Henry
Tissier e Alfred Nissle, dedicarono il loro lavoro ad approfondire questa promettente teoria. Tra
questi è certamente da menzionare il Dott. Minoru Shirota, che nei primi anni venti condusse
importanti ricerche sui fermenti lattici e sui loro benefici per la salute umana, in particolare per
prevenire le infezioni gastrointestinali. Nel 1930 il Dott. Shirota scoprì il fermento probiotico
Lactobacillus casei ceppo Shirota, ed iniziò a coltivarlo in latte per poterlo così distribuire
quotidianamente ai suoi pazienti e aiutarli a mantenere una flora intestinale bilanciata, favorendo
la salute e il benessere intestinale.
Nel corso degli ultimi due decenni c’è stato un rinnovato interesse per lo studio degli aspetti
nutrizionali e terapeutici dei prodotti probiotici e prebiotici.
I probiotici sono colture microbiche vitali consumate per apportare un beneficio alla salute oltre
che un valore nutrizionale di base, cooperano per mantenere un delicato equilibrio tra il GIT e il
sistema immunitario (Agerholm-Larsen et al., 2000), mentre i prebiotici sono ingredienti
alimentari non digeribili che stimolano la crescita e/o l’attività metabolica del microbiota
intestinale. I probiotici e i prebiotici costituiscono un’area di crescente interesse scientifico,
nell’ambito degli alimenti funzionali o dei cosidetti nutraceutici.
Gli alimenti funzionali non hanno ancora ottenuto una precisa definizione dalla legislazione
europea. Attualmente, a livello comunitario i claims nutrizionali e sulla salute sono disciplinati
dal regolamento (CE) 1924/2006, che ne prevede l’autorizzazione in base a dati specifici,
comprendenti anche studi clinici. ¨ ben vero che la citata normativa, permette di documentare
effetti di riduzione del rischio di malattia: ma la complessità metodologica di una tale
dimostrazione non va sottovalutata. In questo contesto, non deve sorprendere che l’Autorità
Europea che si occupa della valutazione dei claims abbia rigettato la quasi totalità delle richieste
proposte dalle aziende relativamente a prodotti contenenti probiotici. Molti di questi claims non
sono stati accettati per problemi metodologici facilmente superabili (ad esempio, l’insufficiente
caratterizzazione del ceppo usato). I claims non autorizzati da EFSA sono stati in genere
presentati sulla stampa come “ingannevoli” per il consumatore: trasformando la non completezza
delle evidenze scientifiche prodotte, in un’assenza totale di evidenze, molto lontana dalla realtà
dei fatti (NFI, 2010).
In generale, un alimento può essere considerato funzionale se dimostra in maniera soddisfacente
di avere effetti positivi su una o piø funzioni specifiche dell’organismo, che vadano oltre gli
effetti nutrizionali normali, in modo tale che sia rilevante per il miglioramento dello stato di
salute e di benessere e/o per la riduzione del rischio di malattia. Il mercato dei probiotici è stato
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uno dei primi beneficiari della recente moda sugli alimenti funzionali, e del conseguente
aumento dei livelli di conoscenza da parte del consumatore riguardo a tematiche quali salute ed
invecchiamento. L’altro fattore importante che sembra guidare il mercato dei probiotici e che,
secondo gli economisti, dovrebbe continuare a farlo anche in futuro, è l’influenza esercitata dal
segmento acquirente donne. Si osserva infatti, che in tutto il mondo, tradizionalmente le donne
sono responsabili delle decisioni di acquisto degli alimenti e delle bevande; dal momento quindi
che esse tendono ad essere sempre piø consapevoli del beneficio ottenibile dagli alimenti, si
registra un loro impegno nell’incorporare piø cibi “utili” nella dieta delle famiglie. Si calcola che
tra questi prodotti, quelli lattiero-caseari ad azione probiotica sono destinati a dominare una
quota di mercato sempre piø grande. Questi hanno coperto infatti una quota del 70% nell’anno
2009 e, secondo gli esperti, raggiungeranno una dimensione di mercato di 24 miliardi di dollari
entro la fine del 2014. I maggiori mercati per questi prodotti sono Europa ed Asia. Il mercato
degli Stati Uniti ha lentamente ma inesorabilmente aperto a questi prodotti nel recente passato e
se ne prevede una crescita superiore al 15% nell’arco di 5 anni.
I prodotti appellati come probiotici si inseriscono sotto il profilo commerciale nel comparto della
nutraceutica, quel settore della farmacologia che si occupa di studiare gli alimenti e, piø in
generale i prodotti di derivazione naturale in grado di potenziare le difese dell’organismo
ricevente o di svolgere una funzione benefica sulla salute umana (DeFelice, 1989). Occorre
tuttavia fare una distinzione “commerciale” dei prodotti appellati come probiotici presenti sul
mercato. Tali prodotti si suddividono in integratori alimentari a base di probiotici e medicinali a
base di probiotici. La maggior parte dei probiotici in commercio rientra nella categoria degli
integratori alimentari; solo pochi prodotti sono invece registrati come “medicinale”, definito
dalla legge europea (Direttiva del Parlamento Europeo 2004/27CE) come “una sostanza o
un’associazione di sostanze che ha proprietà curative o preventive delle malattie umane e che
può essere utilizzata sull’uomo o somministrata all’uomo allo scopo di ripristinare, correggere o
modificare funzioni fisiologiche, esercitando un’azione farmacologica, immunologica o
metabolica”. Gli integratori probiotici sono meno selettivi e hanno ingresso sul mercato piø
rapido e vita sullo stesso piø dinamica e flessibile (FocusProbiotici.it). Anche grazie al successo
commerciale dei probiotici, il settore della Nutraceutica ha conosciuto una crescita del 12.5%
rispetto alla crisi dei consumi dell’anno 2008, con un indotto di quasi 1,5 milioni di euro nel solo
canale di vendita rappresentato dalle farmacie. Questo soprattutto alla luce delle proprietà
preventive, suggerite dagli esperti, che i prodotti nutraceutici possono avere per potenziare le
difese dell’organismo (www.salute24.it).
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A oggi anche altri ricercatori (De Vuyst e Vandamme 1994; Aso et al., 1995; Campieri e
Gionchetti 1999; Gionchetti et al., 2000; Gorbach 1990; Reid et al., 2001) hanno suggerito che i
prodotti fermentati contenenti microrganismi probiotici forniscono una serie di benefici
nutrizionali e terapeutici per i consumatori.
La maggior parte dei lavori suggerisce che il potenziale beneficio che ne deriva in seguito al
consumo di questi alimenti (Gilliland 1990; Fujiwara et al., 1997; Gill e Guarner 2004) è
principalmente attribuibile alla modifica favorevole del microbiota intestinale dell’uomo. Questi
batteri giocano un ruolo importante nella fisiologia dell’ospite; è stata dimostrata la loro azione
nell’alleviare le diverse forme di diarrea, nel limitare l’intolleranza al lattosio, nella riduzione di
complicazioni post-operatorie e nel modulare l’attività del sistema immunitario, inoltre
migliorano la digestione e l’assimilazione di nutrienti.
Tuttavia, come dimostrato in molti studi, l’efficacia dei probiotici varia in funzione del ceppo
utilizzato, della formulazione, del dosaggio e in base al soggetto ospite.
BenchØ abitualmente i ceppi probiotici abbiano origine dal tratto gastrointestinale umano,
moderne linee di ricerca mirano ad esplorare la possibilità di reperire ceppi di batteri lattici
probiotici direttamente tra le microflore naturali di alimenti fermentati, non solo lattiero-caseari,
ma anche di origine vegetale (Kimoto et al., 2004) o carnea, come prodotti di salumeria, allo
scopo di selezionare batteri che presentino contemporaneamente favorevoli proprietà
tecnologiche (Pennacchia et al., 2004).
Tuttavia comprendere in quale modo la presenza o l’assenza di questi batteri possa influenzare lo
stato di salute dell’uomo è ancora per alcuni versi ignoto, ma sicuramente lo studio del
microbiota umano e le sue interazioni con l’uomo sarà una bella sfida per gli scienziati del
futuro.
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1.1 Aspetti tassonomici dei LAB
Dare una definizione univoca di LAB risulta abbastanza difficile, vista l’eterogeneità del
raggruppamento. La prima classificazione risale a Orla-Jensen che nel 1919 li definì come batteri
Gram positivi, immobili, non sporigeni, di forma bastoncellare o coccica, capaci di fermentare
gli zuccheri con produzione di acido lattico come principale metabolita.
Una definizione generale, che pure con alcune limitazioni è largamente accettata, è la seguente:
“batteri gram+, con morfologia bastoncellare, coccica o cocco-bastoncellare, catalasi negativi,
non sporigeni, privi di citocromi, anaerobi aerotolleranti, esigenti nutrizionalmente, acido-
tolleranti e con metabolismo strettamente fermentativo” (Axelsson, 1998).
Si possono descrivere quindi come microrganismi eterotrofi e chemiorganotrofi, in grado di
vivere su substrati complessi e che necessitano non solo di carboidrati come fonte di energia ma
anche di amminoacidi, nucleotidi e vitamine. Tollerano bene un’elevata acidità dato che alcune
specie continuano a crescere fino a pH 3 (Teuber, 1993).
Tuttavia possono esistere delle eccezioni in alcune caratteristiche elencate nella definizione
generale. Nel considerare le proprietà dei LAB è pertanto necessario fare alcune esplicitazioni:
non posseggono citocromi e una catena di trasporto degli elettroni, traendo energia solo
dalla fosforilazione a livello del substrato nel corso della fermentazione degli zuccheri. Tuttavia,
se coltivati in presenza di gruppi heme, alcuni LAB, come Lactoccus lactis (Brooijmans et al.,
2007), Lactobacillus plantarum (Brooijmans et al., 2009), Streptococcus spp. e Leuconostoc
mesenteroides, possono sintetizzare citocromi che agiscono come catena di trasporto di elettroni,
consentendo la generazione di energia attraverso l’ossidazione del NADH ed il conseguente shift
da un metabolismo fermentativo ad un metabolismo respiro-fermentativo “misto”, con
produzione di biomassa e senza acidificazione del mezzo;
Sono incapaci di sintetizzare gruppi porfirinici (gruppi eme) e dunque sono sprovvisti di
una vera catalasi. Una pseudocatalasi, non eme-dipendente, può essere prodotta da alcune specie
di lattobacilli e di pediococchi; inoltre, in terreni nutritivi contenenti eme o emoglobina
producono una vera catalasi;
Crescono anaerobicamente. La maggior parte delle specie non è sensibile all’ossigeno e
possono dunque crescere anche in sua presenza. Sono quindi considerati come anaerobi
ossigeno-tolleranti;
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Le prime classificazioni dei LAB erano tutte basate su caratteri fenotipici (morfologia, modalità
di fermentazione del glucosio, configurazione stereoisomerica dell’acido lattico prodotto,
crescita a temperature differenti, capacità di crescere ad elevata concentrazione salina e acido
tolleranza). Tradizionalmente i LAB sono stati divisi sulla base delle loro caratteristiche
fermentative in tre gruppi: omofermentanti obbligati, eterofermentanti facoltativi e
eterofermentanti obbligati (Pot et al., 1994; Hammes e Vogel, 1995; Claesson et al., 2007). I
continui cambiamenti nella tassonomia e nella nomenclatura dei LAB hanno subìto un rapido
incrementato nell’ultimo ventennio. La grande variabilità a livello di ceppo e la variabilità della
morfologia cellulare a seconda delle condizioni di crescita hanno reso le classificazioni basate
sulle caratteristiche morfo-fisiologiche alquanto aleatorie e incerte (Stiles e Hozapfel, 1997).
L’introduzione di marker molecolari e chemiotassonomici ha mostrato che questi
raggruppamenti sono inconsistenti rispetto alle relazioni filogenetiche fra le specie (Schleifer,
1987) e ha portato a profondi cambiamenti nella tassonomia di questi microorganismi.
Tab 1 - Division of the genus Lactobacillus into subgenera (no longer valid) and into molecular based subgroups
Group of lactobacilli Fermentation pathway Growth temperature
Representatives used as
probiotics
Subgenera
‘Thermobacterium’
Homofermentative
15°C negative
20°C negative
45°C positive
L. acidophilus group
‘Streptobacterium’ Homofermentative
15°C positive
45°C negative
L. casei group
L. sake/curvatus
‘Betabacterium’ Homofermentative No general rule L. reuteri /L. fermentum
Molecular based
subgroups
Group A
Obligatory homofermentative,
no fermentation of pentoses
Not applicable L. acidophilus group
Group B
Facultatively heterofermentative
(gas from pentoses)
Not applicable L. casei group, L. sake/curvatus
Group C
Obligatory heterofermentative
(gas from glucose and pentoses)
Not applicable L. reuteri /L. fermentum
I piø recenti approcci tassonomici comprendono la determinazione del contenuto
guanina/citosina (mol% G+C), l’ibridizzazione DNA:DNA, e l’analisi di marcatori molecolari,
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come le sequenze dell’operone ribosomiale [16S rRNA, 23S rRNA e spaziatori (ITS, internal
transcribed spacers)], e di parametri chemotassonomici, come la determinazione elettroforetica
delle proteine solubili, la determinazione degli acidi grassi di membrana cellulare, e la
caratterizzazione del sistema ubiquinone (Schleifer et al., 1995; Styles e Holzapfel, 1997;
Vandamme et al., 1996). L’avvento di queste tecnologie ha permesso di comprendere meglio le
relazioni filogenetiche fra i LAB, anche se le caratteristiche fenotipiche rimangono una chiave
importante nella loro classificazione. Attualmente i LAB sensu stricto (Streptococcus,
Lactococcus, Vagococcus, Enterococcus, Pediococcus, Aerococcus, Tetragenococcus,
Leuconostoc, Lactobacillus, Carnobacterium) sono membri del phylum Firmicutes, classe
Bacilli, ordine Lactobacillales e raggruppano specie con un contenuto molare in G+C del loro
DNA inferiore al 55%, (Pot et al., 1994). Altri batteri d’interesse alimentare e probiotico,
generalmente riconosciuti come LAB, sonoi generi Bifidobacterium, Micrococcus,
Brevibacterium e Propionibacterium: questi hanno una %mol G+C superiore al 55% e
appartengono al phylum Actinomycetes (Schleifer et al., 1995).
1.1.1 Il genere Lactobacillus
Il genere Lactobacillus appartiene all’ordine delle Lactobacillales e alla famiglia delle
Lactobacillaceae. La famiglia filogeneticamente piø vicina sembra essere quella delle
Leuconostocaceae che comprende generi Leuconostoc, Oenococcus e Weissella (Hammes W. P.
e Hertel C., 2003).
La prima analisi filogenetica dei lattobacilli è stata eseguita nel 1991 da Collins e collaboratori; a
quel tempo le specie conosciute erano poche quindi si consigliò di suddividerle in tre gruppi:
Lactobacillus delbrueckii, il Lactobacillus casei-pediococcus e il gruppo Leuconostoc. Schleifer
e Ludwig (1995) confermarono questi risultati e al gruppo dei L. delbrueckii è stato dato il nome
di L. acidophilus, anche se L. delbrueckii è la specie tipo del genere Lactobacillus.
Tra i LAB, Lactobacillus è il genere che comprende il maggior numero di specie (148 specie;
NCBI taxonomy database consultato in data 25 Ottobre 2012). La descrizione di un gran
numero di specie del genere Lactobacillus negli ultimi anni, ha costretto alcuni autori (Hammes
e Hertel 2003, e Dellaglio e Felis 2005) a rivedere la suddivisione del genere in gruppi piø
piccoli.
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I lattobacilli sono batteri gram+, non sporigeni, sono microarerofili con un metabolismo
strettamente fermentativo e richiedo terreni ricchi in nutrienti. Sono catalasi negativi, anche se
alcuni ceppi possono sintetizzare una pseudocatalasi.
Possono crescere in un range di temperatura compreso tra 5°C e 53°C con valori ottimali di 30-
40°C. Sono acidurici, con un pH ottimale di crescita di 5,5-5,8 potendo anche crescere a pH<5.
Tuttavia, nell’ambito della stessa specie, la morfologia cellulare può variare in funzione dello
stadio di sviluppo, della composizione del mezzo di crescita e della concentrazione di ossigeno.
Su terreno nutritivo solido, le colonie si presentano molto piccole, con margini ben definiti,
convesse, lisce, lucide o opache senza pigmenti. Quando fatte crescere in substrati liquidi, si
possono notare sedimenti omogenei senza alcuna formazione di pellicole (Dellaglio et al., 1994)
Il genere Lactobacillus è un genere ampiamente diffuso in natura nonostante, come tutti i LAB,
abbia esigenze nutrizionali elevate (Hammes et al., 1991). Tali esigenze nutrizionali sono
soddisfatte quando il terreno colturale di crescita contiene carboidrati fermentiscibili, peptoni,
estratto di carne ed estratto di lievito, fattori di crescita e vitamine.
In base alla presenza o all’assenza di enzimi responsabili della fermentazione degli zuccheri,
fruttosio-1,6-difosfo aldolasi e la fosfochetolasi, le specie appartenenti al genere Lactobacillus
sono divise in tre gruppi fisiologici (Vandamme et al., 1996). Inoltre la storica suddivisione
basata sul tipo di fermentazione è stata rivista da Pot et al., nel 1994 facendo chiarezza sulle
diversità metaboliche fra le specie.
Ad oggi la definizione ampiamente accettata è quella di Hammes e Vogel (1995).
Gruppo I: Omofermentanti obbligati (acido lattico). Sono in grado di fermentare gli esosi
attraverso la via di Embden-Meyerhof-Parnas (EMP) esclusivamente ad acido lattico. Non
fermentano i pentosi per mancanza dell’enzima fosfochetolasi. Tra le principali specie ci sono:
L. delbrueckii subsp. delbrueckii, bulgaricus e lactis, L. leichmannii, L. acidophilus, L.
helveticus. Il gruppo comprende le specie piø acidificanti (2,7% acido lattico) e piø termofile
(40°-52°C);
Gruppo II: Eterofermentanti facoltativi. Degradano gli esosi ad ac. lattico attraverso la via EMP
e sono anche in grado di fermentare i pentosi in quanto possiedono sia l’aldolasi che la
fosfochetolasi. L. casei subsp. casei, rhamnosus e pseudoplantarum, L. plantarum, L. curvatus,
L. sake sono le specie che ne fanno parte.
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Gruppo III: Eterofermentanti obbligati. Degradano gli esosi attraverso la via dei pentoso-fosfati
producedo acido lattico, acetato e/o etanolo e CO2. Sono capaci di fermentare anche i pentosi. L.
fermentum, L. divergens, L. kefir, L. confusus, L. brevis, L. sanfrancisciensis, L. reuteri. I
lattobacilli eterofermentanti si contraddistinguono per la loro capacità di produrre sostanze
aromatiche volatili e per il loro scarso potere acidificante.
Fig. 1 : Immagini al microscopio elettronico a scansione di Lactobacillus sp. con diversi tipi di morfologie
1.1.2 Il genere Lactococcus
Appartengono a questo genere i LAB di forma coccica, gram positivi, non sporigeni, catalasi
negativi, microaerofili che crescono alla temperatura ottimale di 30°C, con metabolismo di tipo
omofermentante obbligato ed acido L-lattico come principale prodotto della fermentazione
(Teuber et al., 1991).
Il genere Lactococcus comprende sostanzialmente sette specie, di cui tre di particolare interesse
applicativo industriale:
• Lactococcus lactis subsp. lactis;
• Lactococcus lactis subsp. cremoris;
• Lactococcus lactis subsp. diacetylactis;
Le prime due sono capaci di crescere su un substrato contenente fino al 2% NaCl, mentre la
supsp. diacetylactis è capace di utilizzare l’acido citrico per produrre diacetile essendo questa
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caratteristica biochimica instabile, in quanto mediata da plasmidi, questi ceppi sono classificati
come L. lactis subsp. lactis var. diacetylactis.
L. lactis subsp. lactis è largamente impiegato nella produzione di una vasta gamma di prodotti
lattiero-caseari, grazie alle sue importanti caratteristiche biochimiche e tecnologiche necessarie
per la fermentazione del latte e la produzione di formaggi (produzione di acido lattico da lattosio,
attività proteolitica, produzione di diacetile, produzione di batteriocine quali la nisina).
1.1.3 Il genere Streptococcus
I microrganismi appartenenti al genere Streptococcus sono batteri gram+, non sporigeni,
immobili e anaerobi facoltativi. Le cellule hanno una forma ovoidale e sferoidale e sono
organizzate in disposizioni diploidi o a formare catenelle piø o meno lunghe.
Streptococcus thermophilus è un microrganismo chemiorganotrofo, ossidasi negativo, catalasi
negativo e possiede lunghe catene di acidi grassi saturi o monoinsaturi e il suo contenuto in
citosina piø guanina varia dal 33% al 46% . Viene denominato “thermophilus” data la sua
capacità di sviluppare a temperature comprese fra i 37° e i 45°C.
Il metabolismo di S. thermphilus è di tipo omofermentante, ottenendo acido lattico come
prodotto della fermentazione del glucosio, caratteristica tipica dei batteri lattici. A differenza dei
lattococchi gli streptococchi sono in grado di fermentare pochi carboidrati (Hardie J. M., 1986);
presentano inoltre una marcata preferenza per i disaccaridi, in particolar modo per lattosio e
saccarosio. Pochi sono i ceppi che fermentano arabinosio, raffinosio, xilosio e fruttosio.
1.1.4 Il genere Bifidobacterium
Secondo lo schema tassonomico dei procarioti, i batteri del genere Bifidobacterium,
appartengono alla Famiglia delle Bifidobacteriaceae, inizialmente designati al genere
Lactobacillus.
Ad oggi le specie incluse nel genere Bifidobacterium sono 29 fra cui: Bifidobacterium
adolescentis, Bifidobacterium angulatum, Bifidobacterium animalis (con le due sottospecie B.
animalis subsp. Animalis e B. animalis subsp. lactis), Bifidobacterium asteroides,
Bifidobacterium bifidum (specie tipo), Bifidobacterium boum, Bifidobacterium breve,
Bifidobacterium catenulatum, ecc.
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Il genere Bifidobacterium è formato da cellule che assumono una grande varietà di forme:
coccica, allungata con protuberanze e biforcazioni (bifida). Sono chemiorganotrofi,, non
sporigeni e anaerobi obbligati. Presentano un metabolismo di tipo fermentativo, caratterizzati da
una specifica via fermentativa tipica di questo genere: via del fruttosio 6P-fosfochetolasi. Non
sono gasogeni, sono catalasi negativi, con alcune eccezioni come (Bifidobacterium indicum e
Bifidobacterium asteroides quando crescono in presenza di ossigeno) e il loro contenuto in GC
varia da 42-67 mol% (Biavati e Mattarelli, 2001).
I bifidobatteri sono ospiti naturali del tratto digerente dei vertebrati e degli insetti, dove trovano
condizioni di anaerobiosi che gli permettono di colonizzare e di far parte del complesso
ecosistema microbico intestinale. Tra le specie conosciute, alcune sono presenti in cavità naturali
dell’uomo, in particolar modo nel colon, nella vagina e nella bocca. Il ruolo fondamentale di
questi batteri nell’ecosistema digestivo è quello di ristabilire l’equilibrio batterico intestinale dei
neonati e degli adulti in seguito alla somministrazione di antibiotici o al consumo di alimenti
contaminati da microrganismi patogeni.
Ceppi di bifidobatteri con proprietà probiotiche appartengono alla specie B. adolescentis, B.
animalis., B. bifidum, B. breve, B. infantis e B. longum, tali specie non sono filogeneticamente
correlate, sottolineando così il fatto che le caratteristiche di probioticità sono ceppo-specifiche.
Tuttavia Young et al., (2004) hanno recentemente trovato interessante i risultati circa
l'interazione di B. infantis e B. longum con le cellule dendritiche specializzate nella risposta
immunitaria, questo ci conferma l’importante ruolo dei batteri probiotici nel regolare la risposta
immunitaria.
Fig. 2 - Immagini al microscopio elettronico a scansione di batteri lattici appartenenti al genere
Bifidobacterium
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1.2 Fisiologia e metabolismo dei lattobacilli
I batteri lattici hanno un metabolismo energetico abbastanza semplice e, allo stesso tempo,
necessitano di precursori complessi presenti nel terreno di crescita per soddisfare il loro
fabbisogno nutrizionale. Il latte e i suoi derivati sono eccellenti substrati, poichØ supportano la
crescita di un ampio numero di generi e specie di batteri lattici. La caratteristica essenziale del
metabolismo dei batteri lattici è la fermentazione dei carboidrati efficacemente accoppiata alla
fosforilazione a livello del substrato. I batteri lattici mostrano come gruppo la capacità di
degradare diversi carboidrati, e generalmente il prodotto finale è l’acido lattico. I batteri lattici,
inoltre, sono in grado di adattarsi a diverse condizioni ambientali e questo incide sulla qualità e
quantità dei loro prodotti metabolici.
1.2.1 Glicolisi
Un aspetto essenziale del metabolismo dei LAB è la fermentazione dei carboidrati al fine di
ottenere l’energia necessaria ai processi biosintetici della cellula.
I batteri lattici sono in grado di utilizzare diversi monosaccaridi e disaccaridi. Tale attitudine
varia in base al patrimonio enzimatico della specie e presenta efficienza diversa in base alle
caratteristiche fisiologiche del biotipo e alle condizioni ambientali.
Nei batteri lattici le molecole di mono e disaccaride possono essere trasportate essenzialmente
attraverso due sistemi di trasporto: PEP-PTS e sistema permeasico. Nel caso dei disaccaridi e in
particolare del lattosio, il trasporto a livello di membrana cellulare può prevedere o no la
fosforilazione dello zucchero. Dopo l’idrolisi, la fermentazione prosegue come nel caso dei
monosaccaridi. Il legame ad alta energia del fosfoenolpiruvato è trasferito allo zucchero il quale
viene trasportato all’interno della membrana come lattosio-fosfato.
Il sistema permeasico, invece per il trasporto del lattosio, è un simporto. Il lattosio trasporta un
H
+
attraverso una permeasi specifica per il disaccaride. Una volta all’interno della cellula, a
causa di un cambiamento di conformazione della permeasi, lattosio e H
+
vengono rilasciati nel
citoplasma.
Differenti monosaccaridi esosi possono essere fermentati dai batteri lattici (galattosio, fruttosio,
mannosio). Questi zuccheri possono entrare nella via glicolitica a livello del glucosio-6-P o del
galattosio-6-P.
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Molte specie di batteri sono in grado di utilizzare anche i pentosi, in genere sono coinvolte
specifiche permeasi a livello di membrana citoplasmatica. Nel citoplasma i pentosi sono
fosforilati e convertiti da epimerasi o isomerasi specifiche in ribulosio-5-P o xilulosio-5-P. La
fermentazione dei pentosi procede come nel caso della fermentazione eterolattica ma senza
liberazione di CO
2
.
1.2.2 Proteolisi
I batteri lattici sono particolarmente esigenti per quanto riguarda l’apporto di amminoacidi. Tale
necessità nutrizionale è variabile in relazione alla specie e in alcuni casi, risulta legata a
specifiche caratteristiche del singolo ceppo. Nei processi di fermentazione del latte, il sistema
proteolitico gioca un ruolo importante per la sopravvivenza dei batteri lattici e per la buona
riuscita della fermentazione. PoichØ la concentrazione di aminoacidi e peptidi nel latte è
estremamente ridotta, la capacità di molte specie batteriche di crescere su un substrato complesso
come il latte è subordinata alla presenza di un efficiente sistema proteolitico che possa
permettere loro la degradazione delle caseine in peptidi sufficientemente piccoli da essere
trasportati attraverso la membrana cellulare.
La proteolisi è avviata da un gruppo di proteinasi extracellulari legata alla membrana (cell
envelope proteinasi – CEP), le quali attaccano le caseine e generano piccoli peptidi. Molti ceppi
batterici sono in grado di sintetizzare quest’enzima, altri come alcune specie NSLAB, invece,
non sono capaci di farlo, quindi traggono vantaggio per la crescita dall’attività proteolitica
effettuata da specie che avviano il processo di fermentazione. Le CEP mostrano una diversa
specificità di taglio nei confronti delle caseine. La caratterizzazione biochimica delle CEP ha
evidenziato che questi enzimi appartengono alla classe delle serin-proteasi attivate da ioni Ca
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e
generalmente hanno degli optimum di attività a 30-37 °C e a pH 7-7,5.
La proteolisi delle caseine comporta la produzione di peptidi dalle dimensioni compatibili con il
trasporto attraverso la membrana cellulare. L’assorbimento di tali peptidi avviene attraverso
opportuni sistemi di trasporto come (oligopeptide permeasesystem, OPP), e tramite trasportatori
di di/tri-peptidi. Inoltre, alcuni sistemi di trasporto risultano avere un’elevata specificità per gli
amminoacidi strutturalmente simili. La dimensione dei peptidi che possono penetrare all’interno
della membrana non supera i dieci amminoacidi, ma tale valore è variabile in base alla specie e
alla sequenza amminoacidica di ciascun peptide. Il sistema di trasporto OPP di L. lactis, può
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trasportare peptidi fino ad un massimo di 18 residui e la natura di questi peptidi influenza
significativamente la cinetica di trasporto (Detmers et al., 1998, Juillard et al., 1998).
Dopo l’assorbimento, i peptidi vengono degradati da diverse peptidasi intracellulari, alcune delle
quali sono state ampiamente studiate in lactococchi e lattobacilli. Queste possono essere
suddivise in endopeptidasi, amminopeptidasi, di/tri-peptidasi e peptidasi prolina-specifiche.
Nella produzione di formaggi questa categoria di enzimi svolge una funzione importante anche
dopo la morte della cellula durante la fase di maturazione.
Ad oggi, diverse sequenze genomiche di specie starter di LAB sono state pubblicate tra cui
anche tre genomi di microrganismi probiotici come Lb. plantarum, (Kleerebezem et al., 2003),
L. acidophilus, e L. johnsonii (Pridmore et al., 2004). Sulla base di studi genomici comparativi,
sono state riscontrate alcune differenze tra i sistemi proteolitici di questi batteri lattici, differenze
che riflettono la diversità delle nicchie ecologiche occupate. Per quanto riguarda le CEP, cinque
tipi diversi di questo enzima sono stati clonati e caratterizzati dai LAB, come PrtP da L. lactis e
L. paracasei, PrtH da L. helveticus, PRTR da L. rhamnosus, PRT di S. thermophilus, e PrtB da L.
bulgaricus (Kok et al., 1988,. Holck e Naes 1992; Gilbert et al., 1996; Pederson et al., 1999;
Siezen 1999; Fernandez-Espla et al., 2000; Pastar et al., 2003). Ogni specie LAB teoricamente
possiede una sola CEP ma la presenza di due CEP sono state segnalate in ceppi di L. helveticus e
L. bulgaricus (Stefanitsi et al., 1995.; Pederson et al., 1999).
Oltre a garantire la crescita dei batteri, gli aminoacidi e peptidi, svolgono un ruolo importante
nella formazione dell’aroma essendo i principali precursori di molecole aromatiche. Per questo il
catabolismo degli amminoacidi è considerato uno dei metabolismi di maggiore importanza per la
formazione del sapore e dell’aroma nei formaggi. L’eccessiva proteolisi enzimatica e/o
l’aggiunta di amminoacidi al formaggio, influenza positivamente la percezione del gusto.
Tuttavia, una proteolisi non bilanciata può portare ad un eccesso di peptidi dal gusto amaro i
quali alterano la percezione del gusto del formaggio. Sebbene la proteolisi sia importante per la
formazione dell’aroma del formaggio, generalmente il suo controllo è abbastanza difficile.
Alcune proteine del latte presentano sequenze amminoacidiche con caratteristiche bioattive. I
peptidi bioattivi sono potenziali modulatori diretti o indiretti di processi metabolici dei
mammiferi e quindi dell’uomo. Questi peptidi hanno effetti immunomodulanti, anticoagulanti,
antimicrobici, carriers di minerali e possono inibire l’attività dell’enzima ACE (angiotensin-I-
convertingenzyme), un enzima multifunzionale che ha un ruolo chiave nel rilasciare per azione
proteolitica l’angiotensina II, uno dei piø potenti agenti vasocostrittori.