22
1.3 Value investing; le obiezioni
Fino ad ora abbiamo parlato di possibilità di valutare stock sovra/sottovalutati dal mercato. Questa
possibilità comporta il rifiuto di una importante assunzione economica: la teoria dei mercati
efficienti. Se infatti il prezzo riflettesse in maniera esatta tutte le informazioni su di un titolo,
l’aggiustamento del prezzo in seguito ad una nuova informazione sarebbe talmente rapido ed
efficiente che non consentirebbe di poter trarre vantaggio da un temporaneo mispricing. In realtà,
però, sia le linee teoriche che le evidenze empiriche danno spazio ad una discussione riguardo
l’efficienza del mercato in tal senso.
1.3.1 La Teoria dei mercati efficienti
La teoria dei mercati efficienti (Efficient market theory, da qui in avanti EMT) si basa sulla
seguente assunzione: i prezzi riflettono in maniera completa tutte le informazioni disponibili in
relazione all’azione considerata
57
.
Questa forte ipotesi, di fatto, renderebbe inutile il processo di analisi fondamentale; questo perché,
in un mercato simile, gli operatori non potrebbero effettivamente utilizzare il processo di analisi per
valutare la possibilità di un mispricing da parte del mercato in relazione ad un titolo azionario.
E la motivazione, seguendo questa teoria, è piuttosto intuitiva; l’aggiustamento dei valori azionari
sarebbe talmente rapido che non permetterebbe a nessun operatore di poter utilizzare qualunque
informazione disponibile così da poter beneficiare di un discostamento tra valore intrinseco e
prezzo di mercato.
56
Damodaran, A. [2012], p. 15 , [As he has pointed out, he does not buy stocks for the short term but businesses for the
long term]
57
Fama, E. [1991], p. 1575
23
La rapidità dell’aggiustamento sarebbe quindi dovuta al fatto che, essendo tutte le notizie fruibili
dal vasto pubblico degli investitori prontamente incorporate nel prezzo del titolo, una momentanea
sottovalutazione provocherebbe un ritorno verso il fair-price così rapido da rendere impossibile
qualsiasi possibilità di profitto
58
.
Brandes (2004) individua tre gradi di intensità in relazione a tale teoria, e li confronta con le
assunzioni alla base del Value investing
59
.
L’efficienza in forma debole afferma che i prezzi passati non sono indicativi di quelli futuri;
sebbene alcune ricerche abbiano dimostrato la presenza di una certa, seppur bassa, correlazione tra
risultati passati e performance future, queste non possono essere considerate affidabili a tal punto da
poter dare la certezza riguardo a profitti futuri.
Questa assunzione abbraccia in un certo senso anche i presupposti del Value investing; entrambe,
infatti, sembrano concordare sull’evidenza che i risultati passati non possono essere considerati la
fonte esclusiva sulla quale basare le indicazioni relative alle performance future.
La seconda parte dal presupposto che l’efficienza dei mercati sia riconducibile alla velocità di
trasmissione delle informazioni.
Sebbene sia corretto affermare che negli ultimi decenni abbiamo assistito ad una rapidissima
estensione del dinamismo informativo, questa di per se non può essere considerata una garanzia di
efficienza:
“La trasmissione rapida delle informazioni, tuttavia, non garantisce che le conclusioni tratte siano
accurate”
60
.
Ma è probabilmente sulla versione più forte della EMT che avviene la dissociazione più evidente
con i presupposti del Value investing; questa afferma che, in qualsiasi momento, i prezzi azionari
riflettono in maniera accurata la somma delle informazioni pubbliche e private.
Se questa teoria si rivelasse una certezza anche in campo empirico, in pratica non potrebbe esistere
una differenza tra il prezzo di un azione ed il suo valore intrinseco
61
.
58
Shiller, R.J. [2000], pp. 172-173
59
Brandes, C.H. [2004], pp. 26-28
60
Brandes, C.H. [2004], p.27 , [Transmitting information quickly, however, doesn’t guarantee that the conclusions
drawn are accurate]
61
Brandes, C.H. [2004], p.27
24
La divulgazione dell’ EMT sembra rispondere alla necessità di dover trovare una qualche
razionalità alle valutazioni del mercato, specialmente in relazione a periodi di elevata
sopravvalutazione
62
.
Entrando nello specifico della definizione di EMT, Shiller (2000) propone un ragionamento
meritevole di attenzione.
Uno degli argomenti posti in difesa dell’efficienza del mercato riguarda la difficoltà di ottenere
profitti mediante il metodo “buying-low and selling-high”
63
.
Questo perché, un investitore individuale, dovrebbe competere con i cosiddetti smartest investors o
smart money
64
, che analizzano il mercato alla ricerca delle stesse opportunità di investimento
65
.
Quest’ultimi, però, forti di un non ben specificato vantaggio competitivo rispetto al grosso
pubblico, e capaci di applicare in maniera vincente l’approccio “compra-basso e vendi-alto”,
annullerebbero qualsiasi possibilità di guadagno per il resto degli investitori.
Secondo Shiller (2000), se queste continue correzioni fossero effettivamente conseguite dagli
smartest investors, gli effetti dovrebbero:
- In accordo con la EMT, riallineare immediatamente i prezzi delle azioni al loro valore intrinseco
66
- Generare, tramite la continua ripetizione di questo comportamento correttivo, dei profitti talmente
elevati da rendere gli smartest investors così influenti sul mercato da poter eliminare quasi
totalmente, nel tempo, tale fenomeno di mispricing.
Nella realtà le cose, tuttavia, sembrano andare diversamente. Questo perché, nonostante la EMT, è
evidente che il mercato abbia attraversato lunghi periodi nei quali la quotazione di alcuni titoli non
rifletteva il loro valore intrinseco
67
.
Inoltre, per far si che uno smartest investor possa prevedere con esattezza un momento di rialzo o
ribasso futuro dei mercati ed eliminare i mispricing, resta da affrontare la questione relativa al
timing; infatti:
62
Shiller, R.J. [2000], p. 172
63
Il riferimento riguarda una strategia che porta ad acquistare titoli sottovalutati ed a rivenderli una volta raggiunto un
prezzo alto, ottenendo un ingente guadagno in conto capitale.
64
Shiller, R.J. [2000], p. 172
65
Shiller, R.J. [2000], p. 172
66
Shiller, R.J. [2000], p. 173
67
Shiller, R.J. [2000], p. 173
25
“Se davvero un investitore sapeva oggi che il mercato non avrebbe fatto bene nei prossimi dieci o
vent'anni, ma non sapeva esattamente quando [....] allora non ci sarebbe stato modo di trarre un
profitto significativo da queste conoscenze. Non vi è quindi alcun motivo sostanziale per pensare
che gli smartest investors debbano necessariamente eliminare tali mispricing azionari”
68
.
1.3.2 Testare l’efficienza del mercato
Le verifiche riguardanti l’efficacia dell’EMT non possono prescindere dall’utilizzo di un modello di
equilibrio. Questo perché se è vero che l’informazione è correttamente ed interamente riflessa nel
prezzo, la veridicità di tale affermazione può essere verificata solo avvalendosi di un modello di
pricing che definisca il fair-value di un titolo
69
.
Il CAPM, modello matematico basato sulla teoria di portafoglio (Harry Markovitz), è il primo preso
in considerazione. Esso può essere definito come il “modello teorico per il calcolo del prezzo di
equilibrio di un'attività finanziaria”
70
.
Markovitz, nell’ambito delle scelte di portafoglio, si basa sulle seguenti assunzioni
71
:
- Gli investitori sono avversi al rischio
- Gli investitori prendono in considerazione solo media e varianza riguardanti il loro singolo
investimento che va da t-1 a t.
Queste due condizioni fanno si che un investitore, secondo tale modello, sceglierà il portafoglio che
minimizzerà la varianza e massimizzerà il rendimento atteso, data la varianza.
Nella formulazione di Sharpe e Lintner
72
:
68
Shiller, R.J. [2000], p. 173 , [If indeed one knew today that the market would do poorly over the next ten or twenty
years, but did not know exactly when [...] then there would be no way to profit significantly from this knowledge. There
is thus no substantial reason to think that the smart money must necessarily eliminate such stock mispricing]
69
Fama, E. [1970] ,citato in Fama, E. [1991], pp. 1575-1576 e rielaborato ; [Thus, market efficiency per se is not
testable. It must be tested jointly with some model of equilibrium, an asset-pricing model. This point, the theme of the
1970 review (Fama (1970b)), says that we can only test whether information is properly reflected in prices in the
context of a pricing model that defines the meaning of "properly”]
70
https://www.borsaitaliana.it/borsa/glossario/capital-asset-pricing-model.html
71
Fama, E.,French, K. [2004], p.26
72
Fama, E.,French, K. [2004], p. 29
26
In pratica, il rendimento atteso di un asset Ri è dato dal tasso risk-free Rf; la differenza tra il
rendimento atteso dell’attività rischiosa meno il tasso risk-free, detto anche premio per il rischio,
moltiplicato per Beta.
Quest’ultimo misura la variazione del rendimento di un titolo in seguito ad una variazione di
mercato
73
. Il Beta misura quindi il rischio sistematico del titolo; quello che è associabile
all’andamento di mercato nel suo complesso. Pertanto, a differenza del rischio specifico
74
, non può
essere ridotto mediante la diversificazione.
Matematicamente:
=
( , )
( )
Con: = Rendimento dell'attività i-esima ed = rendimento di mercato.
Esistono 3 casistiche rilevanti riguardo al Beta:
0 < Beta < 1 Beta = 1 Beta > 1
Il titolo varia in misura minore
rispetto all’andamento del
mercato.
Il titolo segue esattamente
l’andamento del mercato.
Il titolo amplifica i movimenti
del mercato (sia al rialzo che al
ribasso).
Rosenberg (1981) enuncia e poi analizza le ipotesi che il CAPM aggiunge rispetto a quelle relative
alla teoria di portafoglio sviluppata da Markovitz; in particolare, il CAPM considera domanda e
offerta nel mercato dei capitali.
Per ottenere la condizione che, in equilibrio, domanda e offerta siano identiche, utilizza delle
assunzioni semplificate
75
; di seguito alcune delle più significative rispetto alla EMT:
73
https://www.borsaitaliana.it/borsa/glossario/Beta.html
74
Rischio relativo, ad esempio, all’attività intrapresa da una società e riducibile mediante la diversificazione.
75
Rosenberg, B. [1981], p.4
27
- Tutti gli investitori hanno le stesse aspettative circa il rendimento;
- Tutti gli investitori hanno le stesse aspettative riguardanti il rischio;
- Tutti gli investitori ottengono gli stessi rendimenti (imposte e spese di investimento sono
identiche);
- Non vi sono vincoli agli investimenti (senza limiti sull'assunzione o l'erogazione di prestiti,
nessuna restrizione alla vendita allo scoperto, nessun massimale);
- Esiste un'attività priva di rischio, che viene presa in prestito o prestata a tassi identici;
- Tutti gli investitori massimizzano funzioni di utilità media/varianza rispetto ad un investimento
comune e sono avversi al rischio;
- I mercati sono perfetti (ogni investitore è un price-taker e non crede di poter influenzare i prezzi,
non ci sono costi di transazione e non ci sono costi riguardanti l'acquisizione di informazioni).
Le conclusioni derivanti dalle assunzioni appena esposte sono le seguenti
76
:
- Ogni singolo portafoglio degli investitori soddisfa le condizioni di Markovitz;
- Ogni portafoglio di attività rischiose di ciascun investitore ha la stessa composizione;
- Il portafoglio di mercato, che è l’aggregato di tutti i portafogli esistenti, pertanto ha la stessa
composizione;
- Quindi, il portafoglio di mercato è efficiente per tutti gli investitori, l'unico “fondo comune” di
tutte le attività rischiose che si adatta esattamente alle esigenze di tutti gli investitori;
- Dato che il portafoglio di mercato è efficiente, qualsiasi altro portafoglio di attività rischiose è
inferiore a questo;
Rosenberg (1981) afferma quindi che se le ipotesi del CAPM fossero empiricamente significative,
tutte le aspettative degli investitori sarebbero identiche, ed ognuno di essi deterrebbe il medesimo
portafoglio basato su tali ipotesi
77
.
Gli investitori hanno però diverse aspettative, diversi rendimenti, sostengono costi transattivi; in
linea generale, è possibile affermare che molte delle ipotesi del modello siano irrealistiche e non
trovino conferma in ambito pratico.
Ciò comporta che, nonostante la sua seduttiva semplicità, i problemi empirici riscontrati nell’uso
del CAPM probabilmente ne compromettono l’uso in campo pratico
78
.
76
Rosenberg, B. [1981], pp.4-6
77
Rosenberg, B. [1981], p.5
78
Fama, E.,French, K. [2004], p. 44
28
Black, nel 1972, sviluppò un’altra versione del CAPM, chiamata Black CAPM o zero-Beta CAPM.
Questa versione ha influenzato l’adozione del CAPM in quanto considerata maggiormente robusta
nelle verifiche empiriche rispetto alla sua formulazione originale
79
. Tuttavia, nel corso del tempo,
anche tale versione è stata oggetto di ricerche e controanalisi che ne hanno rivelato la debolezza a
livello empirico. Il modello Sharpe-Lintner-Black, presupponendo che il portafoglio sia efficiente
sotto il profilo di media e varianza, implica che tutte le differenze di rendimento atteso tra i titoli e i
portafogli siano interamente spiegate dalle differenze nel Beta di mercato; qualsiasi altra variabile
aggiuntiva, quindi, non avrebbe nessun ulteriore potere predittivo rispetto a quello del Beta
80
.
Basu
81
(1977) dimostra che, dividendo i titoli azionari presi in considerazione nella sua ricerca sulla
base del rapporto E/P (Earnings/Price), i rendimenti degli stock con un alto E/P sono maggiori
rispetto a quelli stimati dal CAPM.
Statman
82
(1980) prima, e Rosenberg, Reid e Lanstein
83
(1985) poi documentano che stock aventi
un alto rapporto B/M (Book-to-Market equity) hanno maggiori rendimenti medi, non catturati dai
loro rispettivi Beta.
Fama e French (2004), al fine di verificare la debolezza della relazione tra Beta e rendimenti medi,
svolsero la seguente ricerca; dapprima stimarono un Beta per ogni stock presente nel database
CRSP e quotato su NYSE (1928-2003), AMEX (1963-2003) e NASDAQ (1972-2003).
Successivamente formarono dieci portafogli basati sulle stime dei Beta effettuate e ne osservarono
contemporaneamente i rendimenti mensili, per un periodo compreso tra il 1928 ed il 2003
84
.
Come osservabile in figura, i rendimenti dei portafogli low-Beta sono più elevati rispetto a quelli
predetti dal CAPM ed i rendimenti degli high-Beta sono invece più bassi rispetto a quelli previsti
dal CAPM.
79
www.startingfinance.com/lo-zero-Beta-model-black/
80
Fama, E.,French, K. [2004], p. 33
81
Basu, S. [1977], pp. 129-156
82
Statman, D. [1980], pp. 25-45
83
Rosenberg, Reid e Lanstein [1985], pp. 9 - 17
84
Fama, E.,French, K. [2004], pp. 32-33
29
Fama e French
85
(1992) tramite un analisi di regressione cross-section, confermano che E/P, D/E
(Debt/Equity), B/M e dimensioni della società siano variabili aggiuntive nella spiegazione dei
rendimenti attesi forniti dal Beta. Convalidano inoltre la legittimità di ricerche precedenti
86
volte a
mostrare la debolezza del rapporto esistente tra rendimenti medi e Beta
87
.
Kothari, Shanken e Sloan (1995) propongono risultati in difesa della validità del CAPM,
argomentando che la debolezza della correlazione tra rendimenti medi e Beta sia dovuto al caso.
Tuttavia le ricerche sopracitate rappresentano un evidenza difficilmente trascurabile; il fatto che
altre variabili catturino le differenze nei rendimenti attesi non spiegate dal Beta rende
l’argomentazione di Kothari, Shanken e Sloan irrilevante
88
.
85
Fama, E. French, K. [1992], pp. 427-465
86
Reinganum, Mare R. 1981. "A New Empirical Perspective on the CAPM." Journal of Financial and Quantitative
Analysis. 16:4, pp. 439-62.
Stambaugh, Robert F. 1982. "On The Exclusion of Assets from Tests of the Two-Parameter Model: A Sensitivity
Analysis. "Journal of Financial Economics. 10:3, pp. 237-68.
Lakonishok, Josef and Alan C. Shapiro. 1986.Systemaitc Risk, Total Risk, and Size as Determinants of Stock Market
Returns." Journal of Banking and Finance. 10:1, pp. 115-32.
87
Fama, E.,French, K. [2004], p. 36
88
Fama, E.,French, K. [2004], p. 36
Fama, E.,French, K. [2004], p. 33
30
Anche le ricerche più recenti
89
(Lee e Li – 2017) argomentano che la causa di rendimenti
anormalmente bassi di società high-investment-low-profitability sia da ricercare nell’overpricing e
non sia data dal basso rischio ad esse associato.
A questo punto risulta evidente che, dato che il Beta non è sufficiente come variabile esplicativa dei
rendimenti attesi, il portafoglio di mercato è inefficiente
90
ed il CAPM risulta di fatto non
consistente nelle verifiche empiriche rispetto ai suoi fondamenti teorici.
Si apre quindi il dibattito su quanto questa inefficienza possa essere attribuita ad un imperfezione
del mercato e quanto all’impossibilità di poterla verificare con un modello consistente.
Su questa controversia esistono due correnti di pensiero:
- i comportamentisti, che tendono ad attribuire all’irrazionalità del mercato l’inefficienza dello
stesso.
Essi sostengono che la ripartizione di titoli azionari sulla base del rapporto B/M esponga gli
investitori ad un eccessiva enfasi rispetto alle performance passate, siano esse ottime o pessime
91
.
Nel secondo caso, è talvolta l’eccessiva confidenza in un price reversal
92
rispetto ai trend passati a
generare prezzi eccessivamente bassi per azioni con un basso rapporto B/M (le Value, che nel
recente passato hanno avuto difficoltà); al contrario i prezzi delle azioni con un alto rapporto B/M
(le Growth, che nel recente passato hanno mostrato un discreto tasso di crescita) risulteranno
smisuratamente alti.
È evidente che, se l’assunzione si rivelasse corretta, nei periodi successivi vi sarebbe anche un
ribaltamento dell’andamento dei rendimenti a favore dei Value stock. Un esempio di studi relativi a
questo fenomeno è già stato mostrato nel paragrafo 1.2
93
.
Secondo i comportamentisti, quindi, sarebbe proprio l’aspettativa di un price reversal insita negli
operatori a provocare un mispricing dei titoli
94
.
89
Lee, C.M.C., Li, K. 2017. Salient or safe: Why do predicted stock issuers earn low returns? working paper, Stanford
University.
90
Fama, E.,French, K. [2004], p. 36
91
Fama, E.,French, K. [2004], p. 37
92
L’effetto “price reversal” si riferisce al cambiamento di direzione del prezzo di uno stock.
93
De Bondt, Thaler [1987]
94
Questa conclusione va contro uno dei principi cardine del CAPM e della stessa EMT; l’ipotesi di mercati perfetti,
secondo la quale ogni investitore è un price-taker, è messa fortemente in discussione da queste tesi e ricerche. Anche la
teoria dei comportamentisti, sebbene scaturisca dall’atteggiamento degli operatori e non dal modello di pricing, risulta
in forte disaccordo con i principi cardine dalla EMT e del CAPM.
31
- i sostenitori dell’inconsistenza del CAPM; coloro che, in sintesi, ritengono che le impraticabili
ipotesi di base del modello non ne permetterebbero un riscontro empirico
95
e, quindi, non
consentirebbero di poter verificare la EMT.
L’ICAPM
96
, formulato da Merton
97
nel 1973, si fonda sulla logica del CAPM
98
, ma con assunzioni
differenti rispetto agli obiettivi finali; mentre nel CAPM il principale obiettivo ipotizzato per gli
investitori era quello di misurare il rendimento finale, l’ICAPM considera anche la variabilità di
scenari come le opportunità di consumo ed investimento e come essi potrebbero mutare nel periodo
di detenzione del portafoglio
99
.
Il risultato dovrebbe essere la creazione di un portafoglio ottimale ed efficiente sotto un punto di
vista multifattoriale; ovvero avente il miglior rendimento atteso possibile, data la varianza dei
rendimenti e la covarianza di essi con le variabili considerate
100
.
Tuttavia Fama
101
(1996) sostiene che l’ICAPM risulta essere una generalizzazione di teorie
estrapolate dal CAPM.
Questo perché, secondo la sua analisi, l’efficienza multifattoriale implica una relazione tra
rendimenti attesi e rischi misurati dal Beta. Per ottenere tale efficienza è però necessario anzitutto
inserire dei Beta aggiuntivi, oltre ad un Beta di mercato, per poter così sviluppare un effettivo
modello multifattoriale che possa spiegare i rendimenti attesi
102
.
Basandosi su queste controanalisi e presumibilmente in maggior misura sull’Arbitrage Pricing
Theory (APT)
103
piuttosto che sul miglioramento dell’ICAPM, Fama e French
104
(1996) mettono a
punto un modello a tre fattori:
95
Fama, E.,French, K. [2004], p. 37
96
Intertemporal Capital Asset Pricing Model (ICAPM)
97
Merton, Robert C. 1973. "An Intertemporal Capital Asset Pricing Model." Econometrica4. 1:5, pp. 867-87.
98
Gli investitori cercano di massimizzare il rendimento minimizzando, al contempo, il rischio.
99
Fama, E.,French, K. [2004], pp. 37-38
100
Fama, E.,French, K. [2004], p. 38
101
Fama, E. French, K. 1996."Multifactor Explanations of Asset Pricing Anomalies."Journal of Finance.51:1,pp. 55-84
102
Fama, E.,French, K. [2004], p. 38
103
Ross, Stephen A. 1976. "The Arbitrage Theory of Capital Asset Pricing." Journal of Economic Theory. 13:3, pp.
341-60. Secondo questo modello, il rendimento di un attività finanziaria è funzione di una componente che misura il
premio per il rischio di mercato, come nel CAPM, e di una serie di fattori di rischio (es. variabili macroeconomiche,
dimensioni societarie, rapporto B/M), ognuno di essi dotato di uno specifico coefficiente Beta che contribuisca a
spiegare i rendimenti attesi.
104
Fama, E. French, K. [1996], pp. 55-84