Il presente lavoro, invece, ha come obiettivo quello di valutare la
fattibilità di alimentare un sistema di produzione di energia elettrica quale
la cella a combustibile, con un gas prodotto a partire da una biomassa
forestale, tramite un gassificatore a letto fluido ricircolato.
Inoltre la tesi tratterà argomenti inerenti gli impianti di
valorizzazione delle biomasse e la scelta del sito adatto alla localizzazione
di un impianto di questo genere.
Il primo capitolo è di carattere introduttivo, e dopo aver introdotto il
concetto di biomassa, si occuperà di analizzare il settore energetico in
Italia, la sua legislazione, e i fattori che contribuiscono alla possibilità di
installazione di un impianto per la valorizzazione energetica delle biomasse
in relazione al contesto geografico.
Il secondo capitolo è più di carattere tecnico, e offre una
panoramica delle tecnologie di valorizzazione della biomassa attualmente
disponibili. Inoltre prende in considerazione alcuni esempi di impianti già
esistenti, basati su diverse tecnologie.
Nel terzo capitolo si passa invece alla descrizione di un ipotetico
impianto, che viene simulato al calcolatore, tramite l’utilizzo di un
programma di simulazione chiamato ASPEN PLUS ®, e di un programma
scritto in linguaggio FORTRAN (MCFC-D3S ©), e si valuteranno le
prestazioni ottenibili dall’impianto.
L’ultimo capitolo è quello conclusivo, dove vengono riportate alcune
valutazioni circa i risultati ottenuti.
6
1 LA BIOMASSA COME FONTE DI ENERGIA
RINNOVABILE
1.1 Concetto di biomassa per la produzione di
energia
Biomassa è un termine che riunisce una gran quantità di materiali,
di natura estremamente eterogenea. In forma generale, si può dire che è
biomassa tutto ciò che ha matrice organica, con esclusione delle plastiche
e dei materiali fossili, che esulano dall’argomento in questione. Le più
importanti tipologie di biomassa sono residui forestali, scarti dell’industria
di trasformazione del legno (trucioli, segatura, etc.), scarti delle aziende
zootecniche, gli scarti mercatali ed i rifiuti solidi urbani. Le principali
applicazioni della biomassa sono: produzione di energia (biopower), sintesi
di carburanti (biofuels) e sintesi di prodotti (bioproducts).
La biomassa rappresenta la forma più sofisticata di accumulo
dell’energia solare. Questa, infatti, consente alle piante, durante la loro
crescita, di convertire la CO2 atmosferica in materia organica, tramite il
processo di fotosintesi. In questo modo vengono fissate complessivamente
circa 2·10
11
t di carbonio all’anno, con un contenuto energetico dell’ordine
di 7·10
4
Mtep. La biomassa utilizzabile ai fini energetici consiste in tutti
quei materiali organici che possono essere utilizzati direttamente come
combustibili oppure trasformati in altre sostanze (solide, liquide o gassose)
di più facile utilizzo negli impianti di conversione. Altre forme di biomassa
possono, inoltre, essere costituite dai residui delle coltivazioni destinate
all’alimentazione umana o animale (paglia) o piante espressamente
coltivate per scopi energetici.
La combustione e in generale l’uso della biomassa a fini energetici è
considerato “pulito”, in quanto si considera uguale a zero l’emissione netta
di CO
2
nell’atmosfera: è generalmente valida l’assunzione per la quale
7
tutto il carbonio inorganico prodotto con la combustione, venga poi fissato
in carbonio organico tramite la fotosintesi durante il riformarsi della
biomassa. Essa deve infatti essere rinnovata, per avere un effettivo
bilancio del carbonio in parità e poter assumere pari a zero l’emissione
netta.
Le tecnologie del biopower convertono i combustibili rinnovabili
della biomassa in calore ed elettricità usando apparecchiature simili a
quelle usate con combustibili fossili. Negli Stati Uniti la biomassa
rappresenta la seconda fonte di energia rinnovabile, dopo quella
idroelettrica, per produrre elettricità. Una vantaggiosa caratteristica della
biomassa è la sua disponibilità rispetto alla domanda, ed il fatto che essa è
in grado di conservare intatta la sua energia fino al suo utilizzo. Ancora
oggi nei paesi in via di sviluppo, la biomassa viene utilizzata per cucinare e
per usi individuali; attualmente le tecnologie hanno raggiunto un tale
sviluppo che è possibile generare elettricità e calore per soddisfare i
fabbisogni energetici di piccoli villaggi ma anche di una piccola città.
Ad oggi, le biomasse soddisfano il 15% circa degli usi energetici
primari nel mondo, con 55 milioni di TJ/anno (1.230 Mtep/anno). L’utilizzo
di tale fonte mostra, però, un forte grado di disomogeneità fra i vari Paesi.
I Paesi in Via di Sviluppo, nel complesso, ricavano mediamente il 38%
della propria energia dalle biomasse, con 48 milioni di TJ/anno (1.074
Mtep/anno), ma in molti di essi tale risorsa soddisfa fino al 90% del
fabbisogno energetico totale, mediante la combustione di legno, paglia e
rifiuti animali.
Nei Paesi Industrializzati, invece, le biomasse contribuiscono
appena per il 3% agli usi energetici primari con 7 milioni di TJ/anno (156
Mtep/anno). In particolare, gli USA ricavano il 3,2% della propria energia
dalle biomasse, equivalente a 3,2 milioni di TJ/anno (70 Mtep/anno);
l’Europa, complessivamente, il 3,5%, corrispondenti a circa 40 Mtep/anno,
con punte del 18% in Finlandia, 17% in Svezia, 13% in Austria, l’Italia,
8
con il 2% del proprio fabbisogno coperto dalle biomasse, è al di sotto della
media europea.
L’impiego delle biomasse in Europa soddisfa, dunque, una quota
piuttosto marginale dei consumi di energia primaria, ma il reale potenziale
energetico di tale fonte non è ancora pienamente sfruttato.
All’avanguardia, nello sfruttamento delle biomasse come fonte energetica,
sono i Paesi del centro-nord Europa, che hanno installato grossi impianti di
cogenerazione e teleriscaldamento alimentati a biomasse. La Francia, che
ha la più vasta superficie agricola in Europa, punta molto anche sulla
produzione di biodiesel ed etanolo, per il cui impiego come combustibile
ha adottato una politica di completa defiscalizzazione. La Gran Bretagna
invece, ha sviluppato una produzione trascurabile di biocombustibili,
ritenuti allo stato attuale antieconomici, e si è dedicata in particolare allo
sviluppo di un vasto ed efficiente sistema di recupero del biogas dalle
discariche, sia per usi termici che elettrici. La Svezia e l’Austria, che
contano su una lunga tradizione di utilizzo della legna da ardere, hanno
continuato ad incrementare tale impiego sia per riscaldamento che per
teleriscaldamento, dando grande impulso alle piantagioni di bosco ceduo
(salice, pioppo) che hanno rese 3÷4 volte superiori alla media come
fornitura di materia prima. Nel quadro europeo dell’utilizzo energetico delle
biomasse, l’Italia si pone in una condizione di scarso sviluppo, nonostante
l’elevato potenziale di cui dispone, che risulta non inferiore ai 27 Mtep.
9
1.2 Il settore elettricità in Italia
1.2.1 Fonti di approvvigionamento
L'Italia, come sistema fisico nazionale comprendente le proprie
centrali e le proprie stazioni di pompaggio ha consumato nel 2005 circa
352.800 GWh di energia elettrica, con un incremento dell'1,11% rispetto
all'anno precedente. Tale dato è il cosiddetto "consumo nazionale lordo" e
indica l´energia di cui ha bisogno il Paese tutto per far funzionare qualsiasi
impianto o mezzo che abbisogni di energia elettrica. Tale dato è ricavato
come somma dei valori indicati ai morsetti dei generatori elettrici di ogni
singolo impianto di produzione. Tale misura è effettuata prima di un
eventuale detrazione di energia per alimentare le stazioni di pompaggio.
Se si escludono i cosiddetti autoconsumi delle centrali e l'energia
elettrica per immagazzinare energia durante la notte attraverso le stazioni
di pompaggio, abbiamo un "consumo nazionale netto" o "richiesta
nazionale", che nel 2005 è stato di 330.000 GWh circa.
L'Italia ha quindi bisogno mediamente di 40,3 GW di potenza
elettrica lorda istantanea (37,7 GW di potenza elettrica netta istantanea).
Tali valori oscillano tra la notte e il giorno da 28 a 50 GW, con punte
minime e massime rispettivamente di 21 e 56 GW. Il dato di "consumo
nazionale lordo" contiene una percentuale pari al 13,9% di energia
importata dall'estero (ovvero, al netto delle esigue esportazioni, circa
49.000 GWh annui nel 2005).
Il fabbisogno nazionale di energia elettrica viene coperto per il
71,7% attraverso centrali termoelettriche che bruciano principalmente
combustibili fossili in gran parte importati dall'estero (piccole percentuali -
inferiori al 2% - fanno riferimento a biomassa, rifiuti industriali o civili e
combustibile nazionale). Un altro 14,3% viene ottenuto da fonti rinnovabili
(idroelettrica, geotermica, eolica e fotovoltaica) per un totale di energia
10
elettrica prodotta dall'Italia di circa 303000 GWh annui (2004). La
rimanente parte per coprire il fabbisogno nazionale é importata
direttamente all'estero nella percentuale già citata del 13,9%.
1.2.2 Energie non rinnovabili
Fig 1.1 Variazioni percentuali fonti di energia non rinnovabile in Italia. Elaborazione da
dati pubblicati da Terna
L'Italia non dispone di consistenti riserve di combustibili fossili e
quindi la quasi totalità della materia prima utilizzata viene importata
dall'estero.
Secondo le statistiche di Terna, società che dal 2005 gestisce la
rete di trasmissione nazionale, la maggior parte delle centrali
termoelettriche italiane sono alimentate a gas naturale (59,2% del totale
termoelettrico nel 2005), carbone (17,3%) e derivati petroliferi (14,2%).
Percentuali minori (circa il 2,3%) fanno riferimento a gas derivati (gas di
acciaieria, di altoforno, di cokeria, di raffineria) e a un generico paniere di
"altri combustibili" (circa il 7%) in cui sono comprese diverse fonti
combustibili "minori", sia fossili che rinnovabili (biomassa, rifiuti, coke di
petrolio, bitume e altri).
11
È da notare come le percentuali relative ai tre principali combustibili
siano cambiate radicalmente in pochissimi anni (1996-2005); solo nel
1996, gas naturale, carbone e petrolio pesavano rispettivamente il 25%,
l'11% e il 59%. Si può notare come, accanto ad un discreto aumento
dell'utilizzo del carbone, ci sia stata una radicale inversione dell'importanza
relativa tra petrolio e gas naturale, il cui utilizzo è cresciuto fortemente sia
in termini assoluti che percentuali.
Oggi gran parte delle centrali termoelettriche vengono concepite in
maniera di poter utilizzare più combustibili, in maniera da poter variare in
tempi relativamente rapidi la fonte combustibile.
Tale politica è conseguita da considerazioni circa il costo, la
volatilità dei prezzi e la provenienza da regioni politicamente instabili del
petrolio; non deve inoltre essere trascurato il minor impatto ambientale
del gas rispetto al petrolio, soprattutto alla luce dei dettami del Protocollo
di Kyoto.
Attualmente l'Italia figura tra i maggiori importatori mondiali di gas
naturale, proveniente principalmente dalla Russia e dall'Algeria; un
ulteriore gasdotto sottomarino (Greenstream) dovrebbe in futuro far
crescere sensibilmente la quota di gas importata dalla Libia.
Nonostante ciò, l'Italia rimane ancora oggi tra i paesi europei
maggiormente dipendenti dal petrolio per la produzione di energia
elettrica.
12
1.2.3 Energie rinnovabili
Fig 1.2 Variazioni percentuali fonti di energia rinnovabile in Italia. Elaborazione da dati
pubblicati da GSE / Terna
La maggior parte dell'energia elettrica prodotta in Italia con fonti
rinnovabili deriva dalle fonti rinnovabili cosiddette "classiche". Le centrali
idroelettriche (localizzate principalmente nell'arco alpino e in alcune zone
appenniniche) producono il 12,2% del fabbisogno energetico; le centrali
geotermoelettriche (Toscana) producono l'1,5% della potenza elettrica
mentre le "nuove" fonti rinnovabili come l'eolico (con parchi eolici diffusi
principalmente in Sardegna e nell'Appennino meridionale), sebbene in
crescita, producono ancora circa lo 0,7% della potenza elettrica richiesta.
Percentuali ancora minori vengono prodotte con il solare in impianti
connessi in rete o isolati (circa 31 GWh nel 2005, pari a meno dello 0,01%
del totale, considerando anche il contributo del programma "Tetti
fotovoltaici").
13
Infine, negli ultimi anni è diventata sempre più importante la quota
di energia elettrica generata in centrali termoelettriche o termovalorizzatori
dalla combustione di biomasse, rifiuti industriali o urbani. Tale fonte
(sicuramente "rinnovabile" anche se non "pulita", e generalmente
compresa nel computo generale delle "termoelettriche"), è quella che ha
avuto i ratei di crescita più alti negli ultimi anni, passando da una
produzione quasi nulla nel 1992, fino a superare la quota
geotermoelettrica nel 2004, per giungere all'1,7% del fabbisogno
energetico.
In conclusione, considerando tutti i contributi, la quota
"rinnovabile" italiana giunge fino al 16,4% della produzione totale
nazionale e al 15,1% dell'energia elettrica richiesta.
1.2.4 Importazione
L'Italia è il secondo paese al mondo per importazione di energia
elettrica. L'Italia importa una quantità di potenza elettrica media che può
andare da un minimo di meno di 4000 megawatt (fase notturna, mese di
agosto) fino ad un massimo di circa 7500 megawatt (fase diurna, mesi
invernali), per un totale di circa 40000 GWh all'anno.
L'importazione non è sempre proporzionale alla richiesta, cosicché il
fabbisogno energetico italiano viene sostenuto da corrente prodotta
all'estero per un'aliquota che può oscillare tra meno del 10% in fase
diurna fino a punte massime del 25% durante la notte. Tale importazione
avviene da quasi tutti i paesi confinanti, anche se l'aliquota maggiore è
quella proveniente dalla Francia e, a seguire, dalla Svizzera.
Buona parte di questa energia (in particolare gran parte di quella
"francese") viene prodotta con centrali nucleari. In effetti l'importazione
notturna è percentualmente molto più importante di quella diurna proprio
a causa della natura della produzione elettrica con questo tipo di centrali;
14
queste infatti funzionano al meglio in regime costante e quindi l'energia
prodotta durante la notte viene praticamente "svenduta" a basso costo.
Ciò consente di fermare in Italia durante la notte le centrali meno efficienti
e di attivare le stazioni di pompaggio idriche che servono per
immagazzinare l’energia sotto forma di energia potenziale dell’acqua, che
può poi venire convenientemente sfruttata quando si ha più richiesta
(segnatamente durante il giorno). Questo meccanismo ha reso
"conveniente" l'importazione di energia dall'estero, da cui il grande
sviluppo del commercio di energia negli ultimi anni.
1.2.5 Costo
Il risultato della eterogeneità di fonti italiane è che comunque la
corrente elettrica in Italia costa circa il 60% in più che nel resto d'Europa.
Costa ad esempio il doppio di quella prodotta in Francia (con una forte
componente di energia nucleare) e il triplo di quella prodotta in Svezia in
gran parte idroelettrico). Un costo così elevato è dovuto ad un mix di
centrali elettriche ancora sbilanciato verso l'utilizzo di risorse pregiate e
costose (come il petrolio) o comunque di provenienza estera (come il gas
naturale), nonché alla resistenza verso l'uso di fonti considerate ad alto
impatto ambientale come il nucleare, il carbone o la termovalorizzazione.
1.2.6 Dipendenza
Considerando sia i combustibili che l'energia elettrica importata,
l'Italia dipende dall'estero per quasi l'84% della propria energia elettrica.
Questo genera un settore produttivo instabile, soggetto in particolare a
forti variazioni del costo per chilowatt a causa delle variazioni del costo del
combustibile (petrolio e gas naturale). Ovviamente ciò è un notevole
pericolo per il Paese; un'improvvisa penuria del combustibile o un
15
improvviso aumento dei prezzi potrebbe rendere problematica la
produzione di energia elettrica paralizzando il Paese.
1.2.7 Storia della produzione di energia elettrica in
Italia
Fig 1.3 Riepilogo storico variazioni percentuali fonti di energia in Italia. Elaborazione da
dati pubblicati da Terna
1.2.7.1 Gli inizi
I primi impianti di generazione elettrica italiani (sul finire del XIX
secolo) furono centrali termoelettriche a carbone situate all'interno delle
grandi città. La prima centrale in assoluto fu costruita appunto a Milano.
In seguito, lo sviluppo della rete di trasmissione nazionale permise
lo sfruttamento del grande bacino idroelettrico costituito dalle Alpi, e
grazie all'energia idroelettrica (unica fonte nazionale e a buon mercato) fu
possibile un primo timido sviluppo industriale italiano. Le caratteristiche
della risorsa idroelettrica diedero anche per un certo periodo l'illusione che
l'Italia potesse essere indefinitamente autosufficiente dal punto di vista
16
energetico (sovente anche con eccessi retorici sul "carbone bianco delle
Alpi").
Inoltre, nel 1904, veniva costruita a Larderello la prima centrale
geotermoelettrica del mondo. Tale fonte continua a dare il suo contributo
anche oggi, sebbene, a causa della limitatezza delle aree interessate, tale
contributo non abbia mai superato l'8% della richiesta nazionale.
Dopo la seconda guerra mondiale apparve chiaro che la risorsa
idroelettrica non poteva più tenere il passo con le richieste
dell'industrializzazione e quindi l'Italia dovette sempre più affidarsi a nuove
centrali termoelettriche.
Il potenziale idrolelettrico fu quasi completamente sfruttato negli
anni 50 finché, anche a causa di enormi disastri ambientali (come la strage
del Vajont), non fu del tutto abbandonata la costruzione di nuove centrali
di questo tipo.
1.2.7.2 La nazionalizzazione e la crisi petrolifera
Fin dall'inizio della sua storia, la produzione dell'energia elettrica in
Italia era sempre stata affidata all'impresa privata (ove si escludano alcuni
tentativi parziali di controllo statale nel periodo fascista); il 27 novembre
1962 la Camera approvava il disegno di legge sulla nazionalizzazione del
sistema elettrico e l'istituzione dell'ENEL (Ente Nazionale per l'Energia
Elettrica), cui venivano demandate "tutte le attività di produzione,
importazione ed esportazione, trasporto, trasformazione, distribuzione e
vendita dell'energia elettrica da qualsiasi fonte prodotta". In base a ciò
anche produttori "storici" (come "SIP" - Società Idroelettrica Piemonte,
"Edison", "SADE", SME) dovevano vendere le loro attività al nuovo
soggetto; venivano esclusi dal provvedimento solo gli autoproduttori e le
aziende municipalizzate cui rimasero comunque quote marginali del
mercato. In definitiva, l'ENEL si trovò ad assorbire le attività di oltre 1000
aziende elettriche.
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