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CAPITOLO 3
PROGRAMMI PER E CON UOMINI MALTRATTANTI
Negli ultimi cinquant’anni, l’attivismo e le pressioni da parte dei movimenti
femministi ed il conseguente intervento di organismi ed istituzioni internazionali, hanno
avuto il merito, come si è visto, di definire il fenomeno della violenza di genere, nonché
quello di contribuire attivamente allo sviluppo di politiche pubbliche in grado sia di
concentrare risorse ed indagini inerenti al contrasto del fenomeno, sia di fronteggiare il
problema in modo concreto e strutturato.
Dagli anni Novanta si inizia a comprendere che un sistema sanzionatorio e
fortemente repressivo non sia l’unica strada percorribile, ma che siano invece necessarie
misure volte alla prevenzione e al sostegno delle vittime. Si sviluppano piani di intervento
pluriennali con risorse finanziarie dedicate, si consolida la rete di servizi pubblici e privati
in grado di interagire ed intervenire in modo sinergico tra loro (in ambito legale, sanitario,
sociale, lavorativo, economico ecc..), vengono promosse campagne di sensibilizzazione
contro gli stereotipi di genere, basate sull’importanza dei diritti e delle libertà altrui
nonché sul rispetto reciproco. Si estendono anche specifici programmi di formazione
rivolti al personale operante, a diversi livelli, all’interno della rete di servizi territoriali
che entrano in contatto con le vittime e con gli autori di violenza, al fine di intercettare
eventuali criticità il prima possibile. A tale scopo, si sviluppano strumenti di valutazione
dei rischi, programmi destinati agli uomini autori di violenza, linee guida e standard da
rispettare per poter strutturare interventi diretti agli offenders, o potenziali tali, al fine di
prevenire il fenomeno e di scongiurare eventuali recidive in quelle situazioni in cui la
violenza si sia già concretizzata.
Valutazione, monitoraggio degli interventi realizzati, sviluppo di piani d’azione,
reti territoriali sinergiche aventi l’obiettivo di far emergere, prevenire, contrastare la
violenza di genere, devono avere come destinatari sia le donne in quanto vittime, che gli
uomini in quanto autori di violenza. E questo è quanto effettivamente è avvenuto ed
avviene in gran parte del continente industrializzato, anche, come si vedrà a breve, in
riferimento ai servizi rivolti specificatamente agli uomini; trattasi di progetti nati nei Paesi
38
anglosassoni e che hanno avuto una rapida adozione anche nei Paesi del Nord Europa. In
Italia, invece, l’emersione del fenomeno ha datazione successiva rispetto ad altri Stati,
con conseguente adeguamento del sistema normativo ed erogazione strutturale di risorse
(fondi, CAV, case rifugio) in tempi molto più recenti. Non solo, ed è questo l’oggetto
della presente trattazione in cui si andranno ad approfondire gli sviluppi e le attuali
strategie di intervento, anche i programmi con gli uomini maltrattanti non sono ancora
pienamente promossi o condivisi e non sufficientemente e capillarmente diffusi. Il lavoro
per cercare di far comprendere la loro rilevanza, in termini di prevenzione sia primaria
che secondaria, è ancora in gran parte in divenire e, spesso, si tratta di una strada in salita,
a causa di radicate convinzioni secondo le quali non vi è possibilità di recupero per gli
autori di violenza. Spesso ci si imbatte in affermazioni che non trovano riscontro in dati
oggettivi o esiti dimostrabili, ma basate su pericolosi pregiudizi, in grado di rivelarsi
un’arma a doppio taglio: non ci si rende conto, cioè, che, così come è arcaica la
convinzione che, ancora oggi in certi ambiti sottende e contribuisce ad alimentare gli
stereotipi di genere che vedono ancora la donna rivestita di uno status di inferiorità, è
parimenti obsoleta e, come si vedrà, vuota di significato, la concezione che vuole non
solamente dimenticarsi del soggetto attivo, cioè l’uomo, ma che resta radicata ad un
sistema repressivo quale unico approccio possibile nei confronti degli uomini.
Dagli anni ’70 ad oggi il tema della violenza sulle donne ha sempre mantenuto il
focus sulla donna, pur con un’evoluzione della concezione, della legislazione e delle
tutele al riguardo, concentrando risorse e ricerche sull’importanza dell’emersione del
fenomeno e della denuncia dei maltrattamenti in famiglia. Tuttavia, per poter garantire
adeguati spazi ed intensificare le risorse utili ad arginare sempre più il problema ed il peso
della disparità, è riduttiva la convinzione che la violenza sulle donne possa essere
contrastata solamente tramite interventi aventi come unico destinatario la donna.
L’assistenza, la rete di servizi integrati, la tutela a più livelli e capillarmente diffusa,
contribuisce certamente ad instaurare la sicurezza e le tutele necessarie, ma l’intervento
non può limitarsi a ciò, senza coinvolgere direttamente anche coloro che agiscono
violenza. Con un intervento di politiche pubbliche riguardanti unicamente le donne, non
si può pretendere di risolvere il problema, ma si rischia solamente di traslare il problema
nel tempo, o di trasferirlo in capo ad un’altra vittima.
39
È necessario concentrarsi allo stesso modo su come e quando intervenire nei
confronti degli autori di violenza, o potenziali tali e sulle risorse indispensabili per rendere
tali interventi omogeneamente diffusi sul territorio.
È necessario abbandonare definitivamente la concezione, frutto di un retaggio
culturale tutt’oggi persistente nell’opinione pubblica e tra le organizzazioni di servizi, che
vuole concentrarsi solo sulla vittima.
È necessario abbandonare un’impostazione basata unicamente su un sistema
fortemente repressivo, spesso dimenticando che il nostro sistema penale prevede pene tra
le più repressive in tutta Europa. E, a quanto pare, questo non è stato sufficiente ad
arginare il problema.
Nel proseguo dell’elaborato, si evincerà come, anche in Italia, si stia andando in
una direzione diversa, maggiormente in linea con la concezione internazionale ed
europea, secondo la quale si considera fondamentale, nel contrasto alla violenza di genere,
intervenire strutturando trattamenti rivolti agli uomini autori di violenza. È importante
sottolineare, non da ultimo, che il nostro sistema penale è, per disposizione costituzionale,
incentrato sulla rieducazione del reo (art. 27 co. 3 Cost.).
Per tutti i motivi esposti, in questo elaborato, è stato scelto di focalizzare
l’attenzione sull’intervento con gli uomini maltrattanti, facendo emergere l’importanza
del trattamento, della rieducazione e del reinserimento sociale, nell’ottica sia della messa
in sicurezza delle vittime, che della prevenzione delle recidive, nella considerazione che
ci si debba porre di fronte alla persona, prima ancora che al carnefice. È opportuno, però,
puntualizzare che il lavoro che si svolge con i maltrattanti non deve in alcun modo
concernere, sminuendo, l’aspetto della condanna della loro condotta, che resta un
comportamento deprecabile, oltre che illecito e, rispetto al quale, i soggetti rimangono
comunque responsabili e dunque punibili. Si intende, in questa sede, sottolineare la
difficoltà nel superare certe resistenze che da varie parti ad oggi ancora sussistono e che
talvolta ostacolano la creazione di una rete tra associazioni, sia nel privato sociale, che tra
le istituzioni. I programmi rivolti agli autori di violenza sono solo una parte di quel
sistema di servizi che devono essere integrati tra (e nella) comunità che interviene contro
la violenza di genere, così come previsto dalla Convenzione di Istanbul, dalla
40
Convenzione di Lanzarote e come si rileva dalle raccomandazioni europee in materia
28
.
Inoltre, spesso manca una cultura di complessità, intesa come intervento di rete e, prima
si comprenderà l’importanza del lavoro in sinergia con i centri antiviolenza e non la
contrapposizione ad essi, prima si concretizzerà il concetto del “fare rete” tra servizi
all’interno della comunità di riferimento.
Come emerge dai vari programmi da anni attuati con gli autori di violenza e tuttora
operanti sia sul territorio nazionale che internazionale,
29
il cambiamento è possibile e i
comportamenti violenti non sono incontrastabili. Posto che quella del cambiamento sia
una “sfida” per la quale valga la pena battersi, si andrà a definire in che termini essa sia
concretamente percorribile, sia per una tutela delle vittime, che per un’azione di riduzione
della recidiva, dentro e fuori dal contesto carcerario e, non da ultimo, per un’operosa presa
di coscienza e responsabilizzazione da parte dell’intera comunità di riferimento.
28
Consiglio d’Europa, Rec(2002)5, è la prima Raccomandazione contro la violenza sulle donne. Anche nella
“Convention on preventing and combating violence against women and domestic violence” (Consiglio
d’Europa, 2011), si ribadisce l’importanza dei programmi rivolti ad autori di violenza.
29
Il modello Duluth, di cui si dettaglierà successivamente, è diventato il più noto ed il più replicato tra i
programmi di intervento per uomini maltrattanti: già dopo dieci anni dalla sua nascita, i programmi basati
su questo modello divennero, negli Stati Uniti, la principale modalità di intervento coordinato di comunità
contro la violenza nelle relazioni intime. Importanti studi al riguardo derivano dalle ricerche realizzate da
Gondolf (2002, 2004) e da Debbonaire (2004). Nel 2002 Gondolf ha pubblicato i risultati relativi ad uno
studio durato quattro anni condotto sui risultati di quattro differenti programmi negli USA, basati sul
modello Duluth (interviste trimestrali di 840 uomini e relative partners).
Nel 2004 lo stesso autore, a seguito di studi sulla valutazione dei programmi rivolti agli uomini violenti,
rileva dal 50 all’80% di tasso di successo.
L’associazione Relive riporta quanto emerso da ricerche statunitensi in merito agli autori di reati violenti
e alla loro probabilità di recidiva: tra coloro che hanno seguito un programma di trattamento vi sarebbe
il 35% di probabilità di reiterazione del comportamento violento, percentuale che salirebbe al 40% tra i
non partecipanti ad alcun trattamento. Una differenza del 5%, in apparenza poco incisiva, negli Stati Uniti
significherebbe tutelare circa 42.000 donne potenziali vittime, con conseguente evitamento delle spese
sanitarie e sociali in loro supporto. In Italia, se si considera che la violenza sulle donne abbia un costo che
supera i 16 miliardi l’anno, il trattamento ha valenza positiva anche in termini di costi e benefici.
Disponibile qui
http://www.associazionerelive.it/joomla/index.php?option=com_content&view=article&id=4&Itemid=1
54.
Tra le realtà che, a livello nazionale, lavorano con gli autori di violenza, è presente il CIPM (Centro Italiano
di Promozione della Mediazione) che opera sia in ambito intra-murario che extra-murario e che, dal 2005,
ha attivato l’Unità di Trattamento Intensificato (UTI) all’interno della Casa di Reclusione di Milano-Bollate,
rivolta agli autori di reato sessuale. Per coloro che partecipano ad uno specifico programma di
prevenzione della recidiva è previsto l’inserimento in una Sezione apposita dell’Istituto. Nell’arco di 13
annualità (dal 2007 al 2020) a fronte dei 317 detenuti trattati, si sono verificate 11 recidive specifiche:
trattasi di dati confortanti, soprattutto se confrontati con quelli internazionali.
41
Il lavoro svilupperà poi alcuni approfondimenti e ricerche sui programmi
rieducativi rivolti a coloro che commettono violenza a danno della partner attuale o ex
partner e nei confronti della donna in generale.
Preme specificare che la trattazione del tema di violenza agita da parte degli
uomini nei confronti delle donne, non vuole in alcun modo negare l’esistenza e il possibile
sviluppo di una violenza agita in senso opposto, da donne su uomini. Si tratta di una scelta
della scrivente, frutto della necessità di circoscrivere i temi trattati al fine di poter
approfondire l’argomento in modo attento e dettagliato, affinchè risulti evidente
l’approccio fondamentale dei professionisti impegnati sul campo, i quali operano in una
realtà finalizzata ad interventi il più possibili specifici e funzionali.
3.1 DIBATTITO SULLA NASCITA DEI PRIMI PROGRAMMI
RIVOLTI AGLI AUTORI DI VIOLENZA. MODELLI ED
ESPERIENZE INTERNAZIONALI DA IERI A OGGI
Il panorama internazionale in tema di progetti rivolti agli uomini che hanno agito
violenza verso le donne, si presenta variegato e caratterizzato da sviluppi e riconoscimenti
differenti. Diversi si presentano, inoltre, le linee di pensiero e le considerazioni in merito
all’esistenza (o meno) di plausibili ragioni sottese a certi atteggiamenti di resistenza allo
sviluppo di questi programmi. Appare utile, in tal senso, fare cenno al ruolo avuto dai
centri antiviolenza, a partire dagli anni ’70 in poi, soprattutto in area statunitense, in
rapporto alla nascita e allo sviluppo dei programmi rivolti agli uomini che hanno
commesso violenza sulle donne.
Secondo alcuni autori, lo sviluppo di programmi a sostegno delle vittime e di
quelli rivolti a chi agisce violenza, si sono mossi su binari differenti e distanti tra loro nel
42
tempo. Tra questi
30
, nel 2002 Juan J. Medina ritiene che l’aiuto alle vittime non
impedisca al maltrattante la reiterazione della violenza nelle successive relazioni.
Dobash et al. nel 1999
31
ritengono che la questione sull’uomo violento non sia
mai comparsa nei dibattiti politici o nelle risposte pubbliche, concentrando le iniziative
solamente sull’assistenza alle donne.
Ancora, nel 2003, Rothman, Butchart e Cerdà
32
sostengono che l’intervento coi
maltrattanti sia stato molto meno attenzionato da parte di organismi pubblici, enti del
terzo settore ed ambienti accademici, rispetto alle iniziative a sostegno delle vittime di
violenza.
Anche Merzagora
33
ritiene che, sebbene al movimento femminista vada
“l’indubbio merito di aver richiamato l’attenzione sul maltrattamento delle partner che
per lungo tempo era stato ignorato”, ciò avrebbe portato ad uno sviluppo tardivo dei
programmi rivolti a coloro che agiscono violenza.
Tuttavia, ferma restando la consapevolezza che l’importanza di tali programmi sia
stata riconosciuta ufficialmente solo con la Piattaforma d’azione di Pechino a fine anni
’90
34
, la bibliografia al riguardo testimonia che negli Stati Uniti la questione riguardante
gli autori di violenza sia stata posta quasi contestualmente all’emersione del fenomeno
della violenza sulle donne e alla nascita delle prime case di rifugio: nel 1964 nasce in
California la prima casa di rifugio e nel 1977 a Boston si sviluppa il primo programma di
volontariato per uomini violenti, Emerge.
Sembrerebbe, dunque, siano stati proprio i primi movimenti femministi ad avere
l’intuizione circa l’opportunità di intervento con gli uomini, come descritto da Barner e
30
Medina, J., (2002), “Violencia contra la mujer en la pareja: investigacion comparada y situación en
España”, Tirantloblach, Valencia.
31
Dobash et al., (1999), “A research evaluation of British programs for violent men”. Journal of Social
Policy, 28 (2), 205-233.
32
Rothman, E. F., Butchart, A., Cerdà, M., (2003), “Intervening with perpetrators of intimate partner
violence: a global perspective”, Geneva, WHO.
33
Merzagora Betsos, I., (2009), “Uomini violenti. I partner abusanti e il loro trattamento”, Raffaello Cortina
Editore, Milano.
34
V. nota 12
43
Carney
35
in un testo che ripercorre storicamente lo sviluppo dei programmi attuati
nell’ambito delle violenze intrafamiliari. Gli autori evidenziano come le case di rifugio,
a fine anni ’70, abbiano cercato di instaurare una rete di collaborazione sul territorio per
far fronte alla violenza all’interno delle relazioni d’intimità, spostando dunque il focus
dalla vittima ad una visione che pone come centrale la figura del soggetto che agisce la
violenza.
Dello stesso parere sono anche altri autori (Isdal, Askeland, 2009), secondo i quali le
proteste dei movimenti femministi avrebbero avuto il merito, tramite la maggiore
attenzione al tema della violenza, di “aumentare la consapevolezza per cui non è
sufficiente offrire sicurezza alle vittime. Per porre fine alla violenza maschile contro
donne e bambini, il maltrattante uomo deve fare qualcosa per il suo problema”.
36
3.2 STATI UNITI
EMERGE
Trattasi del primo tra i principali programmi dedicati agli uomini autori di
violenza, è nato a Boston (USA) nel 1977 da parte di un collettivo di uomini sensibilizzati
al problema della violenza domestica a seguito dell’interazione con donne attive nel
sostegno alle vittime di maltrattamenti familiari. Dalla presa di contatto, alla successiva
alleanza con le case delle donne da parte di questi uomini, è così che prende vita il
programma Emerge, pionieristica associazione antisessista e volta all’autoconoscenza
indirizzata esclusivamente a uomini violenti. L’adesione, su base volontaria, aveva
l’obiettivo di riduzione della recidiva. Il merito di tale progetto è stato quello di aver
35
Barner, J., Carney, M.M., (2011), “Interventions for intimate partner violence: a historical review”.
Journal of family violence, 26 (3), 235-244. https://doi.org/10.1007/s10896-011-9359-3.
36
Rakil, M., Isdal, M. R., Askeland, I. R., (2009), “L’uomo è responsabile della violenza. Aiutare gli uomini
che usano violenza contro le partner nelle relazioni d’intimità per contrastare il problema”, in Creazzo, G.,
Bianchi, L. (a cura di), (2009).
44
iniziato a considerare la violenza non più come patologica ma scaturente da un
comportamento appreso.
37
DULUTH
Il modello prende il nome dall’omonima città del Minnesota (USA), dove sorge
nel 1981. Si caratterizza per una gestione coordinata e comunitaria del problema. Non si
focalizza, infatti, sui singoli soggetti, ma si orienta ad una presa in carico globale degli
autori da parte della comunità, la quale è chiamata ad operare attivamente affinchè si
cambino le condizioni sociali al suo interno che determinano i comportamenti violenti e
affinchè si adottino strumenti funzionali al cambiamento da parte degli autori di violenza,
tramite dei gruppi educativi ordinati dal tribunale. Contestualmente il progetto è orientato
al mantenimento in sicurezza della vittima e alla non colpevolizzazione.
Il focus, che è anche il punto di forza del programma e che ha permesso la sua
replicabilità in altre realtà, è doppio: a) impostazione pro-femminista, che vede la
violenza all’interno delle relazioni come conseguenza della predominanza dell’uomo
sulla donna. Tale impostazione, non esente da critiche
38
, sarebbe frutto di radicate
convinzioni di matrice patriarcale secondo le quali la violenza dell’uomo attuata nelle
relazioni d’intimità servirebbe a mantenere potere e controllo su partner e talvolta figli.
Si tratta di strategie che si concretizzano in umiliazioni, controlli, denigrazioni, inflizione
di paure e incertezze nella donna.
Da un punto di vista educativo, il modello Duluth ha elaborato un importante
strumento, poi adottato anche da altri programmi, che ben descrive tale escalation di
maltrattamenti: la “Ruota del Potere e del Controllo”, formata da un cerchio porzionato
dai raggi al suo interno, in cui ad ogni spicchio corrisponde un certo tipo di violenza.
37
Boira, S., Marcuello, C., (2010), “sente y futuro de los programas para maltratadores en España: una
encrujiada técnica e idelogica”, X Congreso Espanol de sociologia, Pamplona.
38
Le critiche sollevate da parte di alcuni autori, Barner e Carney, concernono l’approccio adottato dal
modello, che terrebbe in considerazione solamente la violenza maschile sul genere femminile, senza
occuparsi del fenomeno delle donne maltrattanti. V. nota n. 35
45
L’intervento si compone di strumenti di analisi delle proprie emozioni in relazione a
diverse situazioni e alle aspettative sociali connesse al genere.
Fonte: Wheel Gallery - Programmi di intervento contro gli abusi domestici (theduluthmodel.org) Women
in Politics-P&C-2.pdf (theduluthmodel.org) tradotto da www.casadonne.it
b) approccio coordinato di comunità, secondo cui si interviene tramite un sistema psico-
educativo sugli autori di violenza, cercando di responsabilizzarli e renderli consci del loro
agito e delle conseguenze che esso ha avuto, per educarli alla non violenza. L’attivazione
da parte di tutta la comunità consta di un lavoro di rete e di collaborazione tra i servizi, di
condivisione dei casi, di un approccio orientato alla centralità della donna e che tenda alla
responsabilizzazione della condotta violenta da parte del maltrattante.
È da sottolineare, infine, un altro aspetto che ha contribuito alla diffusione del
modello in questione, apprezzato particolarmente per originalità e per attribuzione di
importanza al lavoro di rete e cioè la collaborazione anche con il sistema giudiziario, in
quanto si tratta di un programma che funge da alternativa alla pena.
46
3.3 ALTRI MODELLI
In pochi anni si diffondono programmi basati sui citati modelli (Emerge e Duluth)
negli Stati Uniti e in Canada e tutti sono stati in grado di coinvolgere un elevato numero
di uomini. Si sono caratterizzati tutti per aver instaurato una rete di collaborazione tra
servizi antiviolenza, servizi di salute mentale e sistema penale (Rothman, Butchart,
Cerdà, 2003).
39
Sul finire degli anni ’70, anche gli altri programmi che si sono sviluppati, hanno
adottato un modello di tipo cognitivo – comportamentale (come anche il successivo
programma Alternatives to Violence Program, 1987) spesso combinato con tecniche
proprie dell’approccio di genere (Gondolf, 2004; Barner e Carney, 2011).
40
Restando nel contesto americano, fra i programmi di maggior rilievo, è opportuno citare
EVOLVE, nato a Winnipeg (Manitoba, Canada) nel 1986, realizzato dal Centro Clinico
per la Salute della Comunità.
Ispiratore di altri programmi fuori dal Canada, esso attua una modalità di intervento
basata sul lavoro di gruppo con l’obiettivo di interrompere l’isolamento che spesso
caratterizza la violenza all’interno delle mura domestiche.
I programmi diffusisi sul territorio americano hanno avuto ampio seguito grazie alla loro
spiccata originalità, numerosa partecipazione, peculiarità degli elementi caratterizzanti e
ciò ha portato, a partire dalla fine degli anni ’80, ad una loro “esportazione” anche in
America Latina, Australia e in tutta Europa.
39
V. nota n. 32.
40
Gondolf, E. W. (2004). Evaluating batterer counseling programs: A difficult task showing some effects
and implications. Aggression and Violent Behavior, 9(6), 605–
631. https://doi.org/10.1016/j.avb.2003.06.001. V. nota precedente.
47
3.4 EUROPA
È grazie alla già citata piattaforma d’Azione di Pechino del 1995, che l’ONU
riconosce in modo ufficiale l’importanza dei programmi rivolti ad autori di violenza.
In Europa, nel 2002, è con l’adozione della prima Raccomandazione contro la
violenza sulle donne da parte del Consiglio d’Europa (Raccomandazione Rec (2002)5)
41
,
che si esplicitano le azioni che dovrebbero essere intraprese all’interno di ciascuno Stato
per contrastare il fenomeno della violenza e offrire protezione e messa in sicurezza nei
confronti delle vittime.
Sempre il Consiglio d’Europa, nel 2011, ribadisce l’importanza dei programmi
rivolti agli autori di violenza, con la “Convention on preventing and combating violence
against women and domestic violence” (Consiglio d’Europa, 2011).
Tali convenzioni e raccomandazioni, che hanno trovato sostegno negli organismi
internazionali, hanno condotto all’adozione di misure concrete da parte di ciascuno Stato
e all’interazione fra Stati europei.
Il primo programma che, in Europa, vede la luce è Gewaltberatung nach dem
Hamnurger Modell e si sviluppa in Germania nel 1984; si caratterizza per essere un
metodo di tipo cognitivo – comportamentale combinato all’approccio pro-femminista.
Di particolare interesse è il modello norvegese sorto nel 1987 a Oslo, denominato
Alternative to Violence (ATV), pro-femminista ed ispirato principalmente al modello
Emerge. Gli autori di violenza sono invitati a frequentare i percorsi da parte dei servizi
sociali e, dal 2015, il Governo ha attivato una piattaforma volta a diffondere informazioni
utili alle vittime e agli operatori ma anche agli autori di violenza che riconoscono di
necessitare di un supporto (proposizione di azioni in funzione dei bisogni, numeri utili ai
quali rivolgersi). Inoltre, a livello carcerario, è sorto un programma denominato BASIS,
con adesione su base volontaria ed individuale, specificatamente rivolto ai detenuti che
41
V. nota n. 17.
48
hanno commesso abusi sessuali, ritenuti potenzialmente recidivi. Il programma prosegue
anche una volta che il soggetto esce dal carcere. La fondazione ATV, in collaborazione
con il Centro per gli studi sulla violenza e lo stress post traumatico (NKVTS), si occupa
della rilevazione e valutazione dei risultati delle terapie sugli uomini autori di violenza
che spontaneamente chiedo un supporto.
Seguono il programma Change, sviluppatosi nel 1989 in Scozia e il Programma
antiviolenza per gli autori di violenza domestica di Vienna, attivo dal 1999 e progettato
da Männerberatung Mannbilder (MÄB), l’Agenzia per la Consulenza degli Uomini in
collaborazione con il Centro di Intervento sulla Violenza Domestica di Vienna (IST).
Entrambi si ispirano al modello Duluth.
IreS (Fundacion Instituto de Reinsercion Social), sorto in Spagna a seguito
dell’approvazione della Ley Orgánica 1/2004 da parte del Governo della Catalogna, che
ha attivato un programma per la violenza domestica e che ha portato, nel 2007,
all’adozione di un Piano Municipale per la lotta alla violenza da parte del Comune di
Barcellona. Grazie alla Ley Orgánica si sono sviluppati diversi programmi specifici. Vi
sono programmi gestiti nelle carceri (per i condannati a seguito di violenza di genere), su
base volontaria; vi sono poi programmi previsti come misure alternative al carcere, gestiti
dai servizi sociali. Espressamente il Codice penale prevede che, per i reati con pena
prevista inferiore ai due anni, la sospensione della pena possa essere subordinata alla
partecipazione a programmi educativi di carattere sociale (art. 83 comma 1 punto 6).
Infine, vi sono programmi volontari a cui possono aderire coloro che non sono soggetti a
prescrizioni da parte della magistratura, quindi nella fase in cui non vi sia ancora stato un
coinvolgimento del sistema giudiziario.
MOVE (Men Overcoming Violence), modello costituito in Irlanda dal Governo a
partire dal 2007, collabora con l’Ufficio per la prevenzione della violenza domestica,
sessuale della violenza basata sul genere, che ne è finanziatore.
Al di fuori del continente europeo, nasce in Australia il programma NTV (Not To
Violence) che, già nel 2011, consta di 60 programmi rivolti ad autori di violenza
domestica e 24 rivolti ad autori di abusi sessuali.
49
RESPECT, nato in Gran Bretagna, dove è il Governo a finanziare la rete di
associazioni deputate a sviluppare standard nazionali specifici per programmi rivolti agli
autori di violenza al di fuori del sistema giustizia. Queste linee guida devono essere
necessariamente sottoscritte da ogni ente che intende accreditarsi per poter entrare a far
parte della rete.
Sempre nel Regno Unito, in particolare in Inghilterra, è nato nel 2016 il progetto
sperimentale chiamato DRIVE, improntato ad un trattamento con valenza riabilitativa
volta ad impedire la recidiva. Il focus dell’intervento è l’interruzione della violenza e la
modifica del comportamento violento da parte degli autori. La durata del programma è di
dieci mesi e si articola in due livelli: quello diretto, che considera i singoli individui e
quello indiretto, nel quale si tiene in considerazione il contesto di appartenenza del
soggetto preso in carico, valutando, fra i vari servizi locali, i possibili interventi finalizzati
a salvaguardare i soggetti facenti parte delle relazioni di prossimità del perpetrator. Si
agisce, in tal modo, considerando la situazione individuale del soggetto, la sua condizione
familiare e il contesto culturale. In riferimento al progetto, la Presidente
dell’Associazione Relive ha dichiarato: “La necessità è quella di differenziare le tipologie
e anche la complessità degli uomini autori di violenza; nelle situazioni ad alto rischio, in
presenza quindi di personalità complicate e multiproblematiche, i tipi di intervento che
vengono messi in atto sono molto più articolati e molto più intensivi”.
42
VIRES, è una delle 25 Istituzioni sorte in Svizzera che redigono consulenze e
programmi volti a contrastare la violenza, aventi come destinatari esclusivi i perpetrators
che sono tali solamente all’interno di una relazione di coppia.
42
Seduta della Commissione d’Inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni violenza di genere n. 46 del 19
maggio 2020.