2
Le diverse indicazioni bibliografiche, ritrovate sparse in varie pubblicazioni e
direttamente suggerite da alcuni coordinatori del dottorato stesso, hanno
decisamente contribuito a tracciare un percorso di ricerca più definito.
L’obiettivo di ricerca iniziale era progressivamente mutato. Ormai era diventato
essenziale capire come fosse possibile approcciare un particolare argomento della
sociologia urbana, come la mobilità residenziale, avviandosi ed inoltrandosi
nell’ancora impervio e sconosciuto territorio delle teorie e dei metodi della complessità.
Partire da uno specifico oggetto di indagine (=mobilità residenziale) per poi
avvicinarsi via via ad un nuovo modo di esaminare la realtà intera, non solo fisica,
chimica o biologica, ma anche sociale, politica e culturale, aveva imposto e richiesto
un’attenta e circostanziata conoscenza delle numerose teorie, dei differenti
strumenti metodologici e prettamente tecnici che impiegano le varie teorie della
complessità.
In pratica, si era insinuata silenziosamente nella ricerca una pressante urgenza di
chiarire i termini, gli ambiti ed i metodi di questo variegato e composito scenario
della conoscenza complessa. Un bisogno, che dapprima si era avvertito solo a livello
personale, relativamente alla volontà di comprendere meglio ciò di cui si sapeva
poco, ma che in seguito, ed è stato questo il punto di svolta dell’intero studio, al
crescere della propria consapevolezza, si era tramutato e si era esteso ad un’esigenza
di più ampio ordine scientifico, riguardante l’intero procedere della scienza e della
sociologia in particolare.
La ridottissima quantità, se non addirittura in certi ambiti, l’assenza totale, di
riflessioni puntuali, sistematiche, chiarificatrici, oneste e trasparenti sull’argomento
si erano vissute come mancanze e lacune troppo gravi da sostenere, tali da
sospingere l’intera ricerca proprio verso un utile e necessaria opera di chiarificazione
e delucidazione dei principali modelli teorici ed empirici della conoscenza complessa, e
soprattutto delle possibilità esistenti per la sociologia di seguire, o integrare un
simile approccio al proprio procedere scientifico.
Gli iniziali interessi per la città ed i suoi fenomeni urbani, però, non erano stati
né abbandonati né dimenticati, ma anzi avevano trovato anch’essi pratica ed attiva
cittadinanza proprio all’interno di questo stesso scenario relativo agli studi della
complessità.
3
Insomma, sommariamente, è stato seguendo proprio queste linee direttive che si
è articolato l’intricato percorso di ricerca svolto in questi anni.
L’attenzione per un precipuo argomento ha richiamato delle questioni insolute,
che per essere affrontare a loro volta, hanno virato l’interesse iniziale verso aspetti
più vasti della scienza, verso argomenti che finalmente hanno permesso di
riaggiustare l’obiettivo per mettere definitivamente a fuoco l’oggetto da esaminare.
In realtà, non è poi così fuori luogo o improprio il richiamo alla fotografia, anzi.
Qui non si nasconde che essere riusciti a trovare il definitivo oggetto della propria
ricerca abbia avuto molto in comune con l’esperienza che si prova normalmente in
una camera oscura. Quella luce rossastra, fioca e soffusa che illumina solo
vagamente, impedendo di riconoscere i dettagli precisi di quegli strumenti utili per
stampare una fotografia; le diverse soluzioni chimiche per lo sviluppo, l’arresto ed il
fissaggio del fotogramma sulla carta fotosensibile; l’ingranditore, come unico
strumento, presente in questo ambiente, in grado di fornire la luce, in modo
controllato e puntuale, per permettere la scelta della dimensione dell’immagine da
stampare, il contrasto tra i toni bianchi, neri e grigi, ed il tipo di messa a fuoco. E
poi l’atto quasi magico della stampa vera e propria: il passaggio cadenzato da una
soluzione ad un’altra della carta ancora bianca, ma che in sé già contiene l’intera
informazione dell’immagine, i dettagli ed i contrasti, che finalmente in lenta
successione iniziano ad emergere ed a fissarsi sulla carta.
La ricerca del proprio argomento ed oggetto di tesi è apparso in tal senso molto
simile. E’ sembrato quasi come se si fosse vissuti costantemente all’interno di una
camera oscura della scienza. La luce ridotta della propria consapevolezza si è per gradi
fatta più intensa come in una sorta di progressivo avvicinamento all’ingranditore del
proprio pensiero. Grazie ad esso si è riusciti a decidere il fotogramma della scienza da
mettere a fuoco, si è scelta l’unità dimensionale da utilizzare ed il tipo di contrasto da
fornire al proprio oggetto di ricerca, che all’inizio appariva ancora come carta muta,
ma che pian piano, grazie all’azione catalizzatrice del ragionamento e dello studio è
venuto fuori ed emerso nelle sue dettagliate articolazioni teoriche e metodologiche.
In continuità con la tipica evoluzione della scienza, storicamente animata dal
costante desiderio di conoscere la realtà, l’organizzazione di questa tesi si snoda
intorno ad alcuni principali interrogativi, ai quali si è tentato di fornire risposta nelle
pagine che seguiranno.
4
L’intero edificio teorico costruito nella presente analisi è in tal senso animato
dalla volontà di rispondere a tre macro questioni, suddivise al loro interno, ma tutte
inerenti la complessità, ad ognuna delle quali si dedica una specifica parte del lavoro,
ossia in particolare un capitolo.
La prima domanda posta ad apertura è inevitabilmente di ordine generale ed
introduttivo.
L’obiettivo prioritario è comprendere i termini globali dell’argomento, pertanto
ci si interroga innanzitutto su come si sia storicamente affermata e su cosa possa
significare lo sviluppo della complessità nei vasti ambiti della scienza, ed in seguito su
come sia possibile definire la complessità e su quali siano i suoi aspetti essenziali
caratterizzanti.
Il primo capitolo, quindi, funge da fondamentale introduzione al lavoro, in
quanto precisazione teorica, metodologica e terminologica della conoscenza complessa.
Volendo evitare confusioni ed errate sovrapposizioni tra discipline differenti, in
primo luogo, si è scelto di illustrare le origini storiche dei primi studi sulla complessità,
su come questi si siano inseriti nel corrispettivo scenario del dibattito scientifico, e
su come talvolta abbiano contribuito a mutarlo (cfr. § 1.2.). La discussione articola
un breve excursus sui diversi elementi di crisi che hanno colpito determinate
fondamentali e tradizionali certezze della scienza classica: il determinismo, la
linearità, l’uniformità, il riduzionismo, sono solo alcuni dei suoi capisaldi concettuali
caratterizzanti, che gradualmente vengono messi in difficoltà dalle tante e differenti
nuove conoscenze prodotte in svariati campi del sapere (cfr. § 1.2.1.). Dalla metà
dell’Ottocento in poi si avvicendano in sequenza il successo delle teorie
termodinamiche, lo sviluppo delle geometrie non-ecuclidee, la concettualizzazione della
teoria della relatività, le prime conoscenze delle dinamiche non-lineari (Poincairé,
Lorenz e la mappa logistica, cfr. § 1.2.2.), la scoperta dei frattali (Mandelbrot e le figure
strane, cfr. § 1.2.3.), sino infine all’affermazione in termini più sistematici ed
organizzati delle vere e proprie teorie della complessità ad opera dell’Istituto di
Santa Fe.
Ma in verità cosa si intende quando si discute di complessità? A quali caratteristiche
o quali concetti si fa riferimento? Si tratta di una scienza, di un paradigma o di
semplici teorie? Come si pone la complessità rispetto alla completezza, alla
5
complicazione, o al caos? La conoscenza della complessità si traduce in una panacea per
tutti i mali della scienza?
Sono alcuni degli interrogativi a quali si cerca di fornire delle possibili risposte,
riflettute e ragionate sulla base di una circostanziata definizione del termine
complessità, ed in particolare di sistema dal comportamento complesso (spiegando anche il
motivo per cui si sceglie di impiegare una terminologia declinata al plurale, sia delle
teorie che dei metodi della complessità, cfr. § 1.3.3.) e di articolate argomentazioni tanto
originali quanto prodotte da alcuni validi ricercatori interessati alla materia della
complessità (cfr. § 1.3.).
D’altronde avventurarsi nel campo impervio ed ancora poco noto delle teorie e dei
metodi della complessità significa anche venire a conoscenza delle sue numerose e
differenti caratteristiche, dei suoi fattori contraddistintivi, spesso mutuati ed
elaborati in campi disciplinari molto distanti tra loro, in una parola, del suo lessico
(cfr. § 1.4.). Teorie come quella delle reti piccolo mondo, dinamiche autoorganizzative,
sviluppi non-lineari, fenomeni emergenti, retroazioni negative e positive, processi
evolutivi.
Si impara a comprendere il significato di questa variegata terminologia ed a
maturare una certa confidenza tecnica con le loro relative dinamiche di
funzionamento. Concetti, teorie e metodologie che però, sebbene sostanzialmente
nate e diffuse, soprattutto, negli ambiti disciplinari della fisica, della chimica e della
biologia, trovano importanti ed interessanti momenti di riscontro teorico ed
empirico anche in alcuni campi della scienza sociale. L’economia è un ottimo
esempio in questa direzione.
Il breve cenno che si dedica alla sua vicenda storica è, non a caso,
intenzionalmente posto alla fine del primo capitolo (cfr. § 1.5.), quasi a voler
svolgere simbolicamente il ruolo di raccordo concettuale ed empirico dagli originari
campi fisico-matematici della conoscenza complessa ad i suoi possibili sviluppi futuri
nell’ambito delle scienze sociali.
La seconda macro questione, dinnanzi alla quale ci si interroga, prosegue proprio
in questa direzione. Si tratta infatti di un problema conoscitivo più specifico e
circoscritto rispetto a quello affrontato nel corso del primo capitolo.
L’analisi entra nel vivo dell’interesse sociologico, tentando, in prima istanza, di
rintracciare nell’ambito della sociologia la presenza di alcune riflessioni vicine, o
6
specificatamente, dedicate alla complessità, al fine però non tanto di rivalutare o
impreziosire necessariamente la riflessione teorica di un particolare sociologo
piuttosto che di un altro, ma quanto di tentare, a partire dai diversi frammenti
teorici ed empirici esaminati, una ricomposizione più organica possibile delle varie
concettualizzazioni sociologiche che hanno dimostrato, in modi altrettanto
differenziati, interesse e curiosità per alcuni argomenti attinenti e legati alle teorie ed ai
metodi della complessità.
In secondo luogo, si prova quindi a capire se è, concettualmente sostenibile e
tecnicamente possibile, adattare e disporre delle matrici teoriche e metodologiche
della conoscenza complessa per una nuova definizione e strutturazione del procedere
della sociologia contemporanea.
Il secondo capitolo deve, dunque, sin dall’inizio precisare i termini
dell’avvicinamento tra le scienze naturali e le scienze sociali, cercando di sgomberare
il campo del relativo dibattito scientifico, da tutte quelle false convinzioni e quelle
supposte diffidenze circolanti sul conto di entrambe, e dai numerosi steccati, spesso
invalicabili, eretti a difesa dei rispettivi campi scientifici (cfr. § 2.2.1.).
Ricercare nella storia della sociologia i prodromi, e discutere le successive
elaborazioni concettuali rivolte allo studio della complessità diventano l’importante
passo successivo, oltre che per ordinare e comporre un certo scenario teorico ed
empirico della disciplina sociologica, anche per verificare fino in fondo se in verità
la conoscenza complessa si sia realmente sviluppata solo ed esclusivamente in ambienti
lontani dalle scienze sociali e dalla sociologia in particolare.
Le considerazioni che si forniscono mostrano significative tracce di riflessione
sparse nel tempo tra diversi autori, che in diversi casi, in modi differenziati l’uno
dall’altro, hanno fatto cenno ad importanti dimensioni della complessità (cfr. §
2.2.2.).
Gli spunti più interessanti però provengono proprio dalle più recenti, e
soprattutto consapevolmente ricercate, teorizzazioni sulla complessità offerte da
alcuni autori della sociologia contemporanea (cfr. § 2.4.).
I riferimenti sono rivolti in particolare, in un primo momento, ai due diversi
sociologi francesi Edgar Morin e Raymond Boudon (cfr. rispettivamente § 2.4.1. e
2.4.2.), i quali per strade differenti hanno provato a misurarsi ed integrare la
complessità, o parti rilevanti di essa, nella sociologia, entrambi con risultati talvolta
7
modesti e poco incisivi, talora interessanti e degni di attenzione; ed in una seconda
fase, i richiami teorici vanno quindi, alle ulteriori e successive teorizzazioni
compiute da altri sociologi, europei ed americani, per comprendere più da vicino lo
stato attuale della conoscenza e dell’attiva pratica empirica delle teorie e dei metodi della
complessità in ambito sociologico.
E’ in questo scenario che si suggerisce e si auspica (senza per questo voler cadere
in slanci entusiastici o peggio ancora in appropriazioni indebite ed ideologiche di
certe teorie e metodi della complessità), come plausibile risultato delle relazioni tra
conoscenza complessa e disciplina sociologica, l’affermazione di una nuova fase (quarta
ondata, cfr. § 2.3.) della sociologia, in particolare di una sociologia dei sistemi complessi.
Un nuovo modo di approcciare la materia e specialmente la realtà sociale.
Una sociologia in grado di integrare in sé concetti e strumenti utili per una
conoscenza più articolata e veritiera della società e dei suoi fenomeni reali, che
ancora in molti casi vengono studiate ed analizzate con strumenti inadatti a cogliere
le discontinuità, le non-linearità, i fenomeni emergenti ed i processi
autoorganizzativi che in essi si verificano costantemente.
Una scienza capace di trovare, in particolare, nella tecnica simulativa una
produttiva strada metodologica, che sebbene comunque porti con sé alcuni
problemi di ordine teorico e metodologico, sembrerebbe riuscire ad offrire a livello
scientifico più di quanto richieda a livello tecnico (cfr. § 2.5.4.).
Il metodo simulativo nella pratica empirica può risultare, spesso, ben più utile ed
abile delle tecniche tradizionali impiegate normalmente dalla sociologia,
permettendo, attraverso un suo impiego critico ed attento, di riuscire a superare le
settarie ed annose suddivisioni tra olismo e riduzionismo (cfr. § 2.3.2.), e definendosi in
tal modo come una metodologia della terza via, fondata sulla sintesi delle comprensioni
olistiche e delle scomposizioni riduzionistiche.
L’articolazione di una simulazione, come ogni altro tipo di metodologia, prevede
una particolare strutturazione del piano di ricerca che sarà necessario seguire per
riuscire a compiere una determinata analisi.
Ecco perché nella parte finale del capitolo (cfr. § 2.5.) si discutono le varie
differenze insite nelle tecniche di un processo simulativo, e si dedica ampio spazio
in particolare ad una forma specifica di simulazione, molto utile alla sociologia, per
la sua strutturazione ad agenti.
8
Infine, l’ultimo macro problema, sviluppato nella parte conclusiva della tesi, in
continuità con i precedenti ma restringendo ulteriormente il campo dell’analisi,
prova a capire se esistono le premesse teoriche ed empiriche per indagare la città, in
quanto particolare area di interesse della sociologia, attraverso le teorie ed i metodi della
complessità.
La città può essere intesa, e quindi esaminata come se fosse un fenomeno
complesso? Ma cosa comporterebbe praticamente una simile ipotesi di partenza?
Quali strumenti dovrebbero essere implementati per procedere ad un’analisi complessa
della città? Sono ancora valide le modellistiche o esistono nuove modalità
investigative per studiare un ambiente urbano?
Il terzo capitolo cerca di mettere ordine nel magmatico ambito degli studi urbani,
provando a districarsi nell’estrema multidisciplinareità che contrassegna questo
settore della conoscenza scientifica.
La dimensione metodologica è ad esempio una delle prime questioni da
affrontare e da risolvere per studiare la città. La storia della modellistica urbana, in
tal senso, aiuta indubbiamente ad illuminare e descrivere il tipo di quadro teorico
utilizzato nelle differenti indagini sulla realtà urbana indagata (cfr. § 3.2.).
Il crescente arricchimento e perfezionamento dei modelli testimonia, quindi, non
solo una crescita strettamente tecnica e computazionale, ma anche un aumento della
consapevolezza sui limiti insiti nei modelli precedenti e sulla necessità di
sperimentare altre ipotesi operative per riuscire a fronteggiare la complessità della
città. Il graduale evolvere dei modelli urbani dalle strette connessioni con la teoria
gravitazionale alle più attuali concettualizzazioni del caos e della non-linearità, oppure
la crescente attenzione per le applicazioni dei modelli preda/predatore e della
mappa logistica, rappresentano tra gli altri un buon esempio di come la ricerca
urbana abbia saputo tradurre operativamente le nuove acquisizioni delle teorie della
complessità in forma empirica.
E’ in questa ricerca sempre più attenta ed attiva, quindi, che si inserisce la
volontà di indagare la città, dapprima, semplicemente come sistema, ed in seguito, in
particolare come sistema complesso.
La composizione di più elementi in interazioni interdipendenti tra loro, la
presenza di relative reti di comunicazione tra le parti del sistema, l’apertura con
l’esterno e l’ambiente circostante, l’esistenza di importanti processi di feedback
9
(negativi e positivi), la definizione di strutture autoorganizzative e l’apparire dei
fenomeni emergenti, sono proprietà caratteristiche dei sistemi complessi che vengono
una ad una analizzate e considerate nella consistenza fisica e reale di una città, con
l’obiettivo di verificarne la loro esistenza ed azione in un contesto urbano.
La gentrification, le code del traffico urbano, i flussi relazionali ed economici tra
diversi centri urbani sono alcuni dei fenomeni sinteticamente illustrati e descritti
attraverso un approccio complesso alla realtà urbana, che aspira ad una comprensione
più vera e realistica delle costanti e differenti dinamiche in azione in una città (cfr. §
3.3.2.).
D’altra parte, come già indicato più sopra, si impone, per chi si interessa dello
studio dei fenomeni urbani in una prospettiva complessa, una rivisitazione parziale, ed
in certi casi, un ripensamento integrale, di certe modalità investigative della città.
Adottare le teorie ed i metodi della complessità come nuova prassi scientifica si sostanzia
in alcune, dirette ed indirette, conseguenze teoriche e metodologiche. Avendo
appena accennato alle prime, quelle teoriche, relativamente alla definizione della città
come sistema complesso (cfr. in particolare § 3.3.3.), rimane in conclusione la finale
considerazione delle seconde, ossia dei cambiamenti di ordine metodologico
intervenuti nel corso degli ultimi anni.
Si chiariscono in termini operativi gli ambiti di applicazione e le modalità di
implementazione di un metodo simulativo in ambito urbano. Studiare una città
attraverso una simulazione, non esclusivamente numerica, come nel caso della
modellistica, comporta una serie di particolari accorgimenti tecnici.
Per rendere al livello simulativo la dimensione spaziale dell’ambiente urbano si
richiede in primo luogo il riferimento a scenari specifici della simulazione come gli
Automi Cellulari. Questi, tuttavia, possiedono limiti strutturali ed organizzativi
troppo ingombranti per essere da soli una piattaforma operativa soddisfacente per una
simulazione urbana. Ecco perché in questi ultimi anni si inizia a sperimentare, con
maggior convinzione e migliori risultati, una simulazione integrata, al cui interno
convergono i GIS (Geographic Information System), come base spaziale e geografico-
ambientale, e la simulazione ad agenti, in quanto dimensione temporale e, ancor più
importante, fondamento per lo sviluppo e l’implementazione delle azioni degli agenti
(=persone, costruzioni fisiche, flussi di merci, di automobili, o di beni, etc.) presenti
in una città.
10
Nella parte conclusiva del lavoro di tesi, dunque, ci si spinge sino alle ultime
frontiere metodologiche elaborate, nell’ambito delle applicazioni delle teorie della
complessità alla città, dalla scienza contemporanea.
Eppure questa tensione verso i margini più avanzati della scienza non vuole
essere un modo per rimandare la data di scadenza o protrarre nel tempo la validità di
queste pagine, oppure un inutile fregio culturale dell’aver anticipato e discusso
prima di altri determinati argomenti, ma molto più concretamente rimanda fino
all’ultimo alla comprensione delle condizioni di applicabilità delle teorie e dei metodi
della complessità, insomma se in verità la traccia proposta e seguita nel corso
dell’intero studio costituisca realmente una promessa attendibile ed affidabile per la
sociologia.
La promettente alleanza a cui si allude nel titolo di questo scritto è pertanto relativa
alle interessanti possibilità ed opportunità che si offrono e si rendono disponibili
alla sociologia in generale, ed agli studi urbani in particolare, adottando alcune teorie
ed accogliendo certe metodologie elaborate nell’area dei saperi delle teorie della
complessità.
E’ evidente quindi che non ci si riferisce ad una nuova alleanza a là Ilya Prigogine
1
,
tra scienze della natura e scienze sociali, che, come già affermato, appare ormai
senza senso tenere lontane e distinte, ma in chiave ben più circoscritta e ristretta qui
si propone un’alleanza, tra complessità, sociologia e studi della città, che si sostiene
possa promettere e far ben sperare in produttivi ed importanti scenari per il futuro di
ognuna delle tre aree della conoscenza scientifica individuate.
In via conclusiva, prima di lasciare il lettore allo studio del presente testo, si
desidera porre alcune ultime preventive precisazioni e sincere dichiarazioni di
intenti, o forse, come spesso si usa dire più semplicemente, avvertenze alla lettura.
L’intera analisi svolta in queste numerose pagine possiede un punto fermo
imprescindibile, al quale si è costantemente fatto riferimento: la scienza deve sempre
procedere seguendo i criteri della limpidezza e della correttezza intellettuale.
In particolare il presente studio tenta costantemente, prima di qualsiasi altra
possibile proprietà o caratterizzazione, di essere onesto e trasparente. In ogni
momento, dall’elaborazione sino alla loro successiva redazione, le ipotesi, le
1
Prigogine I., Stengers I., 1979, La nuova alleanza, Einaudi, Torino, 1981.
11
teorizzazioni, le spiegazioni e le argomentazioni offerte sono esposte e descritte
sempre nella dichiarata volontà di riconoscerne criticamente i loro rispettivi limiti e
confini. Si cerca di non lesinare mai la verità, la sincerità o l’obiettività al lettore, sia
nei casi in cui queste complichino ulteriormente la comprensione di un argomento
e/o di un concetto, sia, peggio ancora, persino qualora il rispetto di simili requisiti
possa ridurre o sminuire le proprie tesi ed i propri ragionamenti.
Si è pienamente convinti, infatti, che solo riconoscendo i confini della propria
riflessione scientifica potrà essere possibile capire cosa, dove e come ispessire ed
approfondire ulteriormente la propria conoscenza ed il proprio sapere su un
determinato argomento. Detto in parole più semplici, o forse addirittura banali, sarà
solo la consapevolezza dell’esistenza di queste lacune e di queste mancanze a
rendere possibile la crescita della conoscenza e l’avanzamento progressivo dei
confini di delimitazione dell’ignoto.
E’ in questo scenario, dunque, che deve essere ben chiaro, come lo è a chi scrive
d’altronde, che il presente lavoro di tesi, sebbene abbia cercato di annettere in sè
numerosi argomenti e materie di discussione, è, e rimane, un’opera inevitabilmente
incompleta. Attenzione, però, non per una deliberata e colpevole negligenza
dell’autore, ma per due specifici diversi ordini di motivi.
Il primo, di carattere oggettivo, a causa dell’enorme vastità dell’argomento, che
non potrebbe mai esaurirsi in un’unica pubblicazione. Lo studio, in diretta
conseguenza di ciò, apparirà parziale, ossia come il prodotto delle particolari scelte
compiute dall’autore per sviluppare le sue argomentazioni ed i suoi ragionamenti.
Il secondo, invece, di ordine (responsabilmente e coscientemente) volontario,
per la mancanza di una ricerca empirica originale che avrebbe potuto corroborare le
numerose considerazioni teoriche e metodologiche svolte durante tutto il lavoro. In
quest’ultimo senso, quindi, la tesi proposta rappresenta per l’autore, e si spera possa
significare anche per il lettore, solo il primo imprescindibile passo di avvicinamento,
ad un nuovo ambito della scienza, quale è quello delle teorie e dei metodi della
complessità, al quale si augura possano seguirne tanti altri.
12
Capitolo Primo
La scienza moderna e le teorie ed i metodi della
complessità
La scienza moderna ha deciso di calcolare l’imprevisto.
[…] La storia della conoscenza umana ha dimostrato che
siamo ininterrottamente debitori a fatti collaterali, o
incidentali, o accidentali di numerosissime scoperte.
[…] Si dovrà considerare che la più insignificante differenza
nei fatti delle due vicende potrebbe dar luogo ai più
importanti errori di calcolo, facendo divergere radicalmente le
due sequenze di fatti.
Edgar Allan Poe, Il mistero di Marie Rogêt, 1842-43
1
.
1.1. Introduzione
All’origine di ogni ricerca scientifica si pongono delle domande sostanziali che
vengono a costituire l’ossatura dell’intero impianto d’analisi. Nel corso dello studio,
ad ogni questione sollevata si propongono una o più risposte possibili, plausibili od
accettabili scientificamente, con l’obiettivo di restringere il campo sconosciuto della
materia investigata. Quanto seguirà, come già precisato nell’introduzione, si muove
proprio in questa direzione. La variegata e disarticolata area d’indagine che si vuole
conoscere, infatti, pone delle oggettive difficoltà di definizione, di classificazione e
di sintesi dei concetti e delle diverse conoscenze che confluiscono nel vasto scenario
delle teorie e dei metodi della complessità
2
. L’obiettivo di questa prima parte del lavoro di
tesi è in tal senso rivolto alla necessaria chiarificazione di alcuni sviluppi, aspetti e
1
Poe E.A., Racconti del mistero, Newton, Roma, 1992, pp.70-71 e p.88.
2
Si specifica sin da qui, che al solo fine di non incorrere in confusioni terminologiche, si è scelto
di denominare la materia investigata come “teorie e metodi della complessità”. Tuttavia si precisa
che, in diversi passaggi, per sfuggire a fastidiose ripetizioni verbali, al suo posto verranno
impiegate alternativamente definizioni come “conoscenza complessa” oppure semplicemente
“complessità”, e che per motivi di sintesi verrà utilizzata l’espressione “teorie della complessità”
sottintendendo le dimensioni metodologiche, senza per questo dimenticarle. Sarà, infine, chiarito
nel paragrafo 1.3. il motivo dei termini “teorie e metodi” al plurale.
13
caratteristiche della complessità che si sono ritenuti fondamentali per una sua,
quanto più possibile, corretta e cristallina comprensione e spiegazione.
La descrizione dello sviluppo scientifico e della genesi delle idee che costellano
l’universo della conoscenza complessa dimostrerà il graduale passaggio evolutivo
della scienza da un processo conoscitivo certo e deterministico ad uno sempre più
provvisorio e falsificabile; da un metodo analitico riduttivo e lineare ad uno
composito e non-lineare; da una ferma ed incondizionata fiducia nella prevedibilità
della natura e dell’uomo ad una costante ridefinizione delle circoscritte e limitate
ipotesi su di essi. La lenta consapevolezza delle diverse fragilità del procedere
scientifico ha reso possibile il disordinato sviluppo nelle differenti scienze di un
approccio complesso all’analisi della realtà, o forse addirittura di una vera e propria
nuova scienza
3
. Eppure, l’articolazione e la varietà del termine complesso nelle diverse
aree di studio e nelle differenziate concettualizzazioni teoriche richiedono delle
imprescindibili specificazioni semantiche che ne circoscrivano il significato e le
differenze con altre terminologie altrettanto note (es. complicato, caos,
biforcazione, catastrofe, cfr. § 1.3.2.). Inoltre, come accade nelle tipiche dinamiche
di affermazione di un procedere scientifico, nella conoscenza complessa si sono
gradualmente attestati numerosi concetti, idee e nozioni provenienti da campi
disciplinari diversi che in molti casi hanno ammantato di una veste curiosa ed
affascinante la complessità, ma che spesso e prevalentemente sono stati origine di
confusione terminologica e di ostacolo alla sua comprensione. Proporre un
vocabolario ragionato delle teorie della complessità è, in questa direzione,
l’ambizioso tentativo di costruire una mappa terminologica composita in cui per
ogni nozione e concetto si ricostruisca la sua origine teorica ed il suo contributo
nell’ampio dibattito scientifico.
Infine, è rilevante, ai fini del presente studio, osservare come la definizione e
l’affermazione delle teorie e dei metodi della complessità si sia svolta storicamente e
prevalentemente nell’ambito delle scienze fisiche, matematiche e chimiche, ma negli
ultimi trenta anni abbia maturato produttive e promettenti relazioni anche nell’area di
3
Il dibattito teorico sulla nascita o meno della scienza della complessità è ancora aperto. Alcuni
sostengono l’idea che l’insieme di teorie della complessità possa definirsi ormai come nuova
scienza, altri diversamente ne riconoscono solo un contributo paradigmatico, altri ancora
affermano che la complessità sia semplicemente uno nuovo sguardo della scienza per indagare il
mondo. Simili posizioni saranno discusse in termini più circostanziati nelle prossime pagine
(cfr.§ 1.3.4.).
14
alcune scienze sociali come l’economia, la geografia e l’urbanistica ad esempio, ed in
tempi ancora più recenti con la psicologia e la sociologia. Per queste scienze si pone
ora l’opportunità di rivedere e riconsiderare molte delle loro dinamiche e dei loro
fenomeni peculiari alla luce di inedite prospettive teoriche, e soprattutto di originali
strumenti metodologici offerti dalle teorie della complessità, che in certi casi si
stanno dimostrando particolarmente utili ed illuminanti.
15
1.2. Lo sviluppo delle teorie e dei metodi delle complessità
ed i cambiamenti del procedere scientifico
1.2.1. La scienza classica e la sua crisi
Il procedere della scienza si è strutturato, sin dalla fine del Seicento, intorno ad
una visione riduzionista, deterministica e reversibile della realtà. L’impostazione
classica del metodo scientifico si è fondato per secoli su uno studio del mondo reale
impegnato, in primo luogo, a semplificare la complessità dei processi naturali e sociali,
attraverso la riduzione e la scomposizione dei problemi scientifici nelle parti più
semplici ed elementari, al fine di comprenderne e descriverne il comportamento
partendo proprio dai loro elementi costituenti; in secondo luogo ad analizzare la
realtà nell’ottica di una meccanica deterministica, per cui ogni dinamica futura di un
sistema è assolutamente prevedibile ed infallibilmente calcolabile sulla base del suo
stato iniziale; ed in terzo luogo, infine, a fornire modelli di analisi con dinamiche
perfettamente reversibili, in cui ogni processo del mondo reale viene concettualizzato
come indipendente dal tempo e dallo spazio in cui si svolge.
E’ l’affermazione di un metodo analitico-riduzionista che basa le sue certezze
scientifiche sulla replicabilità della prova sperimentale, sulla univocità delle catene
causali all’origine di un fenomeno e sulla necessità di suddividere le questioni nodali
della scienza in numerosi problemi di più facile ed accessibile risoluzione. Il costante
modello di riferimento dell’intero edificio scientifico diventa l’opera di Newton e la
sua teorizzazione della legge di gravitazione universale
4
, che perennemente illumina i
differenti lavori di ricerca in numerosi campi d’indagine, anche lontani da quelli
strettamente fisici.
Si insinua lentamente nella scienza l’ambizioso progetto di comprendere e
descrivere completamente il mondo, in ogni sua forma e dinamica. L’ottimistica
prospettiva di conoscere i più intimi meccanismi della realtà ha sospinto gli
entusiasmi di numerosi studiosi in differenti campi della ricerca, fino a giungere ad
affermare, in acuto determinismo, che lo stato attuale di un sistema è la diretta
conseguenza delle sue condizioni precedenti: “Dobbiamo, dunque, considerare lo
4
Nell’universo esiste una forza di attrazione tra due corpi che diminuisce con l’inverso del
quadrato della distanza che intercorre tra loro. Cfr. Newton I., 1687, Principi matematici della
filosofia naturale, UTET, Torino, 1965.