questo confronto in quanto ha forzato il contatto con la tradizione
occidentale.
Il lavoro si articola in tre capitoli. Il primo capitolo è dedicato alla
biografia e alle opere di Amo, il primo filosofo di colore che tra il 1730 e
il 1750 fu uno dei professori più eminenti nelle Università di Halle,
Wittemberg e Jena. Nonostante strappato dalla sua terra d’origine (il
Ghana) durante l’infanzia per farne ritorno solo in età matura, Amo non
negò mai la propria appartenenza al popolo degli Nzema e fu sempre
orgoglioso delle proprie origini africane (chiese di aggiungere al suo
nome l’appellativo Afer ovvero l’Africano).
Il secondo capitolo si concentra sugli aspetti di condivisione tra la
filosofia di Amo e la metafisica cartesiana.
Il terzo capitolo, infine, rappresenta il cuore del lavoro in quanto espone
la critica di Amo alla filosofia della mente di Cartesio.
In tema di concezione della mente, l’appartenenza di Amo al gruppo
etnico degli Nzema ha sicuramente inciso sul suo pensiero.
Per gli Nzema infatti la sensazione non può appartenere alla sfera
mentale se per “mentale” si intende ciò che è in qualche modo legato alla
mente. La mente è intelletto, non sensi. Ciò si evince ad un livello pre-
analitico, esaminando il termine impiegato dagli Nzema per designare la
mente: adwene ovvero pensiero. Il termine con cui invece viene
designata la sensazione è honam, assolutamente distinto da adwene.
Un aneddoto racconta che da piccolo, Amo, udì per caso il discorso tra il
suo protettore e un visitatore il quale metteva in dubbio le abilità
intellettuali degli uomini di colore; Amo dedicò la sua vita ad
un’implacabile ricerca di conoscenza e di eccellenza, probabilmente in
3
risposta a tale dubbio. Egli infatti è la testimonianza di quanto affermato
da Cartesio nella parte iniziale del Discorso sul Metodo ovvero:
«La facoltà di giudicare bene e di distinguere il vero dal falso – nel che consiste
propriamente ciò che si chiama buon senso e ragione – è per natura eguale in tutti
gli uomini; perciò la diversità delle nostre opinioni non dipende dal fatto che gli
uni siano più ragionevoli degli altri, ma semplicemente dal fatto che conduciamo
i nostri pensieri per vie diverse, e non consideriamo le stesse cose».
4
CAPITOLO 1
ANTON WILHELM AMO (1703-1758)
Le radici culturali di Anton Wilhelm Amo possono essere ricondotte
all’interno del gruppo etnico Nzema del Ghana e della Costa d’Avorio.
In Ghana il gruppo etnico Nzema abitava la regione occidentale, al
confine con la Costa d’Avorio; tale popolo si era strutturato
gerarchicamente in tribù, ciascuna con un proprio ordine sociale. La
cultura era caratterizzata da feste tradizionali, riti, tabù, danze, canzoni,
musiche, abbigliamento, funerali, sacrifici in parte comuni alla cultura
del resto dell’Africa e in parte peculiari di questa etnia.
La colonizzazione europea esercitò un forte effetto sulle tradizioni
africane, reprimendole con violenza e provocandone la progressiva
scomparsa.
Sebbene Amo visse in Ghana solo all’inizio della propria infanzia,
l’origine Nzema permeò profondamente tutta la sua filosofia.
1.1. Formazione giovanile
Anton Wilhelm Amo, filosofo e medico, nacque nel 1703 ad Awukena,
un piccolo villaggio situato nella regione di Axim nel Ghana occidentale.
A quel tempo la regione di Axim era sotto il dominio olandese. Durante
tutta la dominazione in Ghana, l’obiettivo principale degli Olandesi fu
quello di acquisire schiavi da inviare nelle Americhe. Saltuariamente
tuttavia la Compagnia Olandese delle Indie Occidentali demandava ai
5
ministri olandesi il compito di convertire al cristianesimo la popolazione
locale.
All’età di quattro anni, Amo fu portato in Olanda dal sergente Bodel,
allora al servizio della Compagnia delle Indie Occidentali.
Le ragioni di questo trasferimento non sono tuttavia chiare. Secondo una
prima versione fu portato in Olanda come schiavo
1
; altre fonti
documentano invece che fu il pastore di Awukena, che nel 1707, decise
di mandare Amo, figlio di genitori cristiani, in Olanda per il battesimo,
l’educazione e la formazione come predicatore al fine di farlo rientrare in
Africa per esercitare i servizi clericali. Un’ultima ricostruzione sostiene
infine che fu la Compagnia delle Indie Occidentali, nel 1707, a voler
dare Amo in dono al duca Anton Ulrich von Brunswick-Wolfenbüttel (e
alla sua morte al figlio Wilhelm August). Nonostante fosse molto in uso
nella cultura locale impiegare domestici di colore, Amo non fu utilizzato
come schiavo ma venne istruito ed educato come nobile
2
grazie al
supporto finanziario della Principessa di Braunschweg.
Il motivo di questa strana decisione va ricercato probabilmente a
Petersburg.
Un anno primo dell’arrivo di Amo in Europa, infatti, l’ambasciatore
russo ad Istanbul diede in regalo allo Zar un giovane africano di nome
Ibrahim Hannibal che fu successivamente battezzato con il nome di
1
Tale versione è documentata dall’autobiografia di Olaudah Equino (1745-1797)
intitolata “The interesting narrative of the life of Olaudah Equiano or Gustavus
Vassa the African, written by himself” (1789).
2
Le ragioni di questa decisione non sono note. Probabilmente la simpatia dei suoi
protettori per gli ideali dell’Illuminismo possono rappresentarne una spiegazione.
Un’altra possibile spiegazione potrebbe risiedere nella volontà del duca di condurre
un esperimento, sulla base del concetto di “tabula rasa” dell’empirista John Locke.
6
Petrowitsch in onore di Pietro I. Inizialmente Ibrahim fu al servizio di
Elisabetta, figlia di Pietro I ma quando iniziò a mostrare un’acuta
intelligenza, lo Zar decise di impiegarlo al suo servizio come segretario
privato e in seguito nel campo militare per le sue eccellenti doti
strategiche. Lo Zar organizzò per lui il matrimonio con una nobile di
sangue reale in seguito al quale Ibrahim Hannibal ebbe dei figli e
divenne il nonno di Pushkin che lo ricordò affettuosamente nell’opera
“The Moor of Peter the Great”.
La figlia dello zar Pietro I era la nipote del duca Anton Ulrich.
Quando Petrowitch ritornò dalle operazioni militari condotte in Francia
(1717-1723) si fermò a visitare la residenza Wolfenbüttel. Questo
vibrante, giovane, intelligente Africano lasciò un profondo segno nel
duca tanto da indurlo a battezzare Amo e a crescerlo secondo i valori
cristiani.
Nel 1721 Amo fu infatti battezzato, in onore dei suoi benefattori, con il
nome di Anton Wilhelm Rudolph Mohre
3
nella cappella di Saltzthal del
Castello di Wolfenbüttel.
Il duca Anton Ulrich era un ardente promotore delle arti e delle scienze,
un teologo, un romanziere e un compositore molto prolifico di inni e
canti di lode. Dopo aver pubblicato il manoscritto “Fifty Reasons why
one must be a Catholic”, nel 1710, rinnegò la Confessione di Augusta e
quindi la sua professione di fede protestante e presentò alla Chiesa
3
Nei suoi trattati filosofici Amo preferì sempre il nome Antonius Gvilielmus Amo,
Afer di Axim.
7
Cattolica Romana un atto di apostasia che provocò la condanna pubblica
per suo figlio e i suoi eredi
4
.
Tra il 1717 e il 1720 Amo acquisì, presso l’Accademia Ritter di
Wolfenbüttel, la preparazione generale necessaria per il proseguimento
degli studi universitari
5
.
La successiva frequenza all’Università di Helmstedt (1721-1724) lo
qualificò ai corsi di specializzazione in legge presso Halle nel 1727. Ad
Helmstedt Amo studiò i testi filosofici e religiosi della tradizione
classica.
L’Università di Helmstedt era a quell’epoca il principale centro
dell’ortodossia e della cultura protestante. Molti dei professori e degli
studenti avevano accettato le consolidate gerarchie sociali e sposato le
dottrine e gli usi luterani, rendendo il clima intollerante agli aspiranti
non-conformisti.
Probabilmente per questa ragione Amo non fu in grado di difendere
presso questa università alcuna tesi cattolica ed ebbe la necessità di
cercare un’altra istituzione nella quale proseguire i suoi studi.
4
Anton Ulrich è ricordato come il patrono dell'istruzione e delle arti. Egli ampliò
significativamente la Biblioteca Augusta, la grande biblioteca fondata dal padre e
chiamò a corte il filosofo Leibniz come suo bibliotecario; scrisse due novelle e molte
poesie e costituì una grande collezione d'arte che successivamente divenne l’
"Herzog Anton Ulrich Museum" che conserva i dipinti: Sansone e Dalila, Sansone
catturato dai filistei, Compianto di Abele di Paolo Pagani.
5
Dopo il poeta e studioso Juan Latino (1516–1595), nato probabilmente nella Nuova
Guinea, Amo fu il secondo africano che studiò nelle università europee e il primo
professore di colore in Germania.
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1.2. Carriera filosofica e principali dissertazioni
Gli anni all’Università di Halle (1727-1729)
L’Università di Halle, fondata nel 1694, aveva un’impostazione molto
diversa da Helmstedt, essendo cresciuta rapidamente in termini di
tolleranza ed emancipazione intellettuali sotto l’ispirazione di celebri
professori come August Hermann Francke, Christian von Wolff e
Christian Thomasius
6
.
In breve tempo Halle divenne famosa per i suoi professori e studenti
“liberi pensatori” e attrasse nel tempo coloro che erano ostili alla
tradizione luterana. Il loro fermento incitò i pietisti e in particolare
Joachim Lange il quale persuase Frederic Wilhelm I che le idee di Wolff
erano nemiche dello stato
7
; ciò determinò il licenziamento e l’esilio di
Wolff nel 1726. Francke fu allontanato per il revivalismo cattolico e
l’attivismo sociale. Solo Thomasius continuò ad operare ad Halle ma
morì prematuramente nel 1728.
6
August Hermann Francke (1663-1727) fondò la scuola pietista e predicò la
disciplina e la tolleranza reciproche. Christian von Wolff (1679-1754) raggiunse la
facoltà nel 1706 su raccomandazione di Leibniz; rinomato filosofo, matematico,
scienziato, infaticabile fomentatore del tedesco Aufklarung e divulgatore delle teorie
leibniziane, cercò ardentemente di laicizzare l’educazione e di diffondere il
razionalismo in Germania. Christian Thomasius (1655-1728), il fondatore del
razionalismo, abbracciò il motto “la libertà illimitata garantisce la migliore vita a
tutti gli spiriti” e domandò libertà di ricerca incondizionata e immunità da
persecuzione per opinioni onestamente costruite e sinceramente sostenute.
7
Joachim Lange (1670-1744), importante esponente dei pietisti alla facoltà di
Teologia di Halle, fu uno dei più feroci oppositori alla teoria del determinismo
dell’universo di Christian Wolff, ritenuta una pericolosa minaccia alle fondamenta
del dogma cristiano.
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