Introduzione
Fin dalle sue origini, il sistema dell‟Informazione è stato legato al Potere, in maniera più
o meno stretta a seconda delle epoche storiche. I primordi del giornalismo risalgono
all‟età delle gazzette, fiorite nel corso del Seicento, per organizzare il consenso
necessario per mantenere il potere dei governanti. A tal fine, i colpi della scure della
censura che si abbattevano sui giornali e la manipolazione delle notizie costituivano la
prassi. Qualcosa cominciò a cambiare con la Rivoluzione Francese del 1789, quando
venne sancito il diritto alla libertà di stampa che portò alla nascita del giornalismo
politico e conseguentemente alla formazione di un‟opinione pubblica. Ma, fino in epoca
recente, almeno per quanto riguarda l‟Italia, dove sono mancati gli “editori puri”, il
legame tra Informazione e Potere è stato molto forte. Infatti, gli interessi editoriali e il
diritto all‟informazione, sono stati quasi sempre scavalcati da ben altri scopi, di carattere
economico e o politico.
In Italia, in seguito alla mobilitazione politica scatenata dal Sessantotto, si cercò
di rompere un tipo di informazione definibile come “velinaria” o ufficiale, in cui le
notizie giungevano da “fonti autorevoli”, come: le questure, le prefetture, i dicasteri,
uomini politici o di Stato. In questo contesto, spesso la verità veniva occultata
all‟opinione pubblica, per salvaguardare l‟immagine delle istituzioni, attraverso un uso
copioso della censura e della manipolazione delle notizie. Mettere in dubbio le “versioni
ufficiali” sugli avvenimenti più oscuri e sanguinosi della cronaca nera era un tabù fino
almeno alla fine degli anni Sessanta. Come dicevamo, la “rivoluzione etica” del
Sessantotto produsse un fenomeno ex novo durevole e molto fecondo nel mondo
dell‟informazione: la cosiddetta controinformazione.
Era la rivincita del “Quarto potere” sugli altri tre, compreso quello giudiziario
che, venendo criticati, erano costretti a rispondere dei propri errori. La democrazia
1
ritrovava il suo “cane da guardia”, indipendente e battagliero. Infatti la
1
Si veda la definizione di Quarto potere in: Luigi Allori, Dizionario dei mass media, Arnoldo Mondadori
Editore, Milano, 1992, p. 348. Non si può non menzionare il film di Orson Welles che più di tutti espresse
meglio l‟idea del giornalismo come una specie di Quarto potere. La pellicola, vera pietra miliare nella
storia del cinema, si ispirò alla vita di William Randolph Hearst, proprietario di un impero mediatico.
Quarto potere (Citizen Kane), Orson Welles, Usa, 1941.
controinformazione mise a nudo per la prima volta le menzogne costruite ad arte dal
Potere per nascondere la verità e tenere all‟oscuro l‟opinione pubblica, salvaguardando
lo status quo politico, economico e sociale. Il significato di “controinformazione” nel
lessico quotidiano è il seguente: essa descrive «l‟insieme dei mezzi di informazione che
2
si contrappongono a quella fornita dai mezzi di comunicazione ufficiale». Tale
vocabolo entrò nell‟uso corrente tra la fine degli anni Sessanta e l‟inizio del decennio
successivo. La controinformazione originò un tipo di “giornalismo di inchiesta
militante”, in quanto veniva svolto per lo più dai militanti dei movimenti politici figli
del Sessantotto, per svelare le trame che si celavano dietro le stragi e gli episodi più
oscuri che segnarono l‟Italia negli anni della “stretegia della tensione”, incipit del
drammatico decennio degli “anni di piombo”. Non a caso, lo start up del nuovo
fenomeno giornalistico coincise con la strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969,
primo episodio dello “stragismo”, ossia una lunga catena di eccidi indiscriminati e
immorali, che insanguinarono l‟Italia per lungo tempo, provocando numerose vittime e
centinaia di feriti.
Mentre facevo ricerca in archivio per questo lavoro, si è celebrato a Milano il
quarantesimo anniversario dalla strage di piazza Fontana. A distanza di molti decenni e
dopo molti processi, alcuni “misteri” sono stati svelati, soprattutto sugli esecutori
materiali (di estrema Destra), mentre i mandanti dell‟efferato crimine sono rimasti
impuniti. Il mio interesse verso questo episodio e più in generale verso l‟intero periodo
storico compreso tra gli anni Sessanta e Settanta risale ai tempi del liceo, quando ho
cominciato ad approfondire questi temi. Ho scelto qui di parlarne attraverso l‟ottica
della storia del giornalismo, mettendo a confronto «l‟Unità» e il «Bollettino di
controinformazione democratica» («Bcd»), ossia due tipi di giornali diversissimi tra
loro per certi versi, ma accomunati dall‟intento di denunciare e contrastare l‟“assalto
alla democrazia” che si stava consumando in Italia a partire da piazza Fontana.
Se «l‟Unità» era l‟organo ufficiale del Partito comunista italiano legato interamente
ad esso in ogni suo aspetto, diversamente il «Bcd» era una specie di agenzia della
controinformazione democratica, dedita a fornire notizie che non potevano trovare
spazio sui quotidiani della stampa moderata. Come indica il titolo di questa tesi di
laurea, si cercherà di analizzare nelle prossime pagine il contributo, diverso sotto molti
2
Nicola Zingarelli, Lo Zingarelli, Zanichelli, Bologna, 2007, p. 549.
2
aspetti, fornito da queste due differenti tipologie di giornali nello smascherare le
“versioni ufficiali” che celavano la verità sugli episodi più efferati del periodo compreso
tra il 1969 e il 1973. Inoltre, si metterà in evidenza il “rapporto dialettico” e
complementare che esisteva in quegli anni tra «l‟Unità» e il «Bcd» da un lato, dall‟altro,
più in generale tra l‟organo del Pci e il mondo della controinformazione.
Questo secondo aspetto, ossia in quali casi il principale giornale comunista faceva
controinformazione nell‟era della “strategia della tensione”, essendo uno dei quotidiani
più diffusi in Italia, sarà indagato partendo dalla recente ricerca svolta dal professore
Aldo Giannuli (correlatore di questa tesi), che ho avuto occasione di leggere durante il
Corso di Storia del giornalismo tenuto dalla professoressa Ada Gigli Marchetti, relatore
di questa tesi. Giannuli, massimo esperto del fenomeno della controinformazione e della
storia degli “anni di piombo”, nonché consulente di numerose procure impegnate nella
ricerca dei colpevoli delle stragi e collaboratore della Commissione Stragi dal 1994 fino
al 2001, ha pubblicato la sua ricerca nel 2008 con il titolo: Bombe a inchostro. Nel
capitolo intitolato Il Pci e la controinformazione si legge:
La stampa del Pci diede un contributo assai rilevante alla svelamento degli intrecci della strategia
della tensione. [...] Ma per esaminare il contributo comunista (sia giornalistico che parlamentare) alla
3
denuncia dell‟«assalto alla democrazia» di quegli anni occorrerebbe uno studio a sé stante; [...].
In accordo con i due professori, partendo dalla ricerca sopra menzionata, ho cercato di
approfondire questo tema del rapporto tra il Pci e la controinformazione, esaminando gli
articoli apparsi su «l‟Unità» tra la fine del 1969 e la fine del 1973.
Anticipiamo qui che il Pci, per una serie di motivi politici che vedremo, non poteva
pubblicamente associarsi alle tesi della controinformazione, soprattutto in quanto
prodotte dall‟area dell‟estrema Sinistra (o nuova Sinistra) che era in competizione
diretta con i comunisti. Questi ultimi infatti, erano stati scavalcati a sinistra dello spettro
politico proprio dai movimenti sorti dal Sessantotto, che avevano fatto ricollocare il Pci
in una posizione più centrale e moderata. Il punto di maggior differenziazione tra i
comunisti e i militanti di estrema sinistra fu evidenziato dalla tesi che la strage di piazza
Fontana fosse di Stato. Il Pci si dissociò da questa definizione, preferendo denunciare
3
Aldo Giannuli, Bombe a inchiostro, Rizzoli, Milano, 2008, p. 265.
3
piuttosto l‟esistenza di una “trama nera”, ossia sostenendo la centralità delle forze di
estrema Destra dietro gli attentati terroristici degli anni della “strategia della tensione”.
Per Botteghe Oscure non solo le stragi erano opera dei neofascisti, ma essi erano
anche i mandanti. Fino al 1972 il Pci non metterà sotto accusa pubblicamente gli
apparati dello Stato, rei di azioni di depistaggio nelle indagini giudiziarie e di copertura
nei confronti dei terroristi neri; in parte questo atteggiamento cambierà alla luce del
lavoro dei magistrati che appureranno la manomissione di prove utili ai fini giudiziari e
i depistaggi su piazza Fontana effettuati dall‟intelligence e solo allora si comincerà a
parlare su «l‟Unità» dell‟esistenza di “corpi separati dello Stato”.
L‟arco temporale qui considersato, compreso tra il 1969 e il 1973, è stato scelto
perché in quegli anni si ebbero delle stragi da parte di militanti di estrema Destra,
protetti dai servizi segreti e dalle autorità, nel tentativo di destabilizzare il sistema per
rinforzarlo in senso conservatore. Pare un paradosso, ma questa era la logica della
“strategia della tensione”, operante anche in altri Paesi e volta a tenere unita la Nato, a
contrastare la conquista democratica del potere dei comunisti e ad opporsi alla politica
pacifica della distensione con l‟Unione Sovietica. Come vedremo, l‟unica eccezione fu
l‟attentato a Peteano del 31 maggio 1972 contro i carabinieri, un unicum nella sequela
delle stragi.
Parliamo ora delle fonti utilizzate in questa ricerca. Trattandosi di un lavoro di storia
del giornalismo, si sono privilegiati gli articoli di giornale come fonti primarie. Sono
stati consultati in archivio tutti i numeri de «l‟Unità» usciti tra la morte dell‟agente
Antonio Annarumma (19 novembre 1969) e lo scioglimento di Ordine nuovo (23
novembre 1973). Per quanto riguarda il «Bcd», si è analizzata la collezione completa,
che copre un periodo temporale che va dal 15 maggio 1970 al luglio 1975, anche se gli
eventi accaduti dopo il 1973 non sono oggetto di studio in questo lavoro. Per la
consultazione in archivio si ringraziano:
- la Fondazione Gian Giacomo Feltrinelli di Milano;
- l‟Istituto per la storia dell‟età contemporanea di Sesto San Giovanni (Mi).
Inoltre, si è utilizzata anche la pubblicistica esistente sugli argomenti trattati in questa
ricerca, che spaziano dalle opere storiografiche generali a quelle specifiche, da quelle
giornalistiche a quelle memorialistiche. Si è attinto materiale anche dalla Rete e,
laddove è stato possibile, in attinenza con i temi trattati, sono state menzionate anche
4
opere cinematografiche. Infine, tra le fonti secondarie, va citato il seminario organizzato
dalla Università Statale di Milano e dagli studenti di La.ps.u.s. (Laboratorio progettuale
degli studenti universitari di storia) nell‟autunno 2009, in occasione dei quarant‟anni
dalla strage di piazza Fontana, intitolato: La strategia della tensione. Fonti e strumenti
per la ricerca storica.
Il lavoro che segue è suddiviso in tre parti. Nella prima verrà descritto il contesto
storico, italiano e internazionale, che caratterizzava la seconda metà degli anni Sessanta.
Si affronterà poi il biennio della contestazione, analizzando il Sessantotto e le lotte
sindacali dell‟“autunno caldo”, durante le quali gli studenti e i lavoratori si mobilitarono
per ottenere più diritti e mettere in discussione lo status quo. Si parlerà poi della strage
di piazza Fontana, da considerarsi come il punto iniziale del fenomeno della
controinformazione. Infatti, l‟assurdità delle “versioni ufficiali” fornite dalle autorità per
incolpare gli anarchici e per etichettare la tragica morte di Giuseppe Pinelli come
suicidio, porterà a numerose investigazioni giornalistiche, tra cui la più influente
sarebbe risultata La strage di Stato. Ma accanto alla controinformazione militante,
anche alcuni giornalisti autodefinitesi democratici, tra cui Camilla Cederna, misero in
discussione la “verità ufficiale”. Il capitolo si concluderà poi con una descrizione del
modus operandi della controinformazione, analizzando i suoi vari significati, i suoi
meriti e i suoi difetti.
Nel secondo capitolo invece si affronterà in maniera dettagliata il rapporto tra
«l‟Unità» e la controinformazione, descrivendo che tipo di lettura fornì il Pci sugli
episodi più significativi accaduti tra la fine del 1969 e il 1973. Questa parte, si baserà
essenzialmente sull‟analisi degli articoli de «l‟Unità». Partendo da una sintetica
descrizione del Pci, si vedrà il caso di epurazione del gruppo «il manifesto» per
sottolineare come Botteghe Oscure non tollerasse il dissenso interno. Poi, si traccerà
sinteticamente un profilo del quotidiano comunista, per vederne i caratteri peculiari.
Successivamente, partendo da piazza Fontana, si tratteranno tutti gli episodi più
significativi accaduti nel quadriennio considerato in questo lavoro, per sottolineare
come prevalentemente il Pci interpretasse tutto come la manifestazione di una “trama
nera” nemica della democrazia. Un tema di importante interesse sarà il rapporto tra
Botteghe Oscure e la Nato, che come vedremo si rovescerà completamente. A
5
conclusione di questa parte si parlerà del “compromesso storico” di Enrico Berlinguer,
alla luce del quale è comprensibile tutta la strategia tenuta dal Pci in quegli anni.
Il terzo ed ultimo capitolo invece, sarà dedicato alla storia del «Bcd». Partendo dalla
sua nascita, si cercherà di capire chi e perché partecipò a questa esperienza, a chi si
rivolgeva e per quale motivo cessò le pubblicazioni quasi improvvisamente. Si parlerà
anche dei giornalisti democratici, di cui il «Bcd» raccoglieva il pensiero, dediti alla lotta
contro la repressione e per la libertà di stampa. Si esamineranno poi dei casi specifici
riguardanti queste due questioni, privilegiando quelli più utili ad una comparazione
diretta con gli articoli de «l‟Unità», per comprendere le divergenze e le convergenze tra
i due differenti giornali. Per esempio, si vedrà come il tema della libertà di stampa fosse
sentito in modo differente e opposto dai due mezzi di informazione; a questo fine si
parlerà del licenziamento di Gabriele Invernizzi da «Vie Nuove» per motivi politici.
Infine, seguiranno le conclusioni, in cui si farà un bilancio del confronto tra «l‟Unità» e
il «Bcd» da un lato, e più in generale, tra l‟organo del Pci e la controinformazione
dall‟altro.
Desidero ringraziare in modo particolare:
- la prof. Ada Carla Gigli Marchetti;
- il prof. Aldo Sabino Giannuli.
6
CAPITOLO I
Il contesto storico alla fine degli anni Sessanta e la
nascita della controinformazione
“Il 1968 fu molto più di una protesta contro la miseria della condizione studentesca; fu
una rivolta etica, un rilevante tentativo di rovesciare i valori dominanti dell’epoca”.
4
(P. Ginsborg)
4
Paul Ginsborg, Storia dell’Italia dal dopoguerra ad oggi, Einaudi, Torino, 1989, p. 408.
7
1.1 Il contesto internazionale alla fine degli anni
Sessanta
L‟Italia era collocata in una posizione strategica durante la Guerra Fredda: da un lato era
al confine tra i due “blocchi”, quello comunista a Est e quello capitalista a Ovest;
dall‟altro, si trovava nel cuore del Mediterraneo, scosso costantemente dalle tensioni
mediorientali. L‟Italia era quindi al centro sia di una direttrice Est-Ovest, sia di una
Nord-Sud. Poiché aveva il partito comunista con più iscritti in Europa, gli Stati Uniti
temettero a lungo che fosse possibile lo scoppio di una rivoluzione rossa che avrebbe
spinto l‟Italia nel blocco sovietico, perdendo così un alleato prezioso per controllare il
Mediterraneo. Per questo motivo è importante cominciare dall‟analisi del contesto
internazionale della fine degli anni Sessanta, seppur in maniera non esaustiva, per
comprendere meglio i fatti italiani, legati indissolubilmente all‟andamento della Guerra
Fredda e alla politica americana.
Dopo la crisi missilistica di Cuba nell‟ottobre 1962, la Guerra Fredda, cominciata nel
1947 con la “dottrina Truman” che enunciava il “contenimento” verso l‟espansione
comunista, era entrata in una fase di “distensione”. Le due superpotenze nucleari, Stati
Uniti e Unione Sovietica, guidate da John Fitzgerald Kennedy e Nikita Chruščëv,
avevano trovato un compromesso per uscire da una crisi che avrebbe potuto provocare
un conflitto globale: i sovietici si impegnavano a smantellare la basi missilistiche a
Cuba, mentre i loro avversari si impegnavano a non compiere azioni militari sull‟isola,
dopo l‟episodio fallimentare dello sbarco alla Baia dei porci. Simbolo della nuova era
della “distensione” divenne l‟installazione della “linea rossa”, che collegava le
telescriventi della Casa Bianca con quelle del Cremlino. Seguì una serie di trattati tra
5
sovietici e statunitensi per limitare la proliferazione dei test e delle armi nucleari.
Anche perchè si era giunti alla condizione di “mutua distruzione garantita” (Mad), ossia
una sostanziale parità bellica che scongiurava la ricerca della vittoria per via militare da
parte di una superpotenza, per non incorrere in una risposta nemica di eguale intensità.
Si apriva così l‟era della diplomazia tra Usa e Urss, che vedrà come protagonisti il
presidente americano Richard Nixon e il Consigliere per la sicurezza nazionale Henry
5
Per approfondimenti si veda: Ennio Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali 1918-1999, Laterza,
Roma-Bari, 2002, pp. 1157-1173.
8
Kissinger. Il repubblicano Nixon vinse le elezioni del 5 novembre 1968 contro il
democratico Hubert Humphrey per soli 300 mila voti di scarto. Era una chiara reazione
conservatrice ai tumultuosi anni precedenti. Infatti, la campagna elettorale era stata la
più tesa della storia americana, nel pieno della contestazione alla guerra in Vietnam e
6
della mobilitazione per i diritti civili degli afroamericani. Il 4 aprile era stato ucciso a
Memphis il più importante leader di questi ultimi, Martin Luther King, probabilmente
per iniziativa del Federal Bureau of Investigation (Fbi) di Edgar Hoover. King sarebbe
poi diventato uno dei miti del Sessantotto italiano. Poco dopo venne assassinato anche
Robert Kennedy da un arabo giordano; era in corsa per le primarie del Partito
democratico. Nixon, che sarebbe stato rieletto nel 1972, intensificò la politica
internazionale di distensione e avviò i negoziati per porre fine all‟impopolare guerra in
Vietnam, cosa che accadrà con l‟armistizio di Parigi del 1973. Con la “diplomazia
triangolare” poi, aprì alla Repubblica Popolare Cinese per isolare l‟Unione Sovietica.
Ma, nonostante questi indubbi successi di politica internazionale, le due
amministrazioni Nixon furono macchiate da una serie di operazioni illecite, come
l‟estensione segreta del conflitto indocinese in Cambogia e nel Laos, azioni di
repressione e spionaggio verso cittadini americani dissidenti, operazioni coperte della
Cia all‟estero, fino all‟esplosione del “caso Watergate”, che avrebbe causato le
7
dimissioni nel 1974 del presidente per impeachement. Lo scandalo provocherà anche
un calo di fiducia nell‟opinione pubblica americana verso le istituzioni, svelando al
mondo fino a che punto la ragione di stato si poteva spingere. Sempre in conseguenza
del “caso Watergate”, la Cia dovrà abbandonare il “piano Chaos” nel 1973: cominciato
nel 1966, tale operazione era diretta negli Usa contro il movimento pacifista, mentre
all‟interno dei paesi Nato doveva invece servire per stabilizzare l‟alleanza attravero
azioni di destabilizzazione interna.
Se questa era la situazione internazionale e americana, ci furono anche tra il 1967 e il
1968 almeno tre episodi all‟estero che avrebbero influenzato la storia italiana per diversi
6
Cfr. Giuseppe Mammarella, Storia degli Stati Uniti dal 1945 a oggi, Laterza, Roma, 1992, p. 365.
7
La verità venne a galla grazie al lavoro investigativo di due giornalisti del «Washington Post»: Bob
Woodward e Carl Bernstein. La loro storia è stata interpretata magistralmente da Dustin Hoffman e
Robert Redford nel film vincitore di quattro Oscar: Tutti gli uomini del Presidente (All the President’s
Men), Alan J. Pakula, Usa, 1976.
9
anni: il colpo di stato dei colonnelli in Grecia, la Rivoluzione culturale in Cina e
l‟invasione della Cecoslovacchia da parte delle truppe del Patto di Varsavia.
Partiamo dalla Grecia. Questa era situata in una posizione di confine con il blocco
sovietico e con la Jugoslavia di Tito. Inoltre, molto forti erano le forze dei partigiani
comunisti che prima avevano cacciato le forze naziste, poi si erano scontrate con le
truppe britanniche. La Grecia ricadeva infatti nella sfera d‟influenza britannica in base
all‟accordo raggiunto tra Churchill e Stalin nell‟ottobre del 1944. Rimaneva comunque
una zona delicata, di confine. In virtù della “dottrina Truman”, gli statunitensi,
sostituitisi ai britannici nell‟area, inviarono sostanziosi aiuti economici (250 milioni di
dollari) alla Grecia, e lo stesso fecero con la Turchia; entrambe poi, sarebbero entrate a
8
far parte dell‟Alleanza Atlantica nel 1952. Il sistema politico venne rovesciato il 21
aprile del 1967 da un colpo di Stato militare (piano “Prometeo”), dopo una “strategia
della tensione” composta da attentati dinamitardi. La giustificazione dell‟intervento
armato era una fantomatica minaccia comunista. La “dittatura dei colonnelli”, un regime
nazionalista di destra caratterizzato da una durissima repressione verso l‟opposizione
democratica, sarebbe durata fino al 1974, quando fallì il tentativo di strappare
interamente Cipro ai turchi. Si sarebbe scoperto dopo che il principale finanziatore del
golpe greco era stato Michele Sindona e che non mancarono aiuti da parte
dell‟intelligence americana e di quella italiana. La controinformazione militante poi,
avrebbe svelato l‟esistenza di una rete internazionale sovversiva, che collegava tra loro
la Cia, i servizi segreti greci (Kyp) ad essa affiliati e incaricati di occuparsi della
“questione italiana”, una lega di studenti greci fascisti in Italia (Esesi) e le
organizzazioni della destra eversiva italiana. L‟uomo del Kyp incaricato della
“questione italiana” ed esperto di “strategia della tensione” sarebbe stato identificato
9
dalla controinformazione: Kostas Plevris. Il pericolo di una svolta alla greca in Italia
sarebbe diventato concreto, almeno secondo la controinformazione militante, dopo la
10
strage di Piazza Fontana.
8
William Keylor, Un mondo di nazioni: l’ordine internazionale dopo il 1945, a cura di Daniela Vignati,
Guerini Scientifica, Milano, 2007, p. 33.
9
Il ruolo giocato da Plevris viene scoperto prima dagli autori di La strage di Stato, poi confermato dal
«Bcd» nell‟articolo: Kosta Plevris messaggero del caos, «Bcd», n. 29, 7 maggio 1973, pp. 13-14.
10
AA.VV., La strage di Stato, Samonà e Savelli, Roma, 1970, pp. 85-96. A questa fondamentale contro-
inchiesta della controinformazione militante sarà dedicato il paragrafo 1.5
10
Una forte ripercussione mondiale ebbero i fatti del 1968 in Cecoslovacchia. Qui, il
leader dei comunisti cecoslovacchi, Aleksander Dubček, aveva provato ad avviare delle
riforme politiche e socioeconomiche in netta contrapposizione con l‟ortodossia
sovietica. Aveva cercato di introdurre il pluralismo politico ed economico, un‟ampia
libertà di stampa e di opinione. La “primavera di Praga” venne inevitabilmente repressa
dall‟Urss, che inviò le proprie truppe a occupare la capitale cecoslovacca nella notte tra
il 20 e 21 agosto del 1968, instaurando un nuovo governo filosovietico; Mosca non
poteva tollerare il dissenso nei paesi del Patto di Varsavia, per evitare un pericoloso
11
precedente. Fu un episodio emblema del Sessantotto, in cui gli studenti dissidenti di
ogni paese occidentale solidarizzarono con i comunisti cecoslovacchi. Mosca cominciò
a diventare l‟emblema della repressione e dell‟intolleranza. Inoltre, l‟invasione sovietica
provocò ulteriori spaccature all‟interno della sinistra italiana e del Pci; quest‟ultimo,
come vedremo, esprimerà il proprio dissenso per l‟ingerenza sovietica, senza però
emanciparsi completamente da Mosca.
In Cina intanto era in corso la “Grande rivoluzione culturale proletaria”, conosciuta
semplicemente come “Rivoluzione culturale” (1966-1968). Fu un‟eplosione di dissenso
giovanile apparentemente spontaneo, ma in realtà guidato dall‟alto, per rafforzare la
leadership di Mao Zedong messa in discussione all‟interno del partito dai sostenitori
della linea favorevole alla cooperazione coi sovietici. Protagonisti di questa
“rivoluzione” furono le “guardie rosse”, studenti universitari radicali che davano la
caccia ai presunti “revisionisti borghesi”, mettendo sotto accusa sia insegnanti che
dirigenti di parito, sia intellettuali che artisti. Gli obiettivi del movimento erano:
ostacolare il revisionismo, eliminare ogni residuo culturale borghese e mettere “la
politica al comando” per realizzare una trasformazione nella mentalità collettiva che
avrebbe portato al comunismo. Gli episodi di violenza, tortura e di internamento furono
moltissimi; si arrivò persino sull‟orlo della guerra civile. Mao allora decise nel 1968 di
reprimere la “Rivoluzione” utilizzando l‟Armata popolare: le “guardie rosse” furono
12
allontanate dalle città e rieducate attraverso lo studio del “libretto rosso”. Il risultato fu
l‟eliminazione degli avversari interni filosovietici di Mao e l‟illusione all‟estero di aver
trovato una strada da emulare per giungere rapidamente al comunismo.
11
William Keylor, op cit. p. 236.
12
Si veda John A. G. Roberts, Storia della Cina, Il Mulino, Bologna, 2007, pp. 352-360.
11
Questa era la situazione internazionale alla vigilia e durante la contestazione
studentesco-operaia italiana del biennio 1968-1969. Il mito sovietico era ormai
13
tramontato. Dopo l‟intervento in Cecoslovacchia e lo scontro frontale con la Cina,
Mosca aveva perso popolarità tra i movimenti della Nuova sinistra, anche perchè le
veniva contestato il ruolo di Stato-guida. Invece, si era creato un vero e proprio mito
cinese: Mao, assieme a Ho Chi Minh e Che Guevara, sarebbe diventato una delle icone
del Sessantotto. La “Rivoluzione culturale” cinese veniva interpretata in Occidente
come un esempio di “rivoluzione ininterrotta”, simile a quella “permanente” di
14
Trotzsky, che avrebbe investito inesorabilmente tutto il mondo. Palese quindi era
l‟antitesi con la politica internazionale sovietica della “coesistenza pacifica” con i paesi
capitalisti. Si creò così l‟illusione nei militanti occidentali di estrema sinistra che la
rivoluzione fosse imminente e che, seguendo il modello cinese, bastasse rovesciare la
cultura dominante attraverso l‟ideologia o anche l‟uso della forza, per creare una società
nuova, basata su un sistema economico socialista. Il primato della politica
sull‟economia, di eredità staliniana, era in realtà in contraddizione con il pensiero
originale di Karl Marx, secondo cui l‟economia è la struttura su cui si fonda la cultura e
15
la politica.
1.2 La situazione politica in Italia durante la
contestazione
La situazione politica in Italia alla vigilia del biennio della contestazione studentesco-
operaia era molto critica. Infatti, la coalizione di Centro-sinistra si trovava ormai in
crisi. Il “quadripartito” (Democrazia cristiana, Partito socialista, Partito socialdemocrati-
co, Partito repubblicano), non era riuscito più a essere in grado di attuare un programma
di riforme necessarie per far fronte agli squilibri socio-economici provocati dal
“miracolo economico”.
Il Centro-sinistra era nato nel 1962 con il IV governo di Amintore Fanfani, un
“tripartito”(Dc, Pri e Psdi), sostenuto esternamente dal Psi, che concordava con gli altri
13
Lo scontro politico tra Pechino e Mosca sarebbe sfociato in una guerra reale sui fiumi Amur e Ussuri
nel 1969.
14
Aurelio Lepre, Storia della prima Repubblica, Il Mulino, Bologna, 2004, pp. 229-231.
15
Cfr. Aurelio Lepre, op. cit., pp. 238-240.
12
tre partiti su un programma riformatore che avesse lo scopo di controllare lo sviluppo
economico. Questa coalizione si era formata dopo la “crisi del 1960”, in cui si era
evidenziata l‟impossibiltà da parte della Dc di aprire a destra per allargare la
maggioranza governativa. L‟anno che intercorse tra il governo Fanfani e il primo
esecutivo di “Centro-sinistra organico” presieduto da Aldo Moro che includeva i
socialisti, fu l‟unica fase reale delle riforme: fu nazionalizzato il settore energetico
(Enel), venne riformato il sistema scolastico con la scuola media unica e introdotta
un‟imposta sui titoli azionari. L‟attivismo governativo spaventò i settori più
conservatori della società italiana, mentre era in corso una congiuntura economica
negativa; per paura di ulteriori novità sul piano fiscale di matrice socialista, cominciò la
fuga dei capitali all‟estero, per la precisione in Svizzera. Ma un inequivocabile segnale
venne nel luglio del 1964, quando il governo era entrato in crisi per divergenze tra
democristiani e socialisti sull‟attuazione della riforma urbanistica e per il finanziamento
alle scuole private.
In questo momento di crisi, il generale dell‟Arma dei Carabinieri Giovanni De
Lorenzo, già capo del Sifar (Servizio informazioni forze armate) tra il ‟56 e il „62, stava
preparando un piano “anti-insurrezionale”, in cui avrebbe utilizzato una nuova brigata
meccanizzata da lui introdotta. Il Presidente della Repubblica Antonio Segni, eletto
anche coi voti missini e monarchici come baluardo contro una “deriva” a sinistra, da
sempre avverso ai socialisti e favorevole a una svolta presidenzialista di stampo gollista,
nell‟ipotesi di un‟apertura a destra, voleva evitare un nuovo caso Tambroni. Per questo
motivo e anche per paura, alimentata dagli incontri con De Lorenzo, di una possibile
insurrezione rossa, l‟anziano Segni avallò la preparazione di un piano antisommossa del
generale. Non mancarono certo appoggi da parte della Cia, che avrebbe organizzato
un‟operazione simile in Grecia nel 1967 (piano “Prometeo”). Al progetto di golpe
avrebbero dovuto partecipare solo i carabienieri, per arrestare e internare a Capo
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Marrargiu alcuni sindacalisti e uomini politici considerati sovversivi (il Sifar aveva
raccolto ben 157.000 fascicoli) e occupare le prefetture, la Rai, le sedi dei sindacati, dei
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partiti e dei giornali. Tuttavia il progetto di De Lorenzo non si realizzò e l‟opinione
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Base militare in Sardegna che sarebbe diventata celebre per il caso Gladio.
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Giuseppe De Lutiis, Storia dei servizi segreti in Italia, Editori Riuniti, Roma, 1991, pp. 54-86; Cfr.
anche Paul Ginsborg, Storia dell’Italia dal dopoguerra ad oggi, Einaudi, Torino, 1989, pp. 373-377.
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pubblica non seppe nulla per tre anni, finchè non verrà pubblicata un‟inchiesta di Lino
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Jannuzzi su «L‟espresso» diretto da Eugenio Scalfari.
Ma lo scopo era stato raggiunto: la minaccia dell‟intervento militare influenzò
notevolmente l‟azione di governo, in cui Moro doveva frenare le richieste dei socialisti,
rientrati al governo grazie alla capitolazione di Pietro Nenni sul versante delle riforme,
che venivano ritardate. Lo stesso Nenni, per motivare tale débacle politica duramente
criticata dall‟interno del suo partito, scrisse un allarmante articolo sull‟«Avanti!» del 26
luglio 1964:
La sola alternativa che si è delineata nei confronti del vuoto di potere conseguente a una rinuncia del
centro-sinistra è stata quella di un governo di emergenza, affidato a personalità cosiddette eminenti, a
tecnici, a servitori disinteressati dello stato che, nella realtà del paese qual è, sarebbe stato il governo
delle destre, con un contenuto fascistico-agrario-confindustriale nei cui confronti il ricordo del luglio
1960 sarebbe impallidito.
Negli anni seguenti, in cui si susseguirono altri due governi di Centro-sinistra presieduti
sempre da Moro (1964-1968), non ci fu alcuna attività legislativa di rilievo. Trionfò
l‟immobilismo più completo, chiamato moderatismo, che persisteva ancora alla vigilia
delle elezioni politiche del 1968.
Le elezioni del 19-20 maggio 1968 segnarono un indebolimento della coalizione di
Centro-sinistra (meno 4 punti percentuali); la Dc salì al 39,1 per cento; crollarono i
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socialisti (il nuovo Psu ottenne solo il 14,5 per cento); il Pci avanzò al 26,9 per cento.
Era evidente che usciva confermata la configurazione che Giorgio Galli ha definito
“bipartitismo imperfetto”: «Il rapporto di forze tra Dc e opposizione di sinistra si è
tradotto in un sistema politico nel quale la Dc è per definizione partito di governo e il
Pci è per definizione partito di opposizione (ma che non può mai diventare di
20
governo)». Questa anomalia italiana da una parte non permetteva il funzionamento del
virtuoso meccanismo dell‟alternanza al governo tra maggioranza e opposizione,
dall‟altra, nemmeno un rinnovamento del ceto politico dirigente, che proveniva sempre
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Lino Jannuzzi, Finalmente la verità sul Sifar. 14 luglio 1964: complotto al Quirinale. Segni e De
Lorenzo preparavano il colpo di Stato, «L‟espresso», 14 maggio 1967. Jannuzzi e Scalfari sarebbero stati
poi querelati dal generale De Lorenzo.
19
Simona Colarizi, Storia politica della Repubblica 1943-2006, Editori Laterza, Roma-Bari, 2007, pp.
98-99.
20
Giorgio Galli, Dal bipartitismo imperfetto alla possibile alternativa, Il Mulino, Bologna, 1975, p. 45.
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dalla Dc o si formava attraverso successive cooptazioni nel polo da essa guidato.
Inoltre, l‟assenza di una reale alternativa di governo, aveva prodotto una Dc «senza
paura di perdere le elezioni», quindi non interessata a cambiare lo status quo, in modo
da mantenere il potere ininterrottamente per decenni, favorita non solo dal fatto che il
Pci era considerato ancora “eversivo”, ossia anticapitalistico e antisistema, ma anche dal
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“frammentarismo politico” italiano. In sintesi, l‟area di rappresentanza non
corrispondeva a quella della legittimità a governare; ciò implicava che in un contesto in
cui crescevano i partiti estremisti, il Pci a sinistra e il Msi a destra, il sistema rischiava
di paralizzarsi in seguito alla riduzione dell‟area di legittimazione.
Il sistema era dunque bloccato e la politica era sempre più lontana dal paese reale. I
socialisti avevano provato a creare una terza forza politica che sbloccasse il sistema,
attraverso la fusione del Psi e del Psdi e la nascita del Partito socialista unitario (Psu)
nel 1966. L‟intento di Nenni era quello di creare una forza socialdemocratica e
riformatrice al centro dell‟asse Dc (destra)-Pci (sinistra). Ma la configurazione bicefala
del Psu, che aveva due segretari, Francesco De Martino e Mario Tanassi, era destinata a
portare a contrasti interni insanabili, tra i socialisti sostenitori del marxismo e
dell‟antiamericanismo e i seguaci filoamericani di Giuseppe Saragat (Presidente della
Repubblica dal 1964 alla fine del 1970). Un anno dopo il tracollo elettorale del 1968 ci
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sarà una nuova scissione.
Alle elezioni del 1968 era uscita sconfitta la coalizione di Centro-sinistra e con essa
aveva perso anche Moro. Seguì un governo monocolore Dc presieduto da Giovanni
Leone, in attesa che i socialisti decidessero se promuovere il “disimpegno” o ritornare
nella maggioranza. Nel dicembre 1968 si ricomponeva il Centro-sinistra ormai esangue
con una nuova formazione presieduta da Mariano Rumor, che promise una riforma delle
pensioni e l‟istituzione di una commissione parlamentare sul “caso Sifar”. Moro aveva
sempre bloccato tale iniziativa. La commissione terminò i lavori nel marzo 1970: la
relazione di maggioranza negava che ci fosse stato un tentativo di golpe nel 1964,
mentre quella di minoranza faceva intendere il contrario. «Ma gli italiani avevano ormai
scoperto il maleodorante retrobottega dei servizi segreti e impararono a dubitare di
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Cfr. Giorgio Galli, op. cit., pp. 62-63.
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Si veda Francesco Barbagallo, L’Italia repubblicana, Carocci, Roma, 2009, pp. 84-88.
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