INTRODUZIONE
Le scienze psicologiche, fin dai loro esordi, hanno dato sempre più peso e spazio al
concetto di trauma psichico, riconoscendo la valenza del suo impatto sulle diverse
dimensioni psichiche dell’essere umano: il trauma ha conseguenze importanti sulle diverse
sfere dell’individuo che lo subisce, come quella relazionale, emotiva e comportamentale.
Questo tipo di influenza è ormai un elemento certo e fondante della psicologia moderna, che
ad oggi concentra i suoi studi sull’analisi delle diverse modalità attraverso cui il soggetto
traumatizzato manifesta le ripercussioni dell’esperienza traumatica.
Il presente lavoro si propone di analizzare il concetto di coazione a ripetere il trauma,
riferito in modo specifico al trauma da abbandono vissuto dai soggetti adottati: in particolare
verranno analizzate, in chiave psicodinamica, le modalità attraverso cui questi soggetti
tentano di rielaborare il trauma dell’origine. Questo viene fatto anche attraverso la
ripetizione dell’evento traumatico: i soggetti traumatizzati infatti tenderebbero a ripetere il
trauma riproducendo le stesse condizioni o attuando comportamenti simili a quelli messi in
atto nella situazione traumatica originaria, che causano una sofferenza supplementare che
rinforza il trauma stesso (Van der Kolk, 1989; Zellner, 2014; Di Nuovo, 2017).
Il concetto di coazione a ripetere verrà sviluppato partendo dalle prime teorizzazioni
di Sigmund Freud riguardo al trauma psichico (Freud, 1892, 1892-97, 1896), fino a giungere
ai suoi ultimi contributi (Freud, 1899, 1914, 1919, 1920, 1925), che hanno aperto la strada
ad una visione del concetto di coazione a ripetere di più ampio respiro, sviluppata
successivamente dalla psicoanalisi relazionale (Ferenczi, 1934;Fairbrain, 1970; Khan,
1974).Successivamente si analizzerà il trauma dell’abbandono vissuto dai soggetti adottati,
e come questo influenza in particolar modo le loro dinamiche relazionali (Di Sauro e
&Marchegiani, 2008; Schlesnger, 2013;); questa analisi verrà fatta prendendo in
considerazione il periodo dell’adolescenza (Chistolini, 2010;Palmonari, 2010; Paradiso,
2010, 2015), che nel caso dell’adozione risulta essere più complesso.
L’elaborato si concentrerà su quei comportamenti e quelle dinamiche che si
manifestano durante l’adolescenza, età critica per i soggetti adottati. Questa fase è
fondamentale per lo sviluppo di qualsiasi persona, in quanto è caratterizzata dall’attivazione
del processo di ridefinizione dell’identità: i soggetti adottati come tutti gli altri attuano questo
processo, ma nel loro caso è estremamente più complicato in quanto, in età infantile, gli è
mancata la figura di riferimento primaria.
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Il lavoro si concluderà con alcune riflessioni e ipotesi di intervento su come poter
sostenere sia i ragazzi adottati che i genitori adottivi, in modo da poter superare nel modo
più funzionale possibile questo momento importantissimo della crescita (Zavattini, 2009;
Chistolini, 2010; Paradiso, 2015). In particolare verranno esposte le tecniche di fiabazione,
tecniche usate in ambito terapeutico con in bambini e con gli adolescenti, con lo scopo di
aiutarli nel processo di costruzione della propria identità, attraverso la presentazione di
personaggi particolari e di storie costruite sulla base dello stesso soggetto (Di Renzi &
Magda, 2005; Sordano, 2006; Barone, 2008; Centonze, 2014).
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Capitolo 1: Il trauma psichico
1.1 Il concetto di trauma nel pensiero di Freud
Il concetto di trauma psichico ha un ruolo centrale nella teoria psicoanalitica di Freud, in
quanto considerato elemento fondante nell’eziopatogenesi di tutte le psiconevrosi. Il
pensiero dell’autore rispetto a questo argomento è cambiato in modo considerevole durante
il periodo della sua attività, passando da un approccio strettamente economico riferito agli
studi sull’isteria (Freud, 1892), dove predomina l’ottica teorica della seduzione infantile, ad
un approccio più dinamico, dove acquista importanza nella comprensione delle
manifestazioni psicopatologiche la realtà psichica del soggetto, ovvero la vita fantasmatica
(Freud, 1925)
In questo paragrafo verranno esposte le varie teorizzazioni di Freud rispetto a questo
argomento, in modo da esporre lo sviluppo del suo pensiero riguardo il concetto di trauma.
All’inizio i suoi studi sul trauma si riferivano esclusivamente a quelli riferiti all’isteria, in
quanto Freud era interessato a scoprire la causa originaria del sintomo isterico: portando
avanti le sue ricerche e gli incontri con i suoi pazienti, ipotizzò che ciò che provocava il
sintomo era un eccesso di eccitazione pulsionale dato da affetti, legati al singolo evento,
troppo forti da sopportare. Questi, non potendo essere scaricati in maniera adeguata,
dovevano essere riversati all’esterno in un altro modo, ovvero attraverso i comportamenti
caratteristici dell’isteria (Freud, 1892-95; 1896).
Freud si concentrò su quei traumi riferiti all’età infantile, in particolare i traumi di
natura sessuale, a suo parere subiti in modo del tutto involontario dal soggetto ancora non in
grado di saper affrontare la situazione: i soggetti quindi in qualche modo vengono “sedotti”
da terze persone e per questo motivo Freud, nella Minuta K inviata a Fliess nel 1895, parla
di “seduzione infantile” (Freud, 1892-97). Freud non si riferisce a violenze fisiche, anche se
sicuramente queste rientrano nell’insieme dei traumi sessuali, ma parla di eventi in cui il
bambino ha provato un eccitamento sessuale del tutto automatico e involontario che
inevitabilmente ha provocato un piacere che però non può essere accettabile e che quindi
deve essere rimosso.
Attraverso i colloqui con i sui pazienti, (Freud, 1897) capisce che parte dei ricordi
legati al trauma sono in realtà ricostruzioni fantasiose del soggetto, che vengono confuse con
accadimenti reali. In altri termini, Freud inizia, a partire da questo momento, ad ipotizzare
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che non sempre i traumi sessuali riferiti dalle pazienti corrispondano ad una situazione
traumatica realmente vissuta, ma ad una realtà psichica.
Freud si interroga sulla funzione di queste fantasie e sulla loro genesi: a suo parere
queste nascono dalla necessità dell’Io di modificare un ricordo che altrimenti sarebbe troppo
negativo per il soggetto, e si formerebbero attraverso processi di “frammentazione” e
“fusione” delle piccole porzioni del ricordo (Freud, 1897). Attraverso questa scoperta Freud
comincia a dare sempre più importanza alla valenza soggettiva dell’evento traumatico e alle
capacità e meccanismi, sia inconsci che non, che il paziente mette in atto quando si trova in
situazioni troppo difficili da affrontare.
Seguendo questo ragionamento Freud capisce anche che il trauma sembrerebbe
seguire il tempo in modo circolare e non lineare: infatti a suo parere il trauma può essere
rivissuto nel presente attraverso la sua riattivazione. In particolare Freud parla della
retroattività del trauma, il quale pur non venendo ricordato a livello conscio, può essere
recuperato e riattivato in modo da provocare conseguenze sul presente.
Nel 1925 Freud scrive “Inibizione, sintomo e angoscia” e passa definitivamente dal
concetto di evento traumatico a quello di situazione traumatica; in particolare evidenzia
alcune situazioni traumatiche che a suo parere sono universali e che si differenziano in base
al significato che ogni individuo gli dà: tra queste ci sono il complesso di Edipo, il complesso
di castrazione o il lutto. In generale queste situazioni sono caratterizzate dalla sensazione di
impotenza che prova il soggetto e che successivamente provoca angoscia. L’angoscia è
l’elemento cardine del trauma ed è legata al pericolo, che altro non è se non una minaccia
alla salute dell’Io: secondo Freud l’angoscia è il filo rosso del trauma, è ciò che gli dà la
capacità di poter essere riattivato in momenti successivi a quello originario. Secondo l’autore
infatti nel momento originario l’angoscia è conseguenza del pericolo; invece nei momenti
successivi l’angoscia diventa il segnale che fa percepire il pericolo, che viene riconosciuto
simile a quello legato al primo evento traumatico: quindi l’angoscia è quella sensazione
spiacevole che lega due momenti lontani nel tempo.
Di seguito verranno argomentate in modo meno sintetico le diverse fasi dello
sviluppo del pensiero freudiano riguardo al concetto di trauma, considerando gli anni dal
1892 al 1925. In questo tempo Freud ha rivoluzionato completamente la sua teoria
psicoanalitica, passando da una concezione esclusivamente basata sui processi interni al
soggetto, a una più dinamica e relazionale.
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1.1.1. Trauma come eccesso di eccitazione
Le prime teorizzazioni di Freud riguardo il concetto di trauma psichico nascono dagli
studi sull’isteria: Freud cercò di scoprire il motivo, quindi la causa primaria, dei sintomi
caratterizzanti questa malattia, partendo dal presupposto che deve esserci stato un evento
originario che ha scatenato per la prima volta la reazione sintomatica (Freud, 1892).
Per fare ciò inizia a ricercare la connessione tra l’evento originario e il sintomo
manifesto: partendo dagli studi riferiti alle nevrosi traumatiche, osserva che nella maggior
parte dei casi non è la lesione fisica ad aver causato la malattia nel paziente, ma lo spavento,
l’emozione riferita ad un particolare evento, che ha provocato un eccesso di eccitazione che
non è stata scaricata in modo funzionale. In questo senso afferma che ciò che deve essere
considerato trauma psichico non è l’evento in sé, ma l’affetto da questo provocato (Freud,
1892). Ma questa connessione non va interpretata come se fosse l’evento specifico ad avere
delle ripercussioni sul futuro del paziente: infatti ciò che è “agente attualmente efficiente” è
il ricordo del trauma che fa persistere il sintomo. Il ricordo del trauma ha una forte valenza
psichica in quanto è carico degli affetti dell’evento: qualsiasi esperienza, sia positiva che
non, viene ricordata se ad essa viene associata una percezione emotiva, che sembrerebbe
essere immune dagli effetti del tempo. Attraverso ciò che i suoi pazienti riportavano durante
la terapia, Freud ipotizzò che la prima causa etiologica dell’isteria, della nevrosi ossessiva e
della paranoia, fosse un trauma sessuale infantile: infatti la maggior parte dei soggetti malati
raccontavano di esperienze sessuali, non per forza violenze, vissute in età precoce. Queste
esperienze erano vissute in modo passivo dal soggetto: l’eccitazione sessuale era una risposta
naturale e fisiologica degli organi genitali a una stimolazione, e proprio per questo motivo
si parla di seduzione, in quanto il soggetto ha subito un’azione.
Ma perché il ricordo del trauma viene conservato? Freud sostiene che questo avviene
poiché gli affetti riferiti al trauma non sono stati sufficientemente scaricati, ovvero non c’è
stata una reazione adeguata all’evento. Freud aggiunge che probabilmente questo è accaduto
poiché il trauma è sorto in “occasione di emozioni gravemente paralizzanti” (Freud, 1892),
quindi è stato impossibile avere una reazione attraverso l’ebrazione o l’elaborazione
associativa.
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