opposte: quelle di flessibilità delle imprese da un lato, e quelle di tutela
e garanzie del lavoratori dall’altro.
L’attuale formulazione dell’art. 2112 c.c., norma che garantisce ai
lavoratori la conservazione dei diritti derivanti dal rapporto di lavoro,
anche dopo il mutamento soggettivo della controparte, è il risultato di
una serie di interventi legislativi che hanno via via apportato
sostanziali modifiche all’impianto originario della norma. L’ultima di
queste è intervenuta ad opera dell’art. 32 del d.lgs. n. 276/2003, c.d.
legge Biagi (come modificato dal c.d. “decreto correttivo legge Biagi”
d.lgs. 251/2004)
3
.
Con questa tesi, intendo affrontare ed analizzare le problematiche
riguardanti le diverse fattispecie che rientrano nella nozione di
trasferimento di azienda con riferimento alle direttive comunitarie ed
alla legislazione nazionale.
Partendo dal concetto di azienda attraverso la definizione fornita
3
PICCIOLI S., “Il trasferimento d’azienda”, www.csmb.unimo.it.
5
dall’art. 2555 c.c., verrà successivamente esaminata la norma
contenuta nell’art. 2112 c.c. e le relative modifiche operate nel nostro
ordinamento dal recepimento delle direttive CE e dal decreto attuativo
della c.d. legge “Biagi”, per poi passare ad approfondire gli effetti del
trasferimento d’azienda sui rapporti di lavoro, che vanno dalla
conservazione dei diritti dei lavoratori ai licenziamenti. Con uguale
importanza verranno affrontate le procedure sindacali e la
contrattazione collettiva, aggiungendo cenni sull’incidenza del
trasferimento d’azienda sui rapporti previdenziali.
Infine particolare attenzione sarà rivolta alla disciplina del
trasferimento di un ramo di azienda, analizzando le conseguenze in
materia di tutela dei lavoratori in seguito alla modifiche apportate
all’art. 2112 c.c. dalla legge “Biagi”.
6
Cap. 1 - Evoluzione legislativa dell’istituto del trasferimento di
azienda
Premessa
La materia del trasferimento d’azienda è disciplinata nel nostro codice
dall’art. 2112 c.c. che, rispetto al testo originario, è stato novellato
prima dall’art. 47, legge 29 dicembre 1990, n. 428, poi dal d.lgs. 2
febbraio 2001, n. 18 e infine dal d.lgs. 10 settembre 2003, n.276.
Tali modifiche sono state necessitate dall’adeguamento della disciplina
italiana alla normativa comunitaria: la legge del 1990 ha infatti
recepito la direttiva n. 77/187/CEE del 14 febbraio 1977 e il decreto
del 2001 è stato adottato in attuazione della successiva direttiva n.
98/50/CE del 29 giugno 1998, che ha novellato in modo sostanziale la
direttiva del 1977; successivamente alla direttiva n. 98/50/CE, è stata
adottata la direttiva n. 2001/23, anche se in realtà la stessa non ha
apportato modifiche sostanziali alla versione del 1998, ma ha
7
semplicemente provveduto a codificare la normativa comunitaria in
materia di trasferimento d’impresa.
Le norme, sia comunitarie che nazionali, in materia di trasferimento di
azienda hanno lo scopo di tutelare i lavoratori nelle situazioni in cui
muta la titolarità della stessa, assicurando ad essi la continuità del
rapporto di lavoro
4
.
Il concetto di impresa e di azienda (artt. 2082 e 2555 c.c.)
Uno studio dedicato all’esame della disciplina predisposta
dall’ordinamento in caso di trasferimento di un complesso aziendale,
pur se limitato ai riflessi che da essa derivano sul rapporto di lavoro,
dovrebbe necessariamente prendere le mosse dalla precisazione dei
contorni giuridici della nozione di azienda sulla base delle norme
contenute nel capo I del Titolo VII del Codice civile
5
.
4
FORTI V., “Trasferimento di azienda e rapporti previdenziali: profili di diritto interno e
comunitario” in RDSS 2007 fasc. 1 pag. 129-130.
5
ROMEI R., “Il rapporto di lavoro nel trasferimento dell’azienda”, Giuffrè, Milano 1993,pag.3.
8
L'art. 2555 c.c. definisce l'azienda come "il complesso dei beni
organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa".
La nozione codicistica rivela come l’azienda assurga a bene
giuridico qualificato nella misura in cui può rappresentare uno
strumento atto a permettere l'attività dell'imprenditore, o più
precisamente l’attività d’impresa. Azienda ed impresa hanno quindi
significati giuridicamente vicini: la prima è "un complesso di beni
organizzati", mentre la seconda si può ricavare indirettamente
dall’art. 2082 c.c. e può essere rappresentata come una entità
economica organizzata al fine della produzione e dello scambio di
beni o di servizi
6
.
In questo senso, dunque, le nozioni di azienda ed impresa sono, da un
lato strettamente correlate, e, dall’altro, nettamente distinte. Può
figurativamente descriversi il fenomeno relazionale tra le due entità
come di mezzo a fine, quantomeno nel senso che l’azienda è
finalizzata all’esercizio di un’impresa e costituisce l’apparato materiale
6
Azienda, trasferimento d’azienda e tutela dei lavoratori in www.knowfor.it
9
di cui l’imprenditore deve avvalersi per il compiuto esercizio della sua
attività
7
.
Con riferimento a quali siano i beni che è possibile far rientrare
nell’ambito del “complesso di beni”, e quali gli elementi essenziali che
compongono l’azienda perché si possa parlare di “azienda” e di
trasferimento della stessa, si sono susseguite diverse concezioni nel
tentativo di chiarire quanto taciuto dall’art.2555 c.c.
8
.
La giurisprudenza
9
e la dottrina prevalenti considerano "bene
aziendale" ogni elemento patrimoniale facente capo all'imprenditore
nell'esercizio della propria attività, e più in generale tutto ciò che può
costituire oggetto di tutela giuridica. In tale accezione rientrano
nell'organizzazione aziendale anche i rapporti contrattuali stipulati per
l'esercizio dell'impresa, i crediti verso la clientela ed i debiti verso i
fornitori, l'avviamento ed i rapporti di lavoro con il personale
10
.
7
DUI P., “Outsourcing ed esternalizzazioni tra diritto commerciale e diritto del lavoro”, Giuffrè,
Milano 2007, pag. 5.
8
PRATI L., “Il trasferimento d’azienda”, Giappichelli Editore, Torino 2005, pag. 7.
9
Cass. 6 dicembre 1995, n. 12575 e Cass. 26 gennaio 1971, n. 174.
10
Azienda, trasferimento d’azienda e tutela dei lavoratori in www.knowfor.it
10
Se si fa eccezione per la norma definitoria contenuta nell’art. 2555
c.c.- rilevante sotto il profilo strutturale, e cioè degli elementi
costitutivi il complesso aziendale - la normativa contenuta nel Codice
civile prende in considerazione l’azienda essenzialmente da un
punto di vista dinamico, regolando cioè le conseguenze che si
producono nell’ipotesi in cui si proceda ad una sua alienazione ovvero
ad una sua concessione in affitto o in usufrutto. L’importanza
nell’economia della disciplina giuridica dell’azienda trova conferma
nel fatto stesso che il trasferimento d’azienda sia una vicenda presa in
considerazione da una serie di altre disposizioni, tra le
quali rientra naturalmente l’art. 2112 c.c., che si distaccano dalla
disciplina “generale” contenuta negli articoli del codice civile
successivi all’art. 2555 c.c.
11
.
11
ROMEI R., “Il rapporto di lavoro nel trasferimento dell’azienda”, Giuffré, Milano 1993, pag. 4
11
La nozione di trasferimento
L’interpretazione del termine “trasferimento” nella disciplina dell’art.
2112 c.c. è, in definitiva, una delle operazioni meno problematiche tra
quelle connesse al tema odierno.
La dottrina si è in parte divisa sulla possibilità di ricondurre alla norma
soltanto le ipotesi di trasferimento volontario del complesso aziendale
oppure anche quelli coattivi. Ai commentatori che l’hanno ritenuta
applicabile ai soli negozi traslativi inter vivos
12
se ne affiancano infatti
altri che, soprattutto a partire dalla Direttiva 77/187/CEE, l’hanno
invece ritenuta estensibile ad una nozione più ampia, comprensiva
d’ogni caso di modificazione soggettiva della titolarità dell’impresa.
V’è chi invece ha proposto una via intermedia e più pragmatica,
suggerendo di verificare in concreto se, in presenza d’una traslazione
coattiva, la continuazione dei rapporti di lavoro sia prevista da una
12
GRANDI M., “Le modificazioni dei rapporto di lavoro”, I, Milano, 1972, pag. 299; MAGRINI
S., “La sostituzione soggettiva nel rapporto di lavoro”, Milano, 1980, pag. 117.
12
norma di legge speciale o se, altrimenti, le modalità della successione
sia compatibile con la disciplina codicistica.
La giurisprudenza ha comunque elaborato una nozione
sostanzialmente unitaria del trasferimento, sia nel profilo oggettivo che
in quello soggettivo. Può darsi per acquisita, dal primo punto di vista,
l’indifferenza del mezzo tecnico usato per attuare la sostituzione del
titolare
13
. Senza ripercorrere analiticamente la casistica che si rinviene
in monografie e commentari, basti ricordare in sintesi che realizzano la
fattispecie di cui all’art. 2112 c.c., secondo la giurisprudenza
prevalente, l’incorporazione societaria, la fusione, l’usufrutto, l’affitto,
il comodato e addirittura la commercializzazione tra aziende del
marchio insieme con alcuni beni strumentali
14
. E’ sufficiente anche un
13
Cass., sez. lav., 5 aprile 1995, n. 3974, in Foro it. 1997, I, 3663.
14
Cass., sez. lav., 14 dicembre 1998, n. 12554, in Giust. civ. 1999, 2, I, 386. Cass., sez. lav. 9
febbraio 2000, n. 1424 ha inserito la cessione del marchio nello spazio applicativo dell’art. 2112
c.c.allorché siano trasferiti anche i diritti di fabbricazione e di vendita in esclusiva.
13
atto negoziale innominato, che porti ad un mutamento della titolarità
dell’azienda lasciandone inalterata la struttura
15
.
La Cassazione ha anche più volte affermato che il fenomeno traslativo
in questione può realizzarsi pure mediante una pluralità di negozi
giuridici tra loro collegati; occorre peraltro un’indagine rigorosa, da
parte del giudice di merito, per accertare l’esistenza del collegamento
negoziale e l’effettiva finalità dell’operazione, al fine di prevenire il
rischio di cessioni d’azienda dissimulate
16
.
Vi restano invece sottratte le vicende in cui il subentro d’un soggetto
avviene non a titolo derivativo, ma originario (come nel caso
dell’attività soggetta a concessione amministrativa), o quelle in cui
la modificazione riguardi la compagine sociale e non il soggetto
giuridico (sono ad esempio le ipotesi della trasformazione di società
o della cessione di pacchetto azionario). Naturalmente non si può
15
Trib. Firenze 29 novembre 2001, in D&L Riv. crit. dir. lav. 2002, n. 2, 390. Cass., sez. lav., 25
gennaio 1999, n. 672 in Riv. It. Dir.lav. 1999, II, 785
16
Cass., sez. lav., 20 aprile 1998, n. 4010, in Giust. civ. Mass. 1998, 835, nonché Cass., sez. lav.,
29 novembre 1996, n. 10688, in Riv. it. dir. lav. 1997, II, 572
14
escludere che, nella regolamentazione di singole vicende successorie,
il legislatore abbia voluto inserire norme speciali di tutela dei diritti dei
lavoratori già occupati nell’impresa. Se ne ha un esempio nella legge
30 luglio 1990, n. 218, la cosiddetta “legge Amato”, sulla
trasformazione degl’Istituti di credito di diritto pubblico in società per
azioni. Da questa ricostruzione discende che non dovrebbe essere
riconducibile all’art. 2112 c.c. l’ipotesi di riapertura dell’azienda da
parte di un nuovo titolare dopo un periodo di chiusura; la cesura
costituita dallo spazio temporale intercorso tra i due momenti è
incompatibile con un istituto che ha per presupposto una sostituzione,
senza soluzione di continuità, nella titolarità del rapporto negoziale.
Decidendo vicende siffatte la giurisprudenza ha comunque lasciato
spazi ad un’indagine sul caso concreto per verificare se l’operazione
non celasse in realtà l’intento fraudolento di alienante ed acquirente
per aggirare la disciplina di legge
17
. La normativa e le decisioni
17
Cass., sez. lav., 6 marzo 1998, n. 2521, in Riv. it. dir. lav. 1999, II, pag. 410; Trib. Milano 22
gennaio 1994, in Lav. giur. 1994, n. 8, pag. 835.
15