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INTRODUZIONE
L’idea di questo elaborato sul servizio della transcreazione è sorta da un forte interesse di scoprire
le dinamiche che sono dietro a un servizio ancora poco conosciuto, sicuramente costoso, ma che ha
le potenzialità per creare una comunicazione promozionale che porta innumerevoli vantaggi.
La pubblicità è una parte fondamentale della comunicazione e del marketing delle imprese e un
aspetto che può contribuire al successo o alla rovina di un’azienda, sia a livello nazionale sia a livello
internazionale. La struttura articolata degli annunci pubblicitari unita al loro intento persuasivo
impone alle aziende che intendono internazionalizzare la pubblicità di considerare l’effetto che questa
ha in tutti i contesti in cui verrà utilizzata.
Il presente elaborato non ha lo scopo di presentare la transcreazione come servizio migliore
nell’ambito della comunicazione internazionale, ma come una valida ed efficace alternativa in quanto
si tratta di un servizio di traduzione creato appositamente per unire le competenze traduttive a quelle
richieste dalla comunicazione pubblicitaria.
Nella prima parte, dopo una breve panoramica sull’evoluzione della pubblicità, vengono descritte
le caratteristiche del linguaggio pubblicitario e la struttura del messaggio. Vengono poi analizzati i
diversi codici coinvolti fino ad arrivare ai modelli teorici che sfruttano la persuasione pubblicitaria.
Successivamente, il discorso si concentra sull’ambito internazionale e su come la globalizzazione
abbia modificato la comunicazione pubblicitaria. In particolare, viene analizzata l’influenza che ha la
cultura nella creazione e nella traduzione degli annunci. Si passa poi alla presentazione della
transcreazione e delle differenze con gli altri servizi offerti dalle agenzie di traduzione, esaminando
nel dettaglio il processo transcreativo e gli elementi che coinvolge. Infine, vengono analizzati alcuni
esempi di transcreazione che sono risultati particolarmente efficaci.
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CAPITOLO 1 – IL LINGUAGGIO PUBBLICITARIO
1.1 L’evoluzione della pubblicità
La pubblicità è una forma di comunicazione usata dalle imprese per raggiungere obiettivi di
marketing: migliorare la percezione del marchio, attirare clienti, incrementare le vendite. Una forma
di comunicazione che non solo è in grado di influenzare le scelte dei consumatori, ma che è a sua
volta influenzata dal contesto in cui questi si trovano e in cui viene sviluppata.
Sulle sue origini esistono due orientamenti
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. Il primo fa risalire le prime forme di pubblicità, seppur
rudimentali, agli antichi greci e romani: con il passaggio dalla vendita per strada a quella in locali
chiusi, i commercianti mettevano all’esterno delle loro botteghe insegne dipinte con brevi iscrizioni
o immagini simboliche per descrivere i loro prodotti e attirare i passanti. Il secondo orientamento,
adottato da molti studiosi del settore, invece fa risalire l’avvento della pubblicità all’invenzione della
stampa a caratteri mobili e allo sviluppo industriale.
La prima vera forma di pubblicità, apparsa alla fine del Seicento nelle gazzette, è stata la réclame,
un annuncio ancora privo di illustrazioni e basato su un testo simile a quello degli articoli giornalistici.
Fino alla metà dell’Ottocento la pubblicità era basata prevalentemente sul testo scritto, mentre con
l’utilizzo della cromolitografia, una tecnica di stampa a colori nata nel 1836, la pubblicità poté fare
sempre più uso delle immagini in quanto il colore permetteva una maggiore efficacia espressiva
rispetto al bianco e nero
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. Il ruolo predominante dell’immagine, capace di comunicare con maggiore
immediatezza, rese necessario semplificare il linguaggio verbale utilizzato: si affermò così l’utilizzo
dello slogan, una frase sintetica in grado di sorprendere e catturare l’attenzione.
Nel Novecento il processo di urbanizzazione moltiplicò le dimensioni e i luoghi in cui
comparivano le pubblicità: i manifesti affissi per le strade diventavano sempre più grandi in modo da
essere notati anche in lontananza e le fiancate dei mezzi pubblici venivano usate come nuovi spazi
pubblicitari. La diffusione della radio prima, e della televisione poi, fece sì che la pubblicità
raggiungesse direttamente l’interno delle abitazioni. In Italia, con l’introduzione del Carosello, la
pubblicità divenne una specie di spettacolo: le battute ripetitive e gli slogan finali entrarono nel
linguaggio comune; tuttavia, non sempre si rivelò efficace, perché lo spettatore veniva sopraffatto
dalla forte personalità del personaggio e non memorizzava il prodotto.
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1
Codeluppi V., Che cos’è la pubblicità, Carocci Editore, Roma, 2019; 15
2
Codeluppi V., ivi; 16-17
3
Codeluppi V., ivi; 29-30
4
La chiusura del Carosello nel 1977 ha permesso ai pubblicitari di esprimersi più liberamente
perché non dovevano più sottostare alle rigide regole temporali per gli spot; inoltre, il processo di
internazionalizzazione permise nuove collaborazioni tra agenzie pubblicitarie e fece sì che gli annunci
diventassero più sofisticati e affascinanti.
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Con l’avvento di Internet e dei mezzi di comunicazione digitali, i messaggi pubblicitari
introducono l’interattività e la personalizzazione: il messaggio raggiunge quasi solo esclusivamente
il potenziale consumatore, che viene invitato all’azione (cliccando su un pulsante viene reindirizzato
direttamente alla pagina degli acquisti online oppure scarica il catalogo dello shop) e contribuisce alla
distribuzione della campagna attraverso la condivisione di post, foto, ecc.
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D’altra parte, la sempre maggiore quantità di annunci pubblicitari ha reso il consumatore quasi
indifferente. Per questo motivo la pubblicità ha dovuto trovare nuove strategie per catturare
l’attenzione: trasmissione di immagini veloci, rapidi cambi di scena, forti emozioni. Le imprese, per
rafforzare i loro messaggi, e assicurarsi che raggiungano i potenziali consumatori, non si limitano a
veicolarli su un unico canale, ma tendono a sfruttare le caratteristiche di più canali, creando annunci
che risultino efficaci e compatti a prescindere dal mezzo di comunicazione utilizzato.
1.2 Il linguaggio pubblicitario
Come abbiamo visto, la pubblicità negli anni si è diffusa su diversi mezzi di comunicazione che
sono in grado di raggiungere i consumatori in qualsiasi momento. Il forte rapporto che si è venuto a
creare tra mezzo e messaggio ha fatto sì che il linguaggio pubblicitario si caratterizzasse come forma
di comunicazione a sé stante con una forte componente persuasiva: facendo leva sul desiderio e su
valorizzazioni di tipo emozionale, parla a ciascun individuo come singolo, non come parte di un
gruppo, sfruttando quegli elementi simbolici e stereotipi culturali con cui i consumatori cercano di
dare un senso alla propria vita e al mondo che li circonda. La pubblicità, quindi, non si limita a far
comprendere determinate informazioni sul prodotto/marca o valorizzarli rispetto ai concorrenti, ma
ha anche l’obiettivo di attirare l’attenzione su quel prodotto/marca, suscitare una reazione emotiva e
stimolare l’azione del consumatore.
Per raggiungere tutti i suoi scopi, la struttura del messaggio pubblicitario si configura come
estremamente complessa; per decodificarla e comprendere non solo la superficie manifesta, ma anche
4
Codeluppi V., ivi; 34
5
Capozzi M.R., La comunicazione pubblicitaria - Aspetti linguistici, sociali e culturali, FrancoAngeli, Milano, 2016;
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5
quella profonda che la determina, entra in gioco la semiotica, ovvero la scienza dei segni (linguistici
o altri).
Ferdinand de Saussure definisce il segno come l’unione di significante e significato, ovvero della
parola e del concetto a cui essa si riferisce. Alla definizione di de Saussure, si aggiunge quella di
Roland Barthes secondo cui il segno è in grado di comunicare qualcosa di più del suo significato
primario: il segno saussuriano, nella sua totalità di significante e significato, costituisce la denotazione
e diventa significante di un nuovo significato più ampio e vago, creando così un segno connotativo.
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Da qui deriva la definizione di segno pubblicitario, ovvero un’immagine, una frase, un marchio, o più
spesso una mescolanza di questi elementi, che sta per il prodotto o la marca pubblicizzati.
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La
connotazione, usata per suggerire significati senza dirli esplicitamente, ha un ruolo molto importante
nel linguaggio pubblicitario ed è per questo che la pubblicità spesso viene associata dai semiologi alla
retorica classica, o arte della persuasione.
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1.2.1 Il messaggio pubblicitario
Il messaggio pubblicitario in generale riprende lo schema della comunicazione elaborato da
Roman Jakobson e si realizza in funzione di quattro variabili: la fonte, il messaggio, uno o più
riceventi e il canale di comunicazione.
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Per fonte, o sorgente, si intende chiunque esprima o difenda
un’opinione; il messaggio è il contenuto della comunicazione che è scritto o parlato a seconda del
canale di comunicazione scelto per veicolarlo; il ricevente è il soggetto a cui è rivolto il messaggio e
che elabora l’informazione. A ogni fattore che costituisce la comunicazione corrisponde una
funzione: funzione denotativa o referenziale, che fornisce informazioni sul prodotto attraverso un
linguaggio privo di ambiguità, banale e immediato; funzione emotiva o espressiva, centrata
sull’emotività del destinatario; funzione estetica o poetica, in cui è la forma con cui è costruito il
messaggio ad attirare l’attenzione del destinatario; funzione conativa o appellativa, che prescrive un
comportamento e si rivolge al ricevente con forme coinvolgenti come il “tu” o l’imperativo; funzione
metalinguistica, in cui l’oggetto del discorso è la pubblicità stessa e vi sono rimandi tra un messaggio
e l’altro.
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Non sempre queste funzioni sono tutte presenti nel messaggio pubblicitario con la stessa
intensità; spesso si osserva la prevalenza di una funzione sulle altre, denominata per questo funzione
dominante.
6
Bianchi C., Ragonese R., L’annuncio pubblicitario, Carocci Editore, Roma, 2013; 13
7
Volli U., Semiotica della pubblicità, Edizioni Laterza, Bari-Roma, 2003; 57
8
Bianchi C., Ragonese R., L’annuncio pubblicitario, Carocci Editore, Roma, 2013; 12
9
Chirumbolo A., Di Lorenzi C., La persuasione pubblicitaria; Carocci Editore, Roma, 2012; 21-24
10
Arcangeli M., Il linguaggio pubblicitario, Carocci Editore, Roma, 2008; 96-98