INTRODUZIONE
IL PESCE DI IERI
Ai giorni nostri non c’è dieta che non includa la presenza del pesce 2 o 3 volte alla settimana
per le sue indiscusse qualità nutrizionali. È facile ormai trovarlo sia fresco che surgelato o
inscatolato, ma, nel passato, una delle difficoltà maggiori era proprio la sua conservazione.
Il pesce, nel corso dei secoli, è stato di volta in volta affumicato, essiccato o salato al pari
della carne, altra fonte di proteine.
Il problema non si poneva ovviamente per chi viveva al mare o nelle vicinanze di un lago,
mentre nelle zone interne il rifornimento era molto più difficile. A volte, si poteva ricorrere a
pesce di acqua dolce o agli abbondantissimi gamberi di fiume.
Segno di ricchezza e nobiltà, il pesce fresco poteva arrivare solo sui tavoli di pochi “grandi”
per qualche banchetto od occasione particolare: non mancavano allora branzini, sogliole,
salmonidi e storioni. Con le severissime regole imposte del cattolicesimo medioevale, che
prevedevano circa 140 giorni all’anno di stretto magro tutti mercoledì e venerdì, le vigilie, le
quattro tempora e l’intera Quaresima, si è dovuto ricorrere a pratiche di conservazione
dell’alimento, lavorando il prodotto locale più diffuso (Baverez Blanco, 2010).
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CAPITOLO 1
IL PRODOTTO
1.1 LA NORVEGIA E IL SUO PRODOTTO
Parlare di baccalà non è facile. Bisognerebbe prima parlare della Norvegia, ma del Paese
nordico si parla di solito poco. La Norvegia rappresenta uno degli ultimi paradisi naturali
d'Europa, largamente incontaminato e privilegiato da un clima temperato grazie alla Corrente
del Golfo e in acque libere dai ghiacci. La pesca si svolge rigogliosa ed il pescato è il
baccalà, ovvero il merluzzo (Lovo, 2001).
Noi veneti siamo dei grandi consumatori di baccalà e stoccafisso; ma diciamo spesso baccalà
e non stoccafisso che invece sono due cose diverse, anche se derivano dallo stesso pesce.
Il merluzzo è certamente un pesce ordinario e molto abbondante. Questo pesce è originario
del mare Artico e tende a scendere verso le acque del sud, più temperate. I pescatori, di
fronte ad una tale abbondanza e consapevoli della possibile richiesta, hanno quindi studiato
due modi per conservare quello che diventava allora il prezioso merluzzo: essiccarlo al vento
gelido o essiccarlo e salarlo.
Per anni Bergen, in Norvegia, fu la capitale del commercio di stockfish . Dopo il 1200, il
monopolio passò a Lubecca e alle città tedesche della Lega Anseatica. Ma fu nel 1497 che
avvenne una svolta decisiva nella conservazione del merluzzo per merito di due veneziani,
Giovanni e Sebastiano Caboto, padre e figlio. Partiti da Bristol, con un piccolo veliero, per
raggiungere Terranova strada facendo si imbatterono in banchi di merluzzi così grossi da
esserne ostacolati. La pesca veniva svolta con canestri buttati in acqua e la polpa sfilettata,
veniva conservata sotto sale. Così è nato il baccalà, parola dall’origine contestata, forse
derivata dal “bastone” che era necessario per effettuare una breve asciugatura del pesce
prima della salagione, dal termine “baccalaia”, barca da pesca, o da “bacalao”, come era
chiamata la zona ricca di banchi di merluzzo. Ma, attenzione, baccalà e stoccafisso sono
spesso confusi, in particolare quando si parla del famoso baccalà alla vicentina che si prepara
con lo stoccafisso. L’uno e l’altro potevano soddisfare i bisogni del popolo che viveva più
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nella miseria che nell’agiatezza. Pur arrivando da paesi lontani ed estraneo alle nostre usanze
locali, questo pesce era infatti molto economico. Oggi, invece, mangiare baccalà vuol dire
mangiare bene (Baverez Blanco, 2010) .
1.2 BACCALÁ E STOCCAFISSO
Baccalà e stoccafisso sono due differenti lavorazioni del merluzzo: il primo viene posto sotto
sale ed eventualmente essiccato al sole, mentre il secondo viene fatto essiccare all’aria senza
aggiunta di sale. Inoltre per lo stoccafisso si usa solo merluzzo norvegese, mentre per il
baccalà anche altri pesci simili.
Viene chiamato baccalà il merluzzo che viene decapitato, aperto e conservato disteso sotto
sale, ed eventualmente essiccato al sole (o con altri procedimenti artificiali); infatti si può
parlare di baccalà solo quando il contenuto di sale assorbito durante la salatura supera 18%.
Esistono due tipi diversi di baccalà: quello salato e quello salato ed essiccato. Nel primo caso
il merluzzo viene pulito, aperto e messo sotto sale per circa 3 settimane; invece il baccalà
salato ed essiccato, dopo la salatura, viene essiccato per circa una settimana. Dal punto di
vista nutrizionale il baccalà è ricco di proteine ad elevato valore nutrizionale e poco calorico
e rispetto allo stoccafisso è leggermente meno calorico e proteico, poiche contiene più
acqua. Per preparare il baccalà possono essere usati anche altri tipi merluzzo o pesci delle
famiglia Gadidae oltre al merluzzo artico norvegese. Inoltre il baccalà viene prodotto tutto
l’anno in diversi paesi oltre alla Norvegia, come per esempio Islanda e Danimarca.
Lo stoccafisso è il merluzzo essiccato all’aria, senza aggiunta di sale; esso viene decapitato e
lasciato intero a seccare al sole. Per preparare lo stoccafisso si utilizza solamente merluzzo
artico norvegese (Gadus morhua), in particolare quello delle isole Lofoten, che viene
chiamato Skrei; la sua produzione è condizionata dalla pesca stagionale nei mesi tra febbraio
e marzo/aprile. Il nome stoccafisso deriva dal germanico stock, che significa “bastone”, in
quanto i pescatori avevano l’abitudine d’infilzare su una stecca di legno i merluzzi aperti e
puliti.
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CAPITOLO 2
IL VENETO COME PROTAGONISTA
Venezia, già gran mercato delle spezie orientali, diventa sul finire del 500 ma più ancora nei
due secoli successivi, punto d'arrivo e di smistamento dello stoccafisso norvegese. E qui
viene assorbito senza alcuna difficoltà nella cucina quotidiana, anche perche, come ha scritto
Giuseppe Maffioli, un celebre gastronomo trevigiano, <<forse a Venezia e nel Veneto la vita
di ogni giorno ha saputo adattarsi alla realtà e sfruttare al meglio ciò che essa offriva>>.
2.1 IL VENETO COME PROTAGONISTA
Il Veneto è una terra molto ricca, anche a livello gastronomico, infatti hanno trovato
esaltazione prodotti alimentari scoperti in terre molto lontane. Basta pensare a qualche
prodotto: nei tempi più antichi la vite e il frumento, poi, in pieno Medioevo, le spezie
orientali, l'uva passa e a partire dal 500, il mais, il baccalà, i fagioli, le patate e la polenta
senza la quale, oggi, la cucina veneta sarebbe difficile se non impossibile da immaginare.
La gente veneta ha saputo creare con il baccalà (cosi i veneti chiamano da sempre lo
stoccafisso) molte altre preparazioni.
La storia di questo pesce e del suo arrivo in Italia è molto lunga, mostra l'intreccio di aspetti
culturali, civili, religiosi ed economici che legano fra di loro uomini diversi fra età, lingua,
costumi, religioni e usanze.
2.2 IL VENEZIANO PIETRO QUERINI
Pietro Querini, veneziano, era un mercante e navigatore del XV secolo, e proprio
quest'ultima sua professione lo ha portato a fare quella che poi sarebbe stata una scoperta
molto utile, non tanto per Venezia ma principalmente per Vicenza; ossia il merluzzo come
materia prima e il baccalà e stoccafisso come prodotto finale.
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6 Gennaio 1432. «Un vento feroce frustava le acque del Mar Glaciale Artico. Una scialuppa
con 21 uomini a bordo accosta all'isola di Sandoya, nell'arcipelago delle Lofoten, a nord-
ovest della Norvegia. I naufraghi sono dispersi in mare da un mese, dopo che la loro nave è
colata a picco. Sono veneziani agli ordini del capitano Pietro Querini. Erano partiti da Creta
nell'aprile dell'anno precedente, con un carico di vini pregiati, spezie, velluti e sete, diretti ai
mercati del Nord Europa. Al largo delle Fiandre, all'inizio di novembre, venti giorni di
tempesta portarono il vascello fuori rotta. La forza del vento e la pioggia distruggono il
timone. La nave comincia a imbarcare acqua. Per un po' si tampona la falla, ma
l'affondamento è un destino inevitabile. Il 7 Dicembre Querini ordina di abbandonare la
nave. Vengono calate due scialuppe, l'una con 47 uomini e l'altra con 21. Misurando la
distanza con le stelle i marinai ritengono di essere a 500 miglia dall'Irlanda. Sono invece
vicino all'Islanda e all'arcipelago delle Faroer. Trascorrono un mese in balia delle correnti
marine. Le due scialuppe si perdono di vista. Di quella minore non si saprà più nulla. In
quella maggiore, al comando del capitano Querini, muoiono di sete e di stenti 26 uomini
dell'equipaggio prima di avvistare terra. Il giorno dell'Epifania del 1432, i naufraghi toccano
terra a Sandoya, 8 miglia a sud-ovest di Rost, capoluogo delle Lofoten, patria mondiale della
pesca del merluzzo. Cinque membri dell'equipaggio, dalla gioia di aver trovato l'acqua,
inghiottono così tanta neve da morire nella notte. I marinai costruiscono due rifugi di
fortuna. E' in queste capanne che li trovano verso la fine del mese i soccorritori, giunti
dall'isola Rost. Li ha spinti un sogno del figlio di un pescatore: «Ho visto una pecora cadere
in un dirupo nell'isola qui vicina », racconta al padre; e lo convince a partire con alcuni amici
da Rost per Sandoya dove il padre non trova la pecora ma i naufraghi italiani. I quali, ridotti
a 12 col capitano Querini in testa,resteranno a Rost qualche mese prima di ripartire per
Venezia. Sono loro, i 12 superstiti naufraghi veneti, gli ideali “padrini” del baccalà alla
vicentina, gli scopritori dello stoccafisso, che vedono essiccato in cataste vicino alle
abitazioni » (Di Lorenzo e Scapin, 2001) .
Quindi le prime notizie sul baccalà risalgono al 1432. Il capitano Piero Querini scrisse una
relazione alle autorità veneziane per il suo rientro in patria dopo il terribile naufragio che
l'aveva obbligato a rimanere nelle solitarie isole Lofoten. Fu colpito dagli abitanti di queste
isole, tanto è vero che nella sua relazione, di loro scrisse che « non d'altro mantengono la
loro vita che del pescare, perche in quella regione non vi nasce alcun frutto.
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