8
equilibrio di Nash per individuare i risultai di equilibrio della concorrenza tra le
imprese.
Nella realtà si assiste ad un forte dinamismo dei settori oligopolistici
caratterizzato da due diverse “spinte”: da un lato la ricerca di condizioni di
convivenza nel mercato, evitando forme di competizione troppo accese
(collusione) e dall’altro la volontà dei partecipanti a introdurre e sfruttare a
proprio favore quelle asimmetrie che consentono il conseguimento di una
posizione dominante. Alla spiegazione di tale fenomeno sono dedicati i capitoli
8, 9 e 10.
Il capitolo 8 è dedicato allo studio del fenomeno di prevenzione dell’entrata da
parte di un monopolista nei confronti di un potenziale entrante; il capitolo 9
riguarda i giochi ripetuti nel tempo, indispensabili per capire la possibilità di un
equilibrio cooperativo e il capitolo 10 è rivolto allo studio della collusione tra le
imprese.
L’ultima parte (capitolo 11) è dedicata all’analisi delle politiche a tutela
della concorrenza, o politiche antitrust negli Stati Uniti e nella Comunità
Europea.
9
Capitolo 1. Introduzione alla teoria dei giochi
La “teoria dei giochi” è una recente disciplina matematica che si occupa
dello studio delle interazioni strategiche tra individui. Il suo campo di
applicazione è vastissimo: potenzialmente tutti i contesti decisionali dove ciò
che è rilevante non è solo la propria scelta, ma anche quella altrui; è utilizzata in
economia, psicologia, scienze politiche, strategie militari, biologia, educazione
fisica, ecc. La teoria ha ricevuto nuovi spunti critici da un filone di ricerca
recentissimo: la neuro economia.
La formalizzazione della teoria dei giochi fu esposta nel 1944 nel lavoro
congiunto di un matematico e di un economista, rispettivamente: von Neumann
e Morgenstern. L’approccio teorico al gioco, oggi applicato a numerose aree,
prende le mosse dai lavori di von Neumann; egli credeva nella superiorità della
ragione e in un mondo puramente razionale (senza cortocircuiti mentali o
particolari attitudini psicologiche) per affrontare le situazioni rilevanti della vita.
Le sue idee diedero origine ad una branca della matematica efficace per
affrontare problemi decisionali, risolvere conflitti e dilemmi sociali. Tali concetti
furono ulteriormente sviluppati dal matematico Morgenstern, in Theory of
Games and Economic Behaviour (1947), in questo lavoro si pone in evidenza
alcuni dei maggiori principi che avrebbero poi sostenuto lo sviluppo di questa
teoria, in particolare l’esistenza di criteri ottimali di comportamento per i
“giocatori” e l’esistenza di posizioni di equilibrio, cioè di configurarsi di scelte
che forniscono risultati da cui i partecipanti non desiderano più discostarsi.
Mentre la teoria economica tradizionale forniva un sicuro criterio di
razionalità in condizioni di certezza, la teoria dei giochi mostrò che la razionalità
in condizioni d’incertezza e d’interazione tra i partecipanti poteva condurre a
soluzioni molto diverse da quelle tradizionali. Ne costituisce un classico
esempio il “dilemma del prigioniero”, in cui si riscontra una divergenza tra il
principio di razionalità individuale e quello di razionalità collettiva.
Gli studi e i procedimenti di questi scienziati sono stati continuati e
perfezionati e si è quindi rapidamente accumulato uno sconfinato corpo di teorie
e di tecniche per risolvere le più svariate configurazioni di giochi: quelli non
cooperativi (come il “dilemma del prigioniero”) e quelli cooperativi, dove la
10
collaborazione è possibile e si studiano le tecniche per rafforzarla ed evitare la
defezione dei partecipanti, si sono inoltre sviluppate a fondo le situazioni dei
giochi simultanei e sequenziali.
La teoria si sviluppa durante la seconda guerra mondiale, soprattutto in
USA e in Gran Bretagna, dove un numero rilevante di scienziati ed economisti
furono impiegati negli Stati Maggiori. La teoria si arricchisce ulteriormente negli
anni cinquanta, con gli studi di Nash (Nobel per l’economia nel 1994); di Tucker
(matematico americano, autore del “dilemma del prigioniero”); di Luce e Raiffa
(che in Games and Decisions del 1957 estendono la teoria a contesti
decisionali incerti e complessi, popolati da agenti con razionalità limitata); di
Schelling, le cui analisi sono fondamentali nel campo del coordinamento e
deterrenza, autore di Strategy of Conflict (1960) e premio Nobel per l’economia
nel 2005 insieme ad Aumann.
Tutto il lavoro di costruzione di teorie e tecniche tra gli anni cinquanta e
settanta ha trovato le maggiori applicazioni solo in tempi più recenti, quando la
teoria dei giochi è diventata il corpo grosso della microeconomia e
dell’economia industriale.
Attualmente non esiste area economica o disciplina ad essa collegata
(quali la finanza, la ragioneria, il marketing…) in cui il concetto di equilibrio di
Nash non sia quasi essenziale per la comprensione della letteratura recente.
Vediamo quindi cosa ha portato di nuovo all’economia la teoria dei giochi
da permetterle di divenire uno strumento di analisi così diffuso.
Il valore aggiunto della teoria dei giochi rispetto ad altre impostazioni più
tradizionali di analisi delle decisioni si trova nei suoi assunti.
Il primo assunto riguarda il riconoscimento dell’interazione tra i soggetti
che è da intendersi come:
interdipendenza fra soggetti/giocatori;
consapevolezza da parte di ognuno di tale interdipendenza reciproca;
consapevolezza che gli altri giocatori sono a conoscenza di tale
interdipendenza: essa è “conoscenza comune”.
11
La natura “strategica” di tale interazione sottende:
il conflitto d’interessi fra giocatori/avversari;
il tentativo da parte di ognuno di sfruttare tale interazione con l’obiettivo
di massimizzare la propria funzione di utilità (pay-off);
la razionalità (secondo la nozione di razionalità strumentale, che indica
l’obiettivo di ottimizzazione).
Il gioco strategico è perciò una situazione interattiva in cui due o più
avversari si comportano in modo interdipendente e cercano di razionalizzare a
proprio vantaggio tale interdipendenza. In questa prospettiva la tecnica dei
giochi è da considerarsi uno strumento conoscitivo e previsivo dei processi
decisionali.
Alcuni postulati della teoria anche se comuni a quelli della teoria
economica (razionalità, ottimizzazione, vincoli) sono da intendersi in modo più
“sofisticato” proprio per la presenza di tale e consapevole interdipendenza
reciproca. Pertanto l’assunto di razionalità comporta che l’agente non solo
ottimizza, ma anche capisce e prevede la scelta dell’avversario poiché ne
ipotizza la razionalità; è inoltre consapevole che l’avversario sa che egli è
razionale: anche l’ipotesi di razionalità è “conoscenza comune”.
I vincoli cui è sottoposto il processo di ottimizzazione possono essere
suddivisi in tre categorie: le prime due comuni alla teoria economica, la terza
specifica della teoria dei giochi poiché provocata dalla consapevole situazione
d’interdipendenza fra attori.
a) Vincoli esogeni, che condizionano le scelte del soggetto
dall’esterno: le condizioni d’incertezza al cui interno si
contestualizza il processo decisionale; i vincoli informativi (le
informazioni sono risorse scarse e costose); i vincoli istituzionali
(le opportunità di reddito, il sistema dei prezzi, la
regolamentazione e, più in generale, le condizioni di ambiente
socio-economico e normativo).
b) Vincoli endogeni, che condizionano le scelte del soggetto dal suo
interno: la razionalità limitata à la Simon, in contrapposizione a
quella perfetta “onnipotente” dell’economia neoclassica; il
12
background culturale/professionale (sebbene anche questo sia
parzialmente condizionato dal fattore istituzionale, cioè dalle
opportunità offerte dall’ambiente esterno); una molteplicità di
preferenze/sistemi di valori che motivano le scelte e che non sono
strettamente riconducibili al proprio diretto benessere. Nella
presente categoria di vincoli possono venir inclusi anche quelli
autoimposti: il soggetto non è un’entità monistica poiché al suo
interno giocano una pluralità di motivazioni, obiettivi e forze
contrapposte. Questa “pluralità” di soggetti all’interno dello stesso
agente sono interpretabili come altrettanti sistemi di preferenze
che possono tra loro configgere. Autoimporsi dei vincoli in tale
prospettiva è del tutto razionale se ciò serve a guidare i
comportamenti e le scelte all’interno di questo sistema di spinte e
contro-spinte. Dopo la teoria della razionalità limitata di Herbert
Simon, l’abbandono dell’ipotesi di razionalità perfetta è stata
compiuta assumendo che agenti razionali possano “casualmente”
commettere errori: nella teoria dei giochi tale assunto ammette
soluzioni di equilibrio quali il trembling hand (Selten, 1975). È
stata inoltre impiegata una nozione di razionalità evolutiva
derivata dalle applicazioni della teoria dei giochi in biologia:
considerando un orizzonte temporale infinito del gioco, allo scopo
di determinare la strategia ottimale, gli agenti valutano in ogni
periodo l’esito del gioco e confrontano le varie strategie disponibili
in base all’utilità che ciascuna di esse fornisce (secondo un
processo di trial and error). Se una strategia fornisce un’utilità
superiore alla media, nel periodo successivo, un maggior numero
di agenti la utilizzerà e viceversa. I soggetti cercano di individuare
e selezionare la strategia che prevarrà nel lungo periodo; pertanto
l’analisi si concentra sugli aspetti dinamici di tale processo e
sull’equilibrio di lungo periodo. Le preferenze nel paradigma
neoclassico sono assunte esogene, ma nella realtà esse tendono
a differire tra soggetti e a riflettere motivazioni diverse: in questa
nozione più ampia alcune motivazioni assumono la forma di
vincoli comportamentali: l’imperativo kantiano, l’esigenza di
13
guadagnare e tutelare una buona reputazione o di non tradire la
fiducia altrui… È ormai consolidato che tali comportamenti,
perlomeno cooperativi o risultanti da “codici d’onore”, non
possono giudicarsi irrazionali solo perché discordanti dallo stretto
paradigma della razionalità strumentale. Per quanto riguarda i
processi decisionali non è da trascurare l’importanza delle
emozioni proprie e dell’avversario e la convenienza a indagare le
seconde per proteggere le proprie vulnerabilità e per sfruttare
quelle altrui. Si noti come la valutazione di tali aspetti psicologici
ed emotivi è di fondamentale importanza per il successo in un
qualsiasi negoziato. La teoria dei giochi, soprattutto nei suoi
sviluppi più recenti, incorpora questa dimensione del soggettivo, il
probabilistico e l’incerto, tenendo conto che, come già aveva
affermato Aristotele, il comportamento umano è determinato dalla
combinazione di fattori razionali (calcolo, costi-benefici…), a-
razionali (cultura, principi, valori…) e irrazionali (emozioni).
c) Vincoli inter-soggettivi: ogni individuo non è un’”isola” (come
suppone l’economia neoclassica, la quale affida alla “mano
invisibile” il compito di coordinare nel mercato le azioni di agenti
atomistici) ed è consapevole di interagire con gli altri nella platea
economica, sociale, politica… e di generare quindi un impatto
sugli altri, di cui dover tenere conto nelle scelte per
l’ottimizzazione. In generale il contesto sociale non è neutrale ai
fini del risultato dell’interazione strategica in quanto influisce sulla
razionalità delle scelte, sulla massimizzazione dei benefici e sulla
minimizzazione dei costi e dei rischi.
La teoria dei giochi presenta quindi una maggiore aderenza alla realtà.
La vita degli affari appare caratterizzata da innumerevoli situazioni di gioco, il
risultato dell’azione e delle decisioni di un’impresa non è unicamente
determinato da questa, ma dipende anche dal comportamento di altre imprese.
Si può notare come in situazioni del genere non sono utilizzabili i normali
presupposti di massimo (con o senza vincoli) della teoria economica
tradizionale.
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Esempi molto celebri mettono in luce il tipo di lotta che è caratteristico del
mondo degli affari e il meccanismo decisionale che questa comporta, è il caso
del già citato “dilemma del prigioniero” di Tucker (che vedremo nel capitolo 6).
I casi di cui ora verrà fornita una succinta descrizione corrispondono a
situazioni di gioco e possono venir studiati in quanto tali, ci si renderà
immediatamente conto dell’impossibilità di inserire questi esempi nel quadro
concettuale della teoria economica tradizionale (totalmente pervasa dall’idea
che tutti i problemi economici siano meri problemi di massimo).
1) Verso la fine degli anni cinquanta due ditte americane hanno lottato per il
mercato dei detersivi liquidi da esse prodotti. La lotta si manifestò
soprattutto nelle campagne pubblicitarie; ciascuna delle due imprese
stabilì l’entità e la ripartizione del proprio bilancio per la pubblicità allo
scopo di annullare l’efficacia della propaganda dell’antagonista. La lotta
ebbe inizio nel momento in cui comparve improvvisamente sul mercato il
Lestoil (inizialmente propagandato in brevi slogan pubblicitari e film
televisivi). Le spese per tale campagna aumentarono da 4 milioni di
dollari nel 1957 a 17 milioni nel 1959, ciò costrinse la Procter and
Gamble Company ad elevare il bilancio pubblicitario per il suo prodotto
(Mr. Clean) da 400 mila dollari a 13,5 milioni di dollari. Nel 1960
entrambe le imprese si limitarono rispettivamente a 7,1 e 7,5 milioni di
dollari. Le vendite di entrambe le ditte aumentarono, ma non per questo
sono da rinnegare le caratteristiche di una lotta intensa in cui ogni misura
presa da una delle due ditte è stata diretta contro l’attesa misura
dell’altra. Questo è un esempio di una situazione di gioco che la teoria
economica tradizionale non è in grado di trattare.
2) Negli anni sessanta, sul mercato delle bibite vi è stata la lotta fra la
Coca-Cola e la Pepsi-Cola. La Pepsi-Cola iniziò il gioco con una grande
campagna pubblicitaria la quale, a causa dell’alta fedeltà al prodotto da
parte dei consumatori, promosse anche le vendite della Coca-Cola. La
Pepsi-Cola concentrò la sua azione sul consumo nei locali trascurando la
vendita nelle strade e nella sua propaganda diffuse la notizia che la
Coca-Cola contiene calorie. La Coca-Cola dapprima si limitò ad una
15
pubblicità generale senza fine determinato, infine, sotto la pressione
della concorrenza della Pepsi-Cola, venne rivista la dimensione delle
bottiglie (fino ad allora ritenuta intoccabile). Questo contrapporsi di
misure e contromisure può venir rappresentato tramite corrispondenti
modelli di gioco.
3) Durante la crisi economica negli anni trenta comparve in Austria un certo
signor Weiss il quale fece raccolta di vecchie macchine per la
fabbricazione di tubi di ferro e acciaio, egli cercò d’ottenere sovvenzioni
dallo Stato affermando che così si sarebbero risparmiati sussidi di
disoccupazione e si sarebbe elevato il gettito fiscale e fece una
propaganda destinata a convincere il pubblico dell’utilità che il paese
avrebbe tratto dalla sua iniziativa. Il cartello austriaco dei tubi si inquietò
e a fatica convinse Weiss, contro il pagamento di una certa indennità, a
desistere dal suo proposito. Weiss fece trasportare le sue vecchie
macchine in Cecoslovacchia dove vi era un analogo cartello dei tubi, qui
condusse il medesimo gioco con governo e pubblico. Una volta ottenuto
dal cartello la somma desiderata tornò con le macchine nella sua patria
in Ungheria e prima che egli potesse compiere altri giochi scoppiò la
guerra. Questo è uno degli esempi relativi al pagamento di
compensazioni ed indennizzi.
Esempi tratti da: Teoria dei giochi di Oskar Morgestern (1969),
Si noti la presenza in esempi di questo tipo di: interessi in contrasto,
collaborazione, minacce, mezzi di pressione e bluff; inoltre l’informazione è di
fondamentale importanza ed è possibile giungere ad un insieme di soluzioni
diverse e non preferibili a priori (è necessario poter descrivere numericamente i
pagamenti). Proprio a proposito di questi fatti la teoria economica tradizionale
presenta insormontabili difficoltà, essa le aggira costruendo semplici modelli
che non tengono conto della realtà della vita degli affari cioè della realtà che
deve essere spiegata.
16
17
Capitolo 2. Struttura analitica della teoria dei giochi
Un “gioco” è un modello che descrive una qualche forma d’interazione
strategica fra individui.
Gli elementi costitutivi di un gioco sono quattro:
1) una lista di regole che descrivono il funzionamento del gioco;
2) un insieme di giocatori, cioè di decisori che interagiscono
strategicamente;
3) per ogni giocatore, una lista di azioni possibili o strategie;
4) per ogni vettore di strategie, una per ogni giocatore, le vincite (pay-off),
cioè l’insieme degli esiti del gioco per ciascun giocatore.
Le regole del gioco possono prevedere modalità di svolgimento differenti.
Particolare rilevanza assumono le regole riguardanti la sequenza temporale
delle decisioni che verranno prese dai singoli giocatori.
In particolare occorre distinguere tra:
giochi simultanei (statici): in cui i giocatori prendono le decisioni
contemporaneamente (ad esempio: morra cinese, tocco, gara d’asta per
un appalto);
giochi sequenziali (dinamici): in cui giocatori non scelgono
simultaneamente, ma seguono un ordine prestabilito dalle “regole del
gioco” (ad esempio: scacchi,dama).
Inoltre le “regole del gioco” possono prevedere che il gioco stesso possa
essere ripetuto un certo numero di volte, una volta sola o un numero infinito o
non conosciuto di volte.
Infine i giochi possono avere carattere competitivo o cooperativo (giochi
di coordinamento).
18
2.1 Giochi cooperativi e non cooperativi
Secondo la natura delle interazioni fra i partecipanti, la classificazione di
base è tra giochi non cooperativi (di cui la teoria dei giochi si occupa in misura
prevalente) e giochi cooperativi. I primi sintetizzano dinamiche per cui ciascun
soggetto persegue il proprio interesse senza considerare guadagni/perdite
altrui. Nei secondi, i soggetti si coalizzano assumendo reciproci impegni; la
questione centrale non è più cercare di anticipare la mossa dell’altro, bensì
come ripartirsi il surplus derivante dalla cooperazione.
Fra i primi un’ulteriore classificazione si fonda sull’ammontare e sulla
distribuzione tra gli avversari dei pay-offs:
giochi a somma variabile (come il dilemma del prigioniero);
giochi a somma costante (scacchi, briscola, poker…).
Infine una caratteristica molto importante dei giochi cooperativi è la possibilità di
sottoscrivere accordi vincolanti, in caso contrario I giochi saranno non
cooperativi.
2.2 Giochi a somma costante e a somma variabile
Un gioco si dice a somma zero quando la somma dei pay-off di ogni cella
della matrice (indipendentemente dal mix di strategie selezionate) equivale a
zero, come accade nei giochi in figura 2.1.
Più in generale un gioco è a somma costante (figura 2.2) quando la
somma dei pay-off di ogni cella è costante, mentre ne muta l’allocazione fra
giocatori in funzione dell’esito del gioco.
Questi giochi oltre ad essere non cooperativi, sono anche molto conflittuali
(giochi di “puro conflitto”) poiché ciò che guadagna uno è esattamente pari a ciò
che perde l’altro.
19
B
i ii
A i -5; 5 0; 0
ii 0; 0 5; -5
B
i ii
A i -5; 5 -9; 9
ii -5; 4 2; -2
Figura 2.1 esempi di giochi a somma zero.
B
i ii
A i -5; 6 0; 1
ii 0; 1 6; -5
Figura 2.2 esempio di gioco a somma costante.
Diremo invece che un gioco è a somma variabile quando l’ammontare
complessivo del pay-off varia in corrispondenza di ciascun esito del gioco.
Al contrario dei giochi a somma costante, nei giochi a somma variabile
può sussistere qualche convergenza di interessi tra i giocatori.
Tale convergenza diviene perfetta nel caso dei giochi di “pura collaborazione”
caratterizzati dal fatto che, in ogni cella, i pay-off dei due giocatori sono identici
come accade nei giochi in figura 2.3.
20
B
i ii
A i 0; 0 1; 1
ii 0,0 0, 0
B
i ii
A i 1; 1 0; 0
ii 0; 0 3; 3
Figura 2.3 esempi di giochi di pura collaborazione.
Tra gli estremi del puro conflitto e della pura collaborazione, vi sono tutti i
casi intermedi rappresentati dai “giochi con movente misto” (Schelling), cioè da
quei giochi a somma variabile nei quali la struttura dei pay-off esibisce una
qualche combinazione di conflitto e collaborazione, come accade nei giochi
della figura 2.4.
B
i ii
A i 5; 5 -4; 6
ii 6; -4 -3; -3
21
B
i ii
A i 1; 2 2; 1
ii 0; 0 0; 0
Figura 2.4 esempi di giochi con movente misto.
2.3 Giochi ad informazione (im)perfetta e ad informazione (in)completa
Sotto il profilo informativo è possibile distinguere tra: giochi ad
informazione perfetta, imperfetta e ad informazione completa e incompleta.
Nei giochi a informazione perfetta ogni giocatore conosce tutte le mosse
eseguite dagli altri giocatori (gli scacchi e la dama ne costituiscono classici
esempi). I giochi a informazione perfetta sono necessariamente sequenziali,
ovvero dinamici, in questo modo la mossa del giocatore può essere
effettivamente basata su una conoscenza completa del contesto.
Nei giochi a informazione completa si richiede invece che ogni giocatore
abbia tutte le informazioni sul contesto e sulle strategie degli avversari, ma non
necessariamente sulle loro azioni; per esempio, ai giocatori potrebbe essere
chiesto di decidere contemporaneamente la propria mossa, in segreto, e poi
giocarla contemporaneamente, quindi senza poter valutare preventivamente gli
effetti nella mossa avversaria nell'elaborazione della propria strategia (un
esempio in questo senso è il “dilemma del prigioniero”).
Evidentemente, un gioco a informazione perfetta è anche un gioco a
informazione completa, ma non è vero il contrario.
Il contesto informativo può essere parzialmente dedotto anche dalla
rappresentazione del gioco. La forma estesa mette in risalto sia le informazioni
di cui i giocatori dispongono al momento di muovere, sia la sequenza
(temporale o logica) delle loro mosse.