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contribuire a decentrare le attività lavorative presso le residenze degli
impiegati (homework) o nelle immediate vicinanze (telelavoro in un
telecentro o in telecottage). Sempre in quegli anni, Jack M. Nilles, negli Stati
Uniti, conia il termine “telecommuting” cioè telependolarismo ed effettua i
primi studi revisionali ipotizzandone l’applicazione in alcune città molto
inquinate come Los Angeles: esigenze infrastrutturali, quindi ma non solo.
L’interesse permane tuttora, anche se, dovuto a motivi differenti,
data anche la congiuntura economica differente, quali per esempio
l’accresciuta sensibilità a tematiche quali la salvaguardia del patrimonio
storico e ambientale, la tutela della salute, la vivibilità dei centri urbani, lo
sviluppo sostenibile.
In Italia si è cominciato a parlare di telelavoro a livello sperimentale
all’inizio degli anni ’80, quando alcune grandi aziende produttrici di
computer e di telecomunicazioni avviarono i primi progetti di home working.
Allora le possibilità tecniche di comunicazione a distanza erano riservate
alle imprese “addette ai lavori” e perciò spinte da volontà sperimentale,
anche se le tecnologie disponibili risultavano ancora economicamente non
convenienti. Le prime sperimentazioni, inoltre, sono state segnate spesso
da perplessità dei dirigenti e dei quadri intermedi su come, ad esempio,
esercitare il controllo del lavoro svolto a distanza; soprattutto,
permanevano non pochi dubbi (veri o presunti) sulla disponibilità degli
attori sociali nei confronti di un’esperienza che appariva radicalmente
estranea alle tradizioni ed agli interessi di manager e sindacati.
I primi timidi convegni pubblici sono iniziati con gli anni ’90, ma
bisognerà arrivare alla fine del 1994 per la firma del primo accordo fra le
parti che offre la possibilità di sperimentare anche in Italia il telelavoro
(Saritel).
Superate le resistenze sindacali, da un atteggiamento nettamente
contrario, dovuto al sillogismo “telelavoro uguale lavoro a domicilio”, si è
9
progressivamente passati ad un confronto dialettico. Ogni esperienza è
opportunamente contrattata e al momento non si conoscono ostacoli
incontrati nel corso delle ultime trattative.
Quanti telelavoratori in Europa è difficile dirlo con esattezza.
Le differenze sono dipendenti dai diversi criteri di rilevazione e
risultano notevoli. I telelavoratori sono classificati in “Informali” e
“Formali” (solo lavoratori dipendenti). I primi sono molti soprattutto nei
Paesi ove invece i “Formali” sono pochi. Una delle ragioni è certamente
l’eterogeneità della figura del lavoratore a distanza. Osservando il
telelavoro da un punto di vista qualitativo è possibile distinguere due
diverse tipologie definite da E. Bocchetti “calde e qualitative, con
un’elevata interdipendenza comunicativa e fredde e quantitative con bassa
interazione tra i soggetti e di questi con l’azienda”. Tra le attività calde
rientrano la programmazione, le traduzioni, la ricerca e sviluppo, la
formazione a distanza, il design… Tra quelle fredde i servizi
amministrativi, l’attività di copiatura, il data entry, i centralini, le fasce
basse dell’editing…
Si è di fronte alla massima notorietà ed insieme alla minima
sperimentazione.
La sincronizzazione del lavoro, l’unità di tempo e di luogo
lavorativo in cui sono costretti ogni giorno milioni di persone, non
corrispondono più né ad un’esigenza reale della produzione, né ad un
bisogno effettivo dei singoli e delle loro famiglie, mentre procurano un
grave danno all’economia e alla società. Esse, tuttavia, permangono come
rito collettivo, come abitudine sociale ormai radicata nell’inconscio delle
masse.
Per milioni di persone sarebbe tecnicamente possibile evitare
snervanti e faticosi spostamenti, convivenze forzate con capi assillanti e
10
colleghi indesiderati, restare nella propria casa, nel proprio quartiere anche
durante le ore di lavoro e continuare a svolgere la propria attività
professionale in collegamento stretto con la propria azienda come se
andasse in ufficio.
Nonostante le potenzialità e vantaggi prospettati, il telelavoro nel
nostro Paese è ancora in una fase estremamente sperimentale e,
nonostante le molteplici comunicazioni comparse sui media nazionali, il
numero di telelavoratori è ancora molto limitato.
11
Capitolo 1
1.1 Analisi del fenomeno Telelavoro
Per comprendere pienamente in che modo la prospettiva del
telelavoro abbia potuto prendere piede ed il senso dei mutamenti sociali
che esso può provocare, è opportuno analizzare il rapporto uomo- lavoro
così come si è storicamente determinato.
Prima dell’avvento dell’industria, la bottega artigiana, insieme al
lavoro nei campi e allo studio del professionista, costituiva il modello più
diffuso di organizzazione del lavoro.
L’opificio e l’abitazione coincidevano spazialmente; gli uomini
svolgevano il proprio lavoro dove vivevano; i lavoratori coincidevano in
gran parte con i membri della famiglia artigiana, che erano proprietari della
casa bottega e dei pochi mezzi di produzione; il capo famiglia coincideva
con il capo dell’azienda; l’acculturazione avveniva tramite apprendistato; le
mansioni domestiche e quelle professionali si intrecciavano e si fondevano
sul piano temporale e su quello spaziale.
I quartieri costituivano un insieme contiguo e coordinato di
strutture per la vita domestica, il lavoro, il commercio, il tempo libero e la
preghiera; le diverse botteghe interagivano tra loro, scambiandosi il
personale e il know how, ma ciascuna di esse costituiva un sistema
autosufficiente.
I parametri di riferimento erano costituiti da una tecnologia ancora
rudimentale, dalla commistione di lavoro fisico e mentale, esecutivo e
creativo, da una prevalenza di bisogni elementari connessi alla semplice
sopravvivenza, dalla dimensione localistica dei problemi e dell’economia.
Con l’avvento dell’industria, il luogo fisico di lavoro si differenziò
da quello in cui si svolgeva l’attività extra lavorativa e, spesso tra i due, la
12
distanza fu tale da avere come diretta conseguenza il fare sentire i
lavoratori come degli estranei sia nei quartieri in cui vivevano, sia in quelli
in cui producevano.
Le conoscenze relative dell’intero processo produttivo furono
sottratte ai lavoratori, ormai addetti ai compiti parcellizzati e depauperati,
per essere centrate ai vertici dell’impresa.
I ruoli andarono sempre più specializzandosi e standardizzandosi,
fino a raggiungere i livelli di parcellizzazione auspicati da Talylor (1903) e
l’assetto della catena di montaggio introdotta da Henry Ford (1913). La
città venne divisa in blocchi funzionali.
I parametri di riferimento in questo caso sono costituiti dalla
tecnologia automatica e dalla forte prevalenza del lavoro fisico ed
esecutivo. I proprietari dei mezzi di produzione non coincisero più con i
lavoratori, anzi tra i due blocchi si crearono condizioni oggettivamente
conflittuali che alimentarono la solidarietà e i conflitti di classe.
Anche il mercato è andato modificandosi rispetto a quello pre-
industriale: il produttore non conosce più il consumatore, né a sua volta
quest’ultimo può influire sul processo di produzione e progettazione.
Ogni blocco di funzioni, ogni ceto sociale e classe hanno i propri
luoghi deputati: la zona industriale per produrre, il quartiere commerciale
per comprare e vendere, il quartiere burocratico per svolgere le funzioni
politico- amministrative, il quartiere loisir per il tempo libero.
Tutto questo viene modificandosi da un nuovo assetto sociale che,
viene indicato comunemente come “post industriale”.
I parametri di riferimento sono costituiti dalla tecnologia elettronica,
dalla prevalenza del lavoro intellettuale (soprattutto di tipo creativo), un
“lavoro che impegni il cervello piuttosto che i muscoli”.
13
È con il 1973 e con il verificarsi della crisi petrolifera, con la
conseguente riduzione dei consumi energetici, che si incomincia a parlare
di telelavoro.
È Jack Nilles, consulente dei trasporti, direttore del programma di
informazione tecnologica del Center for Futures Research dell’Università
di California, colui che viene considerato l’ideatore del telelavoro.
Coniò, negli anni’70 il termine “telecommuting” per indicare la
possibilità di spostare elettronicamente il lavoro anziché i lavoratori.
Racconta in un’intervista di aver coniato tale termine nel 1969:
“Prima di cominciare ad occuparmi di questo campo ero un esperto di
missilistica, progettavo veicoli spaziali per la Nasa e per il settore militare
degli Stati Uniti, e avrei voluto adattare questa tecnologia al mondo reale, il
mondo in cui si vive e si lavora.
Un giorno un urbanista mi chiese: voi che mandate l’uomo sulla
luna, non potete fare qualcosa per il traffico? Fu così che cominciai a
pensarci. Sempre più spesso la fabbrica era fabbrica informatica, in cui
venivano spostate informazioni, invece che dadi e bulloni o parti da
assemblare come in una linea di produzione di massa. Il lavoro consisteva
soprattutto nel comunicare l’uno con l’altro, faccia a faccia, al telefono o
sempre più con il computer. Ma perché si doveva raggiungere un certo
luogo per svolgere questo tipo di lavoro?
Diedi un nome a questo nuovo fenomeno anzi due parole precise:
una telecommuting (telelpendolarismo), pone l’accento sullo spostamento
quotidiano per andare al lavoro; l’altra telework (telelavoro) che racchiude
sia il telependolarismo sia forme di lavoro svolto a distanza.”
2
Egli fornisce subito una personale definizione di entrambi i
fenomeni.
2
J.Nilles, “Esperienze di telelavoro”, intervista rilasciata alla trasmissione “Mediamente”. Consultabile al
sito: www.rai.it/mediamente.
14
Telework: ogni forma di sostituzione degli spostamenti da lavoro con
tecnologie dell’informazione.
Telecommuting: portare il lavoro ai lavoratori piuttosto che i lavoratori
al lavoro; lavorare fuori dalle macrosedi uno o più volte alla settimana, sia
a casa che in un centro di lavoro.
La distinzione tra questi due termini è cruciale: il telework si pone
obiettivi più globali; il telecommuting presuppone che una persona,
normalmente, preferisca spostarsi a scadenze regolari verso un posto di
lavoro relativamente vicino.
Il termine telecommuting viene tradotto in italiano con
telependolarismo, derivando dall’inglese commuter: pendolare. Il prefisso
tele- indica la sostituzione dello spostamento fisico del pendolare con varie
forme di lavoro a distanza. Volendo sottolineare la funzione delle
tecnologie informatiche per la realizzazione del telelavoro si potrebbe
parlare di un pendolarismo telematico.
È importante parlare a questo punto dello sviluppo informatico
dalla telematica fino ad Internet.
1.2 La telematica
“Se la telematica fosse stata di moda cinquant’anni fa, non mi sarei
mosso di casa per pubblicare la prima raccolta organica degli scritti di
Leibniz di teoria politica e di diritto naturale. Con i mezzi di allora, un
confronto tra costi e ricavi avrebbe indicato che l’impresa era del tutto
negativa. La locuzione in tempo reale non sarebbe stata capita e il flusso di
informazioni non si misurava in bit al secondo.”
3
L’autore si riferisce ad una sua ricerca su Leibniz; la sua banca dati
fu Luigi Firpo, responsabile della collana presso la Utet. Gli insegnò a
scoprire nelle sale riservate di allora della Biblioteca Nazionale a Torino,
3
Mathieu V., 1995, “Si è un prodigio ma l’evento è un’altra cosa”, in Telema2, autunno.
15
quegli strumenti che permettevano di trovare in Europa quella particolare
annata di un vecchio giornale erudito.
Nessuno poteva limitarsi a lavorare a casa propria, a quel tempo e in
quei campi. Nessuno poteva lavorare neppure entro i confini del proprio
paese. “La conseguenza più piacevole della mancanza di telematica fu,
infatti, la necessità, per concludere il lavoro, di andare a Parigi, dove
rimanevo chiuso per otto ore al giorno in biblioteca; eppure era un
incomodo gradito. Non sarei stato per nulla più felice se la telematica me
lo avesse evitato”.
4
Ogni lavoro consiste nel raccogliere e trasmettere informazioni,
anche uno manuale e ripetitivo. “Ogni lavoro è, in senso lato,
informatico”.
5
Gli anni ottanta saranno ricordati come gli “anni della telematica”.
Circa trent’anni fa l’elaboratore elettronico esce dai laboratori per
essere inserito nei processi produttivi: ha così inizio quella che è stata
definita la “rivoluzione informatica”. L’elaboratore elettronico (computer) ha
ricoperto nei processi di produzione e gestione dell’informazione, un ruolo
analogo a quello che hanno avuto le macchine nella rivoluzione industriale.
Diversamente dalla rivoluzione industriale, dove i mezzi di
comunicazione si sono sviluppati tecnologicamente in modo parallelo e
funzionale ai mezzi di produzione, nel campo dell’informazione questa
complementarietà non c’è stata: i due settori si sono sviluppati in modo
sostanzialmente indipendente.
Le telecomunicazioni, termine utilizzato per indicare la trasmissione
a distanza delle informazioni, si sono sviluppate secondo una filosofia
analogica.
4
Idem.
5
Missikoff M., 1994, “La telematica. Tecnologie. Applicazioni e riflessi sociali”, ed. La Nuova Italia Scientifica.
16
La diffusione degli elaboratori da una parte e la necessità crescente
di scambiarsi dati o effettuare elaborazioni che integrino dati raccolti su
elaboratori di diverse località hanno posto in modo sempre più urgente
l’esigenza di permettere comunicazioni agevoli tra gli elaboratori. Il
problema di connettere due elaboratori distanti è continuamente
accentuato da nuove applicazioni che richiedono volumi di traffico
crescenti e tendono ad ampliare modalità e tipi di dati trasmessi.
La telematica rappresenta il punto d’incontro tra telecomunicazioni
e informatica. L’obiettivo è quello di arrivare ad una integrazione
sostanziale tra impianti per l’elaborazione dei dati e impianti per la
trasmissione dell’informazione.
Oggi è possibile trasmettere, usando l’elettronica, informazioni che
possono assumere una gamma vastissima di forme: suoni, voci, immagini
sono forme complesse che la telematica riesce a gestire. Sia che le
informazioni siano complesse o semplici il computer le deve trasformare
in sequenze di numeri per gestire. Nel campo digitale l’immagine viene
rappresentata da un insieme di dati numerici, con la conseguenza di una
loro corretta interpretazione.
Un sistema telematico è in grado di gestire, cioè memorizzare,
elaborare e trasmettere, informazioni codificate in formato digitale. Il
formato digitale dell’informazione è richiesto dai sistemi telematici, mentre
nella realtà in cui ci muoviamo quotidianamente le informazioni assumono
le forme più varie: voce, suono, immagini, testi e segni.
Dunque ogni volta che si affida un’informazione al mezzo
telematico è necessario che questo subisca un processo di trasformazione
da formato esterno, essenzialmente di tipo analogico, a formato interno,
cioè digitale. Un processo inverso avverrà a destinazione, nel luogo di
arrivo; dove l’informazione deve essere utilizzata da un essere umano, non
17
è necessario che un apposito dispositivo converta il messaggio dal formato
digitale a quello originale, che aveva alla partenza.
1.2.1 Le reti telematiche
Una rete telematica ha come prima funzione quella di consentire a
più utenti, dispersi geograficamente, di scambiarsi agevolmente
informazioni. Lo scambio può avvenire sia strettamente tra esseri umani
che tra questi ed elaboratori. E’ molto importante a questo proposito la
forma che la rete assume, detta “topologia”. Nella realtà la scelta di una
topologia di rete in genere riflette una precisa politica di gestione
dell’informazione all’interno di una “comunità” connessa.
Le topologie che si possono incontrare sono essenzialmente tre: a
stella, ad albero e reticolare.
La rete a stella prevede un grosso elaboratore al centro, a cui sono
collegati diversi terminali. Dai terminali è possibile interagire con
l’elaboratore centrale da posizioni remote, ma non è possibile effettuare
alcuna funzione in loco perché privi di capacità elaborative proprie. In una
rete a stella l’elaboratore centrale possiede tutte le capacità elaborative,
mentre i nodi periferici hanno in genere il compito di raccolta e invio di
informazioni al centro (funzione data entry); dal centro alla periferia
viaggiano le informazioni elaborate che vengono messe a disposizione
degli utenti periferici.
Questo tipo d’organizzazione è attualmente sorpassato nella
maggioranza delle strutture aziendali, orientate verso il decentramento sia
produttivo che decisionale.
La rete gerarchica o ad albero appare più complessa della prima.
Consente una notevole flessibilità di configurazione; nella rete gerarchica si
può decidere il livello di decentramento che si desidera, cioè il numero di
livelli intermedi che vanno a collocarsi tra il centro e la periferia, oltre al
18
numero totale dei nodi e dei terminali. Sul piano organizzativo consente di
delegare verso la periferia la gestione delle informazioni che competono a
ciascun settore, sia esso geografico che funzionale. Grazie alla riduzione
dei costi dell’hardware si è ridotto il volume dei dati scambiati tra i nodi
dei livelli periferici e il centro, riducendo conseguentemente l’impegno
delle linee di comunicazione.
Le due topologie illustrate hanno un elemento in comune
rappresentato dall’esistenza di un nodo centrale: il centro nella rete a stella,
la radice nella rete ad albero.
La rete a maglie ha una topologia priva di un centro gerarchico; per
questo motivo viene detta anche “piatta”.
Questa topologia si adotta quando per connettere una comunità in
cui non esiste a priori la necessità di un controllo centralizzato (comunità
detta policentrica).
Il settore in cui è più usata questa topologia è quello delle reti locali
(dette anche LAN: Local Area Network), cioè reti in cui gli elaboratori
nodali distano al massimo qualche chilometro e, solitamente sono
totalmente connessi attraverso le linee telefoniche interne dell’azienda o un
semplice cavo.
L’ultima fase del processo di integrazione dei diversi tipi di traffico
si concluderà con la realizzazione di un unico tipo di rete: detta “rete
digitale integrata nei servizi” ISDN (Integrated Service Digital Network).
L’elemento centrale, nello sviluppo della telematica, è rappresentato
dall’elaboratore e in particolare dal doppio ruolo che questo gioca. Da una
parte come protagonista che si serve dei sistemi di telecomunicazione per
comunicare con altri elaboratori, dall’altra come apparato asservito al
sistema di telecomunicazioni stesso, con funzioni di commutazione e
ottimizzazione dell’uso delle linee. E’ ormai accertato che la codifica
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dell’informazione deve essere, in un futuro non lontano, unicamente di
tipo digitale. Questo avverrà qualunque sia il tipo d’informazione
trasmessa (non solo dati ma anche immagini, suoni, testi, ecc.) e qualunque
siano i tipi d’interlocutori che dialoghino.
L’avanzata delle tecnologie digitali è arrivata ormai nelle nostre case,
sul posto di lavoro mettendoci a disposizione una moltitudine di servizi,
impensabili fino a qualche anno fa.
Un sistema telematico ha la funzione primaria di consentire un
accesso selettivo a informazioni remote da parte di un numero molto
elevato e geograficamente distribuito di utenti. Per questo i due aspetti
centrali di un sistema telematico sono la capacità di mantenere e rendere
accessibile una mole considerevole di dati, dall’altra la capacità di far
viaggiare domande e risposte, cioè messaggi, in tempi brevi e su qualunque
distanza, tra utenti di vario tipo.
1.2.2 Le applicazioni della telematica
I diversi tipi di sistemi telematici hanno come scopo finale quello di
mettere al servizio dell’uomo un nuovo strumento, che lo aiuti a gestire
l’enorme quantità d’informazioni prodotte nella società moderna.
Le possibilità applicative della telematica, nella gestione
dell’informazione, sono praticamente illimitate: elaborazione e
trasmissione dell’informazione impattano su tutti i settori del vivere civile,
nessuno escluso. Dai quotidiani agli istituti bancari, dalle agenzie di viaggio
agli studi professionali è importante capire quali funzioni, quali servizi la
telematica può mettere a disposizione; altrettanto importante è capire che
queste funzioni e questi servizi tendono a modificare l’ambiente in cui
entrano, che lo si voglia o no.
20
Un’esigenza può essere ottenere informazioni agevolmente e in
tempi brevi, relativamente ad un determinato argomento, sia legato a
un’attività professionale che al proprio tempo libero.
Un terzo tipo d’utilizzo si ha quando il sistema telematico gestisce
informazioni rappresentative di un servizio di tipi tradizionale. La
disponibilità di posti su un aereo, la prenotazione di una camera di albergo,
ordinare la spesa settimanale al supermercato di quartiere sono operazioni
in cui lo scambio d’informazioni non è fine a se stesso, ma determina
l’attivazione di processi esterni al sistema informativo.
L’introduzione dell’informatica, e in particolare della robotica, della
telematica e dei sistemi esperti, nel mondo del lavoro porta a
un’evoluzione profonda e irreversibile nel modo di produrre e distribuire
beni e servizi. Parallelamente anche l’organizzazione sociale tende a
evolvere sotto la spinta delle nuove tecnologie: si modifica per l’uomo il
modo di intervenire nella produzione, ma anche il modo di collaborare,
interagire socialmente, di rapportarsi nel privato. Questi cambiamenti si
rifletteranno necessariamente sui rapporti tra cittadino e Stato, in tutte le
sue articolazioni, si rifletteranno sulla cultura e l’istruzione in genere. Le
tecnologie informatiche possono servire, ad esempio, allo Stato per aiutare
costantemente i cittadini, utilizzando immense banca dati e reti telematiche
che raccolgono dati in continuazione: sul posto di lavoro, nella vita privata,
nelle iniziative sociali di ogni tipo.
La robotizzazione interessa centralmente sia le attività di
lavorazione e trasformazione di materie e prodotti intermedi sia il
controllo dei processi di automazione della fabbrica. Al di sopra delle
attività di lavorazione troviamo quelle di gestione e controllo della
produzione, volte a organizzare e coordinare le diverse fasi del processo di
produzione: queste attività vengono svolte dall’uomo coadiuvato dal
computer.
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1.3 Internet
Facendo riferimento alla nostra esperienza giornaliera di utilizzo di
queste reti si può guardare in prima approssimazione ad Internet come ad
una rete di distribuzione di una risorsa particolare, cioè l’informazione, in
forma direttamente fruibile mediante elaboratori elettronici.
“Il mondo digitale è intrinsecamente espandibile, infatti, mentre
l’implementazione di un sistema digitale si realizza aggiungendo o
sostituendo «schede», l’espansione di apparecchiature analogiche ne
richiede quasi sempre (come per il televisore) l’acquisizione ex- novo”.
6
I vantaggi più significativi del “divenire digitali” derivano proprio
dalle peculiarità insite nella progressiva sostituzione degli atomi con i bit
nelle varie forme di comunicazione tra gli uomini, per cui nascono contesti
del tutto nuovi e sconosciuti: “ i bit si possono mescolare facilmente, si
possono usare e riusare, insieme o separatamente”.
7
In pratica: possibilità
di ricerche veloci ed efficaci in base a parole chiave su tutti i libri e le
riviste del mondo di una certa tematica; possibilità di esporre dell’abstract o
del full- text di un articolo in tempo reale direttamente sulla nostra
scrivania; collegamenti interattivi, ipertestuali e multimediali.
Il nome Internet deriva da internetworking, dove network significa
“rete” o “circuito” e inter è il prefisso che indica i link, cioè il legame, il
collegamento tra i vari elementi del sistema, in questo caso le reti di
computer che costituiscono le articolazioni di Internet.
6
N. Negroponte, 1995.
Direttore del Media Lab del Mit (Massachusetts Institute of Technology di Boston) e uno dei più insigni
esperti mondiali di comunicazione digitale
7
Idem.