7
Un fatto innegabile è, tuttavia, che in Italia fin a poco tempo fa di questo
fenomeno si sia parlato ben più di quanto si sia fatto, dato che la sua diffusione è
sempre rimasta assai modesta. Neanche all'estero ad onor del vero c'è stata
l'esplosione attesa del fenomeno, ma comunque sia negli Stati Uniti sia in paesi
europei come il Regno Unito e i paesi nordici, il telelavoro ha iniziato a
diffondersi più che da noi. In Italia la situazione si è animata recentemente
grazie, in particolare, all’insolito dinamismo del legislatore, che ha varato nel ’98
una legge e nel ’99 un regolamento per il telelavoro negli enti pubblici. Gli
esperimenti di telelavoro nella P.A. sono così diventati numerosi, facendo degli
enti pubblici il vero traino per lo sviluppo del fenomeno in Italia. Latitano, a
differenza dei nostri partner Ue, i progetti nelle grandi aziende, si moltiplicano
invece gli esperimenti nelle Pmi
1
, tanto da far lievitare fino a 720.000 il numero
dei telelavoratori in Italia, secondo le recenti stime della Commissione Europea.
L’Ue sta spingendo da anni nella direzione dello sviluppo del telelavoro, visto
come strumento di competitività per le imprese europee e, anche in Italia, diverse
esperienze sono state finanziate con fondi Ue (come in Italtel).
Non è, però, sufficiente il raggiungimento di uno stadio di sviluppo tecnologico
avanzato per avere la certezza che la diffusione del telelavoro avvenga in tempi
brevi. Il rischio che sta correndo il telelavoro è dunque quello di passare
attraverso una lunga fase che ne preveda una "eterna sperimentazione",
nonostante gli stimoli provenienti dalla Commissione Europea e, adesso, anche
dagli enti pubblici.
L’obiettivo di questo lavoro è quello di provare a costruire una prospettiva
evolutiva al fenomeno telelavoro, diversa rispetto agli approcci tradizionali, in
genere più ingegneristici, specie con riguardo alla realtà degli enti pubblici.
Si analizzeranno le caratteristiche del telelavoro e si evidenzieranno vantaggi e
svantaggi nell’introduzione di questa nuova modalità di lavoro, privilegiando la
prospettiva organizzativa.
1
Nel 1996, ad esempio, in Lombardia, vi erano 18 progetti sperimentali di telelavoro, secondo
una ricerca di Unioncamere.
8
A questo fine si analizza questo fenomeno multidisciplinare evidenziandone gli
aspetti generali/fondamentali, nei primi due capitoli: in particolare, nel primo si
definirà il lavoro a distanza, si analizzeranno tutte le sue tipologie, si osserverà la
dimensione del fenomeno in Italia e Ue, soffermandosi con attenzione sul ruolo
degli enti pubblici e sui progetti di telelavoro da loro avviati; nel secondo si
tratteranno gli aspetti giuridico-legali del telelavoro, la legge Bassanini e il
collegato regolamento attuativo per gli enti pubblici, la proposta DeLuca (una
possibile legge per le aziende private), i contratti nazionali e i principali accordi
aziendali stipulati finora.
Si è scelto di dedicare ampio spazio agli enti pubblici per varie ragioni: una è che
attualmente sono la realtà più viva sul telelavoro in Italia; ci è parso interessante
cercare di inquadrare il telelavoro nel processo di riforma degli enti pubblici in
Italia: un possibile strumento a disposizione delle organizzazioni per ottenere
benefici in termini di efficienza e flessibilità. Coerentemente con questa
impostazione si è scelto di analizzare, nel capitolo quinto, il progetto telelavoro
avviato in un ente pubblico, la Regione Lombardia.
Il terzo e il quarto capitolo sono funzionali all’analisi di questo caso: il terzo
presenta una sintetica analisi dei rapporti tra ICT e organizzazione (incentrata
principalmente sugli aspetti che coinvolgono il telelavoro), si tratterà quindi di
ICT e coordinamento, tecnologie di relazione, ICT e strutture, ICT e modalità di
lavoro; il quarto capitolo, partendo dagli indispensabili spunti teorici del terzo, si
occupa, più nello specifico, dei rapporti tra organizzazione e telelavoro. Vengono
evidenziati vantaggi e svantaggi di questo strumento, le opportunità in termini di
flessibilità che offre alle aziende, il lavorare per obiettivi; si affrontano, poi, a
livello più “soft” l’impatto del telelavoro sulla cultura aziendale e il ruolo
centrale della formazione nel facilitare l’introduzione del lavoro a distanza nelle
organizzazioni. Infine ci si sofferma sull’organizzazione di un progetto di
telelavoro: inizialmente secondo gli approcci tradizionali e, in seguito, secondo
quello organizzativo, un modo, si vedrà, abbastanza originale di analizzare il
telelavoro.
9
Nell’ultimo capitolo, più empirico, si analizza il caso del telelavoro in Regione
Lombardia, sviluppando in concreto l’approccio organizzativo ad un progetto di
telelavoro. L’auspicio è quello di evidenziare l’utilità di un approccio non
tradizionale al telelavoro, con l’obiettivo di valutarne i benefici realizzati
integrando la prospettiva tecnologica con quella organizzativa.
10
Capitolo I
Il ricorso al telelavoro nell’azienda e nell’ente
pubblico
1.1 Dall’azienda taylorista all’azienda del futuro
Per quasi diecimila anni l’agricoltura è riuscita ad occupare una posizione
centrale nel sistema sociale. In soli duecento anni, dalla rivoluzione industriale ad
oggi, l’industria è riuscita a creare dal suo interno le condizioni del suo stesso
superamento. Il progresso scientifico-tecnologico, le innovazioni organizzative,
l’alfabetizzazione di massa, l’incremento delle comunicazioni, hanno
determinato l’allungamento della vita media, la centralità del sapere rispetto al
produrre, la prevalenza di beni immateriali rispetto alla produzione di beni
materiali costruiti in serie. L’assetto sociale che ne scaturisce possiede delle
caratteristiche inedite nella storia dell’umanità e legittima l’ipotesi di un
passaggio epocale dalla società industriale ad una società post-industriale,
caratterizzata da strutture e culture contrapposte a quelle precedenti. Una società
in cui il lavoro tende a destrutturarsi sia per quanto riguarda la dimensione tempo
che per la dimensione spazio.
Constatato l’assorbimento del lavoro ripetitivo ed esecutivo (fisico od
intellettuale) da parte delle macchine, ai lavoratori resta il monopolio del lavoro
ideativo che, per sua natura, non trova sosta nel tempo ed è conciliabile con la
destrutturazione dello spazio lavorativo: un pubblicitario, un giornalista, un
imprenditore, uno stilista, un manager alle prese con la necessità di ideare
qualcosa di nuovo, portano con sé in ogni momento l’assillo ad ideare e creare e
spesso trovano la soluzione adatta fuori dell'ufficio, magari nei posti più curiosi.
11
D’altra parte le tecnologie disponibili realizzano il sogno antico dell’ubiquità,
mentre le informazioni, la materia prima del lavoro intellettualizzato, sono
suscettibili, per loro natura, del massimo decentramento in tempo reale. In altri
termini, il luogo di lavoro non costituisce più una variabile indipendente del
teorema organizzativo e l’orario sincronizzato non costituisce più un'esigenza
reale della produzione. L’attenuarsi delle differenze culturali tra capi e dipendenti
ha determinato il passaggio da forme gerarchiche a forme funzionali di
leadership. L’organizzazione per obiettivi e l’autonomia professionale permette
ai capi di controllare i risultati piuttosto che i processi. La specializzazione è
considerata valida solo se e in quanto consente il lavoro interdisciplinare. La
catena di montaggio e la piramide perdono forza rispetto ad altre metafore
organizzative come la rete, la cellula, il cervello. La divisione del lavoro post-
industriale comporta la creazione di reti, distretti, apparati transnazionali e la
gerarchia tra lavori creativi (soprattutto scientifici e artistici) monopolizzati dai
paesi egemoni e lavori esecutivi, assegnati ai paesi emergenti.
Il caos urbano rende i cittadini sempre più insofferenti della vita metropolitana e
degli spostamenti quotidiani. Appare sempre più chiara, così, l’inutilità del
lavoro svolto nell’unità di tempo e di luogo del grande ufficio centralizzato; si
diffonde l’aspirazione verso una gestione autonoma, flessibile, soggettiva e
decentrata del proprio lavoro; si prende coscienza delle opportunità offerte dal
progresso tecnologico, capace ormai di rendere ubique le informazioni e di
annullare i vincoli spazio-temporali. I parametri di riferimento sono costituiti
dalla tecnologia elettronica, dalla prevalenza del lavoro intellettuale,
principalmente di tipo creativo, del soggettivismo. La sincronizzazione del
lavoro, l’unità di tempo e di luogo in cui sono costretti ogni giorno milioni di
lavoratori, non corrisponde più ad un'esigenza reale della produzione né ad un
bisogno effettivo dei singoli, mentre procura un grave danno per l’economia e
per la società. Essa rimane solo come un grande rito collettivo, un retaggio del
taylorismo.
Il processo di globalizzazione e il progresso tecnologico comporteranno un
conseguente adattamento dell’organizzazione produttiva, della struttura
12
commerciale e logistica. Cambieranno, inoltre, le condizioni di lavoro e quello
che viene chiamato “posto di lavoro”: in un’impresa virtuale, ci sono lavoratori
virtuali che lavorano insieme in un posto di lavoro virtuale. Nell’era
dell’informazione, buona parte del valore aggiunto è virtuale e può essere
trasmesso e immagazzinato: la simultaneità temporale e geografica del lavoro
rappresenta un obiettivo che può essere raggiunto facilmente. Esistono già
imprese, in particolare nel settore delle “tecnologie dell’informazione”, che
lavorano in équipe internazionali via Internet; si tratta di gruppi di lavoro che si
formano solo per realizzare un progetto “concreto” e per un periodo limitato di
tempo. Dopo avere portato a termine il progetto, i “lavoratori di Internet” si
mettono alla ricerca di nuove offerte.
Naturalmente ci saranno persone che continueranno a lavorare sia negli uffici che
nelle fabbriche. Ma la dislocazione tra centro di produzione, nell’accezione più
vasta del termine e luogo concreto dove ci si reca fisicamente a lavorare,
proseguirà in maniera molto marcata.
A proposito di “impresa virtuale”, un vero guru in materia Denis Ettighoffer
2
sostiene che le NTIC (Nouvelles Technologies de l’information et de la
Communication) alla base delle nuove imprese e dei nuovi modi di lavorare (tra
cui il telelavoro) sono il vero paradigma della rivoluzione tecnologica operata
dall’informatica
3
e dalle telecomunicazioni: la sintesi tra frantumazione e
coordinamento delle attività dell’impresa globale che potrebbero costituire il
fondamento dell’ordine nuovo.
L’elemento di vera novità di questo paradigma risiede nella caratterizzazione
immateriale o virtuale, non solo nella progettazione di prodotti, ma anche nella
concezione delle imprese, che diventano come un “viaggiatore immobile, che
deve essere dappertutto e che, come il lavoro, diventa immateriale”.
2
Ettighoffer, 1993, L’impresa virtuale.
3
Il termine informatica è spesso usato al posto di ICT ovvero, come noto, Information and
Comunication technologies, visto che nell’accezione del termine in uso tra gli studiosi, esso
comprende anche le tecnologie telematiche, della comunicazione.
13
Una breve riflessione per concludere: Taylor considerava il lavoro fisico come
una disgrazia da eliminare con il perfezionamento delle macchine e attraverso lo
Scientific Management.
Oggi il suo sogno è molto vicino alla sua realizzazione; la maggioranza delle
aziende tecnologicamente avanzate sono ormai fatte di macchine da una parte, di
impiegati, manager e professionisti dall’altra. Occorre dunque chiedersi se i
principi organizzativi su cui si basava la fabbrica industriale (la
standardizzazione, la specializzazione, la centralizzazione, l’unità di tempo e di
luogo, l’economia di scala, il culto dell’efficienza e della produttività) restino
validi come se ancora oggi la tecnologia fosse rudimentale e i lavoratori fossero
quasi tutti operai semianalfabeti.
Il telelavoro (ovvero, in breve, lavorare a distanza tramite le tecnologie della
comunicazione) può conferire un contributo determinante alla messa in crisi di
questi principi e alla nascita di una nuova società post-industriale.
Esso, in molti casi, può ridurre drasticamente gli spostamenti casa-ufficio e,
inoltre, origina una serie di vantaggi segnalati nei numerosi testi che si occupano
della materia. L’importante è che si applichi il telelavoro solo nei casi in cui esso
è possibile tecnicamente e nei modi in cui esso può rendere i massimi vantaggi,
anche in termini organizzativi.
Tornando a Taylor, si noterà come l’introduzione dello Scientific Management è
avvenuta con gradualità, prudenza e intelligenza; qualità indispensabili per
l’introduzione del telelavoro.
14
1.2 Un problema definitorio
Una, cento, mille definizioni di telelavoro esistono in letteratura tanto da fare dire
ad uno dei massimi esperti in materia “esistono più definizioni di telelavoro che
telelavoratori”
4
.
Procedere alla definizione del concetto di telelavoro (operazione indispensabile
per la delimitazione del campo di indagine di nostro interesse) non costituisce
certo un intento originale, né può dar luogo ad esiti inediti. Non sarebbe inedito
neppure un tentativo di raccolta delle definizioni correnti dello stesso termine
(operazione peraltro compiuta, con risultati interessanti, da parecchi autori).
Ciascun “inventore” di definizioni descrive il telelavoro utilizzando i termini che
gli sembrano appropriati per metterne in risalto le caratteristiche che lo
distinguono da qualsiasi altra attività lavorativa. Nella maggior parte dei casi le
definizioni sono abbastanza simili. Per quasi tutti esso comporta il ricorso a
strumenti telematici. Qualcun altro, come De Masi, sostiene che sia corretto
definire telelavoro qualsiasi tipo di lavoro che venga svolto a distanza, quindi
anche senza ricorrere a strumenti telematici
5
. Ecco alcune definizioni
tradizionali.
Per Jack Nilles, inventore dei termini telework
6
e telecommuting
7
, telelavoro è
“ogni forma di sostituzione degli spostamenti di lavoro con tecnologie
dell’informazione”. Per Martin Bangemann, commissario europeo alle
telecomunicazioni nel 1995, telelavoro è “qualsiasi attività alternativa di lavoro
che faccia uso delle tecnologie della comunicazione non richiedendo la presenza
del lavoratore nell’ambiente tradizionale dell’ufficio”.
4
2/12/99 Intervento di Di Nicola alla conferenza ”New ways of working in a changing society”
organizzata da Excellent e dalla Camera di Commercio di Milano
5
Teléma, Autunno 1995
6
Telelavoro
7
Telependolarismo
15
Interessante è anche la definizione dell’Ufficio internazionale del lavoro,
utilizzata in passato in molti lavori (1990): “forma di lavoro effettuata in luogo
distante dall’ufficio centrale o dal centro di produzione e che implichi una nuova
tecnologia che permetta la separazione e faciliti la comunicazione”. Oggi questa
definizione suona un po’ obsoleta soprattutto là dove pone l’attenzione sulla
distanza tra un centro e una periferia, concetti che tendono ad essere sempre più
marginali vista la presenza di una rete intelligente di comunicazione (Scajola,
1998).
Da questo quadro sembra emergere con chiarezza come il concetto di telelavoro
appaia, per molti studiosi, strettamente correlato all’utilizzo delle tecnologie
telematiche, anche se esistono sostenitori di tesi diverse (come quella di De
Masi).
Campodall’Orto, Mutinelli e Roveda
8
caratterizzano il telelavoro sulla base di 3
elementi fondamentali: la delocalizzazione, l’uso prevalente di sistemi telematici
e informatici nell’esecuzione del lavoro e l’esistenza di una rete di
comunicazione tra lavoratore e impresa. Gli autori distinguono, poi, il telelavoro
in senso stretto (quello che utilizza il supporto telematico), dal telelavoro in senso
lato cioè il lavoro svolto in modo decentrato con supporto informatico e trasferito
senza rete telematica. In questo caso quello che lo caratterizza come telelavoro, e
non come lavoro a domicilio, è l’oggetto del lavoro, cioè il trattamento di beni
immateriali (informazioni).
Preso atto delle numerose definizioni presenti in letteratura, prima di prendere
posizione in merito, è importante considerare due altri aspetti del problema
definitorio che non è possibile ignorare. Innanzitutto, ultimamente ci pare
credibile l’opinione del sociologo Di Nicola, coordinatore per l’Italia del
progetto comunitario European Telework Development, e autore di numerosi
articoli e libri sull’argomento. Egli ritiene
9
che il telelavoro non sia un mestiere o
una professione nuova: nuova, semmai, è soltanto la modalità con cui il lavoro
8
Campodall’Orto, Mutinelli , Roveda, 1986, Telelavoro: esperienze e problematiche di
sviluppo, da “Studi Organizzativi” n.4
9
2/12/99 Intervento di Di Nicola alla conferenza citata.
16
viene svolto. Il telelavoro non va considerato neanche come un unico modello
lavorativo, che possa venire isolato in una categoria a sé stante. Conviene
piuttosto utilizzare il termine per riferirsi a “qualsiasi forma di lavoro liberata dai
vincoli di tempo e di luogo, effettuata attraverso l’uso di tecnologie delle
telecomunicazioni e telematiche”. Poiché queste tecnologie oggi influenzano
molti ambiti lavorativi, coinvolgendo tutti i livelli aziendali, dalla direzione
generale agli operatori informatici neo-assunti, è riduttivo e semplicistico,
secondo Di Nicola, riferirsi ai telelavoratori come se questi ultimi formassero un
gruppo omogeneo. E’ più appropriato invece affermare che le competenze di
telelavoro costituiranno sempre più un requisito di base per l’intera popolazione
europea
10
. Al concetto di telelavoro come modalità anziché come fattispecie
professionale si richiama anche il Parlamento Italiano (ecco il secondo aspetto da
considerare per una riflessione sulla definizione di telelavoro). Nel progetto di
legge 2305 (primo firmatario Fiorello Cortiana, Verdi-Ds) sul telelavoro,
all’art.1, comma 1 sancisce: “...per telelavoro si intende il lavoro in qualsiasi
forma prestato, mediante l’impiego di strumenti telematici, da luogo diverso e
distante rispetto a quello nel quale viene utilizzato”. La proposta di legge
DeLuca, approvata dalla commissione lavoro di Palazzo Madama il 22/6/99,
invece, propone questa definizione, meno ampia: ”...per telelavoro si intende il
lavoro in forma subordinata, parasubordinata, autonoma o in qualsiasi altra
forma, mediante l’impiego non occasionale di strumenti telematici, da luogo
diverso e distante rispetto alla residenza, sede, unità produttiva del datore di
lavoro o del committente e, comunque, rispetto al luogo nel quale viene utilizzato
dall’altro contraente.” Anche il regolamento attuativo della legge Bassanini-ter
(191/98), approvato ad inizio ‘99, contiene una definizione di telelavoro che va
in questa direzione; è “la prestazione” eseguita “in qualsiasi luogo ritenuto
idoneo, collocato fuori della sede di lavoro, dove la prestazione è tecnicamente
possibile, con il prevalente supporto di tecnologie dell’informazione e della
comunicazione, che consentano il collegamento con l’amministrazione”. Si può
notare come dopo anni di dibattiti e convegni, finalmente il telelavoro sta
10
Si veda: Commissione Europea-DG XIII, Status report on european telework 1999
17
passando alla fase attuativa e anche il legislatore si sta muovendo in questo
senso. Sembra inoltre che il legislatore condivida l’opinione di Di Nicola, perché
cerca di non ingabbiare il telelavoro in maglie troppo strette, prediligendo
definizioni piuttosto ampie (soprattutto quella del progetto di legge 2305).
Ai fini della nostra ricerca sul telelavoro, partiremo dalla definizione di Di
Nicola, sulla quale effettueremo alcune puntualizzazioni per chiarire meglio il
suo utilizzo nella fattispecie in questione.
Data per acquisita la necessità di partire da una definizione “ampia”
11
di
telelavoro, vengono identificati ora alcuni elementi fondamentali perché si possa
parlare di telelavoro in un’ottica organizzativa
12
.
1) Uso prevalente di sistemi telematici e di tecnologie informatiche nello
svolgimento del lavoro e delle reti telematiche;
2) La delocalizzazione o l’integrazione delle attività aziendali anche in funzione
delle preferenze del lavoratore;
3) La tecnologia deve essere utilizzata come mezzo per modificare il proprio
sistema tradizionale di lavorare;
4) Il rapporto tra impresa e lavoratore gestito attraverso differenti modalità:
forme capitalistiche, forme imprenditoriali, forme collettive (Williamson).
Nei primi due punti si colgono aspetti fondamentali della definizione “ampia” di
telelavoro. Ci pare, inoltre, di evidenziare due elementi presenti costantemente in
quasi tutte le definizioni di telelavoro. Si vedrà, poi, come cercare di
puntualizzare meglio il punto 2 in chiave organizzativa. I punti 3 e 4 nascono
dall’esigenza di analizzare il fenomeno telelavoro in un’ottica più spiccatamente
organizzativa.
Si vedrà ora, in breve, di analizzare tutte le condizioni presentate.
11
Una definizione ampia, secondo alcuni autori (ad es. Campo dall’Orto), è valida agli studi sui
comportamenti sociali, per osservare come questi si modificano in seguito all’introduzione delle
nuove tecnologie informatiche e telematiche; meno utile è ai fini degli studiosi di Economia
Aziendale, da qui la necessità di delimitare con più accuratezza il concetto di telelavoro.
11
Si veda http://www.sda-bocconi.it/ticonzero, Febbraio 98.
18
Punto 1. La tecnologia
L’uso delle ICT rappresenta, come già è stato detto, una condizione necessaria
per poter parlare di telelavoro quasi all’unanimità. Nella società
dell’informazione in cui ormai si vive, lo sviluppo delle tecnologie è tale che
l’interconnessione attraverso le ICT è un fattore imprescindibile, ed è un
presupposto chiave per comprendere l’innovazione di questo nuovo modo di
lavorare.
E’ evidente come, nell’ottica di utilizzo del telelavoro come innovazione
organizzativa, in una realtà in cui l’informazione e la conoscenza sono risorse
centrali dell’organizzazione vista come “sistema di intelligenza distribuita”, l’uso
delle tecnologie deve consentire comunque la connessione e l’interazione di parti
distanti e l’accumulazione di conoscenze. Sembra ragionevole, quindi,
considerare la presenza delle ICT come condizione base per riferirsi al telelavoro,
escludendo ad esempio gli addetti al telemarketing o tutte le attività che
utilizzano esclusivamente lo strumento telefonico.
Punto 2. La decentralizzazione
E’ la condizione storicamente legata all’idea di telelavoro, infatti rientra in
moltissime definizioni tra cui quella “ampia”. In funzione del tipo di
decentramento sono state individuate diverse forme di telelavoro a dimostrazione
della varietà del fenomeno, ad esempio il lavoro mobile, il telecentro, l’home
working.
La prospettiva organizzativa seguita in questo lavoro, però, induce a non
arrestare a questo livello l’analisi sul punto 2, ma a compiere alcune
puntualizzazioni.
Sembra utile, infatti, distinguere il telelavoro stanziale, svolto cioè presso
l’abitazione del telelavoratore o in un telecentro, dal telelavoro mobile.
Nel primo caso, infatti, si considerano come telelavoro tutti i casi di
decentramento delle attività che siano posti in essere in funzione delle specifiche
preferenze dei prestatori d'opera. Questa scelta consente di inserire delle
configurazioni intermedie, che corrispondono allo svolgimento delle prestazioni
19
lavorative presso centri aziendali periferici, senza tuttavia rischiare di confondere
il telelavoro con la più ampia problematica della delocalizzazione delle unità
organizzative. E' necessario considerare la funzione di preferenza del
telelavoratore, che sulla base delle proprie esigenze personali di eliminazione
(home working) o riduzione degli spostamenti (telecentri e unità diffuse), sceglie
di lavorare lontano dalla sede tradizionale.
Queste considerazioni sono coerenti con una prospettiva organizzativa che ha
come obiettivo il conseguimento dell'efficienza e, nello stesso tempo, della
soddisfazione dei dipendenti. Il telelavoro permette, infatti, un aumento della
produttività dei singoli lavoratori e della flessibilità aziendale oltre a una
completa destrutturazione del tempo e dello spazio di lavoro.
In quest’ultima ottica il telelavoro rappresenta un territorio di sperimentazione
sociale in risposta ai fabbisogni di miglioramento della qualità della vita, sempre
più emergenti nella società odierna, soprattutto a livello giovanile.
Nel caso del telelavoro mobile, la delocalizzazione dell'attività è una
caratteristica intrinseca di questo tipo di lavoro. Rispetto alla visione tipica di
telelavoro, in questo caso le tecnologie consentono un avvicinamento piuttosto
che l’allontanamento di unità, creano un legame tra l'organizzazione e l'individuo
che svolge un'attività per sua natura dispersa. Il telelavoro mobile permette
l’esplorazione di nuove possibilità di integrazione tra unità divise, oltre a
facilitare l'esecuzione dei compiti. Una delle prospettive più interessanti di
questa forma di telelavoro è quella di creare comunità di lavoro virtuali cioè reti
di lavoratori che si scambiano informazioni, esperienza accumulata, storie,
conoscenze. Si è nel campo delle interdipendenze artificiali (Turati 1996), cioè
della necessità di favorire opportunità di incontro per lo scambio di significati e
conoscenze, connettendo parti caratterizzate da un'interdipendenza naturale più
bassa. Il telelavoro può diventare una leva di progettazione di configurazioni ad
alta distanza e alta integrazione.
Punto 3. Grado di modificazione del modo di lavorare.
20
E' utile evidenziare che il telelavoro è diverso dalla delocalizzazione delle attività
economiche tramite l'utilizzo di tecnologie telematiche. E' necessario infatti
considerare il grado di modificazione del modo di lavorare.
La possibilità di telelavorare deve essere riferita ai compiti caratteristici della
mansione e non solo allo svolgimento delle attività accessorie.
Questa scelta porta ad escludere una serie di situazioni, come le interviste
telefoniche, la gestione dal proprio domicilio della posta elettronica o la semplice
comunicazione di dati e informazioni alla sede tramite computer portatile e
modem, come nel caso dell’attività di un giornalista. In tutti e tre i casi, infatti, il
contenuto di base delle mansioni svolte rimane sostanzialmente immutato.
Si considererà telelavoro se e in quanto generi una modificazione organizzativa
dell'operatività del ruolo. Ad esempio una redistribuzione dell'attività tra capo e
subordinato, una diversa suddivisione del tempo del lavoro, una maggiore
autonomia, forme differenti di controllo, una reingegnerizzazione nell'esecuzione
del compito, la modificazione delle tradizionali modalità di interazione con
clienti, colleghi, capi.
La tecnologia, quindi, deve consentire una modifica della struttura organizzativa
dell’impresa e non deve essere una pura e semplice “commodity” che si limiti a
migliorare l’esecuzione del proprio lavoro.
Il telelavoro, in chiave soprattutto prospettica, può essere considerato come
territorio di accelerazione dei processi di innovazione organizzativa. A questo
proposito Ceri
13
evidenzia come la nozione e l’immagine del “lavoro a distanza”
confondono due modalità operative assai diverse.
Il telelavoro deve essere interpretato come una modificazione della struttura di
lavoro che consente di "lavorare lontano", ma anche come una modificazione
della struttura del lavoro che richiede di "lavorare lontani": solo nel caso in cui di
la doppia distanza si può parlare di telelavoro in senso stretto. Questo permette di
eliminare casi di pura dislocazione del lavoro d'ufficio a casa o in telecentri, in
genere caratterizzati da ripetitività e basso contenuto professionale.
13
Ceri, 1998, Telelavorare è una opportunità ma guardatene, se puoi: stanca da “Tèlema”-
Estate