Premessa VII
con ottimi voti e mi hanno aiutata a mettere su carta le mie tante idee su
questa mia esperienza.
Nella parte esperenziale ho voluto sottolineare la figura di Stefano ed
anche di Igor che purtroppo ci ha lasciati a causa di un incidente in mo-
tocicletta.
Nell’ambito universitario ho instaurato un rapporto di stima con il
Professor Nicola Siciliani de Cumis che oltre ad essere un docente con il
quale ho sostenuto cinque esami, molti dei quali con la lode, è diventato
per me un punto di riferimento, una persona a cui chiedere consigli sui
miei esami e anche su questioni personali che lui ha conosciuto bene, sto
pensando alla mia passione per la scrittura e a quando gli ho chiesto un
consiglio a proposito di corsi o scuole inerenti.
Ringrazio anche la Professoressa Maria Serena Veggetti, con la quale
ho sostenuto due esami di psicologia entrambi con voto di ventisette su
trenta. In particolare, ricordo che al test scritto del secondo esame presi
ventuno e lei mi consigliò di rifiutare il voto dandomi la possibilità di
sostenere l’esame orale e migliorare il mio profitto. Ho chiesto a lei la
correlazione dell’elaborato perché volevo unire l’esperienza del labora-
torio teatrale sia alla pedagogia che alla psicologia.
Un ringraziamento particolare va al Professor Lucisano, Presidente
del Corso di Laurea in Scienze dell’Educazione e della Formazione, che
mi ha spinto a rapportarmi con l’Università in un momento in cui avevo
deciso di non aver più nulla a che fare con professori e con i libri poiché
ero terrorizzata non solo dall’impegno dello studio ma anche dall’idea
che mi potessi ritrovare in un clima di ostilità ed incomprensioni con i
docenti, così come avevo vissuto durante gli anni del liceo.
Per spiegare meglio faccio un passo indietro.
Mi ricordo che dopo la maturità avevo deciso di non proseguire gli studi
perché al liceo, in particolare nell’ultimo anno, avevo avuto degli scontri
con la preside e la vicepreside: in quell’anno mi sono impegnata con de-
gli sforzi immani per me, spesso capitava che studiassi anche nove o
dieci ore al giorno.
Intanto, all’interno della classe si è venuto a creare un clima di con-
trasti in seguito ad atteggiamenti di scarsa apertura e di inutili paure
dell’insegnante tutor: in occasione di una gita scolastica che durava solo
dalla mattina alla sera, avevo espresso il desiderio di non dover ricorrere
Premessa VIII
all’accompagnatore (un familiare o una persona scelta dalla mia fami-
glia), data la mia discreta autonomia. L’insegnante, in mia assenza, ha
convinto le mie compagne di classe del fatto che tale mia esigenza potes-
se compromettere la buona riuscita della gita, in quanto avrebbe limitato
la libertà e il divertimento di tutti. Pertanto, al rientro a scuola, ignara
dell’accaduto, sono stata messa al centro di una discussione e le mie
compagne hanno iniziato a dirmi che non se la sentivano di assumersi
“la responsabilità morale e giuridica di aiutarmi”. Vorrei precisare che il
loro “gravoso aiuto” sarebbe consistito solo nel pormi un braccio nel
momento in cui dovevamo camminare, cosa che loro già facevano a
scuola. Anche lì però, a mio parere, la modalità con cui loro mi aiutava-
no fisicamente non era autentica e ciò sicuramente ha influenzato il tipo
di rapporto tra noi: era l’insegnante tutor a decidere chi, a turno, giorno
per giorno mi doveva aiutare. Ritengo che questo metodo era poco fun-
zionale e poco significativo in quanto già dal primo anno di liceo io non
mi sentivo del tutto integrata nella classe. La differenza che percepivo
non era solo un fatto fisico, quindi legato all’handicap, ma era una diffe-
renza di natura più profonda dovuta alle esperienze fatte, alle famiglie
che in apparenza erano tutte perfette e unite mentre io ero l’unica ad a-
vere i genitori divorziati e a trascorrere i pomeriggi insieme a mia nonna
al cinema e ai musei invece di andare in discoteca e in giro per i locali
della città alle prese con i primi flirt.
Ritornando all’episodio della gita, alla fine sono riuscita a far valere il
mio diritto: mi sono preoccupata di trovare all’interno del museo, in
programma da visitare, un accompagnatore e per il resto ce l’ho fatta da
sola. Durante tutta la giornata le mie compagne di classe hanno fatto fin-
ta che non ci fossi ed io ho fatto lo stesso con loro, ma ero comunque
soddisfatta e serena nel socializzare con i ragazzi delle altre classi, inve-
ce, disponibili.
Tutto questo comunque ha avuto un risvolto negativo. Al rientro dal-
la gita, il rapporto con le mie compagne di classe era ormai sempre di
più peggiorato ed anche quello con l’insegnante tutor. Inoltre, anche la
preside del liceo non era molto presente; infatti alle mie quotidiane ri-
chieste di intervento e di aiuto per risolvere la spiacevole situazione che
si era creata, non ha preso posizione. Man mano che il tempo passava si
è stabilito il clima di apparente normalità che c’era prima.
Premessa IX
Ho reso partecipe il Professore Lucisano di questa mia esperienza
e lui mi ha sostenuta e incoraggiata a iscrivermi al corso di Laurea di-
cendomi che nel caso in cui non mi fossi trovata bene potevo comunque
abbandonare e dedicarmi alla ricerca di un lavoro.
Con queste parole il Professore mi ha convinto ad iscrivermi e lo rin-
grazio perché, dopo i primi esami andati tutti inaspettatamente molto
bene, mi sono convinta che la fase negativa, scolastica, di immaturità
della mia vita era terminata e cominciava una fase in cui ero più consa-
pevole e pronta a studiare e a relazionarmi in un ambiente che per for-
tuna non sentivo ostile e di costrizione come la scuola.
X
Introduzione
Ho voluto fare un elaborato di laurea perché per molti anni ho avuto
la possibilità di partecipare ad un laboratorio teatrale. Da questa impor-
tante esperienza di crescita personale posso affermare che il teatro ha un
grande valore pedagogico (questo si impara anche dall’importanza che
Makarenko dà al teatro all’interno del suo collettivo) ed ha anche una
funzione psicologica che ho voluto provare leggendo il testo di Lev
Semenovic Vygotskij, Fondamenti di difettologia.
Ho ritenuto opportuno dividere il presente lavoro in due parti. Nella
prima ho voluto esplicitare il legame che c’è sempre stato tra il teatro e la
pedagogia analizzando anche dei testi di Alessandro Pontremoli: il Pon-
tremoli spiega che anche nella Grecia antica il teatro veniva associato a
riti legati a mitologia e espressioni popolari e, quindi, anche in tempi an-
tichi il teatro non si limitava ad una semplice rappresentazione ma era
un forte manifestazione, che coinvolgeva sia gli attori quanto il pubblico
che si recava in quel luogo anche per lo svolgimento di un rito oltre che
un semplice spettacolo. Sempre nella prima Parte spiego come, andando
avanti nella storia, il teatro viene impiegato come forma di terapia o, an-
che, supporto ad altre terapie convenzionali. Prima di ciò, però, ho rite-
nuto opportuno spiegare il concetto di disabilità e la differenza tra me-
nomazione, disabilità e malattia e, inoltre, ho ritenuto opportuno, aiu-
tandomi con il testo di Vygotskij, spiegare le differenze tra un tipo di di-
sabilità a l’altra.
La Parte seconda è quella relativa alla mia esperienza come attrice e
spettatrice dei registi Alessandra Panelli e Stefano Viali. La mia amicizia
con Alessandra mi ha dato tanto materiale, riflessioni, scambio di idee
attraverso e-mail, telefonate e discussioni. Ho dedicato i primi capitoli
della Parte seconda dell’elaborato al racconto dell’incredibile esperienza
che “fare teatro” mi ha dato. Spero di aver reso l’idea di quanto mi ha
giovato sia per l’integrazione con altri ragazzi della mia età non disabili,
sia per il grandissimo lavoro che posso equiparare alla fisioterapia e alla
logopedia. Mi è sembrato giusto parlare delle persone che ho conosciuto
Introduzione
al laboratorio teatrale, delle prove, degli spettacoli e della compagnia
che dal secondo anno di liceo al secondo di università mi hanno accom-
pagnata, facendomi crescere ed emozionare. Ho diviso questa seconda
parte in due capitoli “riflessioni di un’attrice” dove parlo del laboratorio
teatrale e “riflessione di una spettatrice” dove racconto gli spettacoli che
ho visto e descrivo (quando la regia era di Stefano o di Alessandra) la
grossa mole di lavoro, impegno, fatica e i problemi economici, che ci so-
no stati dietro ad ogni singolo spettacolo.
Nel terzo capitolo della seconda Parte, racconto di quando sono anda-
ta con mia nonna a Torino per vedere uno spettacolo di danza con balle-
rini disabili e non; la compagnia CANdoCO è nata in Inghilterra ed è di-
ventata famosa soprattutto nei paesi anglosassoni.
In questo capitolo racconto anche di quando ero bambina e del mio
sogno di diventare una ballerina di danza classica, purtroppo, però, ci
furono molti impedimenti, in parte provocati dai fisioterapisti e in parte
dovuti all’assenza di corsi di danza per persone disabili. In questo capi-
tolo parlo anche della mia devozione e dei tanti impedimenti che non mi
hanno permesso di raggiungere il mio sogno. Concludo il capitolo con la
speranza che dopo molti anni nel nostro Paese si siano diffuse forme di
arte intesa anche come terapia e quindi accessibile a tutti.
Nel quarto capitolo parlo di quella che è la manifestazione italiana
più importante per quanto riguarda l’arte e la disabilità: sto parlando del
Festival di Carpi, che si tiene in primavera ormai da una decina di anni;
io personalmente non ci sono mai andata, però mi piacerebbe molto. Per
la stesura di questo capitolo mi sono documentata su internet, riportando
il programma di quest’ anno, vari articoli e in particolare mi ha colpito
un aneddoto: un bambino assistendo ad uno spettacolo teatrale chiede
alla mamma: «Mamma quando salgono i ragazzi disabili sul palcosceni-
co?» e la mamma stupita risponde «Ci sono già!», questo è un esempio
di come i bambini non vedono le differenze tra una persona disabile e
una persona normodotata, sono solo gli adulti che creano a se stessi e
tante volte anche agli altri e soprattutto ai bambini problemi, paure e di-
versità.
A seguire ho inserito il capitolo che riguarda il Poema pedagogico di An-
ton Semënovič Makarenko, ho ripreso il libro, la tesina che avevo fatto
per l’esame di Pedagogia generale e ho preso l’elaborato di laurea della
Introduzione
mia amica Sara Collepiccolo perché lei ha svolto un lavoro sul concetto
di handicap che emerge nel Poema pedagogico e a me sembrava coerente
con i temi centrali da me affrontati nel corso dell’elaborato.
12
Parte prima
QUALCHE NOZIONE SUL TEATRO
13
Capitolo primo
Il teatro nella società
La letteratura sul teatro è sterminata, e non può certamente essere
riassunta in un elaborato di laurea; tuttavia una sommaria sintesi mi
sembra doverosa.
1.1. Brevi cenni al teatro nella storia
1
Tralascio quindi di occuparmi della “origine” del teatro, soprattutto
nella cultura primitiva, o della Grecia antica (ove il teatro aveva un chia-
ro riferimento alla ritualità religiosa soprattutto nella chiave tragica), o
della “commedia” romana (Plauto, Terenzio che hanno avuto notevoli
influenze nel teatro rinascimentale) o dello spettacolo sacro educativo
medioevale, ed infine del teatro di corte del seicento europeo.
Nel Settecento nasce la funzione “sociale” del teatro, con il moltipli-
carsi e diffondersi in tutta Europa delle iniziative professionali, del gusto
per la rappresentazione di sentimenti e l’identificarsi di un pubblico pa-
gante, che rifiuta il teatro elitario e vuole invece “godere” culturalmente
della rappresentazione, divenendo sempre più critico ed esigente sulla
qualità. Questo atteggiamento si esalta ulteriormente nell’800, e rende
nel ‘900 il teatro sempre più “sperimentale” nei contenuti affrontati e
nelle forme di realizzazione. Si matura e si ingigantisce anche la “rete”
stabile dei teatri, e l’organizzazione sempre più complessa subisce
l’influsso di tutte le forze del mercato che ne condizionano ormai anche
la libertà della espansione culturale.
In questo percorso lungo i secoli, il teatro – nato come espressione
primordiale dei propri sentimenti da parte di un individuo che desidera
esternarli con il gesto e l’atteggiamento della corporeità intera, la voce e
la sottolineatura psicologica (non si dimentichi la “maschera”, prosopon,
che indossava l’attore greco per identificare una tipologia di sentimenti
umani) - si innesta sempre di più nella società, vivendone le varie sta-
gioni culturali ed anche “politiche”.
1
Rinvio, per una esposizione sintetica ma molto esatta: G. DAVICO BONINO, voce
«Teatro e società» in Enciclopedia delle Scienze Sociali, vol. VIII, Roma, Istituto per
l’Enciclopedia Treccani, 1998.
Il teatro nella società 14
In tale dimensione il teatro subisce, ma anche ricerca a seconda dei
casi, collusioni con il “potere” (comunque rappresentato); accademico,
professionale, economico, politico etc.) talvolta divenendo: strumento
dell’ideologia, ma altre volte reagendo con la affermazione di indipen-
denza, la satira, la denuncia e l’opposizione.
Gli esempi potrebbero essere numerosi, ma per riferirsi ai tempi re-
centi – si potrebbe citare per i primi il “teatro di propaganda” dell’epoca
dei Dittatori del ‘900 e, per quanto riguarda la contestazione, il teatro
“politico” dell’epoca della cosiddetta “contestazione sessantottina” (tea-
tro d’avanguardia, di guerriglia, di classe, di quartiere etc.).
1.2. Il teatro educativo con particolare riguardo alla scuola e ai giova-
ni
Da quanto esposto, appare evidente che il teatro ha avuto contatti
molto diversi con la società e non è stato utilizzato – come avviene oggi
a prevalenza – come strumento ludico e ricreativo (sia pure di elevata
forma artistica e per persone di un certo grado di cultura), ma anche per
scopi diversi.
Desidero esplorare, in questo capitolo ed entrando più da vicino
sull’argomento della tesi, alcuni aspetti del teatro come strumento edu-
cativo e di formazione alla vita facendo riferimento a nozioni e idee che
mi sono sembrate rilevanti sull’argomento.
Anzitutto vorrei distinguere fra loro l’animazione ed il teatro, ambe-
due importanti nel veicolare messaggi educativi nell’ambito di determi-
nate comunità, ma indubbiamente diversi nelle “forme”.
Mi sembra opportuno però chiarire in primo luogo come il concetto
di comunità si applica al mio discorso.
1.2.1. Il concetto di comunità, di animazione e di animazione teatrale
Come è noto, il concetto non è univoco, poiché da taluno la comunità
è considerata solamente come un insieme di persone che si trovano a vi-
vere in un determinato territorio, mentre secondo altri è un insieme di
persone fra le quali intercorre un particolare legame sociale, che le coin-
volge affettivamente e crea il senso di appartenenza; è a quest’ultima in-
terpretazione che desidero riferirmi, come il luogo nel quale più efficace
è il “fare teatro” come “aggregante” e strumento di formazione.
Il teatro nella società 15
Tuttavia non si deve trascurare il fatto che vi sono esperienze in cui
anche nelle comunità classificate unicamente “topografiche” per resi-
denza, soprattutto se di piccole dimensioni, la presenza anche occasiona-
le del teatro (o attività equivalente) può costituire elemento di aggrega-
zione almeno temporanea. Vedremo l’esempio di una esperienza in una
borgata romana.
Come attività equivalente si potrebbero citare l’esempio del circo, ge-
stito da compagnie migranti, che aggrega un certo numero di bambini e
di famiglie transitoriamente; od anche la “banda musicale di paese”, che
– per la stabilità – è già più vicina allo schema organico di una compa-
gnia stabile teatrale e sollecita sentimenti di compiacimento in chi ne fa
parte (dunque in qualche modo provoca sentimenti simili a quelli che gli
applausi del pubblico suscitano nell’attore di teatro!) nel mostrarsi e-
sperto di uno strumento musicale.
In ogni caso, sono esempi di aggregazioni che potrebbero classificarsi
“deboli”, ben diverse dalle aggregazioni “forti” di chi lavora a lungo,
stabilmente, in qualsiasi comunità definita chiusa (come può essere an-
che una “compagnia teatrale” stabile, od anche la scuola, un collegio
ecc.).
Il concetto di Comunità al quale ci si vuole riferire dovrebbe dunque
essere sempre indicato.
Sembra opportuno, ora, chiarire i rapporti fra animazione e teatro
educativo e sociale. L’animazione è stata definita come:
[…] un metodo, nato certamente in ambito educativo e formativo, che sfrutta la
partecipazione attiva, creativa e critica, sviluppa la personalità, le attitudini e-
spressive, le capacità fantastiche dell’individuo, al fine di liberarlo da, e di
strapparlo a, una condizione di passività in una società di massa considerata a-
lienante e destabilizzante nei confronti delle relazioni umane
2
.
Secondo Morteo, si determina una «animazione teatrale» allorché si
realizza una «presa di coscienza di sé da parte di un gruppo, maturazio-
ne dell’esigenza di esprimersi teatralmente, sperimentazione del lin-
guaggio totale ed eventuale sua comunicazione»
3
. Appare evidente che
vi sono analogie fra animazione non teatrale e animazione teatrale negli
obiettivi, e differenze nei mezzi e nelle forme.
2
M. GORI, L’animazione come educazione, Genova, ECIG, 1982, p. 105.
3
G. R. MORTEO, Fisionomia e caratteristiche dell’animazione teatrale, in L. MANPRIN,
Tre dialoghi sull’animazione, Roma, Bulzoni, 1977, pp. 123-124.