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Introduzione
Cos’è la Connected Television? Come coniugare la potenza della televisione
tradizionale con la dirompente diffusione delle nuove tecnologie Internet e
Mobile? Ed infine quali cambiamenti porteranno le nuove tecnologie ai
modelli di Business preesistenti?
Il mezzo televisivo diventa in questo lavoro la chiave di lettura per
comprendere un mondo in continuo divenire, che deve costantemente
rinnovarsi al cambiare dei mercati, delle figure professionali e lavorative,
dei modelli di rendita e delle nuove tecnologie. La stessa televisione che, a
cavallo tra Old e New media (Par 2.2), si è frammentata in un florilegio di
diversi modelli, dalla Pay TV al digitale, dalla Catch-up TV alla Over-the-top
TV al Video On Demand (Par 2.4-2.6), al fine di inseguire delle audience
sempre più di nicchia, culturalmente evolute e sempre più attive nel
processo di selezione e creazione dei contenuti.
La Connected Television nasce così dalla felice unione del medium
televisivo e del Web, che in molti studi erano stati invece considerati come
strumenti concorrenti e mutuamente escludenti.
In realtà i due media si avvantaggiano reciprocamente dalla loro unione
poiché:
- da una parte Internet, con la sua crescita impetuosa, sembra porre il
contenuto video come uno dei tanti contenuti disponibili nel mare magnum
della sua offerta, rendendo fruibili i contenuti televisivi anche ad utenti che
solitamente non guardano televisore (per esempio i target giovanili);
- dall’altro la televisione sembra detenere ancora il controllo di “mass
medium” principe, capace di canalizzare l’attenzione di milioni di utenti,
anche grazie all’uso dei numerosi schermi che le nuove tecnologie mettono
a disposizione.
La TV è quindi un medium capace di rinnovarsi attraverso l’uso del Web (e
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viceversa), di canalizzare ancora l’attenzione di pubblicitari, broadcaster e
distributori di contenuti video. Un medium che ha saputo cavalcare la
tecnologia senza subire il declino che hanno subito altri media, primo tra
tutti il quotidiano, che ha visto in pochi anni erodere gran parte della sua
fetta di mercato dai nuovi media.
Questa ricerca ha quindi analizzato i modelli della televisione tradizionale e
i cambiamenti dei modelli di business e della catena del valore dal
broadband al distributore negoziante (Cap. 2); i modelli di business di
Internet e il relativo ecosistema di attori che si sono affacciati nel mercato
(Cap. 3), per giungere infine ad uno studio sui nuovi scenari di mercato
nell’industria dell’audiovisivo e quello dell’advertising (Cap. 4).
Una attenzione particolare è stata posta sugli spostamenti degli
investimenti pubblicitari dai media tradizionali verso Internet (Par 3.4, 3.5
e 4.2).
In dettaglio sono stati studiati gli attori più sensibili al cambiamento del
mercato, i nuovi player che si stanno configurando (in particolare quelli nati
su Web come Google) e i settori commerciali che hanno sentito
maggiormente la necessità di adottare nuovi budget e nuove forme di
investimento pubblicitario (prima tra tutti finanza ed assicurazioni, a seguire
viaggi, distribuzione, ecc.).
Non resta quindi che ipotizzare scenari probabilistici per il futuro (Cap. 4) al
fine di comprendere quali saranno i cambiamenti che probabilmente ci
investiranno nei prossimi anni (Cap. 5). Verso un consumatore che sempre
di più “surferà” attraverso la Connected Television.
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Capitolo 2
Broadcaster e i modelli di Business
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2.1 Il mercato televisivo italiano all’alba
dell’all digital
Da alcuni anni lo scenario televisivo italiano, quello caratterizzato dal duopolio
Rai-Mediaset e fondato sulla Free Television, è irreversibilmente più articolato
rispetto al passato.
L’entrata in campo nel mercato competitivo del satellitare, ed in particolare di
Sky, ramo italiano di uno dei più grandi gruppi media del mondo (News Corp.),
ha infatti introdotto due significative novità:
• la moltiplicazione dei canali locali e nazionali;
• lo sviluppo della Pay TV.
Il mercato, come quello italiano, che sembrava apparentemente saturo per la già
importante offerta che la televisione pubblica e quella commerciale privata
mettevano in campo, è riuscito a ridisegnare i propri confini. La qualità
dell’offerta televisiva oltre ad essere per molti versi migliorata, nonostante
l’immagine negativa che usualmente ne davano e ne danno tuttora i media
cartacei, ha destato l’interessato del mercato, che ha assorbito con successo la
vasta scelta di palinsesti tematici a pagamento.
La successiva entrata in scena della televisione digitale terrestre ha potuto solo
che confermare questi nuovi sentieri di sviluppo avviati dalla televisione
satellitare.
La digitalizzazione della televisione terrestre non è ancora completata, ma
dall’esame sia delle regioni già all digital, sia di quelle in corso di digitalizzazione,
si evidenzia una risposta positiva del pubblico televisivo rispetto a
quest’allargamento dell’offerta. Difatti, i primi dati italiani, che confermano un
andamento già registratosi negli Stati Uniti, hanno rilevato un aumento delle
audience.
Ma la conferma che sembrava più difficile, quella del modello Pay, si è verificata
anche con il digitale terrestre.
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Ciò è avvenuto nonostante la concorrenza di Internet, che ha certamente
allontanato dallo schermo televisivo tutta una fascia di pubblico ri-alfabetizzatasi
ad un nuovo modo di consumare contenuti video su piattaforme online, in
maniera simile a quanto avvenuto presso le fasce di età più giovani con la
diffusione delle game console.
Questo successo sta comportando però delle vittime. A fronte del temuto, e in
qualche misura atteso, guadagno di quote di audience da parte dei broadcaster
maggiori, si stanno verificando due sommovimenti:
1. da un lato la perdita di peso sul mercato delle televisioni locali e la
conseguente redistribuzione delle audience tra televisioni terrestri e
televisioni satellitari,
2. dall’altro, una redistribuzione delle audience delle televisioni terrestri
tra i loro canali generalisti e i nuovi canali tematici che esse stesse
rendono disponibili sul digitale terrestre.
Il mercato non si è quindi allargato ma si è modificato al modificarsi delle regole
economiche e di remunerazione.
Ciò apre un discorso serissimo riguardo a:
• le modalità di investimento dei grandi inserzionisti pubblicitari;
• le modalità di redistribuzione, da parte dei centri media, degli
investimenti pubblicitari tra la nuova folta schiera di canali dell’offerta
televisiva digitale;
• le modalità di acquisizione di pubblicità da parte delle concessionarie
del broadcaster pubblico e di quello commerciale-privato.
Come si vedrà nel corso di questa tesi, si sono quindi rotti gli equilibri, economici
e strategici, modificando profondamente le catene del valore, di produzione e
distribuzione. Conseguentemente a ciò anche i player che finora partecipavano
alle catene di produzione del contenuto televisivo hanno dovuto adeguarsi ai
nuovi processi, con le sole due alternative: adattarsi al nuovo mercato e alla
concorrenza dei nuovi arrivati, oppure essere eliminati dalla catena, vista la
tendenza generale di disintermediazione del mercato.
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Ciò detto, mentre gli esperti stavano già teorizzando, per l’invasività e la
pervasività del monitor dei computer e della navigazione su Internet, la fine non
della televisione ma, più specificatamente, il declino ineluttabile del ruolo
primario dello schermo televisivo, un nuovo protagonismo dei grandi gruppi
hardware ha consentito loro di tirar fuori, per così dire, il coniglio dal cappello.
Si tratta della Connected TV, cioè di quello schermo che garantisce, insieme,
l’approdo naturale per i broadcaster, abitanti usuali della televisione come
l’abbiamo conosciuta fino ad oggi, e una connessione ad Internet, diventando un
nuovo attracco per i Web/Internet Aggregator.
Dunque già oggi, ma ancor più in prospettiva, lo schermo televisivo diventa il
campo competitivo tra broadcaster e Web/Internet Aggregator.
Per studiare in maniera adeguata il fenomeno è necessario innanzitutto provare a
comprendere come i broadcaster hanno reagito alla multicanalità e alla Pay TV.
Si vedrà come la televisione ha affrontato la sua predetta crisi declinando in
termini corretti l’etimologia greca della parola stessa.
Crisi, dal greco krisis, significa letteralmente “dividere, separare”, e
filologicamente non ha una accezione negativa. La crisi è un momento che
separa una sopravveniente maniera di essere da quella precedente: separa il
dopo dal prima, indicando un tracciato di cambiamento per i modelli di business,
le filiere di distribuzione e tutta la catena del valore.
In questo capitolo si vedrà quali sono state le prime risposte in Italia, Europa e
Stati Uniti e, per quanto riguarda il nostro Paese, in rapporto alle prospettive dei
broadcaster maggiori, quali strade si aprono per le televisioni locali.
Si cercherà di capire come sia evoluto il concetto stesso di televisione e come il
prodotto e le catene di distribuzione classiche della più grande fabbrica di leisure
e entertainment abbiano affrontato la nuova sfida tecnologica.
Sfida che è resa ancora più impegnativa dalla profonda crisi economica che ha
comportato nel 2008-09 la flessione dei ricavi pubblicitari, al pari degli altri
media, e che sta conoscendo nel 2010 una moderata crescita, ancora lontana dai
livelli pre-crisi.
Per questo è più utile parlare più di televisione tout-court di prodotto televisivo,
indicando con televisione la grande fabbrica di prodotti televisivi che hanno il loro
primo canale di sfruttamento nella modalità broadcast. Ma la TV ha davanti a sé
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il campo aperto della distribuzione online di questi stessi prodotti, prima di tutto
sul Web, ma anche, con la Connected TV, la possibilità di un ritorno sul vecchio e
caro schermo televisivo di fronte al divano di McLuhaniana memoria
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, in una
sorta di concorrenza con sé stessa.
Il vincitore assoluto rimane il contenuto: nel nostro caso il contenuto tipico dei
broadcaster nelle sue multiformi espressioni (fiction, programmi per ragazzi,
documentari, etc.) che già oggi si sfrutta fino all’home-video. Il contenuto
televisivo, con la prepotente entrata in scena dell’online, comincerà sempre più
ad essere pensato in termini di distribuzione multipiattaforma, che non escluderà
anche la fruizione in mobilità, visto la comparsa nel mercato di device con
schermi sempre più grandi e performanti (es. i tablet), sebbene le opinioni a
riguardo non siano unanimi.
È l'altra faccia della crescita di un nuovo modello di intrattenimento, grazie anche
alla convergenza digitale dei media su Internet. Anche se i nuovi modelli
economici sono ancora in fase di avviamento e consolidamento, come vedremo
nei prossimi capitoli.
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Con l’irruenza del Web e in particolare di youtube, che in pochi anni ha cambiato il modo di concepire il
contenuto video e televisivo, molti esperti avevano predetto la morte della televisione a scapito del monitor PC.
Contrariamente alle aspettative il divano davanti allo schermo televisivo continua tuttora ad esserci e a fare
concorrenza al PC, anche se l’utente e il televisore sono molto lontani dagli anni in cui McLuhan teorizzava il
suo paradigma. Infatti “[…] nel pieno sconvolgimento del paradigma di McLuhan dell’era post-Youtube, è il
contenuto ad essere il messaggio e lo schermo del salotto deve piegarsi ad essere non esclusivamente televisivo,
ma piuttosto audiovisivo e inevitabilmente connesso per meritarsi nuovamente quella centralità che sembrava
aver perso nella disputa tra desktop tv e sofa tv. Eccola dunque l’apocalisse del divano, la rivelazione che la
Connected TV è, in qualche modo, la dimostrazione di quanto fosse illusoria l’aspettativa di una totale
confluenza su un unico dispositivo, il PC, di una gamma sempre più vasta di interi sistemi mediali tradizionali.”
(“Connected TV: l’apocalisse del divano”, M. Stendardo,http://asaudience.wordpress.com/2010/11/19/con
nected-tv-l%E2%80%99apocalisse-del-divano/)
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2.2 La TV tra Old e New Media
In Italia, come è ben noto, la televisione è nata negli anni '50 con la trasmissione
di poche ore di programmi semplici e ripetitivi. Dopo un incremento seriale di
offerta a cui ha risposto più che proporzionalmente la domanda, la televisione
italiana ha dato vita ad un mercato “paretiano”
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:
• da un lato un oligopolio costituito da Rai, Mediaset e Sky;
• dall’altro un mare magnum di circa 600 televisioni locali che, al loro
interno, si dividono il mercato residuo in termini altrettanto “paretiani”:
a fronte di circa 20-30 emittenti con un significativo presidio territoriale
e di ascolti, ci sono poi tutte le altre che vivono in condizioni diverse; la
struttura economico-finanziaria di ciascuna riflette la loro collocazione.
Con l’entrata in campo di Internet, e in particolare per il ritmo impetuoso con cui
si è svolta e si sta svolgendo la sua crescita, è cambiato il rapporto tra media e
messaggio.
Finora, quando si parlava di contenuto video, si faceva riferimento in maniera
quasi univoca alla televisione tradizionale, considerata baluardo inespugnabile e
pietra miliare nel panorama dei media. Il forziere in grado di racchiudere in sé
tutti i contenuti: informazione, spettacolo, musica e arte. Nonché un mezzo
capace di comprendere in sé anche gli altri media (radio, giornali, teatro e
cinema): una sorta di cannibalizzazione che in passato ha concentrato su di sé
ambiti di mercato e quindi audience e consumo.
Nel corso degli ultimi anni, i concetti di contenuti video e di televisione hanno
rapidamente subito un processo di scissione, un capovolgimento di prospettiva
fondamentale che ha cambiato il modo di percepire appunto media e
messaggio. Si è lontani infatti dal momento in cui McLuhan sosteneva la sua
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Si fa riferimento al Principio di Pareto, meglio conosciuto come la regola dell’80/20. Tale legge empirica
asserisce che l’80% degli effetti è generato dal 20% delle cause: applicata per la prima volta per il calcolo della
distribuzione della ricchezza mondiale, viene usata oggi in molti campi, tanto da essere considerata una vera e
propria “legge di natura”.
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famosa provocazione intellettuale il medium è il messaggio, secondo cui la
televisione trascinava con sé modelli di consumo, progetti di vita, l'uso del tempo
libero, dell’informazione, dell’istruzione e dello spettacolo. Il concetto di contenuti
video - e la supremazia del "consumer as king" - sta prendendo forza, mentre
la televisione, al contrario, sta imparando ad orientarsi nella nebbia di
declinazioni che già si intravedono, ma dagli esiti ancora tutti da verificare.
Di fronte alle innovazioni tecnologiche, l'avvento del digitale e di Internet, la
televisione ha subito numerose trasformazioni che hanno portato alla
frammentazione dei contenuti in una molteplicità di canali e la conseguente
ascesa di modelli di distribuzione più complessi.
Il torpore narcisistico delle menti, inerti e passivi di fronte al medium, di cui
parlava McLuhan, non ha più senso perché, da un lato, l’offerta si è fatta
talmente ricca da produrre una prima proattività legata esclusivamente alla
scelta di un canal broadcast tra i tanti; dall’altro, l’utente può scegliere la
piattaforma Web su cui consumare lo stesso contenuto, originato dallo schermo
televisivo.
Il mezzo diventa quindi subalterno al contenuto, completamente
ininfluente rispetto al messaggio. Altro punto fondamentale è il ruolo sempre
più attivo del consumatore. A seconda del contenuto che si ricerca, il pubblico
sceglie in maniera attiva la piattaforma, se broadcast o Internet, su cui
consumarlo.
Per le cose fin qui dette, la televisione tende sempre più ad esprimersi attraverso
più media. Ciò significa che tende ad operare non più solo attraverso lo schermo
del televisore, ma anche attraverso quelli che più impropriamente vengono
definiti New Media. Ci si riferisce in questo caso in maniera non esclusiva, ma
principale, a Internet. Ma per le sue qualità intrinseche internet. più che New
Medium, potrebbe essere opportunamente chiamato More Medium, giacché
tende ad aggregare e in parte sostituire come canale distributivo i media
tradizionali (a cominciare dalla stampa, la musica, il cinema). Si sta vivendo una
fase in cui il broadcaster manda in streaming o ripropone in differita i propri
contenuti su Internet. Sempre più in futuro i contenuti televisivi, oggi sul Web,
potranno rifluire grazie alla Connected TV sullo schermo televisivo.