DA STORIA DELLE DROGHE A STORIA DELLA DROGA
22 ottobre 2009 Stefano Cucchi, arrestato sette giorni prima per possesso di 20 grammi di
marihuana, muore in circostanze non ancora chiarite, nella sezione detentiva dell'ospedale “Pertini”
a Roma.
L'attuale legislazione in materia di droga, con le ovvie differenze a livello locale, è regolata dalla
convenzione internazionale di Vienna del 1988, che suddivide le sostanza in 4 liste:
LISTA I:comprendente le sostanze oppiacee naturali (oppio) e semi-sintetiche (morfina, eroina), i
derivati della coca (cocaina) e della cannabis (hashish) oltre a numerose sostanze di sintesi
(petidina, metadone...).
LISTA II : comprendente sostanze di uso medico e che richiedono un controllo meno rigido in
considerazione del minor rischio di abuso. Vi rientrano una sostanza oppiacea naturale (codeina) e
sostanze di sintesi (propiram, destropropossifene).
LISTA III : è la tabella delle esenzioni. Esclude una serie di preparati farmaceutici derivati da
sostanze non inducenti abuso o effetti nocivi. Rientrano in questa tabella alcune polveri e liquidi
contenenti un basso dosaggio di oppio.
LISTA IV: comprendente alcune sostanze stupefacenti della Tabella I ritenute particolarmente
pericolose e dotate di un valore terapeutico estremamente ridotto. Vi rientrano sostanze oppiacee
semi-sintetiche (eroina, desomorfina) o sintetiche (chetobemidone, etorfina), la cannabis e la resina
di cannabis.
476 d.C. Cade l'impero romano d'Occidente e, con esso, anche se non in maniera istantanea, cade
una certa maniera di concepire il rapporto tra l'uomo e le droghe (intese, nel senso ampissimo di
sostanze che hanno un qualche effetto sull'organismo). Le informazioni che si ricavano
sull'atteggiamento pagano, greco e romano, a questo proposito, mettono in luce un concetto che
andrà via via modificandosi: quello di “pharmakon”. Con la nascita della scuola medica ippocratica,
le droghe non vengono più considerate come elemento soprannaturale. La parola “pharmakos” stava
ad indicare un veicolo di guarigione che assorbisse il male altrui, legato ad una particolare
situazione di culto, o comunque gestita da sacerdoti che ne garantissero la validità. La guarigione
dipende dall'andamento del rito, e dal trasferimento del male ad un “pharmakos” o capro espiatorio.
Ippocrate nega la validità di qualunque cura basata su un trasferimento simbolico del male, e la
considera un risultato di processi naturali. Di conseguenza la nuova medicina utilizzerà il
“pharmakon” o droga adeguata. Il “pharmakon” è sempre considerato come qualcosa di neutro in
sé, ma che può assumere una duplice valenza di veleno o di rimedio, a seconda delle dosi. “La loro
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natura è di curare l'organismo aggredendolo, come il fuoco cura una ferita disinfettandola, o come il
bisturi di un chirurgo risolve qualsiasi patologia”. Ciò non significa che nel mondo greco sia esente
da qualunque problema legato al consumo di una determinata sostanza, ma il dibattito non viene
mai orientato sulla pericolosità della sostanza in sé, bensì al comportamento del suo usuario e alla
circostanza della sua assunzione.
Se qualcosa cambia, con la fine dell'era pagana, sul terreno della proibizione di sostanze, ha
comunque poco a che vedere con esse in senso farmaceutico, quanto con i gruppi che le utilizzano a
livello rituale. Si tratta della crociata intrapresa da parte della Chiesa Cattolica contro i movimenti
eretici, e la successiva nascita della “caccia alle streghe”; la proibizione di droghe è una
conseguenza del tentativo di controllo delle anime da parte del cristianesimo e di eliminazione
totale dei movimenti ad essa antitetici, sostanze comprese.
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In ogni caso, il problema si pone in maniera totalmente diversa da come lo intendiamo oggi e manca
un concetto lontanamente vicino a quello di “dipendenza” o “tossicodipendenza”, per il quale
dobbiamo aspettare la fine del XIX secolo.
14 luglio 1789 Con la presa della Bastiglia si compie la Rivoluzione Francese e le istanze libertarie
contenute nelle concezioni razionaliste e illuministiche iniziano a concretizzarsi con il lavoro
giuridico dell'Assemblea Costituente. Oltre a delineare una generale attenuazione del rigore in
materia di pena, introducendo in essa principi di “umanità”, l'Assemblea compie un passo decisivo:
l'eliminazione della “parte del sovrano” nel delitto. Viene a cadere in questo modo il tratto
essenziale del potere dell'Antico Regime e segna, come ha ampiamente mostrato Foucault, l'entrata
in scena di un nuovo elemento nell'economia della giustizia:l'anima; il sangue e il corpo, che
caratterizzavano lo “splendore dei supplizi” del diritto tradizionale, lasciano il posto a questa realtà
impalpabile, che è diretta conseguenza del cambio concettuale operato dall'Assemblea Costituente
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.
Cancellata infatti l'accusa di lesa maestà, il delinquente non è più responsabile di fronte all'autorità
infinita di un sovrano per grazia divina, ma di fronte agli altri cittadini, gruppo di suoi uguali.
Perciò saranno punibili solamente quelle azioni che determinano un danno effettivo contro un'altra
persona o il suo patrimonio.
Le conseguenze fondamentali sono tre:
1) viene a cadere il dovere di mantenere segreto lo svolgimento del processo e la realizzazione
della sentenza; l'acquisita visibilità permette una corretta verifica delle testimonianze e dei
testimoni, che devono essere identificati e rischiano una condanna per spergiuro, nel caso
dichiarino il falso;
2) il processo non mira più a confermare dei sospetti, ma ad accertare indiscutibilmente certi
1 Cfr.Antonio Escohotado, “Historia general de las drogas”, in particolare le sezioni prima e seconda
2 Cfr.Michel Foucault, “Sorvegliare e Punire”
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fatti, cosicché la presunzione di colpa si converte in presunzione di innocenza, che deve
essere verificata sulla base di ricerche di indizi puramente razionali;
3) il ruolo del giudice non è più quello di rappresentante di una fede specifica, che, con una
certo pregiudizio, ricerca la colpevolezza, ma di un mediatore laico che opera in una
collettività di uomini liberi;
La mancanza di questi tre presupposti segna l'impossibilità di intraprendere e sostenere qualsiasi
tipo di Crociate.
I cosiddetti “farmaci” dunque ricadono un'altra volta in uno stato d'irrilevanza in senso etico o
legale, e il loro utilizzo ritorna a coinvolgere semplicemente la coscienza del singolo individuo. È
significativo che, come si apprende dalla lettura del suo “Diario”, lo stesso Washington fosse dedito
alla coltivazione della canapa, non solo per il suo uso artigianale; ed è lecito supporre supporre che
non fosse il solo a fumare questa pianta, che, a quel tempo, era in Virginia “la principale mercanzia
assieme al tabacco”.
Le notizie riguardanti le droghe sono sporadiche, a meno che non si tratti di letteratura
specializzata; tuttavia il tema viene toccato da Montesquieu nelle celebri “Lettere Persiane” (1721),
nel quale, sotto lo stratagemma di presentare le sue opinioni come una relazione scritta da un
viaggiatore persiano, mostra come la proibizione si converta velocemente in eccesso:
“La legge proibisce ai nostri principi l'uso del vino, e bevono con un eccesso tale che li degrada fino all'inumano;
questo uso, invece, è permesso ai principi cristiani, e non osserviamo che li porta a commettere nessun errore. La
legge, fatta per farci diventare più giusti, non serve molte volte se non a renderci più colpevoli”
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Ciò accade quando il diritto positivo pretende di imporre la Virtù, invece di preoccuparsi di
difendere la Giustizia.
Nello stesso solco si iscrivono anche e considerazioni di Jefferson sul suicidio (indotto per mezzo
determinate sostanze), che è considerato come inalienabile diritto civile.
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È chiaro che si sta passando dal paternalismo autoritario alla ragione liberale. La fiducia in
un'autorità divina che vende sicurezza ai suoi sudditi in cambio di vassallaggio lascia spazio
all'autonomia dell'intelligenza del singolo. Di conseguenza cade ogni stigma morale per le sostanze,
che ritornano al rango di semplici mezzi a disposizione del cittadino per conseguire gli scopi che si
accordano con la sua libera volontà. L'ebbrezza, momento imprescindibile per la salute mentale,
data dall'alternanza di impegno e festa, è riconosciuta come legittima, se non addirittura
consigliabile; l'uso di droghe per ottenere la morte senza sofferenza è concepito come scelta morale,
quando le circostanze esterne lo impongono. Così, il ruolo della salute pubblica in uno stato liberale
3 Cfr.Montesquieu, “Lettere Persiane”, carta XXXIII
4 Cfr.Maurizio Barbato, “Thomas Jefferson o della felicità – Autobiografia di Thomas Jefferson”
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deve solo preoccuparsi dell'autonomia dei suoi cittadini, mettendo loro a disposizione qualsiasi tipo
di “medicamento” che permetta di perseguire le proprie scelta in piena libertà e in totale accordo
con la propria volontà.
La sostanza che maggiormente si diffonde nella società, anche se in particolar modo nelle classi
alte, è l'oppio
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. L'attitudine di fronte ad esso è totalmente priva di sospetti o giudizi negativi di
stampo morale, e si può più o meno sintetizzare con le parole del libro di J.Jones, “I segreti
dell'oppio rivelati”)
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.
Fra coloro che ne fanno uso e lo propugnano vi sono parecchi nomi illustri: dai membri di case
reali, Pietro il Grande e Catalina di Russia, Federico II di Prussia, Maria Teresa d'Austria, Luigi
XIV, Luigi XV, Luigi XVI, fino ad artisti e letterati (Goethe fa dire al suo “Faust”: “In te adoro
l'ingegno e l'arte umana, concetto puro dell'incantevole giogo narcotico”), come Novalis, Goya,
Coleridge Shelley, Byron, Keats o Walter Scott. Tuttavia la storia non ci consegna questi nomi a
titolo di scandalo semplicemente perché non esisteva un concetto di tossicomania da associare a
questa sostanza, che rientrava perfettamente nel raggi di “farmaci” a disposizione del libero
cittadino. Che poi, alcune di queste sostanze fossero psicoattive non urta contro il loro utilizzo come
“medicinali”, proprio perché atti a curare tanto l'anima come il corpo, ad alleviare dolori tanto
mentali come fisici.
Durante il XVIII secolo, nella farmacopea si moltiplicano i composti a base di oppio, che ne
costituiscono la parte più efficace, a giudizio di medici e pazienti (lo stesso Molière cita
l'”Orvietan” nell' “Amore medico”
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). In Europa arrivano migliaia di tonnellate della sostanza,
destinate però soprattutto a laboratori, a consultori e a farmacie, mentre in Asia e in America viene
maggiormente ricercata a livello puro per uso dei nativi impiegati nello sfruttamento agricolo o
industriale.
In quest'epoca, le farmacie sono ancora delle corporazioni allo stato embrionale, che
raggiungeranno lo stesso livello dei privilegi dei collegi medici solo nel XIX secolo (la prima
facoltà di medicina viene fondata nel 1821, a Filadelfia). Tuttavia, l'enorme successo che hanno i
preparati delle farmacie, che agiscono come veri e propri laboratori, è alla base degli enormi
progressi compiuti dalla chimica organica. La figura del farmacista si trova a metà strada tra la
“medicina domestica” dei vecchi erboristi e la medicina “cosmopolita” del terapeuta ippocratico.
Fino al XIX secolo, dunque, i principali medicamenti non provengo da loro, ma da medici come
5 Cfr.Antonio Escohotado, “Historia general de las drogas”, sezione terza, capitolo 3-4
6 “Porta il dono di un sonno piacevole, libera dalla paura, la fame e il dolore, e assicura a chi lo consuma
regolarmente puntualità, tranquillità di spirito, presenza dell'anima, rapidità negli affari e successo, sicurezza in sé
stessi, controllo dello spirito, valore, disprezzo per i pericoli, cordialità, forza per sopportare viaggi e fatiche,
soddisfazione, pace nella coscienza e imparzialità […] milioni di persone possono confermare la mia
testimonianza.” John Jones, “The Mysteriesis of Opium Revelead
7 Cfr.Molière, “L'amore medico”, II 6-7. Il farmaco prende il nome dalla città natale del suo inventore Girolamo
Ferrante, Orvieto
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