Introduzione
Introduzione
La rintracciabilità di filiera, ovvero la ricostruzione nella sua interezza del
flusso fisico lungo la catena di trasformazione delle materie prime in prodotti finiti,
è un aspetto che, nel settore alimentare, sta negli ultimi anni acquisendo importanza
via via crescente. I consumatori la considerano uno dei maggiori garanti della
qualità degli alimenti, e le aziende riconoscono in essa uno strumento competitivo
determinante, in grado di catturare la fiducia dei clienti in un'epoca caratterizzata da
uno scetticismo generale di fondo nei confronti dei produttori di generi alimentari.
L'esigenza di un riferimento normativo in questa materia si è concretizzato in
una serie di pubblicazioni in ambito nazionale ed europeo, che hanno fissato
direttive generali ma anche dettato obblighi specifici per le organizzazioni che
operano in questo campo. A livello internazionale, si è arrivati nel 2007 alla norma
ISO 22005, interamente incentrata sul tema, che disciplina in modo dettagliato la
certificazione volontaria della rintracciabilità di filiera.
Oggi, anche in un contesto come quello dei prodotti tipici locali, la "Dolciaria di
Cologna Veneta s.r.l.", azienda produttrice di "mandorlato", nata come realtà
artigianale ma ora organizzata a livello industriale, sta considerando l'attivazione di
un sistema di rintracciabilità e vuole valutare la convenienza dell'ottenimento di tale
certificazione.
L'obiettivo di questa tesi è quello di progettare un sistema ad hoc per le esigenze
dell'azienda, pianificarne la realizzazione in termini concreti e fornire
all'organizzazione un supporto su cui basare le decisioni che in un futuro prossimo
intende prendere in tale ambito.
Il lavoro si è dapprima basato su contributi teorici per studiare le origini della
sempre maggiore esigenza di rintracciabilità e definire la situazione attuale dalle
diverse prospettive delle varie parti in gioco. Si è poi effettuata una ricerca
sull'evoluzione del panorama normativo in materia, conclusasi con una
focalizzazione sul testo della specifica norma, che è stata gentilmente procurata dalla
società certificatrice cui l'azienda si era già appoggiata in precedenza per la
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Introduzione
certificazione ISO 9001. Passando alla fase più operativa, si è studiata
l'organizzazione dando particolare enfasi al flusso fisico dei materiali all'interno
dello stabilimento e soprattutto rilevando le procedure attualmente in essere per
garantire la rintracciabilità nei modi e termini imposti per legge. Essenziali per
quest'attività di analisi sono state la massima libertà di accesso a tutti i locali dello
stabilimento e la totale disponibilità del personale, nonché si è rivelata di grande
aiuto la documentazione relativa alla certificazione ISO 9001, che l'azienda ha
messo a disposizione per consultazione.
Si è infine arrivati al punto chiave del progetto, la prefigurazione di un sistema
di rintracciabilità e la pianificazione, quanto più operativa possibile, della sua
implementazione. Il target era quello di proporre un sistema non solo funzionante e
che superasse i limiti riscontrati dall'analisi delle condizioni di partenza, ma anche
che evitasse di richiedere eccessivi stravolgimenti organizzativi interni per il
personale o ingenti costi di realizzazione. I delicati aspetti della creazione e della
pianificazione del sistema sono stati caratterizzati da un costante scambio di idee
con il personale di riferimento, la cui partecipazione è stata continua ed attiva.
Elemento dal quale non si è voluto prescindere per tutto l'arco del lavoro, al fine di
dare robustezza al progetto, è stato il sottoporre ciascuna fase del lavoro a
valutazione ed approvazione da parte dell'azienda prima di passare a quella
successiva. Nell'ottica di evitare una proposta troppo audace, con meno probabilità
di essere poi realizzata, si è scelto di strutturare il progetto facendo una distinzione
tra un primo sistema che dà massima priorità a praticità e semplicità di
implementazione e un piano un po' più avanzato da leggersi come suggerimento per
sviluppi futuri.
Entrando nel dettaglio della stesura della tesi, il capitolo 1 presenta su basi
bibliografiche le ragioni che hanno portato al sempre maggiore interesse verso la
rintracciabilità, ne dà una definizione e ne delinea gli aspetti caratterizzanti. Il
capitolo 2 propone un excursus sui vari organi di riferimento per la creazione di
norme a livello nazionale, europeo e mondiale e sul sistema di accreditamento delle
organizzazioni che certificano gli standard. Il capitolo 3 offre una panoramica delle
norme in materia di rintracciabilità che hanno preceduto la ISO 22005, alla quale è
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Introduzione
invece interamente dedicato il capitolo 4. Nel capitolo 5 si introduce l'azienda, la si
inserisce nel suo contesto in termini di dimensioni e di fase della filiera produttiva
che essa ricopre, se ne descrivono i prodotti ed il business. Il capitolo 6 si focalizza
sull'aspetto operativo, viene presentato il layout dello stabilimento, spiegata in
dettaglio tutta la lavorazione, ponendo particolare enfasi sul flusso dei materiali, e
analizzate le procedure attraverso le quali attualmente si garantisce la rintracciabilità
nei termini imposti per legge. Al capitolo 7, infine, si suggerisce e pianifica il
nuovo sistema di rintracciabilità, seguendo le direttive della norma e strutturando la
proposta su due diversi livelli, uno base che si serve di registri cartacei ed uno più
avanzato completamente digitalizzato.
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La tracciabilità
CAPITOLO 1
La tracciabilità
1.1 L'imput: sicurezza alimentare
Indagini sociologiche e psicologiche (Comunità Europea, 2004) rilevano che
negli ultimi anni nel consumatore si è sviluppato un via via crescente sentimento di
sfiducia negli alimenti che arrivano alla sua tavola, nei sistemi di produzione
alimentare e nei controlli della genuinità e della sicurezza effettuati. Nella realtà
globalizzata di oggi, l'abbattimento di qualsiasi barriera geografica
nell'approvvigionamento delle materie prime e nella distribuzione del prodotto finito
da un lato rappresenta la realizzazione della libera concorrenza che dal punto di vista
economico è la situazione ideale per le "tasche" del consumatore, dall'altro non può
però che incrementare la perdita di contatto tra il consumatore e l'articolata rete di
sistemi di produzione.
Il quadro delineato dai sociologi (Ismea, 2004; ACNielsen, 2005) descrive una
crisi di fiducia nei confronti di un sistema, quello alimentare, le cui trasparenza e
affidabilità sono state messe pesantemente in discussione da alcuni eventi quali la
mucca pazza, i polli alla diossina, il vino al metanolo, i cosiddetti cibi transgenici e
simili.
La crescente preoccupazione dei consumatori, riguardante in primis gli effettivi
rischi per la salute, ha portato a vere e proprie psicosi, con violente ripercussioni
sulle vendite di determinati prodotti in corrispondenza di altri allarmi per epidemie
animali, nonostante le ferme ed insistenti rassicurazioni da parte di organi
competenti e autorità responsabili. Un esempio concreto è l'epidemia di influenza
aviaria che nel 2005 ha messo in ginocchio il comparto avicolo con una riduzione di
oltre il 50% dei consumi di carne di pollo (Coldiretti, 2006) malgrado la categorica
esclusione, fornita all'unanimità del mondo scientifico, di un rischio di contagio
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Capitolo 1
tramite assunzione delle carni previa cottura.
Si è rilevato che la principale fonte di scetticismo non è tanto la qualità in sé dei
prodotti, ma piuttosto proprio l'aspetto della sicurezza (Ismea, 2004; AC Nielsen,
2005). È necessario infatti discernere tra il concetto di salubrità dei prodotti
alimentari, che comprende molti aspetti, e quello di sicurezza dei medesimi, il quale
pone l’accento esclusivamente sul rischio per la salute.
In quest'ultima prospettiva lavora anche l'AESE, Autorità Europea per la
Sicurezza Alimentare, che si occupa esattamente di fornire pareri scientifici
indipendenti su questioni attinenti la sicurezza alimentare, raccogliere e analizzare
informazioni su rischi potenziali o emergenti e avviare un dialogo permanente con il
grande pubblico.
Se per il consumatore la definizione di sicurezza è assenza di nocività e
pericolosità, per gli organi atti a garantire la stessa ciò si traduce in obbligo di un
continuo e costante controllo a livello dell’intera filiera produttiva. Inoltre, lo stesso
consumatore si dimostra particolarmente sensibile nei confronti del tema della
provenienza del prodotto, sentendosi poco sicuro e scarsamente informato in
relazione all’origine e alla certezza di una importazione controllata. Alcuni
sondaggi rilevano che egli è di buon grado disposto a soprassedere su un fattore
importante come il prezzo qualora entri in gioco una convincente garanzia di
controllo e sorveglianza nei diversi passaggi del processo produttivo (Ismea, 2004;
AC Nielsen, 2005).
Automatica conseguenza di una realtà di emergenze alimentari e scandali di
forte impatto psicologico ed economico è un graduale cambiamento del governo dei
processi di produzione e commercializzazione degli alimenti. L'autorità pubblica ha
riscontrato l'esigenza di realizzare soluzioni che permettano di intervenire in modo
efficace, veloce e rassicurante in caso di necessità, agendo selettivamente sui soli
lotti di prodotti a rischio e sui soli anelli della filiera che ne sono responsabili
(Baroni et al., 2009).
La tracciabilità della filiera alimentare rappresenta uno strumento in risposta a
questa necessità di ridare trasparenza al sistema alimentare, andando a colmare la
distanza tra chi produce e chi consuma gli alimenti.
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La tracciabilità
1.2 Tracciabilità e rintracciabilità: definizioni
Con il termine tracciabilità si indica quel processo volto a tenere traccia di tutte
le materie prime in ingresso che vanno a costituire un prodotto, mentre per
rintracciabilità il processo inverso, che risale indietro nella catena per ricercare
l'evento che ha scatenato una non conformità (Commissione Europea, 2002).
Un sistema di tracciabilità consiste nella registrazione e nella raccolta di dati
all'interno dell'azienda e prevede il coinvolgimento di tutti i componenti della filiera
produttiva. Le registrazioni devono consentire di individuare i fornitori della merce
in ingresso, i lotti di produzione della merce e il lotto delle materie prime impiegate
per la produzione. Il codice lotto creato dall'azienda, deve consentire di risalire al
giorno di produzione ed ai relativi ingredienti impiegati, mentre, in fase di consegna,
occorre tracciare il destinatario della merce ed il relativo lotto riportato sulle
confezioni o documenti di consegna.
Un sistema di tracciabilità rende possibile, a posteriori, il processo di
rintracciabilità, ovvero la ricostruzione della storia di un prodotto mediante
identificazioni documentate, relativamente ai flussi materiali ed agli operatori. In
questo contesto assume un valore sia preventivo che curativo: preventivo perché
permettendo di seguire l'evoluzione di un prodotto ne documenta le responsabilità,
curativo perché permette di ricostruire la storia di un prodotto individuando
eventuali cause di problemi (Ferrarese, 2004).
Usa altri termini ma tocca gli stessi concetti chiave la definizione data
dall'Unione Italiana delle Camere di Commercio, secondo la quale la tracciabilità è
l'identificazione delle aziende che hanno contribuito alla formazione di un dato
prodotto alimentare, basata sul monitoraggio dei flussi materiali dal produttore della
materia prima al consumatore finale (UnionCamere, 2010).
Si sottolinea qui che ai fini della rintracciabilità, non è fondamentale
individuare l'origine geografica o il luogo di trasformazione o confezionamento del
prodotto, ma il solo nome delle aziende direttamente responsabili della produzione.
La tracciabilità, infatti, riferita ad ogni singola porzione di prodotto, deve consentire
di risalire ad ogni azienda che ha avuto un ruolo nella formazione di tale porzione.
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Capitolo 1
Del resto, se ogni azienda è in grado di indicare con esattezza l'anello direttamente
precedente e quello successivo, la catena che rappresenta il flusso del prodotto
risulta inequivocabilmente definita.
Per concludere, si precisa che nonostante la differenza di definizione tra
tracciabilità e rintracciabilità (in inglese si hanno i due termini tracking and tracing,
dove il primo significa tracciare, marcare, lasciare traccia, mentre il secondo
leggere, seguire una traccia) è comune considerare la distinzione tra i due termini
poco più che una sfumatura e di fatto l'utilizzo dell'uno in luogo dell'altro è diffuso e
non considerato erroneo (Parodi, 2005).
In questa stessa tesi verrà utilizzato un vocabolo piuttosto che l'altro nel riferirsi
precisamente a una delle due diverse componenti del processo, mentre
indifferentemente l'uno o l'altro per intendere nel suo complesso l'attività di
costituzione del sistema e di utilizzo dello stesso per ricavarne informazioni.
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Gli organi
CAPITOLO 2
Gli organi
2.1 Il sistema normativo
Si definisce norma una specifica tecnica approvata da un organismo
riconosciuto a svolgere attività normativa per applicazione ripetuta o continua, la cui
osservanza non sia obbligatoria (Comunità Europea, 1998). Le norme sono quindi
documenti che delineano le caratteristiche (dimensionali, prestazionali, ambientali,
di sicurezza, di organizzazione ecc.) di un prodotto, processo o servizio, secondo lo
stato dell'arte.
L'attività di normazione consiste nell'elaborare, attraverso partecipazione
volontaria, consensualità e procedure di trasparenza, documenti tecnici che, pur
essendo di applicazione volontaria, forniscano riferimenti certi agli operatori e
possano pertanto avere una chiara rilevanza contrattuale. In questa brevissima
trattazione si sono già elencate quelle che sono le caratteristiche chiave di una
norma, che vale la pena di riassumere in: consensualità, democraticità, trasparenza e
volontarietà.
Consensualità sta ad indicare che l'approvazione di una norma deve passare
attraverso il consenso di coloro che hanno partecipato alla sua formulazione.
Democraticità sottolinea l'aspetto che tutte le parti economico-sociali interessate
hanno il diritto di parteciparne ai lavori e soprattutto che a chiunque deve essere
permesso di esprimere le proprie osservazioni prima dell'approvazione finale.
Trasparenza vuol dire che le tappe dell'iter di approvazione di un progetto di
norma devono essere segnalate dall'ente normativo responsabile, badando che il
progetto sia tenuto a disposizione degli interessati.
Volontarietà dà rilievo al fatto che le norme sono un riferimento che le parti
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Capitolo 2
interessate si impongono in maniera spontanea (UNI, 2010).
Tuttavia, anche se, come detto, non si tratta di documenti cogenti, ovvero
esprimenti obblighi o imposizioni, è innegabile che, a mano a mano che si diffonde
l'uso di una norma come strumento contrattuale, si innesca un meccanismo secondo
il quale diventa sempre più vasto il riconoscimento della sua indispensabilità, fino
ad arrivare ad un punto in corrispondenza del quale è il mercato stesso,
indirettamente, a renderne l'osservanza quasi “imposta”.
Del resto la progressiva trasformazione dei mercati locali, nazionali, europei e
mondiali ha portato ad una parallela evoluzione della normativa da nazionale a
sovranazionale. In tale contesto, il trend dell'attività normativa nazionale è quello di
limitarsi via via a temi più specificatamente locali mentre su argomenti di interesse
ed importanza che oltrepassano i confini italiani si sta evitando di produrre norme di
estensione nazionale, preferendo piuttosto una collaborazione attiva con gli organi di
riferimento per la formulazione di norme su scala europea e mondiale.
In Europa tale ente è il CEN ed è ad esso che si deve il corpo sempre più
completo di direttive dell'Unione Europea; in un orizzonte ancora più esteso esiste
poi l'ISO, che agisce in ambito mondiale. In funzione del loro campo di validità si
parla di norme italiane (UNI), europee (EN) ed internazionali (ISO).
2.1.1 ISO: International Organization for Standardization
L'ISO (International Organization for Standardization) è il maggiore ente a livello
mondiale a sviluppare e pubblicare standard internazionali. Nato nel 1946 dalla fusione
di due organizzazioni, l'ISA (International Federation of the National Standardizing
Associations) e la UNSCC (United Nations Standards Coordinating Committee), su
decisione di delegati di 25 nazioni diverse, divenne operativo l'anno successivo con la
missione dichiarata di facilitare la coordinazione e l'unificazione internazionale delle
norme industriali.
Dato che “International Organization for Standardization” ha acronimi diversi in
lingue diverse, i fondatori decisero di dargli un nome univoco ed è interessante il fatto
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Gli organi
che la scelta della sigla “ISO” si sia basata su un criterio meno banale del semplice
accostamento delle iniziali dei termini: è infatti assolutamente non casuale il richiamo al
termine greco “isos”, che significa “uguale”, a sottolineare una filosofia di fondo di
carattere cooperativo (ISO, 2010).
Il sistema, infatti, formato oggi da una rete di istituti di standard nazionali di 161
paesi, da tutte le regioni del mondo, coordinati da una segreteria centrale a Ginevra,
costituisce un'organizzazione non governativa che fa da ponte tra il settore pubblico e
quello privato. Una sua peculiarità è che da un lato molti degli istituti membri sono
parte di strutture governative della nazione di appartenenza, dall'altro i restanti membri
hanno radici unicamente nel settore privato, essendo stati istituiti da partnership
nazionali di associazioni industriali. Grazie a ciò, l'ISO può vantare una certa
predisposizione a raggiungere soluzioni che soddisfino sia le esigenze delle aziende sia
bisogni più ampi della società.
I membri propongono le nuove norme, partecipano al loro sviluppo e danno,
assieme alla segreteria centrale, supporto ai 3000 gruppi tecnici che di fatto si occupano
concretamente di sviluppare e formalizzare gli standard. In tutto sono 50 mila gli
esperti che ogni anno contribuiscono al lavoro dell'organizzazione (Segreteria Centrale
ISO, 2008). Quando viene pubblicato uno standard internazionale ISO, tutti i membri
dell'organizzazione lo possono tradurre nelle rispettive lingue e adottare come norma
nazionale. Il portfolio attuale conta oltre 17 mila standard (Segreteria Centrale ISO,
2008).
Ma cosa significa “International Standardization”? Si dice che un determinato
settore industriale è standardizzato quando la maggior parte dei prodotti o servizi in
tale industria è conforme ad uno standard a livello internazionale, quando cioè esiste
un accordo tra gli stakeholder economici interessati, riguardo specifiche e criteri da
applicare nella classificazione dei materiali, nella manifattura,
nell'approvvigionamento di prodotti, nel testing e nell'analisi, nella terminologia e
nella fornitura di servizi. In tal modo, gli standard internazionali forniscono una
struttura di riferimento o un linguaggio tecnico comune tra fornitori e clienti,
agevolando il commercio e il trasferimento della tecnologia.
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