VII
RIASSUNTO
In anni recenti i cambiamenti climatici e le pressioni antropiche stanno alterando l’ecosistema
marino, con impatti che determinano variazioni importanti, ad esempio, nella distribuzione
geografica delle specie marine, nella durata dei loro cicli vitali e nella composizione ed
abbondanza delle loro comunità.
In questo contesto lo zooplancton gelatinoso ha attirato una particolare attenzione, poiché negli
ultimi anni sono state riscontrate sempre più proliferazioni di specie di gelatinosi, un campanello
d’allarme che ha spinto gli studiosi a investigare questi fenomeni al fine di comprenderne le cause
e più in generale, di approfondire le conoscenze su quest’importante componente dello
zooplancton ancora poco studiata.
In questo contesto s’inserisce il presente studio, che mira ad indagare l’abbondanza, la
composizione e la distribuzione spazio-temporale dello zooplancton gelatinoso in due diverse aree
costiere del Mediterraneo occidentale (Golfo di Napoli) e dell’Africa nord-occidentale
(Mauritania), entrambe sottoposte all’azione del cambiamento climatico.
Il tirocinio ha avuto come primo obbiettivo lo studio tassonomico delle diverse specie di gelatinosi.
Per questo motivo una parte importante del lavoro ha previsto la raccolta di campioni sul campo e
la loro successiva analisi in laboratorio, con il conteggio ed identificazione morfologica dei
principali gruppi e specie di zooplanctonti gelatinosi tramite utilizzo di uno stereoscopio.
Secondariamente, per approfondire il contesto ecologico della ricerca, sono stati analizzati delle
serie di dati di gelatinosi raccolti nelle due aree oggetto di studio. Le principali conclusioni di
quest’analisi hanno evidenziato in entrambe le aree l’importanza dello zooplancton gelatinoso
filtratore/erbivoro (Appendicolarie e Taliacei) ed il particolare legame di questa componente con
le masse d’acqua e la composizione della componente autotrofa.
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1. INTRODUZIONE
Il plancton è un insieme di organismi viventi, di natura animale (zooplancton) e vegetale
(fitoplancton), che vivono nella colonna d’acqua e vengono principalmente trasportati
passivamente dalle correnti (Raymont, 1983), anche se essendo dotati di un apparato locomotore
possono muoversi in maniera relativamente limitata in verticale o in orizzontale. Gli organismi
zooplanctonici riescono ad avere controllo sulla loro posizione nel piano verticale, e possono
compiere degli spostamenti, talora fino a diverse centinaia di metri, lungo la colonna d’acqua
nell’arco di una giornata (“migrazioni nictemerali”) o in un particolare periodo stagionale,
solitamente coincidente con determinate fasi del ciclo vitale (“migrazioni ontogenetiche”)
(Raymont, 1983).
Il termine zooplancton definisce un insieme di taxa zoologici acquatici aventi forme, dimensioni
e modalità di funzionamento differenti.
Possiamo distinguere ulteriormente lo zooplancton in: zooplancton “a crostacei” e zooplancton
“gelatinoso”. Il primo gruppo comprende organismi provvisti di un esoscheletro costituito da
chitina, mentre il secondo gruppo racchiude tutti gli organismi caratterizzati da un elevato tenore
di acqua nei tessuti e di conseguenza accomunati da grande fragilità. Nei loro tessuti infatti vi è
una quantità d’acqua pari al 95-96% che li porta ad avere una densità prossima a quella dell’acqua
di mare favorendone così il galleggiamento (Licandro et al., 2017a,b).
Non tutti gli organismi zooplanctonici conducono il loro intero ciclo vitale nella colonna d’acqua,
trasportati passivamente dalle correnti. Vi sono infatti organismi “oloplanctonici” che trascorrono
tutto il ciclo vitale nel plancton (e.g. copepodi e chetognati) ed organismi meroplanctonici che
sono planctonici solo durante lo stadio larvale (e.g. alcuni cnidari, larve di decapodi e di pesci)
(Licandro et al., 2017a,b).
Dato l’elevato numero di specie zooplanctoniche che abitano l’ambiente marino, è importante
definire dei parametri che permettano di rendere quanto più semplice e intuitiva la classificazione
del plancton. Esso infatti comprende organismi microscopici con una taglia variabile tra <1 μm a
qualche metro in alcuni idrozoi (e.g. il sifonoforo Forskalia formosa (Keferstein & Ehlers, 1860))
o scifozoi (e.g. la medusa Drymonema dalmatinum (Haeckel, 1880)).
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La classificazione sviluppata da Omori e Ikeda (Omori & Ikeda, 1992) suddivide lo zooplancton
in 7 gruppi principali, sulla base della loro taglia:
- Femtoplancton (< 0.2 μm): ad esempio virus marini;
- Picoplancton (0.2-2 μm): ad esempio batteri e cianobatteri;
- Nanoplancton (2-20 μm): ad esempio piccoli flagellati;
- Microplancton (20-200 μm): ad esempio tintinnidi, foraminiferi e rotiferi;
- Mesoplancton (0.2-20 mm): ad esempio copepodi pteropodi e chetognati;
- Macroplancton (2-20 cm): ad esempio eufasiacei adulti;
- Megaplancton (>20 cm): ad esempio colonie di meduse e tunicati;
Alcuni gruppi sono rappresentati in più di una categoria dimensionale, ad esempio a seconda delle
specie e dello stadio di sviluppo, le meduse possono essere meso-, macro- o megazooplancton.
Lo zooplancton gelatinoso è un gruppo di grande importanza. Gli organismi zooplanctonici
possono essere considerati indicatori dei cambiamenti dell’ecosistema (Hoff & Peterson, 2006;
Valdés et al., 2004) ed i zooplanctonti gelatinosi, grazie ai particolari tratti del loro ciclo
riproduttivo, in condizioni ambientali favorevoli, possono formare dei “bloom”, ovvero proliferare
fino a raggiungere concentrazioni in situ fino a decine-centinaia di individui per metro cubo.
Questo può portare a delle conseguenze negative per l’uomo e le sue attività. In particolare
proliferazioni di Cnidari causano disagio a diversi settori quali: (1) il turismo, causando
problematiche ai bagnati dovuti alle punture e all’invasione delle spiagge impedendone la
balneazione (Macrokanis et al., 2004); (2) l’acquacultura, danneggiando le branchie dei pesci e
quindi causandone la moria all’interno delle gabbie o mesocosmi d’allevamento (Johnston et al.,
2005); (3) la pesca, in quanto grandi quantità di meduse possono provocare la rottura delle reti da
pesca rovinando la qualità del pescato; ed infine (4) il settore industriale in particolare le centrali
elettriche, dal momento che le meduse ostruiscono gli schermi di presa dell’acqua di mare degli
impianti di energia e di desalinizzazione, causando riduzioni di potenza e arresti (Sharp, 2001).
Ci sono opinioni contrastanti riguardo l’origine dei bloom di organismi gelatinosi. Alcuni autori
infatti sostengono che essi non siano aumentati ma che negli ultimi anni ci sia stata più attenzione
e di conseguenza una maggiore documentazione di questi eventi. Al contrario altri autori hanno
sottolineato la relazione tra l’aumento relativo di episodi di bloom di organismi gelatinosi e le
perturbazioni antropiche, ad esempio il riscaldamento globale, l’eutrofizzazione e lo sfruttamento
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eccessivo della pesca (Mills, 1995; Purcell et al., 2001; Purcell et al., 2007; Daskalov, 2002;
Parsons & Lalli, 2002; Purcell et al., 2005; Tatsuki, 2005).
Le fluttuazioni climatiche esercitano un ruolo rilevante sul biota marino (Cushing & Dickson,
1976; Glemarec, 1979; Bianchi, 1997), e possono influenzarlo in maniera diretta ed indiretta. Gli
effetti diretti a carico degli organismi includono cambiamenti nella riproduzione, nel
comportamento e nella sopravvivenza. Negli organismi gelatinosi ad esempio, il cambiamento
climatico può determinare cambiamenti nella durata degli stadi pelagici (Purcell et al., 2007). Uno
studio ha evidenziato come l'aumento di temperatura dell’acqua possa influenzare la riproduzione
asessuata di questi organismi, incrementando la produzione di gemme e quindi il numero di
individui adulti. Gli effetti indiretti, invece, includono lo spostamento della distribuzione degli
organismi verso i poli (Sullivan et al.,2001; Faase & Bayha, 2006; Hansson, 2006) e
cambiamenti nella composizione delle comunità con conseguente alterazione della struttura della
rete alimentare marina (ad es., Sanford, 1999; Petchey, 1999).
Un altro fattore rilevante nel cambiamento della biodiversità nel mediterraneo è la presenza di
specie esotiche. Questo è correlato in qualche modo al cambiamento climatico; la modifica
dell’habitat e l’introduzione di specie alloctone si combinano per causare la perdita della
biodiversità (Bianchi & Morri, 2000). Le specie endemiche fanno fatica a tollerare le continue
fluttuazioni dell’ecosistema e rischiano l’estinzione, mentre le specie alloctone trasportate
dall’uomo si riescono ad adattare in maniera migliore e a imporre il loro dominio (McKinney,
1999).
Per quanto riguarda l’impatto antropico sull’ecosistema marino un’attività che influisce
pesantemente è la pesca. La pesca può influenzare positivamente le popolazioni pelagiche di
Cnidari e ctenofori poiché riduce la competizione da parte di altri predatori dello zooplancton,
i pesci, che competono con loro per il nutrimento (Purcell & Arai 2001; Arai 2005). Organismi
zooplanctonici gelatinosi sono inoltre predati da molte specie di pesci, alcune delle quali sono
commercialmente importanti, come la specie di salmone Onorhynchus keta e la specie di
Peprilus triacanthus comunemente detto Fieto Americano. La diminuzione di pesci
porterebbe ad un aumento aggiuntivo di cibo per i predatori gelatinosi (e.g. meduse) (Purcell
& Sturdevant, 2001) e un accrescimento della popolazione di quest’ultimi.
Un altro fattore che favorirebbe la maggior frequenza di bloom è l'acquacoltura. Tale attività
può involontariamente avvantaggiare le popolazioni di organismi gelatinosi, in particolare le
meduse meroplanctoniche poiché la presenza di gabbie e recinti possono fornire un substrato