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in ogni istante della vita di una cellula, di un tessuto o di un organismo,
l’evoluzione di tale complesso sistema.
La caratterizzazione e lo studio del complesso sistema proteico presente
in una cellula comunque non è solo la naturale conseguenza del
sequenziamento dei geni. Infatti ogni proteina non è la mera traduzione
dell’informazione genomica, poiché, a causa di modifiche post-
trasduzionali, fenomeni di “differential splicing”, un singolo gene può
esprimere in realtà una serie di proteine caratterizzate da una estesa
micro-eterogeneità (Fig.1).
Figura 1. Complessità dell’analisi proteomica. Un gene può produrre, nella fase di
trascrizione, tramite “alternative splicing” più sequenze mRNAs. Dopo la
traduzione, numerose modifiche post-trasduzionali possono generare larghe
variazioni nel numero e nel tipo di forme proteiche.
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Dalle precedenti considerazioni emerge chiaramente la difficoltà cui va
incontro uno studio proteomico. L’avvento, negli ultimi anni, di tecniche
ionizzazione soft, quali l’electrospray (ESI) e il
desorbimento/ionizzazione laser assistita da matrice (MALDI), ha
contribuito in modo determinante affinché la spettrometria di massa
divenisse la tecnica leader nel campo della proteomica. L’accoppiamento
della spettrometria di massa con tecniche ad alto potere risolutivo, quali
l’elettroforesi bidimensionale (2D) su gel (SDS-PAGE) e la
cromatografia su fase inversa (RP-HPLC) ha consentito di ottenere
risultati un tempo impensabili, aprendo di fatto l’era della post-
genomica, quella della proteomica.
In questo contesto, la “bioinformatica” è diventata parte integrante degli
studi proteomici. Infatti, in un singolo esperimento si ottenengono
generalmente una consistente quantità di dati, espressione della
complessità di tali studi. Quindi, l’analisi dei dati ottenuti
(bioinformatica) rappresenta uno step essenziale per l’identificazione
delle proteine.
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L’insieme delle informazioni dedotte dagli studi proteomici, correlate
con quelle ottenute a livello genomico, dovrebbe così consentire di
stabilire l’effettivo ruolo sia delle proteine sia dei geni, nonché le
relazioni genotipo-fenotipo. In tal senso, l’identificazione dei geni
espressi fenotipicamente in un organismo in rapporto a un particolare
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contesto temporale e spaziale dello sviluppo, definito dalla
configurazione delle proteine presenti nella cellula, nonché la
comparazione tra il proteoma di diverse cellule o della stessa cellula in
tempi diversi, rappresentano oggi le nuove sfide conoscitive
dell’indagine molecolare sulla vita.
Il frumento
I cereali rappresentano gli alimenti di più largo consumo presso i popoli
di tutti i continenti e si ricavano da diverse piante appartenenti alla
famiglia delle Graminacee.
Tra i cereali il grano, o frumento, rappresenta il principale prodotto
dell’agricoltura mondiale e la sua produzione è quasi interamente
destinata all’alimentazione umana.
Il frumento infatti oggi costituisce uno dei maggiori componenti delle
diete nel mondo per la sua adattabilità agronomica, facilità di
conservazione, bontà nutrizionale e possibilità di dar luogo, mediante
trasformazione, ad una grande varietà di prodotti (pane, pasta etc.).
Il frumento presenta variazioni considerevoli nella durezza e viene
generalmente classificato in “Triticum vulgare o aestivum” e “Triticum
durum”.
7
Il primo è il grano tenero con cariossidi friabili ed utilizzato nei processi
di panificazione, il secondo invece è il grano duro utilizzato per la
produzione della pasta.
Il frumento e i suoi derivati costituiscono una importante risorsa
nutritiva, essendo ricchi di fibre, carboidrati, proteine, vitamine, ferro,
calcio, potassio, zinco, fosforo e magnesio. Le classi principali dei
componenti presenti nella cariosside sono
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: carboidrati (70 - 80% della
farina disidratata), lipidi (1.5 - 2.5% della farina disidratata) e proteine (8
- 18% della farina disidratata). Tra queste frazioni si ritiene che quella
proteica sia la più importante nell’influenzare le caratteristiche
reologiche dell’impasto del frumento, e per tale motivo da molti anni è
oggetto di studio.
8
Le proteine del frumento
La frazione proteica, secondo la classificazione di Osborne,
5,6
che si basa
sulla loro estraibilità in diversi solventi, può essere suddivisa in (Fig.2):
Proteine metaboliche: albumine, globuline, etc. (estrazione in
soluzione salina);
Gliadine (estrazione in soluzione alcolica);
Glutenine (estrazione in soluzione alcolica dopo riduzione dei
legami disolfuro);
Proteine del residuo (non estraibili con i solventi utilizzati).
2,3
La frazione proteica solubile in soluzione salina, che costituisce più del
20% delle proteine totali, comprende principalmente le albumine e le
proteine globulari con attività metabolica. Questa frazione è considerata
di nessuna
7
o solo di minore importanza
8
nella determinazione delle
qualità reologiche del frumento.
Le rimanenti proteine hanno funzioni di riserva
9
e sono generalmente
indicate con il nome di prolammine. Tali proteine rappresentano più del
50% del contenuto proteico totale nel seme maturo. Apparentemente la
loro unica funzione è quella di essere una fonte di carbonio, azoto e zolfo
durante la germinazione del seme. Le proteine di riserva del frumento,
indicate come proteine del glutine, sono convenzionalmente divise in
9
gliadine, solubili in soluzioni alcoliche, e glutenine, solubili in soluzioni
alcoliche solo dopo riduzione dei legami disolfuro. Questa differenza in
solubilità è principalmente legata alla possibilità (nel caso delle
glutenine) o meno (nel caso delle gliadine) di formare legami disolfuro
inter-catena.
10
10
Figura 2. Classificazione delle proteine della cariosside del grano
Proteine della cariosside del grano
PROTEINE SOLUBILI IN ALCOOL
PROTEINE SOLUBILI IN ALCOOL E
CONDIZIONI RIDUCENTI
PROTEINE SOLUBILI IN
SOLUZIONE SALINA
(Proteine Metaboliche)
GLIADINE
HIGH MOLECULAR WEIGHT (HMW)
GLUTENINE
Mobilità in SDS-PAGE
PROTEINE INSOLUBILI IN
SOLUZIONE SALINA
(Proteine di riserva)
Mobilità in SDS-PAGE
∆-, Ε-Gliadine
Mr 30-40 kDa, sei cisteine,
tre legami disolfuro intra-
catena
ϑ-Gliadine
Mr 30-40 kDa, otto cisteine,
quattro legami disolfuro intra-
catena
Ζ-Gliadine
M
r
55-77 kDa, nessuna cisteina
HMW di tipo x
M
r 83-88 kDa, quattro
cisteine, eccetto la subunità
1Dx5
HMW di tipo y
Mr 67-74 kDa, sette cisteine
LMW di tipo B
M
r 42-51 kDa, di tipo
m- e s-, numero pari
di cisteine
LMW di tipo C
Mr 30-40 kDa, di tipo
m- o ∆-, Ε- e ϑ-
gliadine modificate con
una cisteina
addizionale
TERMINATORI di CATENA
Mobilità in SDS-PAGE
ESTENSORI di CATENA
Mobilità in SDS-PAGE
LOW MOLECULAR WEIGHT (LMW)
LMW di tipo D
Mr 55-77 kDa, Ζ -
gliadine modificate con
una cisteina addizionale
RAMIFICATORI di CATENA
11
Le proteine del glutine
Le proteine del glutine
11,12
hanno una forte tendenza all’aggregazione
poiché possono formare un elevato numero di legami ad idrogeno tra le
catene laterali della glutammina e legami idrofobici tra le numerose
catene laterali apolari. Sono generalmente insolubili vicino al loro punto
isoelettrico (pH 6-9), poco solubili a pH basici, mentre sono
moderatamente solubili a pH acidi. Queste caratteristiche di solubilità e
di formazione di diversi tipi di legami tra le proteine, non ultimi i legami
disolfuro inter- e intramolecolari, sono, presumibilmente, i principali
fattori responsabili delle proprietà reologiche (viscosità, elasticità e
coesione) che rendono il glutine adatto per i processi di panificazione.
Le gliadine e le glutenine contribuiscono entrambe alla natura
viscoelastica del glutine, anche se variazioni nella frazione gluteninica
sembrano avere una maggiore importanza nel determinare le differenze
di qualità tra diverse varietà di frumento. Le gliadine, infatti, sono
coesive ma con bassa elasticità, mentre le glutenine sono sia coesive che
elastiche.
Da tali premesse emerge in modo chiaro il motivo per cui nel corso degli
ultimi anni il complesso sistema proteico (gliadine e glutenine) che
12
costituisce il glutine sia stato oggetto di numerosi studi a livello
molecolare, biochimico e biofisico.
13
Le Gliadine
Le gliadine, solubili in soluzioni alcoliche, sono proteine monomeriche
che non contengono legami disolfuro o che presentano solo legami
disolfuro intramolecolari.
Tali proteine vengono classificate in base alla loro mobilità
elettroforetica (SDS-PAGE) in tre sottogruppi (Fig.2): α/β-, con la più
elevata mobilità, γ- e ω- gliadine.
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Le α/β-gliadine e le γ-gliadine hanno
pesi molecolari compresi tra 30 e 40 kDa, mentre alcune ω-gliadine
possono raggiungere gli 80 kDa.
15
Esse sono codificate dai geni dei loci Gli-1 e Gli-2, situati
rispettivamente sui bracci corti dei cromosomi 1 e 6.
La sequenza amminoacidica di molte α/β-gliadine, dedotta dalla
sequenza del DNA,
7
presenta tre regioni ben distinte (Fig.3): una corta
regione N-terminale non ripetuta costituita da β-turns,
16,17
seguita da una
regione ripetitiva priva di cisteine che consiste di successioni, non
necessariamente alternate, di due sequenze polipeptidiche (Pro-Gln-Pro-
Gln-Pro-Phe-Pro e Pro-Gln-Gln-Pro-Tyr) e, infine, la regione C-
13
terminale principalmente con struttura ad α-elica,
13
ricca di cisteine e
contenente la maggior parte degli amminoacídi carichi.
18-21
Le α/β-
gliadine contengono sei residui cisteinici e danno luogo alla formazione
di tre ponti disolfuro intramolecolari.
Analogamente, la sequenza ammimoacidica delle γ-gliadine può essere
suddivisa in tre regioni (Fig.3): la regione N-terminale costituita
generalmente da dodici residui con struttura secondaria a β-turns,
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seguita da una regione ripetitiva basata sulla successione della sequenza
polipeptidica Pro-Gln-Gln-Pro-Phe-Pro-Gln, ed infine la regione C-
terminale non ripetuta, che presenta una struttura secondaria ricca in α-
eliche,
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con pochi residui di prolina ma contenente tutte le cisteine e la
maggior parte degli amminoacidi carichi. Tutte le γ-gliadine contengono
otto residui cisteinici responsabili della formazione di quattro ponti
disolfuro intramolecolari.
Le ω-gliadine, infine, hanno pesi molecolari, dedotti da misure di SDS-
PAGE, compresi tra i 40 e 70 kDa. L’80% del totale degli amminoacidi è
costituito da glutammina, acido glutammico, prolina e fenilalanina.
La loro caratteristica principale è l’assenza di residui cisteinici nella
struttura primaria.
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