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Se sotto un profilo sociologico generale, l’avvento della società post-industriale ha
infatti condotto al progressivo radicamento dell’industrialismo, ossia alla
diffusione degli stili di vita informati dalla produzione industriale ed alla
maturazione di un accresciuto senso di indifferibilità di bisogni (spesso di natura
narcisistica), è altrettanto vero che detto cambiamento ha riguardato la
collocazione dell’individuo all’interno del suo contesto di vita e culturale, la sua
emancipazione dalla sfera del controllo sociale ed il riemergere della dimensione
soggettiva ed individuale dei valori.
Nel settore considerato (turismo) tutto questo ha portato nel corso di meno di un
secolo alla iper-segmentazione o meglio alla polverizzazione di bisogni e
necessità, al surriscaldamento del clima competitivo internazionale e più in
generale all’acuirsi delle tensioni tra la domanda e l’offerta.
Le sfide poste al management aziendale da un quadro mondiale profondamente
mutato rispetto agli anni ‘70, hanno causato l’emergere di un incertezza di fondo
in grado di inibire reazioni tempestive ed efficaci da parte degli operatori e da qui
il nascere di sensazioni diffuse di frustrazione all’interno delle comunità locali.
D’altra parte la compresenza di situazioni di complessità crescente ed assenza di
strumenti per il controllo di quest’ultima ha portato alla inevitabilità di tali
reazioni ed alla reintroduzione di buone dosi di aleatorietà all’interno di processi
di produzione di conoscenza, condotti fino a poco tempo prima sulla base di
assunti di razionalità limitata, ma efficaci.
E’ quindi la compresenza di fattori quali l’incertezza, la ridondanza delle
possibilità di interazione, unitamente alla caduta dei limiti gerarchico-normativi
a riproporre il tema dell’intenzionalità e del senso dell’azione.
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Introduzione
La situazione generale nel comparto turistico appare in costante evoluzione, ma
libera da azioni sistematiche volte al consolidamento dei processi in corso.
Diverse fonti indicano come, il percorso di crescita del prodotto nazionale, in più
di una occasione “sostenuto” da elementi di carattere contingente (fattori
valutari, crisi internazionali, terrorismo, ...), non abbia ancora portato i decisori
locali e nazionali (pubblici e privati) ad operare con l’organicità e la lungimiranza
necessarie.
Ulteriori ricerche condotte sullo stato del turismo nel Paese in sede ENIT (Ente
Nazionale Italiano per il Turismo) evidenziano inoltre il ruolo sostenuto da
fattori di attrazione il cui peso e la cui forza sono tali da “coprire“ i tanti elementi
di debolezza e di inefficienza del sistema.
All’interno di un quadro così delineato, il sistema ricettivo italiano, da sempre
protagonista, emerge come uno degli elementi di debolezza del sistema.
Critiche provenienti dai turisti segnalano l’inadeguatezza degli standard di
sicurezza e l’assenza di facilities moderne. Ulteriori e più forti voci segnalano la
presenza di settori complementari inaccessibili o non all’altezza della situazione.
Se per certi versi le dinamiche quantitative della domanda hanno consentito al
management di rimandare la risoluzione di tali problemi, fattori quali gli attuali
processi di diversificazione dell’utenza, il differenziale ormai fortemente negativo
nei livelli di efficienza dei trasporti e la progressiva erosione dei margini di
redditività delle aziende stanno contribuendo decisamente al suo rilancio.
Un’ulterire minaccia per gli operatori del settore è costituita dalla rapida
affermazione sulla scena internazionale della Formula-club, considerata da più
parti quale uno dei risultati della “deriva qualitativa del fenomeno turistico” ed
alla base della progressiva riduzione dei benefici ottenuti dalle comunità locali.
I motivi alla base del successo appaiono tuttavia evidenti e sono costituiti:
ξ dalla richiesta crescente per questa formula di vacanza,
ξ dalle dimensioni dei numeri sviluppabili e dal conseguente accesso facilitato a
TT.OO. ed agenzie (il trade),
ξ dalla maggiore autonomia operativa consentita e dalla maggiore indifferenza
rispetto alle performance del sistema complementare esterno ad essa.
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A fronte di un ambiente la cui instabilità è in forte aumento ed in presenza di
velleità di rilancio del sistema turistico italiano sui mercati internazionali, i
processi di rinnovo appaiono eccessivamente lenti ed i margini incrementali di
competitività delle micro imprese ed organizzativi territoriali, eccessivamente
limitati.
Ulteriori vincoli contribuiscono a determinare la debolezza delle spinte
all’innovazione del prodotto, l’assegnazione delle priorità di vendita ai mercati
nazionali e/o locali e la riduzione del raggio spazio-temporale dei processi di
allocazione delle risorse, sempre più frequentemente orientati al breve periodo.
Detti vincoli, di natura prevalentemente politica, consistono:
ξ nell’assenza di una politica economica a supporto del settore,
ξ in ostacoli e ritardi di natura legislativa (norme e regolamenti edilizi),
ξ nell’assenza di programmi e medio periodo a sostegno dei livelli di
professionalizzazione delle risorse umane impiegate.
Decisi interventi porterebbero infatti necessariamente ad un aumento della
produttività e di redditività delle strutture, i quali a loro volta potrebbero essere
trattenuti dagli operatori od essere trasferiti al mercato sotto forma di maggiore
qualità del servizio a parità di costo e/o in maggiori margini di manovra nelle
contrattazioni con il trade.
L’ipotesi alternativa, costituita dall’avvio di percorsi di sviluppo “dal basso” e su
scala locale, risulta praticabile con difficoltà per certi versi analoghe.
I processi in corso indicano la graduale riduzione di alcuni dei problemi di
carattere strutturale che tanto a lungo hanno ostacolato (ed ostacolano tutt’ora)
l’avvio di un percorso di crescita nel settore.
Il tradizionale arroccamento delle micro-imprese lascia trasparire segnali di
apertura alla collaborazione ed i recenti innesti di nuove risorse umane
professionalmente qualificate contribuiscono giorno dopo giorno a trasformare il
turismo da attività vocazionale ma marginale ad attività economica vera e
propria.
Giocano nel ridurre la velocità di avanzamento di tali processi fattori quali:
ξ Il protrarsi del dibattito sulla ripartizione delle funzioni pubblico-private,
ξ l’individuazione spesso imprecisa delle linee-guida da seguire nello sviluppo e
nell’attuazione dei percorsi di ri-organizzazione dell’offerta,
ξ l’esistenza di gruppi di interesse i cui obiettivi risultano “estranei” alle priorità
individuate e condivise a livello locale.
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Critiche diffuse provenienti dagli operatori segnalano inoltre le crescenti
difficoltà di “fare presa sui problemi” incontrate dalle leadership e l’instabilità dei
mercati di riferimento, ovvero degli “ambienti organizzativi di mercato”.
La questione rilevante è quindi se l’assenza di:
ξ segnali forti provenienti “dall’alto”;
ξ indicazioni precise provenienti “dal basso”;
possano determinare o meno nel medio periodo il definitivo consolidarsi della
tendenza a “tirare i remi in barca”, ovvero a confidare nel mercato interno e nella
debolezza dell’Euro.
Su quest’ultimo fronte, la differenziazione dei percorsi di evoluzione
(crescita/declino) di intere componenti strutturali dell’offerta indica
l’approssimarsi del limite temporale utile per l’adozione di scelte autonome ed
oltre il quale le logiche di decisione locale si prospettano informate da esigenze
contingenti e da obiettivi di breve periodo.
Occorre quindi fare presto e bene. Ne va del destino di intere comunità.
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1. Metodologia
1.1. Valori alla base dell’indagine
Elementi quali:
ξ l’assidua frequentazione dei nonni materni e la protratta esposizione ai valori
etico-religiosi che ne indirizzavano l’agire;
ξ l’avvenuta maturazione di gran parte della gioventù a cavallo di due mondi
distinti e separati quali: il paese di San Leonardo, un piccolo abitato di
montagna a 4 Km dal confine orientale della regione Friuli-Venezia Giulia ed
Udine, la città in cui risiedevo e risiedo tutt’ora;
ξ il senso di emarginazione patito a causa della mancata adesione ad uno dei
modelli culturali di riferimento delle realtà sopracitate;
mi hanno consentito di maturare una certa sensibilità verso le tematiche delle
relazioni umane e degli elementi storici, naturali e sociali in grado di informarle.
Ulteriori esperienze di lavoro svolte a contatto con settori professionali all’interno
dei quali la questione morale era ormai stridente alla fine degli anni ‘80, hanno
acuito tale sensibilità ed hanno determinato nel 1993 un radicale cambiamento
degli orientamenti di lavoro in senso integralista insieme al mio ritorno sui libri.
Il percorso di ricerca personale si è giovato più di recente dei contributi di alcuni
autori. Fra i non sociologi Josè Ortega y Gasset, filosofo madrileno (1883-1955)
alle cui opere si sono ispirati autori del calibro di Marcuse, Harendt, Kornhauser,
Fromm, Mannheim, insieme a molti altri che pure non citandone le opere
riportano parola per parola frasi contenute in uno dei suoi libri più conosciuti “La
ribellione delle masse” del 1929.
Dell’opera di Ortega appare importante sottolineare l’attualità, la semplicità e la
precisione con la quale il filosofo “descrive”:
ξ i fattori e le cause all’origine dei mutamenti epocali successivi all’avvento della
rivoluzione industriale in Europa;
ξ le figure tipiche della società post-moderna quali il “cinico”, il “progressista”, lo
“specialista” e “l’uomo-massa”;
ξ gli effetti della massificazione e dell’avvento dell’uomo medio sulla scena
politica, economica e sociale del suo (e del nostro) tempo.
A fronte dell’appagamento degli ideali e dei bisogni materiali di base e della
conseguente non indispensabilità dei difficili requisiti morali, Ortega individua
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“nell’obliterazione delle anime”, ovvero nell’indocilità intellettuale e politica
dell’individuo, l’elemento in grado di impedire a quest’ultimo di paragonarsi agli
altri, di uscire da sè stesso.
Ortega auspica quindi la nascita di una nuova categoria di individui in grado di
“vivere all’altezza dei tempi” e di esporsi “al vento della storia”.
Ulteriori elementi di frattura passato/presente vengono isolati da Manuel Cruz,
filosofo dell’azione spagnolo, tuttora vivente.
Cruz, affermando che l’adeguamento della società al progresso tecnico da essa
stessa generato ha determinato l’avvento della società di massa e con essa “la
sparizione della “categoria del soggetto” individua, anche se solo sulla base di
criteri di tipo giuridico-economico:
ξ nella deresponsabilizzazione dell’individuo il problema principale all’origine di
una serie di ripercussioni negative in campo pubblico e privato;
ξ nella responsabilizzazione dello stesso, lo strumento in grado di permettere
l’identificazione delle cause e dei “colpevoli dei danni causati dall’inazione a
terzi”.
In conseguenza a ciò, Cruz identifica come “soggetto” esclusivamente colui che
agisce con intenzionalità ed individua nella distinzione tra avvenimento ed azione
la modalità mediante la quale “argomentare razionalmente” la moralità o
l’immoralità del soggetto.
Il contrasto evidenziato si pone ancora una volta tra casualità e motivazioni
personali all’azione.
La moralità del soggetto (che decide ed agisce) diventa pertanto la chiave di volta
del sistema sociale e non può più essere considerata come un “supplemento
ornamentale” nella interpretazione degli avvenimenti ma deve diventare a parere
dello scrivente l’obiettivo principale di una seria politica di sviluppo sociale.