2
Due sono gli elementi che caratterizzano un
archivio: “il complesso di documenti ed il complesso
di relazioni che intercorrono tra i documenti”
2
.
I documenti essendo testimonianza scritta di atti
giuridici, eventi politici, economici e sociali
assumono una rilevanza storica e culturale fin dalle
origini. Gli archivi quindi nascono “spontaneamente”
in risposta a precise esigenze giuridiche e
amministrative e solo col tempo acquisiscono un
prevalente profilo culturale.
Questa è la prima profonda differenza tra gli archivi
ed altre categorie di beni culturali, in particolare
quelli storico artistici. L’opera d’arte è infatti il frutto
della emanazione creativa dell’intelletto che “fin dal
momento in cui nasce costituisce un fatto culturale,
produce emozioni, suscita riflessioni e ripensamenti,
ed è destinata a chiunque sia in grado di vedere,
leggere, capire”
3
.
L’archivio inoltre costituisce la fonte più autentica di
registrazione della memoria di un popolo.
“Sempre più, archivi e memoria formano un
binomio inscindibile”
4
.
2
cfr ibidem, p. 235
3
cfr. Paola Carucci, Le fonti archivistiche: ordinamento e conservazione,
Roma, 1983, p. 11-12
4
cfr. Stefano Vitali, Memorie, genealogie, identità, in Il potere degli archivi:
usi del passato a difesa dei diritti nella società contemporanea , Linda Giuva,
Stefano Vitali, Isabella Zanni Rosiello, Milano, 2007, pp. 67-134, p. 103
3
L’archivio dunque è il luogo della memoria storica, ,
oltre che mezzo di trasmissione della stessa
memoria alle generazioni future.
La memoria storica di una collettività costituisce la
base primaria dell’identificazione di un popolo nella
propria nazione, e costituisce la base per “la
programmazione dell’attività futura”
5
. Inoltre la
memoria collettiva “ha costituito un’importante
posta in gioco nella lotta per il potere condotta dalle
forze sociali. Impadronirsi della memoria e dell’oblio
è una delle massime preoccupazioni delle classi, dei
gruppi, degl’individui che hanno dominato e
dominano le società storiche”
6
.
1.2 La legislazione archivistica
1.2.1 La legislazione archivistica dopo l’unità
d’Italia
Il processo di promozione e valorizzazione del bene
archivistico deve essere valutato alla luce
dell’evoluzione legislativa legata agli archivi “da cui
cogliere valutazioni ed elementi utili a capire meglio
5
Cfr. Elio Lodolini, Archivistica. Principi e problemiop. cit., p. 14
6
cfr. Jacques Le Goff, Storia e memoria, , Torino, 1986, p. 350, questa
citazione è riportata da E. Lodolini in Archivistica. Principi e problemi, cit.
p. 13
4
il presente, in una prospettiva capace di prefigurare
e favorire uno sviluppo futuro”
7
.
All’indomani dell’unità d’Italia, l’organizzazione degli
archivi divenne oggetto di dibattito politico e
culturale per le diverse modalità organizzative degli
archivi attuate dagli stati preunitari.
Il punto nodale della questione non era legato solo
agli istituti di conservazione, che per volontà degli
antichi regimi avevano assicurato la corretta
conservazione dei documenti e il cui fine principale
era quello di garantire gli interessi delle dinastie e
delle oligarchie dirigenti, ma anche agli archivi
provenienti “dalle comunità, dalle famiglie, dalle
opere pie, dalle istituzioni ecclesiastiche, la cui
tradizione archivistica era ritenuta compito estraneo
alle autorità dello Stato”
8
mettendo a rischio la
conservazione della memoria locale.
Il dibattito politico sulla duplicità della natura degli
archivi, amministrativa e culturale, coinvolse due
dicasteri: quello dell’interno e quello della istruzione
pubblica “in merito alla collocazione del servizio alle
dipendenze dell’uno o dell’altro ministero”
9
.
7
Cfr. Rosalia Manno Tolu, Apertura dei lavori, in Archivi e storia
nell’Europa del XIX secolo, Alle radici dell’identità culturale europea,
Pubblicazioni degli Archivi di Stato saggi 90, Ministero per i Beni e le
Attivita’ Culturali Direzione Generale per gli archivi, 2006, pp.2-5, p. 2
8
Arnaldo D’Addario, Gli Archivi nel quadro dello stato unitario, in
“Rassegna degli Archivi di Stato”, XXXV/1-2-3, Roma, 1975, pp. 11-115, p.
15
9
Ibidem p. 17
5
La questione fu più volte proposta da Francesco
Bonaini, il quale conosceva bene la situazione degli
archivi in Toscana e orientava i politici verso la
scelta del ministero della istruzione pubblica, in
quanto gli archivi custodivano le memorie di una
grande nazione e il ministero della istruzione
pubblica avrebbe saputo conservare, gestire e
promuovere le attività scientifiche e culturali che ne
derivavano.
Quegli stessi archivi che “erano considerati puri e
semplici «arsenal de l’autorité»
3
, depositi dei
«segreti» dello stato, da preservare dagli sguardi
indiscreti dei cittadini [e che divenivano con la
Rivoluzione francese], grazie al riconoscimento della
libera consultabilità della documentazione, [il luogo
ideale] della libertà di investigazione scientifica e, in
particolare, della libertà di ricerca storica [e resi]
effettivamente fruibili dal pubblico degli studiosi
attraverso il radicale rovesciamento delle modalità
fino allora prevalse di organizzazione, ordinamento
e gestione degli archivi”
10
.
Dieci anni dopo l’unità, con il decreto del 15 marzo
1870, si nominavano i componenti della
commissione presieduta dal senatore Cibrario che
avrebbe dovuto predisporre un progetto di
10
cfr Stefano Vitali – Carlo Vivoli, Tradizione regionale ed identità
nazionale alle origini degli Archivi di Stato toscani: qualche ipotesi
interpretativa, in Pubblicazioni degli Archivi di Stato saggi 90, Ministero per
i beni e le attivita’ culturali. Direzione generale per gli archivi, 2006, pp. 261-
288, p. 289
6
riordinamento unitario del servizio archivistico. Il
ministro dell’interno Giovanni Lanza, sottopose alla
discussione della commissione dodici quesiti,
“rispondendo ai quali si sarebbero chiaramente
configurati i lineamenti di un servizio archivistico
nazionale unitario ed efficiente
11
”. Dopo quindici
giorni anche il ministro della pubblica istruzione,
Cesare Correnti, poneva alla commissione altri due
quesiti.
Con la conclusione dei lavori della commissione
Cibrario, il 13 aprile 1870, in base ai risultati
raggiunti “si dette forma tra il 1874 e il 1875
all’ordinamento degli archivi italiani”
12
conferendone
la dipendenza dal Ministero dell’interno.
Molte delle teorie avanzate dal soprintendente
Bonaini furono recepite dalla commissione ma
“stentò invece ad affermarsi pienamente quello che
(...) risulta come uno dei cardini della proposta del
Bonaini: la sua visione degli archivi come centri di
11
cfr. Arnaldo D’Addario,Gli Archivi nel quadro... op.cit. p. 85
I quesiti posti dal ministro Lanza: 1) unificazione del servizio sotto un solo
ministero?; 2) separazione degli archivi storici dagli amministrativi?; 3) da
quale ministero far dipendere gli archivi?; 4) regolamento per gli archivi
provinciali; 5) modi della vigilanza che allo stato pare competere sugli
archivi comunali, provinciali e degli enti morali; 6) differenze di carriera e di
stipendio del personale; secondo il grado di istruzione?; 7) quali le gerarchie
tra gli uffiziali d’archivio?; 8) riunire alcuni archivi e quali?; 9) uniformità di
regolamento per tutti gli archivi?; 10) norme per la pubblicazione, la lettura,
la copia dei documenti; 11) tasse per il rilascio di copie o estratti e per la
consultazione a uso non di studio; 12) provvedimenti per la conservazione
degli archivi notarili. E i quesiti posti dal ministro Correnti: 1) norme utili a
disciplinare gli atti inutili; 2) norme per l’esportazione dei documenti dal
territorio del regno.
12
cfr. Stefano Vitali - Carlo Vivoli, Tradizione regionale... cit. , p. 310
7
ricerca, come «stabilimenti scientifici e letterari» e
del ruolo che questi avrebbero potuto svolgere nella
formazione dell’identità culturale della nuova
nazione”
13
.
Per quanto riguarda gli archivi dei comuni, la
commissione Cibrario riconosceva ai comuni una
propria autonomia gestionale degli archivi e “tutta
la legislazione successiva ha mantenuto questo
principio ponendo dei limiti solo in caso di
inadempienza delle amministrazioni locali.”
14
“Il sistema della conservazione del patrimonio
archivistico nazionale si incardina fin dal 1874 su
un'amministrazione statale con funzioni sia di
conservazione degli archivi statali che di vigilanza
sulla tenuta dei non statali”
15
. Una vigilanza
comunque, circoscritta al solo controllo sulla idonea
conservazione degli archivi senza l’applicazione di
norme coercitive nel caso di riscontro di
inadempienze.
A partire dal 1875, con l’emanazione del
regolamento archivistico, si obbligavano le province
e i comuni alla conservazione ordinata dei propri
archivi. Successivamente, con il regolamento
emanato nel 1902 si introduceva anche l’obbligo di
13
cfr. Ibidem, p. 311
14
cfr. Paola Carucci, Le fonti archivistiche ...op.cit p. 80
15
cfr. Pierluigi Feliciati, Per un sistema della memoria documentaria in
Italia nel transito al digitale, Relazione presentata al convegno Conservare le
raccolte delle biblioteche: problemi e prospettive dal cartaceo al digitale,
Venezia 26 maggio 2006, in
http://www.aib.it/aib/commiss/cnur/consracc.htm3
8
redigere gli inventari degli atti e si conferiva al
Ministero dell’Interno, in caso di inadempienza da
parte dell’ente locale, “la facoltà di disporre
l’esecuzione d’ufficio di interventi di riordinamento e
di inventariazione”
16
.
Il punto nevralgico di debolezza nei confronti degli
archivi locali rimaneva l’attività di vigilanza
dell’amministrazione archivistica che si era rivelata
al riguardo poco incisiva. A questo stato di cose si
pose rimedio con l’emanazione della legge n. 2006
del 22 dicembre 1939 che istituiva le
Sovrintendenze archivistiche in nove città italiane,
con compiti di vigilanza sugli archivi degli enti
pubblici territoriali e di proprietà privata, ma
l’applicazione della legge fu bloccata dall’entrata in
guerra dello Stato italiano
17
.
Alla legge n. 2006/1939 furono apportate modifiche
a norma dell’art. 10, legge 13 aprile 1953 n. 340,
affidando alle soprintendenze “una propria
autonomia e un minimo di personale e mezzi
propri”
18
.
I servizi di vigilanza furono poi riorganizzati dal
D.P.R. n. 1409/1963 che aumentava le
16
Cfr. Elisabetta Arioti – Anna Lia Bonelli, Gli archivi degli enti locali, in Storia
d’Italia nel secolo ventesimo Strumenti e fonti, a cura di C. Pavone,
Pubblicazioni degli archivi di stato, Saggi 88, Ministero per i beni e le
attivita’ culturali Dipartimento per i beni archivistici e librari Direzione
generale per gli archivi, Roma, 2006, pp. 273-322, p. 277
17
cfr. Francesca Morandini, A proposito delle Sovrintendenze archivistiche,
in Rassegna degli Archivi di Stato, XXXV/1-2-3, Roma, 1975, pp. 385-396,
p. 385
18
cfr. Ibidem, p. 396
9
Soprintendenze archivistiche da nove a diciotto,
dislocandole in ogni regione.
I testi legislativi fondamentali emanati fino alla
proclamazione della Repubblica furono i seguenti:
- “R.D. 27 maggio 1875, n. 2552, per
l’ordinamento generale degli Archivi”;
- “Decreto ministeriale del 18 giugno 1876 con
cui è approvato il regolamento pel servizio
interno degli archivi;
- Circolare n. 17100-2 emanata dal ministero
dell’interno il 1 marzo 1897, avente ad
oggetto "Ordinamento degli Archivi dei
Comuni";
- “R.D. 9 settembre 1902, n. 445 che approva
il regolamento generale per gli Archivi di
Stato”
19
;
- “Regio Decreto 2 ottobre 1911, n. 1163,
“Regolamento per gli archivi di Stato”;
- Legge 22 dicembre 1939, n. 2006 “Nuovo
ordinamento degli archivi del Regno”
20
.
19
l’art. 69 stabiliva che “… le Provincie, i Comuni, gli Enti morali, tanto
civili che ecclesiastici e tutti gli istituti da essi dipendenti devono conservare
in buon ordine gli atti dei loro archivi e depositare copia dell’inventario degli
atti stessi negli Archivi di Stato della propria circoscrizione”. Queste
disposizioni vennero ripetute nell’art. 73 del regolamento del 2 ottobre 1911,
n. 1163. Tuttavia, tranne che in alcuni archivi comunali, rimasero sempre
inapplicate”. Cfr. Francesca Morandini, A proposito delle Sovrintendenze
archivistiche, cit., p. 386
20
L’art. 3 istituì le Sovrintendenze archivistiche, Normativa unitaria,
indirizzo web: http://wwwdb.archivi.beniculturali.it/ricerca.aspx.
10
1.2.2 La legislazione repubblicana
A seguito della proclamazione della Repubblica
maturò l’esigenza di dare un nuovo assetto
normativo agli Archivi attraverso norme più precise
circa l’organizzazione centrale e periferica
dell’amministrazione archivistica. Questa esigenza
condusse all’elaborazione ed approvazione del
D.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409, Norme relative
all’ordinamento ed al personale degli archivi di
stato.
Un anno dopo i beni archivistici
21
furono inglobati
nella dizione di beni culturali dalla Commissione di
indagine per la tutela e la valorizzazione delle cose
di interesse storico, archeologico, artistico e del
paesaggio conosciuta come Commissione
Franceschini, dal nome del suo presidente, e
istituita con legge del 26 aprile 1964, n. 310. La
locuzione bene culturale, già introdotta in occasione
della V Conferenza generale dell’UNESCO, fu ripresa
dalla Commissione Franceschini che ne precisò la
definizione.
21
Per quanto riguarda l’archivio diviene bene culturale solo quando i
documenti perdono la valenza giuridico-amministrativa (decorsi 40 anni) e
sono stati selezionati per la conservazione permanente. Elio Lodolini,
L’istituzione del Ministero per i beni culturali e la legge sulla dirigenza degli
archivi, in Rassegna degli Archivi di Stato, XXXV/1-2-3, Roma, 1975, pp.
306-341, p. 308