2
esigenze di mercato, che si dirigono verso un’omogeneizzazione delle leve di
marketing e lo sfruttamento a pieno dell’opportunità di economie di scala che un
marchio globale presenta.
Per quanto riguarda la struttura della tesi, essa è composta da una prima parte
basata su aspetti teorici del mondo della marca, volta a fornire importanti chiavi di
lettura per il proseguo della trattazione stessa. Sul concetto del marchio e sulla gestione
del valore dello stesso, è stato dedicato tutto il primo capitolo, considerando tale
aspetto la base teorica, da cui poi hanno avuto luogo le strategie e le varie azioni del
management Omnitel-Vodafone.
Nella prima parte del primo capitolo, si tratta del brand in relazione alla gestione
del suo valore in un ambito pratico, rappresentato da logiche aziendalisitiche e di
marketing. Si parlerà, perciò, di Brand Equity e della gestione del valore del marchio al
fine di ottenere un brand forte, competitivo ed altamente comunicativo. Nella seconda
parte dello stesso capitolo, invece, si evidenzia la natura del marchio dal punto di vista
semiotico, quindi, in termini maggiormente teorico- speculativi rispetto alla prima
parte. Saranno affrontati i temi dell’identità della marca, con l’aiuto di modelli teorici
di importanti studiosi del settore e della identità visiva della stessa.
Dopo aver esaurito l’argomento teorico, ha inizio il case study Omnitel-Vodafone.
Si apre con due paragrafi, che parlano della storia dei due gestori di telefonia mobile e
delle loro caratteristiche generali. Dopo aver conosciuto i protagonisti del caso
studiato, inizia l’analisi del cambio del marchio da Omnitel a Vodafone e tutti i vari
passaggi interaziendali.
3
Si analizzano, nello specifico, tutti gli ambiti comunicativi che sono stati interessati
da questo cambiamento, dalla trasformazione del logo stesso, dei P.O.S (Point of
Selling) all’affermazione del nuovo brand. La seconda parte del capitolo, inoltre, si
soffermerà sul processo di globalizzazione del marchio, su i suoi vantaggi e sulle
conseguenze che esso causa; saranno presentate tre tipi di estensioni dell’esperienza
Omnitel-Vodafone per avvalorare l’entità di tale processo: una geografica, prendendo
in considerazione i casi Vodafone Spagna e Vodafone Germania, analoghi al nostro
caso nazionale, e due estensioni extrasettoriali, il caso Autobianchi-Lancia e
Unicredit-Pioneer Investment anch’essi utili nel ribadire l’importanza di saper intuire e
gestire l’attuale fenomeno della globalizzazione.
Il terzo capitolo, invece, è volto a considerare le diverse fasi di comunicazione
pubblicitaria, attraverso l’analisi dei diversi contenuti comunicativo-pubblicitari degli
spot, nella fase di migration.
Comunicazione pubblicitaria Omnitel
Comunicazone pubblicitaria prima fase di dual branding Omnitel Vodafone
Comunicazione pubblicitaria seconda fase di dual branding Vodafone Omnitel
Comunicazione pubblicitaria Vodafone, in cui il gestore compare da solo.
Per finire, il quarto capitolo si occupa di studiare il piano comunicativo di
Vodafone nella fase del cambio brand e la strategia comunicativa adottata in relazione
al suo posizionamento nel mercato della telefonia mobile e alla sua penetrazione nel
contesto culturale italiano. Verranno, presi in considerazione la mirata politica di
sponsorizzazioni e di partnership, soprattutto quella instaurata con Ferrari, e i
numerosi rapporti di collaborazione stretti in ambito sociale che hanno consentito al
4
gruppo anglosassone di assumere un alto posizionamento all’interno del mercato di
telefonia mobile nazionale, acquisendo considerazione e notorietà.
Sicuramente è stata una sfida avvincente e molto rischiosa quella che Vodafone ha
intrapreso, in un mercato in cui si trova, ormai, a fronteggiare il “nemico” storico Tim,
con la sua sola identità comunicativa.
L’esito della sfida appartiene alla storia alla storia di tutti i giorni, continuamente
contesa nell’arena moderna della comunicazione.
Capitolo I
Che cos’è la marca?
Sommario: 1.1 Per una definizione della marca (marketing view); 1.2 Brand
Equity; 1.2.1 La fedeltà della marca; 1.2.2 La notorietà; 1.2.3 La qualità percepita;
1.2.4 Le associazioni; 1.3 L’evoluzione del concetto di marca (semiotic view); 1.4 Tra
marketing e semiotica; 1.4.1 La semiotica del consumo; 1.5 L’identità della marca;
1.5.1 I modelli teorici; 1.5.2 l’immagine della marca; 1.6 La Visual Identity della
marca; 1.6.1 Brand Name; 1.6.2 Il logo; 1.6.3 Il packaging.
6
1.1 Per una definizione della marca (marketing view)
Anni fa Larry Light, uno dei più accreditati professionisti delle ricerche
marketing, in un’intervista sul noto Journal of Advertising Research a proposito delle
prospettive del marketing di lì a trent’anni, sostenne: “La battaglia del marketing sarà
tra marche. Le aziende e gli investitori vedranno nella marca l’asset più prezioso […].
Conterà più avere mercati che avere fabbriche, e l’unico modo per avere i mercati è
possedere le marche che dominano il mercato”
1
. Così è stato. Dai primi anni Ottanta
ad oggi la marca è divenuta una grande realtà sociale ed economica del nostro mondo,
assumendo un’importanza crescente in tutti i settori del consumo, dalla produzione alla
distribuzione, sia di beni che di servizi.
La crescita del potere economico e culturale delle grandi multinazionali occidentali
è in perfetta sincronia con l’evoluzione del prestigio e della forza del brand sui mercati
globali. Dai monitor della borsa valori al sacchetto della spesa, la marca costituisce
oggi un vero e proprio elemento strategico per l’impresa. E questo avviene per
l’indiscutibile fascino e la conseguente forte incidenza che le marche hanno nella
nostra esistenza.
Prova ne è il fatto che, nella situazione attuale, risulterebbe improponibile sul
mercato un prodotto privo di un nome, di un’immagine, di una personalità ed
altrettanto inadeguata un’impresa incapace di trasmettere una propria identità.
Nonostante sia tale la forza del ruolo che la marca assume nella nostra vita e in quella
delle nostre imprese, darne una definizione chiara e univoca risulta un’operazione
piuttosto complessa.
1
INTERVISTA TRATTA DAL Journal of Advertising Research 1969 rivista pubblicata dalla Cambridge University
Press e l’ARF(Advertising Research Foundation).
7
Tuttavia, per quanto riguarda il concetto di marca, la definizione a cui si è fatto
prevalentemente riferimento almeno negli anni passati, è stata quella proposta da
Philip Kotler, alla quale sono eseguite elaborazioni praticamente analoghe nel corso
degli anni. Costui ha definito la marca come: “nome, termine, segno, simbolo o
disegno, o una combinazione degli stessi che mira ad identificare i beni o i servizi di
un venditore di un gruppo di venditori e a differenziarli da quelli dei concorrenti.”
2
Definizione analoga forniscono l’American Marketing Association
3
e Kevin Lane
Keller
4
, mentre una definizione concettualmente più ricca è quella di De Chernatony e
McDonald, che definiscono la marca come ”un prodotto, servizio, persona o luogo,
aumentato in misura tale che l’acquirente o l’utilizzatore percepisca elementi unici e
rilevanti di valore aggiunto che incontrino i suoi bisogni e che tale valore sia
sostenibile nei confronti dei concorrenti.”
5
Sulla medesima linea definitoria si posiziona anche il noto stratega di marketing
David Aaker, professore all’Università di Berkley in California, il quale vede la marca
in tali termini: “la marca è un nome o un simbolo distintivo che serve ad identificare i
beni o i servizi di un venditore o di un gruppo di venditori e a differenziarli da quelli di
altri concorrenti.”
6
Lo stesso Aaker sottolinea più volte la capacità che ha la marca di
creare valore (brand equity) e la necessità che ha dunque l’impresa di imparare a
governarne strategicamente il posizionamento ed eventuali estensioni o declini.
2
P.KOTLER, Marketing Management; 5.a ed, Prentice Hall, 1984, p.482.
3
A.M.A 1960 è una delle associazioni mondiali più prestigiose nel campo del marketing.
4
Kevin Lane Keller è docente di Marketing presso la Amos Tuck School of Business Administration a Darthmouth-
USA.
5
L.DE CHERNATONY-M.MC DONALD, Creating Powerfull Brands in Consumer, Service and Industrial
Markets, Oxford, Butterworth Heinemann, 1998, citato in I.BAIETTI, Dalla brand identity alla site identity:
l’influenza della comunicazione off-line sualla site image e sulla brand image, Convegno le “Tendenze del
Marketing in Europa”, 2000.
6
D A. AAKER, Brand Equity. La gestione del valore della marca, FrancoAngeli, Milano, 2003, p.26.
8
Kotler ne fornisce, inoltre, altre definizioni chiave:
7
Nome di Marca (brand name): quella parte della marca che può essere vocalizzata.
Marchio (brand mark): la parte della marca che è riconoscibile ma non
pronunciabile.
Marchio di fabbrica (trade mark): la marca, o parte della marca, alla quale si
conferisce protezione legale in quanto se ne rivendica la proprietà esclusiva.
Sostanzialmente la definizione di marca proposta da Kotler e seguita da numerosi
autori può dirsi ormai in parte superata. Essi trascurano una componente della marca
essenziale, la componente relazionale, interlocutoria, discorsiva della marca, che
instaura legami non solo con il contesto produttivo e commerciale ma anche con quello
dei clienti, della comunità, della società.
Si trascura il fatto che la marca oggi costituisce una delle più importanti risorse di
fiducia nel rapporto tra impresa e consumatori.
Una definizione aggiornata ed allargata della marca viene fornita da Claudio Zara:
“la marca è una sintesi di risorse dotate di potenziale generativo, capaci cioè di
accrescere nel tempo la fiducia e la conoscenza su cui si fonda la marca stessa
attraverso la creazione di valore con specifico riferimento alle relazioni coi
consumatori, tale capacità deriva dall’aggregazione, intorno a specifici segni di
riconoscimento, di un definito complesso di valori (individuali e sociali), di
associazioni cognitive, di aspettative e di percezioni, al quale i segmenti di domanda
attivati dall’impresa attribuiscono un valore-utilità che eccede la performance tecnico-
7
P.KOTLER-W.G.SCOTT, Marketing Management, ISEDI Prentice Hall International, Englewood Cliff NY 1991
p.633.
9
funzionale del prodotto identificato dalla marca stessa e che pertanto si traduce in un
valore economico- finanziario differenziale per l’impresa.”
8
Zara parla di una componente identificativa legata ai segni di riconoscimento fisici
dai quali deriva la consapevolezza di marca (brand awareness) e di una percettiva
costituita da associazioni cognitive e da percezioni nelle quali rientrano appunto un
livello di astrazione della componente fiduciaria, dei valori, dei benefici.
E’ interessante notare che anche altri autori parlano di componente identificativa,
fiduciaria e valutativa, come Mazzei
9
e lo stesso Busacca
10
. Dal contributo di questi
autori si può comprendere come la problematica della marca si sia evoluta e come oggi
gli autori tendono a considerare il brand, oltre che nella dimensione prettamente
aziendalistica, anche nella sua dimensione relazionale e fiduciaria.
Jean-Noël Kapferer, psicosociologo francese autore di diversi lavori sul concetto di
marca, rivolge la sua attenzione alla relazione da instaurare e gestire con il cliente. Egli
sposta l’accento su una necessaria attitudine all’ascolto da parte degli uomini di
marketing e degli imprenditori, attraverso strumenti di rilevazione e misurazione delle
loro attese: “Essere marca significa soddisfare costantemente le aspettative dei
consumatori o, meglio, prevenirle, rilevare i fattori ambientali che determinano queste
attese e proporre prodotti adatti.”
11
Solo in questo modo, sostiene, può nascere una marca solida e di successo. Inoltre,
lo stesso Jean-Noel Kapferer ha messo in luce, nel suo primo lavoro sull’argomento, le
8
C.ZARA, (a cura di), La valutazione della marca. Il contributo del brand alla creazione del valore dell’impresa, Etaslibri,
Milano,1997, p.5.
9
R.MAZZEI, Brand Equity: il Valore della marca.Teoria e prassi dei processi valutativi, EGEA, Milano, 1999.
10
B.BUSACCA, Il Valore della Marca tra Postfordismo ed Economia Digitale, EGEA, Milano, 2000.
11
J-N KAPFERER, La marca motore della competitività delle imprese e della crescita dell'economia
Guerini&Associati Editore – Milano, 1991.
10
principali tra le molteplici funzioni che sin dagli albori la marca è in grado di svolgere
per conto del consumatore, per cui essa svolge funzioni di:
12
di “identificazione” del prodotto da parte del consumatore dal punto di vista degli
attributi e delle caratteristiche;
di “orientamento” del consumatore d’innanzi alla molteplicità della scelta ;
di “garanzia” in relazione alla costanza della qualità di una determinata marca;
di “personalizzazione”, possibilità di comunicare nel sociale l’identità del
consumatore;
“ludica”, relativa al piacere di provato dal consumatore nell’effettuare i suoi
acquisti.
di “praticità”, cioè di semplificazione dell’atto di acquisto attraverso la
memorizzazione degli altri processi
Ma a queste cinque funzioni, prevalentemente utili al consumatore se ne
aggiungono altre due a favore esclusivo dell’azienda, che le permettono di difendersi
dalla concorrenza ed adottare una strategia a lungo termine:
13
di “posizionamento”: la marca dà all’impresa la possibilità di posizionarsi in
rapporto con i suoi concorrenti e di far conoscere al mercato le qualità distintive
che rivendica per il suo prodotto.
di “capitalizzazione”: tutte le azioni pubblicitarie e promozionali ricadono
inevitabilmente sull’immagine della marca andando così a costruire un patrimonio
12
Ibidem.
13
J-N KAPFERER- J.THOENING, La Marca, motore della competitività delle imprese e della crescita
dell’economia; Guerini e Associati, Milano,1991, p.133.
11
intangibile costituito da anni di investimenti e destinato a crescere negli anni
avvenire.
E’ chiaro, quindi, che Kapferer riprende il significato etimologico di marca, dal
germanico marka
14
, affermando il significato di confine insito nel concetto di marca, di
strumento di differenziazione e segnalando la diversa qualità posseduta da un prodotto
rispetto a quelli concorrenti.
Kapferer introduce, poi, la dimensione temporale del branding sostenendo che:
“La marca è la memoria del prodotto”
15
, essa rappresenta il magazzino delle
impressioni reiterate del consumatore dopo il suo uso, l’effetto di stratificazione di una
serie di giudizi e valutazioni che prendono forma e identità nella coscienza e nelle
percezione dei consumatori. “Essa è la sintesi di tutti gli investimenti effettuati nel
corso degli anni dall’impresa e dall’esperienza che di tali investimenti ha fatto il
consumatore.”
16
Dall’ultima frase si comprende come lo studioso transalpino
consideri ineluttabile la missione etica e responsabile delle imprese.
Dello stesso parere è John Mariotti, studioso di marketing di scuola statunitense,
che dà risalto al dovere all’attendibilità della marca: “Una marca è una descrizione
sintetica di un pacchetto di valori su cui i clienti ed i potenziali consumatori possono
contare, sapendo che questa sarà coerentemente uguale a se stessa (o migliore) per
lunghi periodi di tempo. La marca distingue un prodotto o servizio dall’offerta
competitiva.”
17
14
“Marca” deriva dal germanico “marka” che significa “segno di confine”, con riferimento alla differenziazione e
ad una distinta affermazione d’identità tra una marca e un’altra.
15
Ivi, p.59.
16
J.-N. KAPFERER Les marques, capital de l’enterprise, Paris, Les Editions d’Organisation, 1991.
17
J.MARIOTTI, Smart things to know about brands & branding; Capstone, Milford, 1999.
12
Mariotti chiama in causa un package of value, che sembra caratterizzarsi per la
presenza di prestazioni intangibili, cui le imprese vogliono fare affidamento, facendo
evolvere, così, la marca in un’entità relazionale e discorsiva. Sulla stessa lunghezza
d’onda è il punto di vista sviluppato da Davis: “Un consumatore generalmente non ha
una relazione con un prodotto o un servizio, ma può avere una relazione con una
marca. In parte, la marca è un aggregato di promesse, implica fiducia, coerenza ed un
preciso insieme di aspettative.”
18
Personalmente, si ritengono le definizioni incentrate sull’aspetto fiduciario della
marca-consumatore (Kapferer, Zara, Mariotti) maggiormente significative rispetto alla
moderna società dell’immagine e della comunicazione e rispondenti a pieno alla
funzione attuale della marca.
18
M.DAVIS SCOTT., Brand Asset Management. Driving profitable growth trough your brands; Jossey-Bass, San
Francisco, 2000.
13
1.2 Brand Equity
Tutte le funzioni immateriali e materiali che concorrono a costruire la marca ed
alimentare il suo vero valore confluiscono in ciò che gli statunitensi chiamano brand
equity.
Il concetto di marca rappresenta all’interno del panorama aziendale un invisibile
asset il quale, se gestito al meglio, può rappresentare l’unica certezza che un impresa
può avere d’innanzi a tassi di cambiamento sempre più accelerati del sociale e dei
mercati ma è allo stesso tempo un’arma a doppio taglio la quale, se gestita male, può
creare dei gravissimi danni difficilmente recuperabili.
La marca si nutre del costante rapporto dialettico esistente fra i suoi aspetti
immateriali e i suoi aspetti più materiali. Considerarla solo nell’aspetto degli
investimenti, nell’innovazione del prodotto da parte dell’impresa significa attribuirle
un ruolo troppo statico. Essa è invece un soggetto molteplice dinamico, che si
definisce e si trasforma costantemente.
La Brand Equity è stata definita da Aaker come l’insieme delle risorse (o dei costi)
collegati al nome e al simbolo della marca che si aggiungono o sottraggono ad un
prodotto o un servizio, generando così valore aggiunto sia per il consumatore che per
l’azienda.
19
Queste risorse possono essere raggruppate secondo quattro dimensioni,
rispettivamente la notorietà (brand awareness), la qualità percepita, le connotazioni
(associations) di marca e la fedeltà di marca (brand loyality).
19
D A. AAKER, Brand Equity. La gestione del valore della marca, FrancoAngeli Editore, Milano, 1991, p.36.
14
Grafico 1.1: Il valore della marca
Fonte: D A.AAKER, Brand Equity, FrancoAngeli Editore, Milano, 1991, p.38.
Esistono diversi modelli di brand equity volti a fornire una rappresentazione
sistemica, coerente ed unitaria delle leve generatrici del valore della marca (brand
equity) e conseguentemente a gestire la marca stessa in ottica strategica.
Il modello maggiormente rappresentativo è quello di Aaker di cui si è riportato il
diagramma in precedenza. Tale Modello di Aaker presuppone che le imprese per
creare valore di marca devono saper gestire quattro principali leve:
la fedeltà alla marca,
la notorietà del nome/marchio,
la qualità percepita del sistema d’offerta a cui è connessa la marca,
le associazioni di marca.
VALORE DELLA MARCA
NOME DEL MARCHIO
Altre risorse
associate alla
marca
Valori associati alla
marca
Qualità
percepita
Notorietà del
nome
Fedeltà della
marca
Dà valore aggiunto al
consumatore rafforzandone:
-interpretazione ed elaborazione
delle informazioni
-la sicurezza nelle decisioni
d’acquisto
-la soddisfazione d’uso
Dà valore aggiunto all’azienda
rafforzandone:
-l’efficienza e l’efficacia delle
attività di marketing
-La fedeltà alla marca
-I prezzi e i margini
-L’influenza sulla distribuzione
-Il vantaggio competitivo
15
1.2.1 La fedeltà alla marca
La fedeltà della marca rappresenta un aspetto cruciale dell’attività di marketing,
definibile come misura dell’attaccamento del cliente alla marca, il primo fattore su cui
si fonda la gestione di una relazione duratura e stabile tra la marca ed i suoi clienti.
20
Se i clienti mostrano indifferenza nei confronti della marca e, di fatto comprano
valutando le caratteristiche del prodotto, il prezzo, la convenienza, la marca ha
sicuramente un valore marginale.
Se viceversa continuano ad acquistare la marca anche a fronte di concorrenti che
presentano prodotti superiori a prezzi convenienti allora significa che c’è un valore
sostanziale in essa, probabilmente nel suo simbolo e slogan. Infatti, obiettivo
dell’impresa nella formulazione delle strategie di marca è, da un lato, la fidelizzazione
dei clienti in portafoglio, dall’altro, l’acquisizione di nuovi segmenti di clienti con cui
istituire relazioni di mercato.
1.2.2 La notorietà
La seconda leva generatrice di valore di Aaker è la notorietà , definita come “la
capacità di un acquirente potenziale di riconoscere o ricordare che la marca è presente
in una certa classe di prodotto, stabilendo così un legame tra la classe di prodotto e la
marca stessa.
21
L’autore definisce quattro possibili livelli incrementali di notorietà per una marca
infatti all’interno di una data categoria di prodotto può essere sconosciuta,
riconosciuta, ricordata spontaneamente o prima marca citata (top of the mind).
20
Ivi, p.64.
21
Ivi, p.90.