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Introduzione
1. Il punto di partenza
Montalcino, piccolo borgo medievale immerso nella Val d’Or-
cia, è uno tra i luoghi più affascinanti della Toscana. Se la zona
circostante è conosciuta per i paesaggi mozzafiato, per le strut-
ture agrituristiche, per l’olio e il vino di qualità, questo centro
presenta una caratterizzazione ancora più precisa. Montalcino
città del Brunello: è questo l’epiteto con il quale è conosciuta in
tutto il mondo.
La scelta di approfondire questo argomento scaturisce da alcuni
interrogativi che ci siamo posti: può un marchio territoriale na-
scere grazie ad un prodotto tipico? quanto è profondo il legame
tra territorio e vino?
Prendendo le mosse da queste curiosità intellettuali, abbiamo
approfondito lo studio del brand territoriale Montalcino, con
l’obiettivo di rintracciarne gli elementi di valore e di compren-
dere il peso che un brand ambassador come il Brunello ha nel suo
sviluppo.
Secondo l’ipotesi che cerchiamo di verificare empiricamente,
Montalcino è un esempio virtuoso di marketing territoriale,
un’area che ha saputo scommettere sulla propria dotazione origi-
naria di risorse per proporre uno sviluppo sostenibile e coerente.
Collegato alla crescita del territorio si registra anche il successo
di un vino che scaturisce non solo dalla terra, ma anche dalla cul-
tura di Montalcino: il Brunello. Il brand territoriale e il prodotto
sono due realtà talmente inscindibili e complementari che il loro
legame risulta vitale. Nel corso della trattazione avremo modo di
approfondire il nesso tra vino e territorio, cercando di dimostrare
che questo binomio è alla base del vantaggio competitivo tanto
di Montalcino quanto del vino Brunello.
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L’impostazione comunicativa fa da sfondo all’intera trattazione
e giustifica di volta in volta le scelte metodologiche e contenu-
tistiche adottate. L’obiettivo generale è di comprendere le stra-
tegie territoriali, di comunicazione e marketing, che il brand
Montalcino adotta. Per fare ciò verrà effettuata un’analisi con-
dotta su un campione di tre eventi, i quali sono parte della
strategia di marketing territoriale.
Da un punto di vista metodologico si è scelto di mantenere
un’impostazione teorico-pratica, cercando di compensare la
scarsità di letteratura specifica sull’argomento, con l’adozione
di uno sguardo sperimentale sulla questione. Si è quindi optato
inizialmente per la presentazione di macro coordinate teori-
che in modo da inquadrare il contesto di riferimento, per poi
affiancarle ad analisi sperimentali e focus su case studies signi-
ficativi.
Per dar voce il più possibile ai diversi elementi in campo ab-
biamo scelto di utilizzare fonti molteplici: dalla letteratura di
riferimento, agli articoli scientifici, fino alla consultazione di
banche dati online e di siti web. Trattandosi di una tesi speri-
mentale tra le fonti citiamo anche i dati raccolti di prima mano
attraverso le interviste ai testimoni privilegiati e i materiali for-
niti dagli enti e le aziende chiamate in causa.
Da un punto di vista teorico, particolare attenzione è stata ri-
volta agli studi sul brand, commerciale, territoriale e turistico,
oltre che al marketing territoriale, privilegiando sempre un ta-
glio comunicativo e sociologico.
Sul fronte pragmatico, poi, si è cercato di mantenere lo sguardo
sulle vicende e i fatti locali per descrivere al meglio il sistema di
area in una prospettiva locale, senza però perdere mai di vista il
quadro regionale e nazionale.
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2. L’organizzazione della trattazione
Per quanto riguarda l’organizzazione dei contenuti, il lavoro è
organizzato in sei capitoli distribuiti in tre parti, ognuna della
quali contenente due capitoli.
La prima parte fa da contestualizzazione da più punti di vista:
fissa i riferimenti teorici e concettuali principali per poi dedi-
carsi ad una digressione storica circa i brand in esame.
Nello specifico il primo capitolo è dedicato ad una disamina
teorica riguardante il concetto di brand, da quello aziendale
a quello territoriale. Per quanto riguarda l’accezione classica
del concetto di brand, viene inizialmente definito il valore di
marca, perno del brand management, per passare poi in rasse-
gna la letteratura che riguarda brand image, brand identity e
brand equity, con particolare attenzione per i modelli di Keller
e Aaker. In seguito, viene dato conto delle principali strategie
di brand architecture, utilizzate al fine di gestire le diverse mar-
che facenti parte di uno stesso portafoglio aziendale. Dal brand
commerciale si passa poi alla definizione di brand territoriale,
seguendo in particolare l’impostazione di Pastore e Bonetti.
Si illustrano i principali filoni di ricerca in questo ambito e si
approfondiscono quelli più fecondi in una prospettiva di mar-
keting territoriale. Data una definizione teorica iniziale, anche
gli eventi vengono inquadrati in un’ottica di marketing territo-
riale, in quanto strumenti utili all’interno di una strategia op-
portunamente ricca. Infine, viene dato conto del concetto di
marketing territoriale, tenendo presente il background di riferi-
mento ed evidenziando elementi turistici, sociali e relazionali.
Nel secondo capitolo viene chiarita l’ipotesi che si intende di-
mostrare nel corso della trattazione: indagare il legame che si
instaura tra Montalcino e Brunello, nella convinzione che que-
sto rappresenti il vantaggio competitivo per entrambi i brand.
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Nel corso del capitolo, il legame vino-territorio viene affrontato
da più punti di vista: da prima attraverso il concetto di terroir,
descritto nelle sue accezioni geografiche, antropologiche e co-
municative, poi ricostruito nella storia dei due brand e da ulti-
mo secondo un punto di vista comunicativo. La ricostruzione
storica del brand Montalcino viene tratteggiata seguendo la tesi
di Raffaelli: il potenziale del territorio può essere sfruttato al
meglio solo adottando la vocazione agricola, ed in particolare
l’economia del Brunello, come strategia di crescita. Questo vino
vanta un’antica tradizione, ma subisce le svolte decisive per il suo
successo mondiale negli anni Sessanta e negli anni Ottanta. Per
quanto riguarda la comunicazione, viene analizzata la campagna
“Montalcino e il Brunello. Unici al mondo”, il cui concept è ap-
punto il legame vino-territorio. Infine, per completare la pano-
ramica su Montalcino, viene proposto un breve focus sugli altri
prodotti tipici della zona, come l’olio e il miele.
La seconda parte della trattazione è incentrata sull’analisi dei
due brand di riferimento: Montalcino e Brunello. Dati gli
obiettivi del lavoro, si è optato per un metodo di analisi com-
posito: per il prodotto vino si è scelta una brand analysis com-
parativa tra marche enologiche, mentre per il brand territoriale
si è preferita la misurazione dell’attrattività territoriale basata
sui vettori individuati da Anholt.
Il terzo capitolo illustra la brand analysis del marchio Brunello,
con l’obiettivo di verificare lo stato di salute del brand e rin-
tracciarne i core values. L’indagine viene effettuata attraverso
il confronto con il vino Chianti DOCG. Dopo aver illustrato
i dati di contesto, viene effettuato un benchmarking su para-
metri tecnici, di mercato, di qualità e di comunicazione. La
brand identity dei marchi Brunello e Chianti viene ricostruita
attraverso la lente teorica del prisma di Kapferer e infine tutti i
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risultati vengono organizzati in un brand mapping grafico, che
riassume il confronto tra i due.
Il quarto capitolo illustra l’analisi del brand territoriale Mon-
talcino, intesa come la performance della marca su variabili so-
cio-economiche, turistiche e made in. All’interno delle prime
sono considerate la popolazione residente, i residenti stranieri,
i dati e i settori d’occupazione, la ricchezza economica, il valore
immobiliare e agricolo e il movimento di capitali legati alla vi-
ticultura. Le variabili turistiche e di made in considerano invece
la domanda e l’offerta turistica, l’enoturismo e il prodotto Bru-
nello come principale rappresentante del made in Montalcino.
La terza ed ultima parte del lavoro è un focus sugli eventi come
strategia di marketing territoriale, all’interno dei quali persiste
il legame vino-territorio, che fa da fil rouge all’intera trattazione.
Il quinto capitolo, dopo una breve digressione sugli eventi a
Montalcino, si concentra sui tre case studies prescelti. Benvenuto
Brunello, Jazz & Wine e Premio Internazionale Casato Prime
Donne vengono analizzati dettagliatamente nell’ambito degli
elementi costitutivi, degli sponsor, del target e delle funzioni
dell’evento, con l’obiettivo di rintracciare i valori legati al ter-
ritorio e al vino.
Il sesto capitolo infine completa l’analisi da un punto di vista
comunicativo, analizzando la strategia di promozione prevista
dagli organizzatori, oltre al ritorno che questa ha fatto regi-
strare sugli operatori della comunicazione. La rassegna stampa
viene analizzata da un punto di vista tematico e divisa nelle tre
fasi pre-evento, durante l’evento e post-evento. Alla luce delle
ricerche precedenti, nell’ultima parte del capitolo, viene dato
conto della presenza e dell’efficacia del binomio vino-territorio
all’interno degli eventi presi in esame, indagando in particolare
gli ambiti dell’ideazione, della comunicazione e del network.
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Capitolo 1
La marca: dall’azienda al territorio
1.1 Una definizione di brand
Il brand è l’elemento che rende l’offerta impossibile da du-
plicare, l’arma competitiva in grado di costruire una proposta
unica sul mercato. Larry Light già nel 1969 aveva previsto il
ruolo cruciale che avrebbero ricoperto le marche di lì a qualche
decennio: «La battaglia del marketing sarà tra le marche. Le
aziende e gli investitori vedranno nella marca l’asset più pre-
zioso in assoluto […]. L’unico modo per possedere dei mercati
è possedere le marche che dominano il mercato»
1
.
Negli ultimi anni è andata crescendo sempre più l’importanza
del branding. Il passaggio della marca da semplice segno di-
stintivo a strumento di marketing avviene nel momento in cui
i settori merceologici soffrono di un’omologazione dell’offerta
che solo il brand può curare. Contemporaneamente i bisogni
non primari, collocati alla sommità della piramide di Maslow
2
,
assumono un’eccezionale centralità, tanto da diventare vere e
proprie necessità vitali.
La qualità del prodotto è un prerequisito imprescindibile, ma
da sola non basta. Secondo Kotler è fondamentale lavorare
1. Aaker D. A., Brand Equity. La gestione del valore della marca, Franco Angeli, 1997,
p.13
2. Lo psicologo Abraham Maslow nel 1954 elabora la teoria della piramide dei
bisogni. I bisogni primari si trovano alla base della piramide e sono necessità legate
all’istinto e alla sopravvivenza. Salendo verso il vertice si trovano tutta una serie di
bisogni di altro tipo, dalla sicurezza, ai bisogni sociali, alla stima, fino ad arrivare ai
bisogni di autorealizzazione che spingono l’individuo a cercare la realizzazione del
sé.
20
sul livello dell’augmented product, soprattutto in un mercato in
cui quasi tutte le aziende si equivalgono da un punto di vista
dell’expected product
3
. Ciò significa che oggi tutte le aziende di
qualità sono in grado di soddisfare le aspettative dei consuma-
tori e il fattore che distingue la proposta sul mercato da quella
degli altri competitor è il valore associato al prodotto.
Il concetto di marca si sviluppa in un contesto di marketing
basato su impresa e prodotto. La letteratura offre molteplici
definizioni di brand, ciascuna delle quali mette in evidenza un
aspetto caratterizzante. Data la poliedricità del concetto ogni
definizione, presa singolarmente, risulterebbe incompleta. È
quindi necessario adottare più riferimenti per formulare un
quadro completo.
Nel 1960 l’American Marketing Association definisce il brand
come «un nome, un termine, un disegno, un simbolo o qualun-
que altra caratteristica che ha lo scopo di identificare il bene
o il servizio di un venditore e di distinguerli da quelli degli
altri venditori»
4
. Aaker ugualmente afferma che «la marca è un
nome o un simbolo distintivo che serve ad identificare i beni o i
3. Secondo la teoria five product levels i livelli di prodotto sono: core benefit (il biso-
gno che i consumatori soddisfano attraverso il prodotto), generic product (la versione
basilare del prodotto senza i suoi attributi distintivi), l’expected product (caratteristi-
che che i consumatori si aspettano di ritrovare nel prodotto) l’augmented product (i
benefici che distinguono il prodotto dalla concorrenza) e il potential product (trasfor-
mazioni che il prodotto potrebbe subire nel tempo). Fonte: Kotler P., Keller K.L.,
Marketing management 14/e, Pearson, 2011, pp. 326-353
4. «A Brand is a name, term, design, symbol, or any other feature that identifies one
seller’s good or service as distinct from those of other sellers» cit. in Keller K.L.,
Busacca B.M., Ostillio M.C., La gestione del brand. Strategie e sviluppo, Egea, 2005,
p. 2. L’AMA (American Marketing Association), è un’associazione statunitense che
riunisce i professionisti che operano nel marketing.