4
INTRODUZIONE
Il settore del lusso presenta alcune peculiarità che lo differenziano
sostanzialmente da altri settori merceologici ed ha subito notevoli mutamenti
negli ultimi decenni.
L’obiettivo di questa tesi è di approfondire le caratteristiche di questo
complesso settore ed interpretare alcune tendenze in atto, ponendo un enfasi
particolare sulla gestione del brand e le scelte distributive degli attori che in
esso operano.
Negli ultimi decenni il settore del lusso è cambiato notevolmente; mentre in
passato esso si riferiva esclusivamente a quei pochi prodotti destinati alla c.d.
“classe agiata”, nel corso degli anni si è assistito ad un ampliamento dei suoi
confini, arrivando a comprendere prodotti destinati alla classe media come
occhiali, abiti Pret-à-portè e prodotti per la cura del corpo. Allérès (1990)
individua, in questa evoluzione, un processo di “democratizzazione del lusso”
riconducibile, sostanzialmente, a tre livelli: lusso accessibile, intermedio e
inaccessibile. Il livello inaccessibile comprende quei prodotti che sono sempre
stati considerati di “lusso”, in quanto offerti al mercato ad un prezzo molto
elevato, spesso realizzati su misura o comunque distribuiti in pochissime unità;
ne sono un esempio i capi di Alta moda. Gli altri due livelli comprendono
un’estensione del lusso a categorie merceologiche sempre più ampie, rivolte a
ad un target altrettanto ampio, che tendono a perdere quel carattere di forte
esclusività tipico dei prodotti “inaccessibili”. Non tutti sono d’accordo nel
definire “di lusso” tali prodotti, poiché gli stessi termini lusso intermedio e
lusso accessibile costituiscono un forzatura, o addirittura un controsenso, e
ritengono più appropriato definire queste tipologie di prodotti come “beni ad
elevato valore simbolico” (Mosca 2010).
Nel primo capitolo, analizzeremo questo “nuovo settore” che racchiude al suo
interno prodotti provenienti da comparti merceologici molto diversi,
focalizzando progressivamente l’attenzione su quello che può essere definito il
settore di origine del lusso: “la moda”. Per comprendere meglio la natura e le
dinamiche di questo comparto si analizza il profilo dell’attuale consumatore del
lusso e le principali motivazioni che lo spingono all’acquisto, maggiormente
legate alla sfera emozionale rispetto a quella funzionale, a differenza di quanto
succede in altri settori.
Nell’approfondire queste tematiche, emerge con evidenza il ruolo del brand. In
un settore in cui il consumatore acquista prodotti più per ricevere
un’autogratificazione personale che per soddisfare una reale necessità ed in cui
(soprattutto nella moda) i prodotti hanno un ciclo di vita molto breve, il brand
assume, infatti, un ruolo strategico fondamentale sia per guidare le scelte di
acquisto del consumatore che per differenziare l’offerta di valore delle imprese.
Dopo aver definito il concetto e le principali funzioni del brand per l’impresa
ed il consumatore, il secondo capitolo affronta il tema della gestione
5
dell’identità di marca e della sua affermazione nel settore della moda e del
lusso (brand equity). Si analizzano nel dettaglio le fasi di creazione
dell’identità di marca: dalla situazione in cui la marca rappresenta un mezzo
per rendere distinguibili i beni di un’impresa a quella in cui la marca si distacca
completamente dal prodotto riuscendo a comunicare un’identità propria. Come
vedremo, il passaggio dalla prima all’ultima fase implica un processo molto
lungo, la cui gestione richiede di intervenire sulle diverse leve dell’identità di
marca, che, nel caso specifico della moda, sono l’identità d’immagine,
l’identità stilistica e l’identità distributiva. Infine, si analizzano i vantaggi e gli
svantaggi delle strategie di branding prevalenti nel settore della moda e del
lusso, che peraltro hanno contribuito molto al processo di democratizzazione
dello stesso: la brand extension, attraverso cui un’azienda veicola il proprio
brand ad una molteplicità di prodotti anche provenienti da settori merceologici
differenti e la contrapposta strategia multibrand, con la quale un’azienda si
espande servendo i mercati con brand diversi.
Nel terzo capitolo, si affronta un altro tema cruciale per il settore in esame:
quello legato alle scelte distributive. A partire dagli anni ’90, si è assistito ad
un graduale accorciamento del canale distributivo, frutto della volontà di molte
aziende di avere un maggiore controllo del mercato, di ricercare nuove vie per
consolidare l’immagine di marca e di sviluppare un confronto diretto con il
consumatore finale. Differenti operazioni di integrazione verticale hanno
progressivamente limitato, e in certi casi annullando, il ruolo dei dettaglianti,
dei grossisti e degli agenti. Molte aziende, come Chanel e Louis Vitton, hanno
optato per una distribuzione affidata esclusivamente al canale retail; altre,
come per esempio Aeffe, Valentino e Cavalli, considerano ancora il canale
wholesale strategico ed hanno affiancato a quest’ultimo punti vendita gestiti
direttamente. Questo processo di “Vertical Branding” ha creato i presupposti
per la nascita di nuovi formati distributivi a gestione diretta (D.O.S, concept
store) in cui il brand può raccontarsi a 360° coinvolgendo tutti i sensi del
consumatore grazie ai numerosi strumenti a disposizione all’interno del punto
vendita (atmosfera, vetrina, assortimento, profumi ecc.).
Il quarto ed ultimo capitolo concentra l’attenzione sull’analisi di un caso
aziendale molto noto ed affermato nel panorama del lusso: il Gruppo Aeffe.
Esso opera a livello internazionale nel settore della moda e del lusso. Si
caratterizza per una forte vocazione multibrand ed è attivo nella creazione,
produzione e distribuzione di un’ampia gamma di prodotti che comprende
Prêt-à-Porter, calzature e pelletteria, lingerie e beach wear (www.aeffe.com).
Il gruppo Aeffe è stato analizzato per comprendere meglio le peculiarità del
settore del lusso, con particolare riferimento alle scelte di branding e di
distribuzione, ed i cambiamenti intervenuti nel tempo.
Oltre alle informazioni disponibili nella rete (giornali settoriali e sito ufficiale),
l’analisi è stata approfondita attraverso un’intervista rivolta al dott. Federico
Bertini, attuale Marketing Manager di Aeffe S.p.a.. Il colloquio si è tenuto
6
presso la sede principale del Gruppo, a San Giovanni in Marignano (Rimini)
nel mese di gennaio 2013.
7
CAPITOLO 1
IL SETTORE DELLA MODA E DEL LUSSO
1.1 IL SETTORE DEL LUSSO
Il concetto di lusso, oltre che essere soggettivo, cambia in funzione di
numerose variabili, tra cui il tempo. Per fare un esempio, il juke box negli anni
’60 era considerato semplicemente uno strumento per ascoltare la musica;
nessuno avrebbe ipotizzato che sarebbe diventato un oggetto di culto per
l’arredo della casa ai giorni nostri. Non tutti gli autori, inoltre, concordano nel
definire questo settore come “lusso”; Mosca(2010), in particolare, ritiene che
sia più opportuno parlare di “mercato dei beni ad elevato valore simbolico”
attribuendo al termine “lusso” un’accezione negativa. Questa visione è
condivisa da molte aziende che non ritengono di operare nel settore del lusso,
ma in un settore che vende “prodotti lifestyle”
1
.
Il motivo per cui il termine “lusso” spesso è visto di cattivo occhio è dovuto al
fatto che il concetto prevalente nella società attuale tende ad essere molto
diverso da quello tradizionale, secondo cui, si intendeva un bene molto costoso
acquistato principalmente per ostentare l’appartenenza ad una classe sociale e
di reddito elevato. Oggi le motivazioni alla base dell’acquisto sono cambiate:
l’ostentazione non è rilevante come un tempo; il consumatore “intelligente”,
infatti, è colui che riesce a spuntare il prezzo migliore per l’acquisto di prodotti
di qualità
2
.
Inoltre, i beni di lusso, fino a non molto tempo fa erano accessibili solamente a
pochi, mentre oggi stiamo assistendo ad un processo di “democratizzazione
del lusso”, con la relativa conseguenza che il consumatore di questo tipo di
beni non è soltanto il soggetto appartenente alla così detta “classe agiata”, ma
anche colui che appartiene alla “classe media”. Per questo molte aziende
preferiscono presentarsi come venditori di “prodotti lifestyle” o “di prodotti” di
qualità e non come aziende di lusso.
E’ difficile delineare i confini di questo settore, in quanto è possibile
individuare una nicchia di lusso in tutti i mercati. Sebbene i settori di origine
del lusso siano quelli legati al “sistema moda” (abbigliamento, calzature,
accessori, cosmesi, gioielleria, occhialeria, orologeria, pelletteria e
profumeria), il comportamento di molte aziende dimostra che l’arena
competitiva è molto più ampia. Chi acquista una borsa di lusso lo fa per
ricevere una gratificazione personale, ma potrebbe valutare l’ipotesi alternativa
di comprarsi un orologio.
1
Calvin Klein, ad esempio, si presenta come “uno dei leader mondiali dei prodotti lifestyle”.
2
Viceversa, nel mercato orientale, l’ostentazione è ancora oggi una delle motivazioni principali
relative all’acquisto di beni di alta gamma.
8
Le aziende del lusso tendono, infatti, a proporre uno stile di vita piuttosto che
un insieme di beni. Di conseguenza, la competizione non può essere confinata
ad un circoscritto settore merceologico, ma si gioca a 360° tra settori
apparentemente diversi (Fabris, 2003).
Di fronte a questa ampiezza dei confini settoriali, è importante notare come i
consumatori del lusso siano omogenei nelle preferenze e nel comportamento
d’acquisto. Ciò fa si che le regole di gestione del marketing mix e le strategie
di segmentazione e posizionamento possano essere gestite con una certa
omogeneità, e prescindono dalla categoria merceologica cui il bene appartiene
(Mosca, 2010).
Per capire meglio come collocare i prodotti di lusso è possibile distinguere tre
dimensioni del sistema di offerta (Cappellari, 2011): la dimensione
funzionale, riferita alle prestazioni offerte dal prodotto acquistato, la
dimensione semiotica riguardante il ruolo del prodotto come strumento di
comunicazione verso gli altri e le relazioni sociali e la dimensione psicologica
attinente la sfera affettiva ed emozionale e quindi il potere evocativo che il
bene esercita sugli individui. Nel settore del lusso, dove gli attributi intangibili
del prodotto hanno spesso per il consumatore una rilevanza superiore rispetto a
quelli tangibili, la dimensione psicologica e quella semiotica sovrastano spesso
la dimensione funzionale del prodotto; il valore di un oggetto, in sostanza, è
sempre meno legato alle sue qualità materiali e dipende sempre più dal
significato emotivo che il consumatore gli attribuisce.
Gli acquisti di lusso possono essere definiti come acquisti superflui, non
avendo una reale utilità dal punto di vista funzionale, ma acquistano un valore
significativo in quanto contenitori di attributi psicologici e semiotici.
Mosca descrive efficacemente il mercato allargato dei beni ad elevato valore
simbolico come:” la sommatoria di un insieme di mercati nei quali sono
commercializzati prodotti e servizi che comunicano un modo di essere e di
vivere elegante, raffinato, attento allo stile e alla qualità e che toccano tanti
momenti nella vita quotidiana” (Mosca, 2010)
1.1.1 I prodotti di lusso
1.1.1.1 Caratteristiche
Per definire le caratteristiche dei prodotti di lusso è utile introdurre una
definizione di Saviolo e Corbellini (2007) secondo cui il lusso è: “un sistema
coerente di eccellenze che riguardano aspetti diversi come la qualità del
prodotto, l’originalità e la creatività, la comunicazione ma anche i processi
produttivi”. Questa definizione è utile per inquadrare la prima caratteristica che
un prodotto di lusso deve necessariamente possedere, cioè l’alta qualità dei
prodotti.
9
Come già detto precedentemente, molto spesso, per i beni di lusso, gli attributi
intangibili hanno maggior valore rispetto a quelli tangibili. Questo potrebbe far
pensare che la qualità del prodotto non venga considerata di primaria
importanza. In realtà, quando si acquista questo tipo di beni, l’eccellenza del
prodotto è data per scontata, è considerata un requisito imprescindibile. Per
poter competere, il consumatore si aspetterà di trovare un prodotto dagli elevati
standard qualitativi. Poiché, tuttavia, un’elevata qualità non è sufficiente per
garantire un vantaggio competitivo durevole nel tempo, la competizione deve
necessariamente spostarsi su altri asset, spesso intangibili, che devono essere
fatti adeguatamente percepire al cliente soprattutto attraverso un’attenta
campagna di comunicazione ed una capillare rete distributiva. La
comunicazione e la distribuzione sono due attività fondamentali a supporto
della risorsa strategica più importante per le imprese di lusso, la marca.
Un’azienda che vuole essere competitiva, non può prescindere dalla marca e
dalla sua gestione. La marca e il suo valore (brand equity) sono risorse
intangibile, difficilmente imitabile, che conferiscono all’impresa un vantaggio
durevole alla base della profittabilità di lungo periodo, assumendo per il
consumatore la funzione di guida ed orientamento nell’acquisto in ogni
manifestazione di consumo. Dell’importanza del brand e della sua gestione si
parlerà in maniera più approfondita nel secondo capitolo.
Un’altra caratteristica che contribuisce a definire il valore di un prodotto è,
sicuramente, il paese di origine del bene, il cosiddetto “made in”. Gli orologi
svizzeri, l’Alta moda italiana e la Haute Couture francese sono esempi di come
il paese di provenienza possa divenire un’importante garanzia di qualità per
l’acquirente. Ciò si deve, in particolar modo, al richiamo al lavoro artigianale:
un capo di Alta moda italiano ha per il consumatore un valore diverso rispetto
ad un abito prodotto in qualche altra parte del mondo, perché, per tradizione, in
Italia ci sono eccellenze artigianali riconosciute in tutto il modo. Questa
condizione può essere un’arma a doppio taglio per le imprese; innanzitutto
perché il consumatore si aspetta un prodotto dagli standard qualitativi molto
alti solo per il fatto di provenire da un determinato Paese, ma anche perché
l’impresa è spesso impossibilitata a produrre all’estero a costi minori
3
.
Il paese d’origine è un attributo che consente di ottenere un vantaggio nei
confronti della concorrenza, ma non può essere considerato un qualcosa da cui
non si può prescindere. Aziende come Calvin Klein e Ralph Lauren, di origine
americana, si sono guadagnate il loro spazio in un settore, quello della moda,
che sembrava essere di competenza solo per italiani e francesi.
3
Un esempio interessante, anche se non si parla di un’azienda di lusso, è quello che è successo
alla GEOX in Cina. Nel momento che si venne a sapere che gran parte della produzione era
dislocata nell’est d’Europa, ci fu una sorta di sabotaggio mediatico nei confronti della casa
italiana, che sicuramente accusò il colpo in termini di immagine.
10
Un’altra variabile fortemente caratterizzante i beni di lusso è il prezzo elevato,
in molti casi necessario per sostenere e comunicare l’immagine di marca
(Mosca, 2010). Normalmente, per i beni di consumo, il prezzo viene stabilito in
funzione di 3 variabili: costi di produzione, domanda, prezzo applicato dalla
concorrenza. Nei beni di lusso, invece, spesso il prezzo non è correlato ai costi
di produzione ed è mantenuto elevato unicamente per comunicare al
consumatore un senso di unicità. La curva di domanda per questo tipo di beni
presenta un andamento piuttosto atipico: all’aumentare del prezzo la quantità
tende ad aumentare fino al limite in cui il consumatore percepisce un’anomalia
nell’equilibrio tra qualità e prezzo; solo a quel punto la curva di domanda
ritorna a rappresentare la classica relazione prezzo-quantità, in base alla quale
all’aumentare del prezzo la quantità domandata diminuisce (Mosca, 2010).
Questo vuol dire che, per i beni di lusso, la domanda risulta spesso anelastica o
comunque meno elastica rispetto ad altri beni di consumo. Le motivazioni di
ciò sono dovute al fatto che i beni di lusso sono caratterizzati da numerose
valenze simboliche, per cui il valore percepito dal cliente è meno legato a
valutazioni economiche e maggiormente dipendente dalla qualità comunicata e
dall’immagine di marca.
Un’altra motivazione per cui il prezzo viene tenuto volontariamente alto è per
esaltare il senso di scarsità unicità e rarità dei prodotti di lusso, che per essere
tali non devono essere accessibili a tutti. Per esaltare questo attributo le
imprese ricorrono spesso ad azioni di “demarketing selettivo e
ostentativo”(Mosca, 2010), cercando di ostacolare la domanda da parte dei
consumatori indesiderati per proteggere i clienti principali. L’impresa riduce la
disponibilità di prodotto, magari rendendolo accessibile solo in determinati
punti vendita di proprietà o mantenendo il prezzo elevato così da non renderlo
avvicinabile a tutti.
Su questo principio si basano le cosiddette “edizioni limitate”,che consistono
nel rendere disponibili certi prodotti solo in determinati punto vendita o per un
limitato periodo di tempo ,magari in occasione della ricorrenza di qualche
evento speciale. Far uscire le edizione limitate per accrescere la desiderabilità
dei prodotti, è una tecnica molto in uso anche nei prodotti di largo consumo, in
questo caso un commodity diventa un bene di lusso
4
.
Come si è detto nel primo paragrafo, è possibile individuare una nicchia di
lusso pressoché in tutti i mercati. Da quest’affermazione si possono ricavare
due ulteriori questioni tra loro collegate, utili per classificare i prodotti di lusso.
La prima è che un prodotto è di lusso in relazione agli altri prodotti del
settore merceologico di appartenenza. Per fare un esempio, un abito Armani è
considerato di lusso perché il consumatore gli attribuisce un valore superiore
rispetto ad altri marchi presenti nel settore dell’abbigliamento. Da qui ci
ricolleghiamo al secondo aspetto rilevante: un bene d lusso avrà sempre un
4
Ne sono un esempio le edizioni speciali delle bottiglie di Coca-Cola che vengono distribuite
in occasione delle feste natalizie.
11
posizionamento preminun nel mercato di riferimento, che quindi gli
permetterà di attuare un price preminun. Detto questo sembrerebbe che per
ogni categoria merceologica possa essere individuato un solo prodotto di lusso.
Sintetizzando il tutto, un prodotto di lusso: è un prodotto superfluo, dato che
nella motivazione d’acquisto sono più influenti la dimensione semiotica e
psicologica rispetto a quella funzionale; è sicuramente un prodotto di eccellente
qualità, meglio se concepito in un polo dell’eccellenza, come può essere l’Italia
o la Francia per l’Alta moda, anche se la qualità non permette da sola di
ottenere un vantaggio competitivo, qui entrano in gioco le strategie di
comunicazione e distribuzione a supporto dell’immagine di marca; deve
mantenere un prezzo elevato come indicatore di eccellenza e qualità per il
consumatore ma anche per controllare la domanda, cioè per accentuare il senso
di esclusività e di rarità; infine deve avere un posizionamento premiun nei
confronti degli altri prodotti della categoria di appartenenza.
1.1.1.2 Tipologie di lusso e classificazione dei prodotti
Riprendendo la classificazione dei beni di consumo offerta dall’ American
Marketing Association, i beni possono essere divisi in tre principali categorie:
Convenience good, shopping goods e speciality goods.
I convenience goods sono beni ordinari, il cui acquisto è abituale, caratterizzati
da prezzo non elevato. Fanno parte di questa categoria tutti i beni di largo
consumo usati nella vita quotidiana, chiamati anche commodity. Gli shopping
goods comprendono, invece, quei beni che non soddisfano una necessità
immediata, ma bisogni psicologici ed affettivi; sono caratterizzati da prezzi
elevati; la frequenza d’acquisto è ridotta ed il consumatore investe, oltre che
del denaro, anche tempo ed energie per il loro acquisto. Gli speciality goods,
infine, sono beni caratterizzati da attributi fisici ed intangibili particolari che ne
determinano l’unicità e l’esclusività nel mercato; sono spesso prodotti superflui
il cui l’acquisto e l’alto prezzo sono giustificati da ragioni di status o di auto
gratificazione.
Facendo riferimento a questa classificazione, è evidente come i beni di lusso
rientrino in quest’ultima categoria. La logica speciality risulta quindi
trasversale rispetto alle merceologie e fa riferimento agli attributi specifici del
singolo prodotto (Saviolo, Testa, 2002).
All’interno beni di lusso, poi, è possibile operare un’ulteriore distinzione
facendo riferimento agli studi di Allérès (1990), secondo cui esistono prodotti
molto diversi a cui corrispondono strategie di marketing altrettanto differenti.
Allérès individua, in particolare, tre categorie di beni di alta gamma: prodotti e
servizi di livello accessibile, prodotti e servizi di livello intermedio, prodotti e
servizi di lusso di livello inaccessibile.
Rientrano nella categoria dei prodotti del livello accessibile i prodotti per la
cura del corpo, la gamma dei prodotti di base dei prodotti di orologeria, le