INTRODUZIONE
L'egemonia conferita al visivo nell'attuale fase storico-culturale viene descritta,
analizzata e celebrata nella presente Tesi di Laurea. Gli audiovisivi sperimentali
diventano nucleo creativo dal quale attinge uno studio finalizzato a definire i tratti
della sociologia dei processi culturali in divenire, un magma che ribolle di
tensioni creative e fascinazioni tecnologiche nato dalla video arte, per astrarsi in
un viaggio lungo decenni e fare ritorno alla stessa. Il potere dell'immagine è
potenziato dal movimento, da quella capacità di rappresentare l'umano la cui
corporalità è in continua presenza/assenza, ma che non può prescindere dalla
carne e dal sangue neanche nelle più algide digitalizzazioni.
Attraverso i cinque capitoli che compongono l'elaborato complessivo si partirà
dalle origini delle visioni nell'arte, databili a ben più di un secolo fa, per mettere a
fuoco gli statuti “video” in una digressione che coinvolge metodologie ed estetica
per produrre i primi vagiti sperimentali. Un binario parallelo dal tono vagamente
investigativo vedrà chiamati in causa i visionari del Novecento, personalità che
grazie alle loro intuizioni ed innovazioni hanno, di fatto, caratterizzato l'approccio
fotografico (prima) e videografico (poi) nel dipanarsi del secolo breve.
A ridosso del secondo capitolo sarà introdotto l'elemento chiave di questo
progetto: il videoclip, figlio ultimo (ma solo in ordine cronologico) della video
arte; atto creativo che è trait d'union fra cultura alta e retaggio popular, dal
potenziale esplorato ma non ancora totalmente espresso. In particolare, si pone
l'audace obiettivo di mettere in discussione le canoniche categorizzazioni del
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video musicale, che lo vedono suddiviso per anno di produzione, artista in oggetto
oppure regista che ha firmato l'opera, per tracciare una sociologia degli
audiovisivi più vicina ai concetti e significati espressivi, perimetrando campi
semantici nei quali radunare una moltitudine di segni dai significati plurimi ma
sostanzialmente circoscritti sul piano del significante. Si proverà a dimostrare
come a fronte di brani che fondono voci e composizioni musicali eterogenee e
distanti esista un novero di tecnologie applicate e manifestazioni generate dalle
sembianze comuni e ricorsive, con differenze minime che riescono a plasmare una
linea evolutiva delle visioni proposte ai fruitori. Oltre quaranta videoclip databili
negli ultimi due decenni, scelti tra le principali realizzazioni internazionali, gli
esempi migliori del panorama italiano ed i più validi prodotti localizzati in
Campania, saranno allocati in sette aree di significato, con esigue ma rilevanti
eccezioni. C'è un mondo di arte ed inventiva al di là del meccanismo di
promozione discografica che evade nel playback a favore di camera.
Galassia marketing che, tuttavia, non può essere ignorata: la passeggiata ai confini
del presente che si realizza nel terzo capitolo, dove si delineano gli scenari del
futuro considerando la convergenza del web e l'imprescindibile riflessione sui
social network, apre la strada alla quarta sezione della Tesi, dove si passa dalla
videologia al music business. Il promo video è anche (ma non solo) un elemento
la cui funzione è aumentare la portata commerciale di una canzone, spazio, quindi,
ad un'approfondita considerazione sulla discografia moderna e sulle “armi” a
disposizione dell'artista e dell'etichetta discografica per emergere in un settore
industriale le cui condizioni, come sarà possibile leggere, sono a dir poco
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problematiche.
Ripensare il videoclip per ripensare le strategie, interrogando anche i
professionisti del settore: l'appendice sulla videografia riporrà i libri sullo scaffale
per righe colme di parole, riportate direttamente dalle persone che animano il
presente dell'arte visiva. Cinque interviste per altrettante personalità eterogenee
ma accomunate da ricorsività notevoli. L'indagine si perfeziona quando è il
momento dell'hic et nunc: i videoclip e l'occhio dietro la camera si dimostrano
diversi e uguali con dinamiche sovrapponibili, è un cerchio perfetto che si chiude.
Prima delle dovute conclusioni, si ricomporranno con piglio accademico gli
episodi visivi disseminati con anarchia creativa negli snodi dello scritto. Un
commento analitico alle opere citate sarà la bussola grazie alla quale orientarsi in
queste pagine fatte di studio, sensibilità all'arte, interessi personali, competenze
settoriali sviluppate attraverso il lavoro ma soprattutto passione rovente per la
comunicazione, la musica, e tutto quello che gira intorno a queste bellissime
istanze.
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CAPITOLO 1
Gli statuti “video”: una digressione sull'origine
Il dispositivo elettronico di cui ci si serve, a vari fini,
per analizzare, elaborare, registrare e trasmettere immagini,
fisse o in movimento ed accompagnate o no da suoni.
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È imprescindibile compiere un gesto tanto elementare quanto ormai inusitato per
disporre in modo ottimale una trattazione sull'argomento: aprire il vocabolario (in
spirito di modernità, declinato attraverso le pagine web) e centrare la messa a
fuoco.
Di cosa si parla quando si parla di video?
Si parla di elettronica, di tecnologia che permette la trasmissione e la fruizione
(visione) di stimoli luminosi che possono coinvolgere anche l'udito attraverso
impulsi sonori. Un'esperienza multisensoriale che chiama in causa tanto la cornea
quanto il timpano e trova i prodromi nell'anno 1887, quando vide la luce “Man
Walking Around a Corner”
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, un vagito su celluloide che segnò di fatto la nascita
del cinema.
Gli statuti video traggono l'impostazione proprio dalla settima arte, definizione
coniata dal critico Ricciotto Canudo nel 1921
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che in tale contesto diventa
emblema imperante del connubio ideologico che questa analisi si pone: sensibilità
1 Video, “Treccani.it”, http://www.treccani.it/vocabolario/video/ [consultato il 10/07/2020].
2 Man Walking Around a Corner (L. A. A. Le Prince, 1887).
3 Riportata in G. Sadoul, Histoire du cinéma mondial, des origines à nos jours, Parigi, Ernest
Flammarion, 1949 (trad. it. di M. Mammalella, Storia del cinema mondiale, dalle origini ai
nostri giorni, Milano, Edizioni Feltrinelli, 1964).
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critica e modus giornalistico al servizio delle operazioni chirurgiche che la
sociologia degli audiovisivi sperimentali richiede, in un percorso già tracciato ma
la cui strada maestra necessita di ulteriori, importanti lavori accademici perché
caratterizzata da un contesto in vulcanica evoluzione.
Video come medium; ma oltre ad essere un dispositivo di trasmissione, tale parola
è anche l'abbreviazione che indica il messaggio capace di attraversare i transistor
(adesso, i bit) per raggiungere la propria audience: video come video musicale,
videoclip o più arcaicamente filmato musicale. Nomi diversi per indicare un
prodotto che può essere descritto in forma essenziale: un breve filmato, basato su
sceneggiatura, prodotto per promuovere una canzone e l'artista che la interpreta.
Tra la comparsa del cinema e quella del videoclip (ben inteso, in forme
rudimentali rispetto ai crismi attuali) intercorrono solo sette anni: risale infatti al
1894 il primo esempio di canzone illustrata
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, ossia di immagini fisse su schermo
proiettate grazie alla lanterna magica ed accompagnate da performance musicale
dal vivo, che segna di fatto la nascita del matrimonio felice ma lontano dall'essere
tranquillo tra impianto visivo e sonoro.
Lo slancio che spazza via il cinema muto a partire dal 1926
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rinnova l'interesse
verso il filmato musicale che coinvolge (nei corti Vitaphone, prodotti dalla Warner
Bros.) musicisti, ballerini e cantanti. Anche il mondo dell'animazione non resta a
guardare: le canzoni entrano nelle Sinfonie Allegre
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di Walt Disney ed aprono alla
scena dei soundies, film musicali prodotti fino al 1947, di breve durata che
4 The Little Lost Child (J. W. Stern e E. B. Marks, 1894)
5 Emblematico dell'avvento del cinema sonoro, il film che ha aperto tali produzioni: Don Juan
(Don Giovanni e Lucrezia Borgia, A. Crosland, 1926)
6 Silly Symphonies (Sinfonie Allegre, AA.VV ., 1929 - 1939)
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includevano performance di danza. A ben vedere, oltre settant'anni fa la teoria del
moderno videoclip
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si disvelava, forse con ingenuo entusiasmo e senza reale
volontà, in tutti gli elementi che diventeranno poi statuti della forma d'arte a
partire dai primi anni ottanta.
Ci sarà tempo, modo e paragrafi per approfondire tali ricorsività, intanto torniamo
ad orientarci nella selva dei decenni arrivando al 1956: gli esempi innovativi che
passano alla storia sono spesso figli di spaccature profonde, sul piano storico
quanto generazionale e socio-culturale. Il rock'n'roll ha dato (è proprio il caso di
dirlo) il la alla musica popolare largamente definita, e non poteva essere altri se
non il suo re, Elvis Presley, ad apparire nel primo videoclip propriamente inteso:
lo standard
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rock composto da Carl Perkins “Blue Suede Shoes” divenne
protagonista della prima clip
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(a colori) finalizzata alla promozione di una
produzione discografica
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. Tale primato è messo in discussione dalla mancanza di
una sceneggiatura elaborata: Elvis Presley, fondamentalmente, esegue una
performance di due minuti e dodici secondi davanti un'inquadratura fissa; questo
dettaglio ci porta al 1958, precisamente in Cecoslovacchia, con Josef Bek e Irena
Kačírková quali protagonisti del video musicale di “Dáme Si Do Bytu”
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. È
sempre colpa del rock (n'roll): la canzone, letteralmente traducibile come
7 La prima menzione di questo termine è datata 1959 ed attribuita al cantautore americano J.P.
"The Big Bopper" Richardson, “Accuracyproject.org”, https://www.accuracyproject.org/cbe-
Richardson,J.P.TheBigBopper.html [consultato il 12/07/2020].
8 Inteso come tema musicale molto noto che col tempo è divenuto un classico, oggetto di
rivisitazioni da parte di molteplici artisti. In riferimento a Standard Jazz, “Wikipedia.it”,
https://it.wikipedia.org/wiki/Standard_jazz [consultato il 12/07/2020].
9 Blue Suede Shoes screen test at Paramount Studios, 1956, visionabile al link
https://www.youtube.com/watch?v=Bm5HKlQ6nGM [consultato il 13/07/2020].
10 Primato contestato da Tony Bennett: nella sua autobiografia Good Life: The Autobiography of
Tony Bennett (New York, Simon & Schuster, 1998) afferma che il primo videoclip sia stato
girato per la sua canzone “Stranger in Paradise”, ma non ne esistono copie da visionare.
11 Dáme Si Do Bytu, 1958, visionabile al link https://www.youtube.com/watch?v=lpmAUVchBeg
[consultato il 13/07/2020].
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