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INTRODUZIONE
Alla fine del mio percorso di laurea triennale presso l’Università di Siena, ho riflettuto
molto su quali tematiche sarebbero state più adatte alla mia tesi; con il mio elaborato vorrei
dimostrare di aver fatto tesoro degli insegnamenti che ho ricevuto in questi tre anni e di
essere in grado di argomentare in modo adeguato in ambito di Comunicazione, lingua e
cultura.
Ho scelto come relatrice la docente di Storia della Cultura, poiché i due corsi che ho
seguito con lei mi sono stati di grande ispirazione: mi sono addentrata per la prima volta in
una disciplina a me nuova, la storia culturale. Durante il corso di cultura angloamericana
ho avuto talmente tanta fascinazione per i fenomeni culturali che ci ha proposto la
professoressa Semboloni, che ho deciso di farne la mia tesi.
A mio parere, uno dei temi più interessanti di storia culturale è la stereotipizzazione
all’interno della società; ovvero l’impostazione mentale, che determina le nostre attitudini
nei confronti del mondo e causa spesso fenomeni di discriminazione delle differenze
umane. A tutti è capitato almeno una volta nella vita di essere “etichettati” in qualche modo,
cioè di non essere compresi ed accettati come persone autentiche, piuttosto che entità
sociali. Le stigmatizzazioni della società, a mio avviso, possono essere combattute solo con
la cultura, l’informazione, il dialogo e la consapevolezza delle dinamiche sociali,
psicologiche e ovviamente culturali.
Data la vastità dell’argomento, ho dovuto scegliere una piccola parte da analizzare: gli
stereotipi di genere dalla prospettiva femminile, legati indissolubilmente al tema della
bellezza.
Ho scelto di analizzare la tematica da tale prospettiva perché, come illustrerò nel secondo
capitolo, le donne hanno subìto oppressioni e discriminazioni per la loro natura femminile,
che hanno ostacolato le loro carriere e la loro affermazione nella vita sociale e politica.
Oltre a ciò, la scelta è stata anche frutto della mia esperienza di vita e del mio vissuto di
giovane donna che, nonostante i ventidue anni, penso abbia già il diritto di opinione.
Entrerò nel merito della questione analizzando in prima istanza i contenuti che riguardano
gli stereotipi e la bellezza, passerò per excursus storici e strutturerò i rispettivi argomenti
secondo gli studi e le ricerche dei più eminenti storici, sociologi e scrittori. Fornite le
necessarie e dovute variabili ai due argomenti appena citati, affronterò le principali tappe
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della storia delle donne, sulla base di studi eseguiti da personalità eminenti. In particolare,
ho scelto tre studiose che rappresentano dei punti focali all’interno delle vicende storiche
femminili: Michelle Perrot, Natalie Zemon Davis e Joan Wallach Scott. Ognuna di loro ha
un’importanza inestimabile per comprendere le cause della discriminazione femminile, i
meccanismi di difesa e le dinamiche che hanno portato ad un’ emancipazione sempre più
concreta delle donne. Sotto consiglio della mia relatrice, ho letto il romanzo “Donne ai
margini: tre vite del diciassettesimo secolo” della Davis e ho scelto di inserirlo all’interno
della storia delle donne, come testimonianza delle capacità femminili in contesti di
difficoltà e discriminazione, quale era l’ epoca delle tre protagoniste.
Nell’ultimo capitolo passerò all’analisi di due prodotti culturali meritevoli di attenzione
all’interno della mia cultura italiana e della cultura angloamericana, che reputo essere tra le
più influenti nel mondo attuale. Il mio scopo è mostrare come le donne vengano viste e che
cosa implichi la morbosa attenzione al loro aspetto fisico nel mondo di oggi; che
ovviamente è il risultato di ciò che si è costruito nel corso delle varie epoche nelle nostre
forme mentis e continua a dominare le nostre prospettive culturali. Gli oggetti di analisi in
questione sono il pluripremiato film di Alan Ball
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e diretto da Sam Mendes
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“American
Beauty” e il film vincitore dell’Oscar per miglior film straniero 2013 “La grande bellezza”
di Paolo Sorrentino.
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Questi due lungometraggi sono molto strutturati e complessi, nascono
per far riflettere il pubblico sulle dinamiche e i paradossi sociali, dunque sono perfetti per
la mia analisi sugli stereotipi femminili, che inevitabilmente coinvolge l’aspetto estetico e
la ricerca della bellezza nei corpi delle donne.
Il mio intento è dimostrare le ipotesi avanzate nei primi due capitoli e riflettere sulle
possibili implicazioni che l’immagine delle donne può generare all’interno della società.
I due “mondi” da me presi in analisi sembrano distanti, ma in realtà hanno molte analogie,
nonostante la grande differenza tra i due registi e le trame delle due pellicole, il tipo di
contenuti è molto simile e si presta a mostrare come vengano intese e viste le donne nella
società. Ritengo che nell’attuale panorama sociale spesso, uomini e donne vengano
stereotipizzati per la loro natura biologica e anche se non ce ne rendiamo sempre conto,
siamo tutti un pò responsabili del perseverare di pregiudizi sulle persone.
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Alan E. Ball (1957, Georgia) regista, drammaturgo, sceneggiatore statunitense.
3
Sam Mendes (1965, Reading, Regno Unito) regista e produttore cinematografico britannico.
4
Paolo Sorrentino (1970, Napoli) regista, sceneggiatore, scrittore italiano.
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Spero ardentemente che il mio lavoro possa rappresentare anche solo una piccola goccia
nel mare della comunicazione positiva verso le persone, affinché ci si muova verso un
futuro sociale sempre più tollerante verso le diversità e capace di sfruttare le potenzialità di
uomo e donna, senza più discriminazioni.
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CAPITOLO PRIMO: Analisi dei termini “Stereotipo” e “Bellezza”
In questo primo capitolo analizzo i due termini chiave della mia tesi, “stereotipo” e
“bellezza”.
Spesso si tende ad usare la parola “stereotipo” senza saperne esattamente il significato, ma
la questione è ampia e complessa, infatti gli stereotipi sono la base dei pregiudizi, che a
loro volta causano le discriminazioni. Dunque, dopo aver fornito un quadro completo di
definizioni e variabili stereotipiche, passo ad argomentare sugli stereotipi più comuni ed
influenti nella società, quali razziali e di genere. Infine illustro alcuni stereotipi meno
conosciuti ma molto comuni a livello inconscio, come la categorizzazione di anziani e
giovani, per passare poi alla definizione di un nuovo tipo di razzismo, frutto di una società
solo formalmente tollerante ed antirazzista.
La seconda parte del capitolo è dedicata alla bellezza, come ho anticipato nell’introduzione,
presento una carrellata di concezioni di bellezza storiche, concentrandomi sugli aspetti più
importanti e utili alla comprensione dell’attuale idea del “bello”. Di ogni epoca storica, ho
scelto solo gli aspetti significativi, rimasti come retaggio culturale nel gusto moderno e
contemporaneo, di grande influenza nella visione della bellezza femminile. In ultima
istanza, ho scelto di analizzare le vite di alcune donne famose che si sono servite di fascino
e bellezza per uscire da situazioni negative ed emergere nei contesti in cui venivano
marginalizzate.
INTRODUZIONE ALLA CULTURA FEMMINILE
Un’ interessante visione a tutto tondo sulla storia delle donne ci è fornita dal saggio di
storiografia
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elaborato da dieci studiose, tra cui figura il nome di Michelle Perrot.
La storia delle donne nasce dalla presa di coscienza della condizione di esclusione
femminile da molteplici ruoli e negli ambiti più disparati della vita politica e quotidiana.
Nel 1970, con la nascita del femminismo
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e lo sviluppo delle scienze sociali ed
antropologiche, sono sorti nuovi spunti di riflessione sociale; si è posta l’attenzione sulle
categorie subalterne della società, tra cui vi è quella delle donne.
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C. Dauphin, A. Farge, G . Fraisse, C. Klapisch-Zuber, R.M. Lagrave, M. Perrot, P . Pèzerat, Y . Ripa, P.
Schmitt-Pantel, D. V oldman “Cultura e potere delle donne: saggio di storiografia”.
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Disambiguo il termine femminismo e mi dissocio da chi usa erroneamente tale parola per definire ideologie
discriminatorie del sesso maschile. Sulla Treccani infatti, è: “Movimento di rivendicazione dei diritti
economici, civili e politici delle donne”.
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Il saggio ci propone due principali spunti di riflessione: in primo luogo la necessità di
inserire le donne all’interno della storia, fino a ora vista dalla sola prospettiva maschile; in
secondo luogo sottolinea il bisogno di mostrare l’oppressione, lo sfruttamento e il dominio
che le donne hanno dovuto subire nel corso dei secoli.
Nonostante il grande interesse per la storia di genere e più in particolare per la storia delle
donne negli ultimi decenni, le storiche affermano che tale argomento è perlopiù studiato da
donne.
Poiché le storiche non vogliono che quest’ambito rimanga isolato, esse individuano le
principali problematiche strutturali della disciplina, con la speranza che in seguito ad un
miglioramento si possa ricostruire il concetto di storia, aggiungendone il contributo
femminile.
Principalmente i punti deboli della materia sono :
- L’uso di un linguaggio improntato sul binomio uomo-dominatore / donna-oppressa
- La scarsa conoscenza delle basi storiche del femminismo.
- Il costante interesse per lo studio del corpo femminile e la sua natura procreatrice.
Queste costanti producono l’incapacità di uscire da una mentalità precostruita ormai da
troppo tempo, ben radicata nella mente non solo degli uomini ma anche delle donne.
Il nuovo approccio si concentra invece sui luoghi della “cultura femminile”, cercandone
gesti e pratiche. Tale ricerca evidenzia il fatto che l’appartenenza all’uno o all’altro genere
biologico implica una differenziazione sociale nei codici culturali, che non solo
caratterizzano una società, ma la differenziano dalle altre.
Esistono dunque pratiche quotidiane femminili egualmente a quelle maschili; la loro
differenziazione culturale non è affatto discriminatoria ma al contrario è essenziale per
mettere in luce l’esistenza paritaria delle donne nella società. Le pratiche quotidiane, i gesti,
i luoghi e gli interessi delle donne, sono indissolubilmente legati al ruolo che esse
ricoprono nel sociale. Ho trovato molto interessante e significativa l’osservazione che
riguarda la differenza dei luoghi maschili da quelli femminili: i primi, come associazioni
giovanili, caffè, cabaret
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, caccia sono tutti legati ad attività di piacere mentre i secondi,
oggetto di uno studio etnologico di Verdier
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, come il lavatoio, la cucina, la casa sono legati
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Forma di spettacolo che unisce teatro, danza e commedia.
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Y . Verdier, “à propos du trousseau, une culture fèminine?”, in “Une histoire des femmes est-elle possible?
Cit. pp. 156-180.
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a compiti di produzione.
Da queste osservazioni consegue il tema della complementarità: ovvero l’idea di base che i
compiti della società siano distribuiti equamente tra uomini e donne.
Questo principio, apparentemente così giusto, maschera in realtà una gerarchizzazione dei
ruoli, poiché rende uomo e donna subordinati uno all’altro. L ’esempio calzante di come
questa complementarità origini gerarchie sociali deriva dagli studi rurali di Lucienne
Rubenne
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, che prende per ipotesi la divisione tecnica del lavoro agricolo: gli uomini
seminano e arano, mentre le donne diserbano e raccolgono. Tuttavia, ogni società codifica
e tende ad attribuire alle pratiche poli positivi e poli negativi, ed ecco che sarà socialmente
accettata l’idea di lavori nobili come arare-seminare e di lavori subalterni raccogliere-
diserbare, di conseguenza l’attribuzione di una gerarchia dei ruoli di genere.
Dunque come si costruisce la cultura femminile in un conteso di esclusione? Se ne
occupano due studiose che ci forniscono esempi di realtà femminili emarginate.
Bonnie Smith
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analizza il caso delle donne borghesi della Francia del nord che nel 1860
vengono escluse dalla gestione degli affari, di cui si erano occupate fino a quel momento e
ci comunica come esse abbiano modificato il loro ruolo all’interno della società. Esse si
costruiscono una nuova rappresentazione di sé e assumono valori propri in opposizione
all’ideologia maschile dell’epoca; esaltano la fede contro la ragione, il matriarcato
domestico contro il capitalismo, la coscienza morale contro il denaro.
Marie Elisabeth Handmann
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studia i caso di un piccolo villaggio greco degli anni Sessanta,
una società molto chiusa e caratterizzata da rigidi codici sociali e culturali; qui vige una
costante negoziazione della libertà delle donne ed un loro repressivo controllo sessuale. La
Handmann afferma che in questo villaggio l’unica arma che hanno le donne per sfuggire al
dominio maschile è l’astuzia e che purtroppo la virilità si esprime come violenza, in quanto
incapace di vivere nel reciproco confronto e scambio tra l’identità maschile e quella
femminile.
Nelle società che si sono susseguite nelle corso dei secoli, i sistemi di governo hanno
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L. Roubin , “Espace fèminin en communauté provençale,” Annales ESC”, 2, 1970; R. M. Lagrave, Bilan
critiquedes recherches sur les agricolture en France, “Etudes rurales”, 92, 1983, pp. 9-40.
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B. Smith “The ladies of the leisure class”, “the Burgeoises of Northern France in the XIXth century”,
Princeton, Princeton University Press, 1981.
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M.E. Handmann , “La violence et la ruse. Hommes et femmes dans une village grec”, Aix-en-provence,
Edisud,1983.