Stato dell’ambiente del bacino del fiume Misa 3
posizione di una specie all’interno dell’ambiente è così l’espressione di una serie di esigenze
chimiche, fisiche, litologiche, biologiche che ne condizionano la sopravvivenza, lo sviluppo, il
mantenimento e la riproduzione. In termini più precisi abbiamo definito quello spazio vitale
multidimensionale che, in ecologia, si chiama nicchia ecologica di una ben determinata specie.
In questo senso il fiume, o meglio, l’ecosistema fiume è formato da un insieme di
habitat tutt’altro che omogenei: più unità spazialmente definibili, con caratteristiche strutturali e
funzionali specifiche, tessere a diversi ordini di grandezza di un mosaico reale fisicamente
ricostruibile (quello che viene definito “ecomosaico”).
Stato dell’ambiente del bacino del fiume Misa 4
INTRODUZIONE
Argomento di questo lavoro di ricerca sperimentale è stato la disamina dello stato
dell’ambiente del bacino del fiume Misa, con particolare riferimento alla flora ed alla fauna,
analisi che ha confermato, ancora una volta, il precario stato di salute degli ecosistemi fluviali
della nostra regione.
Il bacino del fiume Misa ricade interamente nel territorio amministrativo della provincia
di Ancona, in un’area compresa tra i 43° 28’ ed i 43° 44’ 30’’ di latitudine Nord ed i 12° 54’ ed
i 13° 18’ 30’’ di longitudine Est (riferita a Monte Mario). La sua situazione generale, dalla
sorgente alla foce, rispecchia le condizioni oramai veramente critiche della quasi totalità dei
fiumi italiani: oggi l’immagine di corsi d’acqua cementificati, disboscati, sbarrati, deviati,
edificati, captati ed imbrigliati è quella che siamo costretti a vedere per centinaia e centinaia di
chilometri; può sembrare superfluo, in questa sede, sottolineare il grave danno biologico inferto
all’ecosistema fiume, un tempo - anche non troppo lontano - rispettato e protetto quasi fosse
considerato una divinità (pensiamo al “genius loci” delle antiche civiltà), ma è questa la realtà
che ci troviamo di fronte da parecchi anni.
Convegni, dibattiti, promesse: si sono spese tante belle parole a favore di interventi di
recupero per i nostri fiumi, ma, evidentemente, si sono perse nel vento dell’indifferenza, mentre
ogni anno altro cemento, altri disboscamenti e altri scempi ambientali aggravano ulteriormente
una situazione già di per se precaria. Tutto questo nonostante le numerose indicazioni -
pressoché totalmente disattese in fase di realizzazione dai “tecnici” delle Amministrazioni e
degli Enti interessati - fornite da Istituti Universitari, Associazioni Ambientaliste e Cooperative
locali per salvaguardare quello che resta dei nostri fiumi; mentre già da molti anni in
Germania, in Gran Bretagna, in Svezia ed in altre nazioni si dà largo spazio - e con grande
successo - alle più avanzate tecniche di bioingegneria forestale applicata agli ecosistemi
fluviali per rinaturalizzare le sponde e per bloccare l’erosione degli argini, operando sul campo
con una seria e concreta politica ambientale.
A questo punto possiamo definire, senza tema di essere smentiti, come “ammazzafiumi”
la nostra civiltà moderna, basata essenzialmente - dispiace dirlo, ma è così - sulla colpevole
ignoranza e superficialità di una buona parte della nostra classe dirigenziale, sulla cieca avidità
di imprese ed industrie, sulla impotenza (o connivenza ?) di chi dovrebbe controllare e far
applicare le leggi: negli ultimi cinquant’anni il fiume è stato abbandonato a se stesso, perdendo
irrimediabilmente quella cultura, quelle tradizioni e quei legami che ne avevano fatto una risorsa
Stato dell’ambiente del bacino del fiume Misa 5
di fondamentale importanza sociale ed economica.
Ciononostante oggi, anche se l’ultima lontra è scomparsa dalle Marche più di vent’anni
fa, con il gambero di fiume che si può oramai considerare virtualmente estinto, con lo
sfruttamento e l’inquinamento delle acque dolci giunto, in certi casi, a livelli tali da non
permettere più il fondamentale fenomeno naturale dell’autodepurazione delle acque (legato
essenzialmente alla diluizione delle sostanze inorganiche ed alla mineralizzazione, tramite
processi ossidativi, di quelle organiche), possiamo ancora porre rimedio a questa situazione.
Come? In primis rispettando la geomorfologia e la naturalità dei corsi fluviali, intervenendo
in tempo sull’ecosistema fluviale con le giuste metodiche, derivandone da ciò un conseguente
arresto dell’emorragia di miliardi di pubblico denaro per altrettanto assurdi e non risolutori
interventi di cementificazioni e disboscamenti di emergenza.
Risulta, in tal senso, di fondamentale importanza per i nostri fiumi la ricostituzione ed il
ripristino della fascia di vegetazione ripariale, ormai quasi ovunque ridotta ad una sottile striscia
verde: molteplici sono le funzioni ecologiche svolte da alberi, arbusti ed erbe che crescono
spontaneamente sulle sponde, ma troppo spesso vengono dimenticate o superficialmente
ignorate da chi, ancora oggi, si ostina a pensare che la vegetazione ripariale sia una sorta di
ostacolo (da eliminare, ovviamente!) al regolare deflusso delle acque o una sorta di terra di
nessuno da sfruttare per i propri interessi.
In realtà i benefici ed i vantaggi che il fiume, le comunità animali e la specie umana
stessa (molti acquedotti comunali che portano l’acqua fino alle nostre case si alimentano
proprio dal fiume) traggono da una fascia di vegetazione ripariale ben conservata sono
innumerevoli e ben evidenti: essa, infatti, non solo intercetta e assorbe - come una sorta di
spugna che prima si impregna di acqua e poi, gradualmente, la rilascia - le acque di
dilavamento dei versanti prima che le stesse raggiungano il corso d’acqua, ma svolge anche
una duplice azione depurante sia come “filtro meccanico” (trattenendo eventuali sedimenti), sia
come un vero e proprio filtro biologico delle sostanze nutrienti, contrastando così il fenomeno
dell’eutrofizzazione delle acque.
Consolida, inoltre, le sponde, evitandone l’erosione con il conseguente intorbidimento delle
acque; e, grazie anche alla notevole variabilità morfologica che la vegetazione stessa crea con
radici sommerse, accumuli di frammenti vegetali e zone con diverso ombreggiamento,
contribuisce a diversificare e ad arricchire i già numerosi microambienti fluviali, influenzando la
direzione della corrente e lo sviluppo del feltro perifitico.
Regola l’illuminazione ed ostacola il riscaldamento delle acque, riducendone eventuali
escursioni termiche; infine, fornisce cibo e riparo alla fauna tipica dei fiumi: invertebrati
Stato dell’ambiente del bacino del fiume Misa 6
acquatici, anfibi, rettili, uccelli e mammiferi.
Molti organismi appartenenti a questi gruppi (tavola 1), tra l’altro, sono considerati ottimi
“indicatori biologici” per la valutazione quali-quantitativa dell’ecosistema
1
: nel nostro caso
specifico scarseggiano, per la quasi totalità del corso fluviale, le specie dei macroinvertebrati
più sensibili all’inquinamento (come, ad esempio, le ninfe dei Plecotteri e degli Efemerotteri),
mentre se ne trovano in abbondanza di quelle definite più “resistenti”, ubiquitarie e, quindi,
tipiche di acque inquinate (Oligocheti, Chironomidi e altri ditteri). Da ciò se ne deduce che
mantenere e ripristinare queste fasce di vegetazione spondale diventa una delle prime regole da
rispettare con grande attenzione, per dare sicurezza, stabilità, valenza naturalistica e
paesaggistica all’ecosistema fiume.
Ci sono poi altri interventi tecnici che vengono ‘caldamente’ consigliati dagli esperti per
riportare il fiume ad un valore accettabile di “naturalità”, come l’eliminazione di briglie, argini
artificiali e canali cementificati, l’individuazione di aree inondabili (le golene) e la creazione di
zone ad alta diversità morfologica.
Per completezza, dunque, ci è sembrato opportuno riportare, nell’appendice finale,
alcuni esempi delle principali tecniche che trattano di operazioni di ripristino ambientale
effettuate con successo per la prima volta in Italia, e che illustrano come intervenire in modo
oculato e ragionato per la rinaturalizzazione dei corsi fluviali. D’altra parte solo ora si prende
atto degli inconvenienti che ha creato una più che trentennale politica ambientale disattenta, che
ha privilegiato il cemento, le canalizzazioni, l’avanzamento delle aree coltivate e degli
insediamenti anche in zone di pertinenza del fiume: inconvenienti ben evidenti sia dal punto di
vista strettamente ecologico e naturalistico (semplificazione e desertificazione del territorio con
perdita di aree inondabili, lanche ed altri specchi idrici laterali; scomparsa delle biocenosi
acquatiche; ecc.), ma anche sul piano idraulico (aumento della velocità della corrente e della sua
violenza durante le piene, mancata funzione di laminazione delle zone umide e delle fasce
laterali, ecc.).
I fiumi sono una risorsa preziosa ed utilizzabile a fini multipli; proprio per questo il loro
uso deve avvenire in modo bilanciato, senza che qualche utilizzo pregiudichi gli altri possibili
usi. E conclusione logica di questa introduzione non può essere che una larvata speranza: che
pur nella limitazione dell’esposizione, con le conseguenti imprecisioni ed eventuali carenze, la
passione ed il sacrificio spesi nella realizzazione di questa ricerca facciano sì che chi vorrà
dedicarvi tempo e riflessione possa in essa trovare idee, spunti e stimoli per attivarsi ed
impegnarsi contribuendo a quella giusta causa che è la salvaguardia e la protezione della natura
1
Il giudizio di qualità delle acque dolci tramite monitoraggio biologico, ovvero seguendo il metodo EBI - Extended
Biotic Index - secondo Woodwiss (1978) e Ghetti (1986).
Stato dell’ambiente del bacino del fiume Misa 7
e delle sue risorse.
Questo lavoro di ricerca è stato aggiornato con alcuni dati ricavati da ulteriori ricerche
svolte dallo stesso autore durante il periodo di Tirocinio (1997/98).
Stato dell’ambiente del bacino del fiume Misa 15
LA QUALITÀ DELLE ACQUE
Diamo uno sguardo anche alla qualità delle acque dei due fiumi: il degrado delle acque
superficiali suscita sempre grande interesse per i vari effetti prodotti sull’ambiente e sull’uomo
(con delle ricadute negative sulle sue attività economico-ricreative, come il turismo, la
balneazione, etc.); è facile, quindi, porre in evidenza il nesso tra le aumentate attività antropiche
ed il progressivo peggioramento della qualità delle acque superficiali e sotterranee, destinate a
ricevere i residui (leggi rifiuti) di tali attività.
I meccanismi di autodepurazione delle acque sono dei processi di per se molto efficaci
solo a condizione che venga rispettato il favorevole rapporto tra la quantità di rifiuti immessi e
la portata del corso d’acqua ricevente: se questa condizione non si verifica, ci troviamo di fronte
alla modificazione dei caratteri fisico-organolettici, alla presenza di microrganismi patogeni,
alla non completa decomposizione delle sostanze organiche con conseguente comparsa di
fenomeni putrefattivi e liberazione di sostanze maleodoranti, alla presenza di sostanze tossiche
dovute alle numerose sostanze chimiche che possono essere eliminate nel corso delle più
disparate attività umane (acidi, alcali, metalli pesanti, nitrati, pesticidi e diserbanti, detergenti,
etc.).
La conoscenza della qualità delle acque superficiali costituisce il primo ed
indispensabile passo per l’attuazione dei piani di conservazione, recupero e risanamento di
queste importanti risorse. La necessità di intervenire con concreti programmi operativi è dettata
anche dallo stretto rapporto che intercorre tra alveo fluviale e falda idrica, con interscambi di
masse d’acqua e quindi con la reale possibilità di trasferire inquinanti alle acque profonde, che
costituiscono la principale fonte di approvvigionamento idrico della popolazione in parecchie
realtà italiane e non. D’altra parte la stessa risorsa acqua è definita come risorsa non
rinnovabile, pertanto in tempi anche non troppo lontani potrebbe scarseggiare in gran parte del
pianeta, provocando vere e proprie guerre per accaparrarsi questo prezioso e vitale elemento.
Da non dimenticare, infine, che gli inquinanti ed i nutrienti veicolati dai corsi d’acqua
sono tra i principali responsabili dei fenomeni di degrado dei nostri mari, ed in particolare dei
fenomeni di eutrofizzazione con le conseguenti abnormi ‘fioriture’ algali che ogni anno
interessano le coste dell’Adriatico.
Questo tipo di danno estetico e le conseguenti ricadute economiche, ben più evidenti ed
‘importanti’ della scomparsa di una qualsiasi specie animale o vegetale dalla vallata, dovrebbero
spingere chi di dovere ad intervenire a monte per ridurre l’impatto antropico sull’ambiente.
Stato dell’ambiente del bacino del fiume Misa 16
RESIDUI DI FITOFARMACI E SOSTANZE AZOTATE
Iniziamo confrontando lo studio della qualità delle acque realizzato nel 1986 dal
Laboratorio Multizonale dell’allora USL n°12 di Ancona (oggi Azienda USL n° 7) con quello
piuttosto recente del Servizio Igiene e Sanità Pubblica dell’Azienda USL n° 4 di Senigallia
3
-
entrambi miranti alla ricerca di residui di fitofarmaci e di sostanze azotate (per lo più nitrati)
nelle acque superficiali di interesse pubblico - si evidenzia un aumento generalizzato della
concentrazione dei nitrati e di alcuni presidi fitosanitari (in particolare i derivati ammidici ed
ureici), parallelamente alla diminuzione dei pesticidi contenenti atrazina.
Va fatta subito una premessa: dai primi anni ‘90 i prodotti chimici contenenti il
principio attivo ‘atrazina’ non sono più in commercio perché esplicitamente vietati dalla legge;
a questo divieto ha fatto seguito il maggior utilizzo di altri derivati triazinici - meno solubili in
acqua rispetto all’atrazina - come simazina e terbutilazina. Passando ai dati veri e propri,
nell’indagine del 1986 nelle acque del Misa e del Nevola la concentrazione di nitrati e fosfati si
attestava intorno ai 50 mg/l ; si riscontrava, inoltre, una massiccia presenza (le concentrazioni
vanno da un minimo di 0,10 ad un massimo di 2,26 ug/l) di lindano, eptacloro, carbaryl,
atrazina, parathion-metile; in particolare la presenza di lindano e carbaryl, il cui uso in
agricoltura è stato vietato dai primi anni ‘80, insieme all’eptacloro (vietato sin dal 1976), è
indice di una elevata e pericolosa persistenza nelle acque dolci o di un utilizzo che continua al
di fuori delle normative esistenti in materia.
Tab. 4 - Situazione Nitrati (dati espressi in mg/l)
1990 1998 Incremento
Misa 36 43 + 20%
Rete acquedotti 72 87 + 21%
Nello studio più recente (periodo ‘91-’96, tab. 4) si evidenzia come la concentrazione
dei nitrati è andata via via aumentando da un valore medio di 36 mg/l (Misa) e di 72 mg/l
(acquedotti comunali) nel 1991, fino ai 43 mg/l e 83 mg/l nel 1996. Nel 1997 si è riscontrato
un ulteriore aumento con 45 mg/l (Misa) e 87 mg/l (acquedotti), mentre nei primi nove mesi del
1998 si è assistito ad un leggero miglioramento della situazione, perlomeno nelle acque del
Misa (43 mg/l).
3
“Residui di prodotti fitosanitari e di composti azotati nelle acque ad uso potabile e nelle acque superficiali” di
Morici R. e Tavoleti M.G. - Servizio Igiene e Sanità pubblica Azienda U.S.L. n° 4 - Senigallia (1997)
Stato dell’ambiente del bacino del fiume Misa 17
Per quanto riguarda i presidi fitosanitari, c’è da registrare un generale aumento dei derivati
ureici, ammidici e dei fenossiderivati, che vengono utilizzati, evidentemente, in quantità sempre
superiori, provocando un lento, ma progressivo peggioramento della qualità delle acque
superficiali: queste sostanze permangono ‘attive’ nelle acque per lungo tempo e possono causare
serie ripercussioni sulla salute del fiume e, di conseguenza, per la nostra. Recenti ricerche in
campo medico hanno evidenziato gravi forme, anche se circoscritte, di intolleranze alimentari,
di allergie e, in qualche caso, anche di intossicazioni acute, dovute principalmente al consumo
di alimenti di origine animale e vegetale abbondantemente ‘innaffiati’ con queste sostanze
chimiche. Nella recentissima campagna di ricerche sulla qualità delle acque del bacino del Misa
(1998
4
), tramite l’utilizzo di metodi immunoenzimatici si è verificata la presenza (stimandone la
quantità) di alcuni tra i più diffusi fitofarmaci. Sono state rilevate tracce di tutti i principi attivi
ricercati (triazine, erbicidi ureici, fenossiderivati e cloroderivati) ed anche se in nessuna stazione
in particolare è emerso qualche dato preoccupante, ciò che aggrava sempre di più la situazione è
la marcata persistenza nell’ambiente dei residui. E se è vero che non si sono superati i valori
limite imposti dalle normative attuali, la somma dei singoli principi attivi rinvenuti in ciascun
campione a volte può superare quegli stessi limiti, e gli effetti negativi prodotti da questo uso
improprio dei fitofarmaci sulla salute umana ancora non sono stati definitivamente chiariti.
E’ appena il caso di sottolineare che numerosi Comuni della vallata in questi ultimi
anni si sono dotati di appropriati sistemi di depurazione per il trattamento degli scarichi civili,
prima di riversare le acque depurate nei due fiumi: la gestione, la messa a punto e, talvolta, il
non corretto funzionamento di questi impianti ha in alcuni casi peggiorato la situazione. Infatti,
in seguito all’attivazione dei depuratori, si è dovuto procedere alla completa ristrutturazione
delle reti fognarie per poter canalizzare le acque reflue agli impianti stessi; capita, però, che
questi impianti, per i più svariati motivi (precipitazioni eccessive, presenza di metalli pesanti
negli scarichi, blocco dell’impianto, etc.), spesso e volentieri non svolgono efficacemente il loro
lavoro: come diretta conseguenza abbiamo che elevati quantitativi di liquami non vengono più
dispersi lungo un ampio tratto dell’asta fluviale, ma concentrati e scaricati in un solo punto del
corso d’acqua creando seri problemi sull’ecosistema acquatico.
Ribadiamo ancora una volta che la soluzione dei problemi (l’utilizzo di sostanze
inquinanti, lo spreco di risorse idriche, etc.) si trova a monte e non basta il buon funzionamento
di un depuratore per ‘lavarsi’ la coscienza: il fiume è un ecosistema che deve essere protetto
dalla sorgente alla foce, e non in modo puntiforme.
4
“Aspetti chimici e chimico/fisici delle acque del fiume Misa” di Fiacchini D. - dati inediti
Stato dell’ambiente del bacino del fiume Misa 18
CARATTERISTICHE FISICHE, CHIMICHE E MICROBIOLOGICHE DELLE ACQUE
SUPERFICIALI DEL FIUME MISA
Nell’acqua si trovano varie sostanze disciolte per l’azione di dilavamento dei suoli e
dell’atmosfera. La composizione di esse varia da zona a zona, a seconda del tipo e della
solubilità del substrato attraverso cui scorrono. Attraverso la ricerca dei diversi parametri fisici,
chimici e microbiologici possiamo avere un quadro generale di riferimento per la qualità delle
acque superficiali. Qui di seguito ne descriviamo alcuni.
- pH: generalmente è compreso tra 6.6 e 7.8, ma può variare sensibilmente a seconda del
substrato e a seconda della velocità della corrente (tab. 5).
- Conducibilità elettrica a 20°C: espressa in µS/cm, rappresenta un valore indice della quantità
di sali ionizzabili disciolti nell’acqua, ovvero del grado di mineralizzazione di un acqua (tab. 6).
Di solito questo valore oscilla tra 150 (sorgenti) e 450 (estuari) µS/cm, ma nei corsi d’acqua di
pianura fortemente inquinati questo valore supera gli 800 µS/cm.
- Durezza totale: la durezza totale (tab. 7) è data dalla somma delle concentrazioni
calciche e magnesiache, e varia in genere da 5 a 150 mg/l (indicata come mg/l di Calcio
consumato o espressa in gradi francesi, dove ogni 10 mg/l di Calcio corrisponde 1 °F);
può essere messa in relazione anche con fenomeni di inquinamento quando la solubilità
del carbonato di calcio viene aumentata in presenza di acidi deboli risultanti dalla
ossidazione di materiale organico. Elevati valori di durezza possono mascherare gli
effetti tossici di alcuni metalli pesanti (piombo, zinco ed altri).
Tab. 5 - pH: valori di riferimento
Valori di pH Classe Acidità/Alcalinità Zone
pH<5
1 forte acidità corsi d’acqua a substrato acido
5<pH< 6
2 media acidità
6<pH<7
3 debole acidità
7<pH<7.5 4 neutralità maggioranza delle acque piscicole
delle regioni calcaree
7.5<pH<8
5 debole alcalinità
8<pH<9
6 media alcalinità
pH>9 7 forte alcalinità acque chiuse, poco pescose,
consumo fotosintetico di CO
2
Stato dell’ambiente del bacino del fiume Misa 19
Tab. 6 - Valori di conducibilità (corsi d’acqua di pianura e di media collina)
Conducibilità
elettrica (µS/cm)
Classe Mineralizzazione Tipologie
C< 50 1 estremamente bassa acque poco mineralizzate
50<C<80 2 molto bassa corsi d’acqua a substrato acido
80<C<150 3 bassa ruscelli e piccoli torrenti montani
in zone silicee
150<C<300 4 moderata torrenti a media altitudine
300<C<450 5 sensibile regioni calcaree
450<C<600 6 forte regioni calcaree; fiumi di
pianura
600<C<800 7 molto forte corsi d’acqua leggermente
inquinati
C> 800 8 eccessiva aree salmastre; acque inquinate
Tab. 7 - Durezza totale
Durezza
(Ca-Mg in mg/l)
Classe Natura dei terreni Mineralizzazione acque
D<10 1 rocce eruttive, substrati silicei acque oligotrofe, poco
produttive e poco pescose
10<D<20 2 ai limiti esterni delle
precedenti
debole produttività
20<D<40 3 zone intermedie leggera produttività
40<D<80 4 substrato sedimentario,
regioni calcaree
media produttività
80<D<110 5 regioni calcaree alta produttività, acque
tipicamente piscicole
110<D<150 6 zone calcaree di pianura di
grandi fiumi
acque dure
D>150 7 acque dolci/salmastre o acque
inquinate
acque molto dure,
incrostanti
Cloruri e Solfati: il tenore dei cloruri e dei solfati delle acque non
contaminate non supera, di regola, i 30 mg/l (in caso di intrusione di acque salmastre, nelle zone
termali o qualora le acque drenino substrati geologici particolari questo valore aumenta); con
valori superiori a 50 mg/l ci si trova di fronte ad un sospetto inquinamento civile o industriale.
- Sostanze azotate: le sostanze azotate presenti nelle acque superficiali sono di vario tipo. La
forma più ossidata (e cioè quella più stabile nel tempo) è rappresentata dai Nitrati (NO
3
-
): nelle
acque non inquinate il valore dei nitrati oscilla da 1 a 30 mg/l, mentre valori superiori
potrebbero indicare un inquinamento di natura organica di vecchia data (ad esempio, nel caso di
Stato dell’ambiente del bacino del fiume Misa 20
un allevamento di animali vicino al fiume che, con le loro deiezioni, hanno aumentato la
presenza di sostanza organica, l’inquinamento è di tipo naturale; se invece ci sono industrie o
scarichi civili non depurati, allora si parla di inquinamento antropico). Anche un utilizzo
eccessivo di concimi chimici in agricoltura può far aumentare la concentrazione di nitrati nelle
acque superficiali: nel bacino del Misa, infatti, la forte presenza di nitrati - i cui valori sono
aumentati esponenzialmente nel periodo del “boom” delle concimazioni chimiche (anni ’80/’90)
- è dovuta essenzialmente alle pratiche agricole.
Ci sono poi i Nitriti (NO
2
-
), che invece sono molto instabili e si trasformano
immediatamente in nitrati (reazione di ossidazione) o in sali d’ammonio (reazione di riduzione):
per questo, se la loro concentrazione supera il valore di 0,01-0,10 mg/l, indicano una forma di
inquinamento di tipo organico.
Infine, nelle acque superficiali troviamo anche i sali d’ammonio (NH
4
+
), ovvero l’azoto
ammoniacale (forma ridotta dell’azoto). Si trovano solamente nelle acque stagnanti, dove c’è
poco ossigeno disciolto, od in quelle correnti inquinate da uno scarico di materia organica.
Occorre precisare che le varie forme di azoto vengono utilizzate da batteri, alghe e
alcune piante acquatiche che le metabolizzano per ottenere energia: questi organismi vengono
definiti “spazzini della natura”, perché riescono ad attaccare le sostanze potenzialmente
inquinanti ed a trasformarle in composti non pericolosi e facilmente utilizzabili dalle piante e
dagli animali per crescere. Quando però la concentrazione di queste sostanze pericolose è
troppo elevata (nei casi, cioè, di grande inquinamento), la capacità depurante di questi organismi
non è più sufficiente e l’inquinamento non viene fermato.
- Fosforo: i fosfati (PO
4
--
) presenti nelle acque superficiali derivano dalla solubilizzazione di
rocce particolarmente ricche in fosforo (forme inorganiche dei fosfati) e dalla decomposizione
della materia vivente (forme organiche dei fosfati). Oltre a queste fonti naturali, i fosfati
possono derivare dalle attività umane: a causa dello scarico non depurato di industrie e di
abitazioni (i fosfati, infatti, sono presenti nei detersivi), ad esempio, ma anche a causa
dell’eccessivo uso dei fertilizzanti in agricoltura, i suoli coltivati - quando piove o quando i
campi vengono irrigati - cedono queste sostanze alle acque di canali e fossi, fino a giungere poi
nel fiume e, in qualche caso, anche nelle acque dei pozzetti di captazione delle varie reti
acquedottistiche.
Solamente quando la concentrazione dei fosfati supera l’indice di 0,5 mg/l si può parlare
di inquinamento.
Stato dell’ambiente del bacino del fiume Misa 21
- Materia organica: negli ambienti acquatici la produzione e la demolizione della materia
organica viene effettuata dai microrganismi. Occorre la luce del sole (energia fotochimica) per
innescare queste reazioni di produzione/demolizione della materia organica. Gli stessi
depuratori delle città, per poter demolire gli alti carichi di sostanze organiche delle acque reflue,
hanno bisogno dei microrganismi acquatici aerobi ed anaerobi, che “digeriscono” la materia
organica presente attraverso reazioni chimiche di ossidazione/riduzione rendendo le acque di
nuovo limpide e pulite. La presenza, però, di alcune sostanze tossiche, come i metalli pesanti
(mercurio, piombo, cromo, zinco, cadmio, ecc.), può bloccare lo sviluppo e la crescita di questi
microrganismi, mettendo in crisi il sistema di depurazione delle acque.
- Ossigeno disciolto e % di saturazione: la concentrazione di ossigeno disciolto dipende dalla
diffusione (+/- d: +d indica l’apporto di ossigeno dall’aria, -d la diffusione dall’acqua all’aria) e
dal bilancio dei processi di consumo (respirazione - r) e di produzione (attività fotosintetica - f)
nel corpo idrico, ovvero:
ossigeno disciolto = f - r +/- d
Il metabolismo di un corso d’acqua, ovviamente, varia sensibilmente a seconda dell’intensità
della radiazione solare.
La percentuale di saturazione, che varia in funzione della temperatura e della pressione, viene
definita come il rapporto tra la concentrazione di ossigeno misurata e la concentrazione alla
saturazione, e cioè:
% sat. = 100 (conc. misurata/conc. alla saturaz.)
Per valori inferiori al 100% si ha sottosaturazione, mentre per valori superiori si parla di
sovrasaturazione (tab. 8).
Tab. 8 - Percentuale di saturazione di ossigeno
% saturazione O
2
a 20 °C Classi Giudizio
sat.>90
70<sat.<90
50<sat.<70
30<sat.<50
10<sat.<30
sat.<10
1
2
3
4
5
6
buono
soddisfacente
critico
grave
molto grave