nazionale, ma sia piuttosto complementare rispetto ad
essa.
È a partire da un non bene augurante scetticismo
di fondo, che costella attualmente la vita politica di
gran parte delle istituzioni europee, che prende le
mosse questa tesi, quasi come una necessità di andare
“controcorrente”. In occasione dei recenti scrutini
presidenziali francesi, si è parlato abbondantemente di
uno scetticismo dominante, quale che fosse il candidato
vincente. Uno scetticismo, tra l’altro, non più
prerogativa solo degli strati sociali tradizionalmente
più deboli e, pertanto, afflitti dal cocente interrogativo
di quale scelta compiere in vista di un voto, che avrebbe
designato il nuovo astro della politica nazionale
francese: infatti, molte perplessità hanno attanagliato,
nel corso della recente campagna presidenziale, anche
la classe degli intellettuali. Tale considerazione ha
rafforzato la volontà di scendere nel dettaglio
dell’analisi della stampa europea, veicolo fondamentale
di espressione per tutti coloro che traggono linfa vitale
dall’arte del pensiero e della conoscenza.
Si può considerare la tesi come un interesse che
si va autoalimentando, attraverso letture specialistiche
di autori europeisti e che include: una parte più fredda,
perché ottenuta dall’analisi della stampa quotidiana,
nel periodo ritenuto di maggior interesse per
comprendere il “no” costituzionale franco olandese di
due anni fa; una parte più calda, costituita
dall’esperienza Erasmus presso la città di Louvain la
Neuve, che ha reso possibile un affascinante viaggio nel
cuore dell’Europa e l’apertura di molte finestre sulle
6
tematiche legate all’allargamento, all’integrazione
multiculturale, al farsi e divenire del progetto europeo.
Tuttavia, allo scopo di enucleare le diverse
declinazioni, i fronti di discussione aperti e tutti gli
aspetti problematici sul problema del “no” al Trattato
costituzionale, si è voluti ricorrere al sostegno spirituale
di un autore che ha aiutato, con la sua opera, il
concepimento del titolo di questo lavoro. È un filosofo
che si ricorda come raro esempio di pensiero critico e
che conserva ancora il suo fascino, dopo secoli. Si
allude cioè al “Sic et non” di Abelardo di Nantes, un
testo nel quale il filosofo medievale, vissuto tra il 1079 e
il 1142, sostiene la necessità indefessa del ricorso alla
ragione nel compimento della propria ricerca. È da una
visione complessa della realtà che si origina il “Sic et
non”, il contraddittorio tra argomenti a sostegno ed
argomenti contrari allo sviluppo di una tesi
1
.
Esaminando il pensiero di filosofi a vario titolo
interessati di Europa, il compito del pensiero è quello di
valutare, soppesare con cura ogni affermazione, alla
ricerca del suo fondamento, oppure in vista del suo
1
È da sottolineare la differenza netta tra il “Sic et non” di Abelardo
e la massima teologica “Sic et non aliter”: mentre nell’opera del
filosofo emerge la possibilità del contraddittorio, con la seconda
espressione si indica una forma logica che non ammette
alternative. Bisogna altresì sottolineare che, se sul piano logico
esiste la possibilità di un “Sic et non”, cioè di una serie di
argomenti a favore o meno rispetto ad una certa tesi, sul piano
politico non è data tale possibilità. In questo senso, il referendum è
un esempio di “Sic et non aliter”: si può esprimere una sola
preferenza, il sì oppure il no; è praticamente impossibile una
mediazione tra di essi.
7
arricchimento con ulteriori spunti di riflessione. Tale è
stato l’approccio seguito nello svolgimento di questa
tesi. Il ricercatore si dovrebbe trovare di fronte alla
realtà da analizzare solo dopo essersi spogliato delle
sue convinzioni personali ed aver lasciato parlare i fatti,
che sottolineano l’esistenza di visioni contrastanti
riguardo alla possibile Europa futura. Tuttavia, di
fronte alla possibile durezza del fatto in sé e per sé,
quale è quella del “no” suonato come radicale (e
proprio per questo fonte di riflessione per il pensiero
intellettuale), l’accortezza da mettere in atto è quella di
una neutralità sentita come cautelativa, oltre che più
utile per giungere a delle conclusioni. Quando un
soggetto, che in questo caso si può a spada tratta
definire politico, pone delle domande, la scienza,
fintantoché le è possibile, può tentare di fornire una
interpretazione. Qual è stato il trattamento sui
quotidiani del no franco olandese al Trattato che
adotta una Costituzione per l’Europa, quale il suo
significato e quali le sue possibili implicazioni future,
lette anche in una cornice etica? Si tenterà di fornire
risposte a questi interrogativi.
Potrà sembrare suggestiva la figura del filosofo
Alain Badiou che parla dell’Europa negli ex ergo di
alcuni capitoli: ciò è dovuto al fatto che questa tesi parte
dall’immaginazione di un fantomatico dialogo tra il
filosofo marocchino e il tedesco Habermas. Alle molte
istanze del primo, il secondo rilancia. L’Europa che
guarda al passato è il luogo di tragedie, persecuzioni,
manifestazioni della “superiorità occidentale”; non
sempre ha mostrato apertura alla diversità culturale e
8
al perseguimento dell’uguaglianza, che è stata piuttosto
all’origine di conflitti violenti nel corso dei secoli. Oggi,
a dire di Badiou, si manifesterebbe al suo interno la
necessità di rileggere se stessa, non tanto in virtù del
senso di memoria storica, quanto piuttosto della
necessità di politiche concrete per guardare avanti con
un fare più propositivo e progettuale, consapevoli delle
aberrazioni del Secolo ‘900. Su tale considerazione, si
innesta il pensiero di Habermas: l’Europa può
simboleggiare la madre del dialogo, dell’inclusione,
della transizione al nuovo, dell’apertura al diverso. Può
avere un senso come Europa dei popoli, dunque in
un’ottica rigorosamente pluralistica, pronta ad
accogliere, seppur con le dovute cautele, la cultura
“altra” in cerca di integrazione.
Sembra doveroso sottolineare il fatto che
l’apertura di tale discussione leghi a sé la necessità di
indagare su molti aspetti di una realtà in gran parte
sconosciuta anche se vicina, quale l’Europa. Infatti, si
può affermare da subito che una delle fondamentali
infelicità del vecchio Continente potrebbe essere quella
di non riflettere sufficientemente su se stessa e di non
conoscersi abbastanza bene. Questo fatto è di sicuro
centrale nelle riflessioni compiute sull’Europa dai
promotori delle sue ormai sessantennali istituzioni, ma
sarebbe interessante stimolare anche l’interesse di chi
concretamente vive, popola, attraversa l’Unione: cioè i
suoi cittadini, che per lo più non sanno di essere ormai
più di 450 milioni.
Tra i molti ringraziamenti, probabilmente non
esauribili con poche righe, un riconoscimento sentito va
9
al prof. Gian Piero Jacobelli e al suo lavoro di supporto,
confronto e messa a fuoco dei problemi con rigore,
dedizione e interesse. Di grande rilevanza per i loro
punti di vista sul tema l’assistente di Jas Gawronski,
Silvia Bartolini, la dott.ssa Annalisa Giannella e la
dott.ssa Elena Paciotti, il prof. Joseph Fadel,
dell’Université St. Pierre et Paul - La Sagesse a Beirut,
gli onorevoli Pervenche Beres, Giulietto Chiesa, Nuccio
Fava, Gianni Pittella, Valdo Spini, nonché i filosofi
Badiou e Habermas, con cui il contatto iniziale è stato
incoraggiante, in attesa di ulteriori approfondimenti.
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1. Le fasi della ricerca
1.1.L’esistenza di un pre – interesse al tema
Il percorso di ricerca svolto per la realizzazione di
questa tesi è partito da un pre – interesse iniziale:
l’Europa è un argomento di grande interesse personale
non solo nella prospettiva di analisi socio – economica,
ma anche dell’orizzonte di ricerca per i filosofi
contemporanei. Non è un caso se gli ex ergo dei capitoli
hanno incluso le riflessioni di Alain Badiou e di Jürgen
Habermas: a confronto, un tendenziale euroscettico e un
tendenziale eurosostenitore, che si sono spesi attivamente
nel concretizzare il messaggio del “Sic et non”, cioè della
ragione attiva e dialettica che si costruisce intorno allo
studio di un problema, in vista della presa di una
posizione. Vedere alimentarsi l’interesse per questo tema
rientra poi prettamente in un’ottica originale di studio
della comunicazione, perché relativo ad un territorio in
larga parte inesplorato, quello cioè dei media europei: al
suo interno, da un lato esistono delle regole che
dovrebbero guidare la loro nascita, dall’altro si può
constatare l’esistenza di un interesse dei media nazionali
all’Europa. Al di là di alcuni progetti ambiziosi e di
esperimenti in parte riusciti, ci sono ancora molti passi da
compiere verso una realtà di media europei consolidati
ed operanti. Tuttavia, si tratterebbe un interesse in fieri,
che viaggia su canali diversi da quello di mainstream e
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che incontra delle difficoltà connaturate all’utilizzo del
mezzo del web, non ancora diffuso capillarmente, ma
che, nel processo di convergenza che guida i media, sarà
imprescindibile nella costruzione futura di media
europei.
1.2 Il “no” del maggio – giugno 2005
Dall’esistenza di un pre – interesse alla concreta
scelta del caso di studio del referendum, il passaggio si è
avuto, durante i mesi successivi all’evento referendario,
constatando la sedimentazione nell’orizzonte collettivo di
una cornice interpretativa specifica: quella cioè del “no
referendario franco – olandese”, che a oggi rientra in
parte nell’agenda dei media e che potrà essere ricordato a
prescindere dalla risoluzione istituzionale del problema.
Infatti, i passi in avanti futuri, perseguibili attraverso la
mediazione delle istituzioni europee, saranno differenti
dalla cornice storico – interpretativa entro cui il trattato è
stato letto finora. Ci si è trovati in un momento di svolta
delle istituzioni europee, legato alla percezione di una
crisi diffusa al suo interno. L’interesse al tema è nato dal
cogliere le tracce di quella crisi nel rifiuto referendario
del 2005 e nel seguirla, sezionandola. La crisi era
comunque in atto già da prima. Un fatto interessante, al
riguardo, è stata la scarsa attenzione riservata dalla
stampa di mainstream alla Conferenza di Laeken nel
2001, come peraltro hanno evidenziato anche alcune
persone intervistate. Dalla lettura della stampa
12
emergerebbe così anche la sensazione della “scomodità”
del progetto europeo, visto dall’esterno come una
complicazione dei giochi nelle relazioni internazionali.
Tuttavia, un convincimento personale (elaborato a
prescindere dall’analisi di comunicazione svolta nel
periodo in questione) è invece che l’Unione Europea
avrebbe bisogno piuttosto di un risoluto sforzo di
semplificazione, che sarebbe preferibile alla paralisi
istituzionale. Concretamente, la tesi infatti parte dalla
consapevolezza dell’esistenza di questo orizzonte
problematico, per prendere posizione in merito.
1.3 La documentazione preliminare
Al di là della conoscenza delle fonti del diritto
comunitario, che rientrano tra l’altro in alcuni curricula
di studio di Comunicazione, l’approfondimento delle
questioni relative all’Europa è partito concretamente
dalla documentazione preliminare su tre diversi tipi di
fonti: in primo luogo, una cornice speculativa, con
l’apporto ermeneutico di filosofi o ricercatori interessati
alla lettura esclusiva del soggetto comunitario in
un’ottica di progettualità politica; in secondo luogo, la
riflessione accademica compiuta attraverso l’analisi
statistica che periodicamente aggiorna il quadro relativo
alla vita dell’Europa, per esempio attraverso i Rapporti
annuali sull’integrazione europea, la pubblicazione di
ricerche su Eurobarometro ed Eurostat, o, caso
particolare, le riflessioni di André Sapir rinvenibili nella
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“Rivista bimestrale di cultura e politica” edita da “Il
Mulino”; in terzo luogo, l’apporto dei quotidiani, che ho
cominciato a seguire con crescente interesse a partire
dalla tesi di laurea triennale, proseguendo poi con
l’attenzione al verificarsi del “no” referendario e da lì,
con un’attenzione sempre più assidua, in seguito al
contatto con la cattedra di Etica e deontologia
professionale del prof. Gian Piero Jacobelli: si è allora
maturata, insieme, l’idea di concentrare l’indagine
intorno ad alcune questioni di fondo. Per esempio, è stato
chiaro da subito il fatto che l’intento di uno studio di tale
tipo sarebbe stato quello di selezionare gradualmente
dalla tastiera di temi possibili quelli più pertinenti e
rilevanti. Si sarebbe trattato cioè di un lavoro di graduale
scrematura del superfluo, per individuare alla fine le
tracce più consistenti dell’Europa sulle otto testate di
mainstream scelte come punto di riferimento.
1.4 La scelta della sede Erasmus come luogo
d’indagine privilegiato
La stampa è stata utile come bussola per un
orientamento nella comprensione di problemi che hanno
poi bisogno dell’osservazione della realtà concreta. A
questo è servita, in parte, l’esperienza Erasmus, svolta nei
mesi di redazione della tesi, e utile per cogliere più da
vicino l’humus entro cui si svolge la vita istituzionale
dell’Europa e che porta ad interrogarsi sulle cause della
mancata coesione attuale. Dal contatto con alcuni centri
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