5
[Omissis]
A fronte di tale indirizzo, ve n’è altro minoritario che, con riferimento alla
registrazione di colloqui o di comunicazioni da parte della polizia o di suoi
incaricati, ritiene trattarsi di una vera e propria intercettazione, le cui regole, che
impongono strumenti tipici, non possono surrettiziamente essere aggirate, e ciò
perché “l’intervento della polizia giudiziaria procedimentalizza in modo atipico”
la captazione telefonica o ambientale “deprivandola del necessario intervento
del giudice”.
[Omissis]
Ritiene il collegio che la scelta ermeneutica della giurisprudenza
maggioritaria sia sostanzialmente corretta, anche se va approfondita nelle sue
premesse concettuali logico-giuridiche, nei postulati del ragionamento che
devono sorreggerla e negli effetti che da essa, in casi particolari, conseguono sul
piano processuale.
2. Primario punto di riferimento normativo dal quale partire nell’analisi del
problema non può che essere l’articolo 15 della Costituzione, che sancisce
l’inviolabilità della libertà e della segretezza delle corrispondenza e di ogni altra
forma di comunicazione, disponendo che la loro limitazione è eccezionalmente
consentita “soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie
stabilite dalla legge”.
[Omissis]
Il presidio costituzionale del diritto alla segretezza delle comunicazioni
non si estende anche ad un autonomo diritto alla riservatezza.
[Omissis]
In sostanza, la riservatezza è costituzionalmente garantita nei limiti in cui
la stessa va ad incidere su alcuni diritti di libertà. Immaginare che il Costituente
abbia voluto imporre il silenzio indiscriminato su ogni comunicazione
interpersonale è cosa contraria alla logica oltre che alla natura stessa degli
uomini e tale realtà non poteva sfuggire al Costituente.
[Omissis]
6
La tutela del diritto alla riservatezza, intesa nel senso innanzi precisato, è
in linea con l’interpretazione che ne è stata data dal Giudice delle leggi (Corte
costituzionale 11 marzo 1993, n. 81) e da queste stesse Sezioni unite (cfr.
sentenza 23 febbraio 2000, D’Amuri) in relazione alla diffusione da parte di
terzi dei dati “esteriori” delle comunicazioni telefoniche, che, in via di principio,
devono rimanere nell’esclusiva disponibilità dei soggetti interessati. La
normativa in tema di intercettazioni dà attuazione all’esigenza fondamentale,
che, pur non sottovalutandolo, ma tenendo nel debito conto, l’inderogabile
dovere dello stato di prevenire e reprimere i reati, prevede l’attuazione di tale
dovere nell’assoluto rispetto di particolari cautele dirette a tutelare l’inviolabilità
delle libertà e della segretezza delle comunicazioni, bene questo intimamente
connesso alla protezione del nucleo essenziale della dignità umana e al pieno
sviluppo della personalità nelle formazioni sociali. Gli articoli 266 e ss. C.p.p.,
infatti, fissano i limiti in cui è a,,essa la ricerca della prova per mezzo dello
strumento captativo, che ha notevole capacità intrusiva, stabiliscono i modi di
acquisizione e conservazione della relativa documentazione, l’utilizzabilità in
altri procedimenti e prevedono, infine, sanzioni processuali per la violazione
delle regole. E’ necessario, quindi, individuare i contenuti della nozione di
intercettazione, allo scopo di delimitare l’ambito della normativa in questione e
verificare, poi se possano essere introdotti nel processo, con modalità di
acquisizione diverse, elementi probatori comunque inerenti a conversazioni o
comunicazioni.
[Omissis]
L’intercettazione di comunicazioni interprivate richiede quindi, perché sia
qualificata tale, una serie di requisiti: a) i soggetti devono comunicare tra loro
col preciso intento di escludere estranei al contenuto della comunicazione e
secondo modalità da tenere quest’ultima segreta:
[Omissis]
b) è necessario l’uso di strumenti tecnici di percezione (elettro-meccanici o
elettronici) particolarmente invasivi ed insidiosi, idonei a superare le cautele
elementari che dovrebbero garantire la libertà e segretezza del colloquio e a
captarne i contenuti: tanto è desumibile dalla lettera della norma (articolo 268
c.p.p.) che impone di effettuare – di regola – le operazioni di intercettazione “per
mezzo di impianti installati nella Procura della Repubblica” ed,
eccezionalmente, “mediante impianti di pubblico servizio o in dotazione alla
polizia giudiziaria”;
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[Omissis]
c) l’assoluta estraneità al colloquio del soggetto captante, che in modo
clandestino, consenta la violazione della segretezza della conversazione.
3a. Ciò posto, deve escludersi che possa essere ricondotta nel concetto di
intercettazione la registrazione di un colloquio, svoltosi a viva voce per mezzo
di uno strumento di trasmissione, ad opera di una delle persone che vi partecipi
attivamente o che sia comunque ammessa ad assistervi. Difettano, in questa
ipotesi, la compromissione del diritto alla segretezza della comunicazione, il cui
contenuto viene legittimamente appreso soltanto da chi vi partecipe o vi assiste,
e la “terzietà” del captante. La comunicazione, una volta che si è liberamente e
legittimamente esaurita, senza alcuna intrusione da parte di soggetti ad essa
estranei, entra a far parte del patrimonio di conoscenza degli interlocutori, e di
chi vi ha non occultamente assistito, con l’effetto che ognuno di essi ne può
disporre, a meno che, per la particolare qualifica rivestita o per lo specifico
oggetto della conversazione, non vi siano specifici divieti alla divulgazione (es.:
segreto d’ufficio).
[Omissis]
L’acquisizione al processo della registrazione del colloquio può
legittimamente avvenire attraverso il meccanismo di cui all’articolo 234.1 c.p.p.,
che qualifica “documento” tutto ciò che rappresenta “fatti persone o cose
mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo”;
il nastro contenente la registrazione non è altro che la documentazione
fonografica del colloquio, la quale può integrare quella prova che diversamente
potrebbe non essere raggiunta e può rappresentare (si pensi alla vittima di
un’estorsione) una forma di autotutela e garanzia per la propria difesa, con
l’effetto che una simile pratica finisce col ricevere una legittimazione
costituzionale.
[Omissis]
Il nuovo codice rende superflua ogni discussione in argomento,
considerato che l’articolo 234 non soltanto fuga ogni possibile dubbio circa
l’ammissibilità della prova fonografica, ma offre una definizione normativa di
prova documentale che, nel suo più ampio significato, ricomprende anche quella
in discussione.
[Omissis]
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Né può fondatamente sostenersi che la divulgazione del contenuto del colloquio
da parte di chi lo ha registrato sia inibita dall’articolo 15 Costituzione, posto che
il diritto alla riservatezza, non atteggiandosi, in questo caso, come componente
essenziale del diritto alla libertà e segretezza delle comunicazioni, non si pone
come valore costituzionalmente protetto e, ove non risulti neppure assicurato da
specifiche previsioni della legge ordinaria, cede di fronte all’esigenza di
formazione e di conservazione di un mezzo di prova.
[Omissis]
4 Ritenuta pertanto, l’ammissibilità della prova documentale, integrata dalla
registrazione fonografica di una comunicazione tra presenti (o anche tra persone
che si servono di uno strumento di trasmissione) ad opera di uno degli
interlocutori o di persona ammessa ad assistervi, va affrontato il tema della
concreta utilizzabilità, nel processo, di una simile prova.
4a Non pone problemi particolari il caso in cui la registrazione sia effettuata
da un privato e il documento fonografico venga, quindi ad esistenza al di fuori
dell’ambito processuale e di ogni attività investigativa e assuma una propria
autonomia strutturale rispetto a questi. Non v’è dubbio che in tali ipotesi, la
prova rappresentativa, formatasi presumibilmente in maniera spontanea e libera,
essendo “precostituita”, ben può essere acquisita al processo ed utilizzata dal
giudice ai fini della decisione, perché data la sua genesi è insensibile a
qualunque verifica circa il rispetto delle regole in materia di assunzione della
prova, regole di cui il privato non è destinatario e che non operano oltre i
confini processuali o, quanto alle indagini, oltre quelli procedimentali.
4b Ben più delicato è il caso in cui il documento fonografico sia formato per
iniziativa di un operatore della polizia giudiziaria, che occultamente registra il
contenuto di una conversazione alla quale partecipa. Emerge immediatamente,
in questa ipotesi, una problematica che, prescindendo dalla “teorica”
ammissibilità delle registrazioni clandestine a cura del partecipe al colloquio, si
focalizza specificamente sulla particolare qualità del medesimo partecipe; non
assumono cioè rilevanza il tema della registrazione quale prova documentale e
quello connesso della disciplina costituzionale e processuale sulla riservatezza
delle comunicazioni; l’attenzione invece, va concentrata sulla legittimità
dell’atto compiuto dalla polizia giudiziaria:
[Omissis]
La pratica investigativa di ricorrere alla registrazione occulta di colloqui
che la polizia giudiziaria intrattiene con confidenti, persone informate dei fatti,
9
indagati o indagabili va decisamente scoraggiata, perché stenta, innanzi tutto, a
conciliarsi con il disposto degli articoli 188 e 189 c.p.p., per il naturale sospetto
della presenza di insidie di natura fraudolenta che possono incidere sulla libertà
morale della persona interessata, e perché soprattutto deve rapportarsi, per
ricevere legittimazione, alle altre regole che presidiano determinati mezzi di
prova.
[Omissis]
5 In sostanza, il problema delle violazioni eventualmente commesse
nell’uso investigativo del registratore va risolto alla luce dell’articolo 191 c.p.p.,
che rappresenta la consacrazione e l’estensione delle affermazioni contenute
nella nota sentenza 34/1973 della Corte Costituzionale. Il richiamato articolo,
infatti, ancora, in via generale, la sanzione dell’inutilizzabilità alla violazione dei
divieti stabiliti dalla “legge”.
[Omissis]
Di fronte ad una previsione normativa così perentoria e radicale, è
evidente che la palese violazione dello schema legale rende l’atto investigativo,
che si pone al di fuori di tale schema, infruttuoso sul piano probatorio, per
violazione della legge processuale. Né vanno sottaciute specifiche norme
processuali, correlate alla detta prescrizione generale, che prevedono divieti
probatori sanzionati dall’inutilizzabilità (articoli 62, 63, 141 bis, 195, 203
c.p.p.). L’atto documentato in forma differente da quella prescritta, sebbene non
possa ritenersi, come pure si è affermato (cfr. Cassazione sezione prima, 12
ottobre 1994, Svignano), inesistente o nullo in sé (patologia statica), sintetizza
certamente un’attività di indagine illegittimamente svolta e nn può assumere,
pertanto, valore di prova (cosiddetta patologia dinamica).
5a Ciò posto, la registrazione effettuata dalla Pg di dichiarazioni,
conversazioni, colloqui non è utilizzabile processualmente tutte le volte che
viola il divieto di testimonianza posto dagli articoli 62 e 195, quarto comma,
c.p.p., quello della ricezione di dichiarazioni indizianti rese, senza il rispetto
delle garanzie difensive, dalla persona sottoposta ad indagini o all’imputato
(articolo 63 c.p.p.), nonché quello concernente le dichiarazioni dei cosiddetti
“confidenti” della polizia e dei servizi di sicurezza (articolo 203 c.p.p.)
[Omissis]