6
Introduzione
Ecco perché l’imperscrutabilità dell’uomo avvicina al cuore
dell’antropologia, ed ecco perché la possibilità dell’essere – uomo
deve essere stabilità in ragione dell’imperscrutabilità.
Solo quando e perché noi non sappiamo di che cosa l’uomo è ancora
capace, ha un senso insistere nella dolorosa vita su questa terra.
H. Plessner, 1931
1
Questa tesi di laurea intende analizzare e ripercorrere il lavoro di Helmuth
Plessner, filosofo e sociologo, rappresentante dell’antropologia filosofica tedesca
contemporanea; lo scopo è quello di rendere manifesta l’ambiguità e l’oscurità che
avvolge la questione sulla natura dell’essere umano: diviene prioritario per
Plessner chiarire le modalità e gli strumenti che permettono una reale conoscenza
della forma organica più complessa al mondo.
Nei decenni compresi tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo,
l’affermazione del positivismo accentuò la distinzione tra scienze della natura e
scienza dello spirito: se nel pensiero positivista era viva la necessità di applicare a
quest’ultima gli stessi metodi di indagine utilizzati nei settori delle scienze
empiriche, al contrario, il sapere filosofico rivendicava una metodologia di ricerca
che, riflettendo sui risultati delle scoperte scientifiche, giungesse alla totalità
dell’esistenza umana: posta tra scienza e filosofia, questa nuova corrente di
pensiero edificò un sapere del tutto nuovo, che restituiva all’uomo la sua natura
profondamente incerta.
1
H. Plessner, Potere e natura umana. Per un’antropologia della visione storica del mondo, a cura
di B. Accarino, Roma, Manifestolibri, 2006
7
Si tratta di un progetto filosofico complesso, delicato sotto tanti punti di vista, che
intende fare dell’essere umano un ente unitario che, come organismo, intrattiene
con l’ambiente esterno un rapporto di reciproco scambio e di reciproca
interazione.
Alcuni temi fondamentali della filosofia - quali, per esempio, i concetti di
soggettività e oggettività, oppure la definizione di corpo animato e corpo
inanimato, o ancora le relazioni che intercorrono tra gli esseri viventi, il loro
rapporto con l’ambiente - si ritrovano , dunque, costretti a confrontarsi con i molti
sviluppi delle scienze della natura, sempre più settorializzate e specifiche nei
riguardi dei loro oggetti di studio.
La crescente specializzazioni dei saperi, infatti, ha restituito un’immagine sempre
più frammentaria dell’essere umano: ridotto, ormai, alle sue sole proprietà fisiche
e chimiche, l’uomo ha perso l’intima conoscenza di sé stesso.
L’antropologia filosofica di Plessner, sviluppata secondo una fenomenologia
dell’essere vivente, coglie e spiega le caratteristiche specifiche dei diversi gradi
della realtà organica, con particolare attenzione alla natura umana, partendo da un
solo e unico principio fondamentale.
Il filosofo intende ripensare la concezione essenziale della natura umana: nel suo
opus maius, I gradi dell’organico e l’uomo. Introduzione all’antropologia
filosofica
2
, pubblicato nel 1928, illustra la sua idea di biofilosofia, offrendo
un’attenta descrizione del modo di apparire dei corpi, in un percorso progressivo
che dagli organismi più elementari giunge all’uomo.
Un’antropologia così elaborata è in grado di cogliere l’uomo nelle sue sfumature
più deboli e sottili, investigando le zone limiti e di confine tra i molteplici aspetti
del reale; poiché è in quelle zone che l’essere umano agisce, ride, piange e
conduce la complessa architettura della propria vita.
2
H. Plessner, I gradi dell’organico e l’uomo. Introduzione all’antropologia filosofica, a cura di V.
Rasini, Torino, Bollati Boringhieri, 2006
8
L’opera si pone l’arduo compito di cogliere la totalità e le specificità dell’uomo,
avvalendosi del punto di vista biologico per rintracciare la sua complessa unità
psico-fisica.
In questo senso, l’antropologica filosofica di Plessner si configura per la sua
apertura nei confronti dei risultati delle scienze naturali.
Ne I gradi dell’organico e l’uomo, egli afferma che «i due metodi devono
giungere alla cooperazione, perché solo insieme, ma mantenendo pienamente la
loro autonomia, possono porre mano all’oggetto, che è complesso per via della
duplicità d’aspetto di corporeità e interiorità»
3
: da qui, l’esigenza di una filosofia
della natura che faccia dell’indagine biologica una sua componente fondamentale.
La filosofia del novecento, se ne deduce, è stata capace di riguadagnare una nuova
prospettiva sul soggetto umano, che guardi al corpo stesso e non alla sola ragione
e alle sue funzioni.
Plessner dà, così, vita, ad una ricerca interdisciplinare, in grado di cogliere la
dimensione corporea e spirituale dell’uomo, senza ridurre l’una all’altra, ma, al
contrario, oltrepassando la divisione cartesiana tra realtà fisica e realtà psichica.
All’interno dell’opera, Plessner conduce l’indagine sull’uomo secondo due
diverse direzioni, una orizzontale, una verticale: la prima indaga l’uomo nel suo
agire culturale e sociale, la seconda indaga la posizione naturale dell’uomo
rispetto agli altri esseri viventi.
Questa seconda direzione, però, sembra imporsi sulla prima; il filosofo, infatti,
afferma: «prima di tutto bisogna ottenere chiarezza su ciò che si può indicare
come vivente» e solo in seguito «si potranno intraprendere ulteriori passi verso
una teoria dell’esperienza vitale nel suo più elevato livello umano»
4
.
A partire da questo presupposto, Plessner conduce una deduzione dei “modali
organici”, grazie ai quali è possibile scovare le peculiarità proprie dell’essere
umano.
3
Ivi, p. 95
4
Ivi, p. 56
9
Il concetto o principio di “posizionalità”, espresso all’interno dell’opera, è il
pilastro d’appoggio dell’intero sistema organico, che articola le forme di
organizzazione del vivente e della singolare “eccentricità” che manifesta l’uomo.
Posizionale, per Plessner, è un corpo che, pur restando nel proprio essere, è altro
rispetto al suo apparire; risulta, quindi, difficile definirlo attraverso categorie
statiche e rigide.
Le diverse forme dell’organico vengono tutte definite attraverso questo principio;
ne deriva un’articolazione della natura organica che ordina gli esseri vivente in
base al loro maggiore o minore grado di indipendenza rispetto all’ambiente.
Intendo precisare che non si tratta di una deduzione che attribuisce all’uomo
l’eccellenza rispetto alle altre forme viventi, ma che stabilisce, invece, diversi
livelli di riflessione del principio posizionale, rispetto al quale, poi, si definisce il
soggetto.
Il principio che muove Plessner nella deduzione dei caratteri costitutivi del
vivente è quello della “realizzazione del limite”: il corpo vivente, infatti, non è
semplicemente delimitato dal suo contorno come un qualsiasi corpo fisico, ma, al
contrario, possiede il suo limite.
In altre parole, se nella realtà inorganica il limite è semplicemente un intermezzo
che segna la fine di un corpo e l’inizio di un altro, non appartenendo, quindi,
propriamente ad esso, viceversa, nella realtà organica, il limite rimanda allo
sviluppo autonomo del corpo, che si realizza nel passaggio da ciò che è a ciò che
ancora non è.
Il limite, quindi, non è una barriera, bensì una soglia, grazie alla quale l’uomo
diviene, usando le parole dello stesso Plessner, effettivo
5
: il corpo organico è
racchiuso in se stesso, è differente rispetto all’esterno, e, contemporaneamente,
aperto nei riguardi dell’altro; desideroso di spingersi oltre i suoi stessi limiti, si
contrappone anche a se stesso come autocoscienza.
5
Ivi, p. 130
10
Si realizza così la duplicità di aspetto propria di ogni vivente che, dialetticamente,
si rivolge a ciò che gli è esterno e, insieme, torna su se stesso.
Nella graduazione dell’organico, la pianta appartiene al primo grado di questa
evoluzione, essendo scarsamente indipendente dal ciclo vitale in cui è inserita;
seguita poi dall’animale che, come forma separata dall’ambiente, gode di una
maggiore autonomia.
L’animale, sebbene sia dotato delle facoltà di sentire e agire, e sebbene utilizzi il
proprio corpo per intervenire sull’ambiente, concentrato nella propria attualità,
non è in grado di rapportarsi realmente con se stesso: un corpo centrico, come
quello della forma animale, deve potersi superare.
Ciò avviene nell’uomo che, per la sua natura eccentrica, raggiunge la totale
riflessione su di sé: per questo motivo è “l’eccentrico”
6
.
Il concetto di eccentricità, infatti, supera la posizione animale, costringendo
l’uomo a vivere tutta la tensione della continua mediazione con se stesso;
mediazione che rende l’animale-uomo inquieto, alla continua ricerca di un sapere
che è destinato a non raggiungere mai.
Plessner non fissa mai l’uomo in alcuna natura già data, lo concepisce, semmai,
come un essere caratterizzato dalla capacità di vedere se stesso e il mondo della
natura da una posizione che non coincide mai con quella del suo corpo.
Attraverso l’analisi de I gradi dell’organico e l’uomo, intendo rispondere ad
alcune domande fondamentali: quali sono le caratteristiche distintive dell’essere
vivente? e ancora, che cosa differenzia il regno della vita rispetto al regno
dell’inorganico?
Alla fine, il tentativo di Plessner di conciliare il sapere filosofico e il sapere
scientifico, e di rintracciare l’unità dei due aspetti propri dell’uomo, quello
spirituale e quello materiale, produrrà un’ulteriore lacerazione: l’autoriflessione
con se stesso.
Il lavoro è organizzato in quattro capitoli.
6
Ivi, p. 312
11
Il primo di questi, essenzialmente introduttivo, intende far chiarezza sul contesto
storico entro cui operò il filosofo, sulle esigenze ideologiche e metodologiche che
inevitabilmente ne derivarono, e sui motivi che spinsero Plessner ad elaborare una
simile filosofia dell’uomo; verranno delineati, quindi, i concetti fondamentali
della sua antropologia: partendo dal principio di vitalità, passando per il
controverso rapporto con il suo maestro Scheler, fino a giungere alla rottura
definitiva con il dualismo cartesiano e al superamento del sistema gnoseologico
kantiano del pensiero.
Il secondo e il terzo capitolo sono, invece, dedicati ad un’attenta analisi dell’opera
guida di questa tesi di laurea, I gradi dell’organico e l’uomo.
Più propriamente, nel secondo capitolo verranno fatti degli accenni preliminari
sull’opera, per poi passare alla definizione del corpo vivente e del limite; verranno
individuate le caratteristiche essenziali degli esseri viventi, con particolare
riferimento alla categoria posizionale, così da delineare ciò che distingue la forma
aperta, propria delle piante, dalla forma chiusa, propria degli animali e dell’uomo.
Il capitolo si conclude con un approfondimento della posizionalità animale,
esprimibile nella forma “qui e ora”; questo costituisce uno scarto decisivo con la
posizionalità eccentrica di cui gode, invece, l’essere umano, essendo colto nel suo
rapporto con il divenire futuro.
Il terzo capitolo, invece, presenta e indaga l’essere umano, così come ne parla
Plessner; verranno definiti i concetti di coscienza e di persona, così da analizzare
il rapporto che l’uomo instaura con l’ambiente circostante; verranno, poi,
delineate le leggi antropologiche, specifiche modalità dell’essere attraverso cui
l’umano manifesta nel mondo il proprio corpo e il proprio spirito.
Infine, verranno studiati alcuni comportamenti espressivi, così come li analizza
Plessner ne Il riso e il pianto; intendo precisare che si tratta di un breve accenno, e
non di uno studio sistematico sull’opera citata: per la completezza della mia
trattazione, farò riferimento all’estesiologia dello spirito elaborata dal filosofo, dal
momento che il fenomeno espressivo, oltre ad essere intimamente legato al corpo,
testimonia la presenza di una componente spirituale all’interno dell’essere umano.