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motivi orientali solo dopo Corinto e Atene. Fa eccezione l’isola di Creta in cui, a partire dal
VII secolo a.C., la produzione plastica diventa più abbondante e migliore rifacendosi allo stile
del Vicino Oriente.
Lo studio della scultura di età orientalizzante è stato supportato da un’analisi diretta
delle più antiche opere di plastica greca, conservate presso uno dei musei più importanti, il
Louvre, dove è custodita la celebre Dama d’Auxerre, considerata il prototipo dello stile
dedalico. Da quest’opera, unitamente ad altre sculture realizzate soprattutto a Creta, sono stati
estrapolati i caratteri fondamentali dell’arte dedalica, rilevati in particolar modo nella resa
frontale della testa, che manca di profondità, e nella tradizionale capigliatura,
l’Etagenperrücke, a “piani orizzontali”.
Se per la Grecia la produzione scultorea dedalica è caratterizzata dall’impiego
soprattutto della pietra, fatta eccezione per Creta in cui fu impiegato per prima l’uso delle
matrici conosciute da tempo nel Vicino Oriente, in Magna Grecia e in Sicilia, il materiale
utilizzato è l’argilla, anche per grandi figure, sia per quelle frontonali sia per le metope sia per
le immagini votivi e culturali. Le terrecotte dei territori coloniali analizzati superano quelle
della madrepatria in numero, varietà tipologica e raffinatezza artistica.
Lo studio si è poi concentrato sulla produzione coroplastica della Magna Grecia e della
Sicilia che costituisce la documentazione più cospicua di un’attività scultorea che altrimenti ci
sarebbe poco nota data la rarità di opere in marmo o in bronzo sicuramente provenienti da città
greche di Occidente o ad esse riconducibili.
La terracotta rappresenta il materiale più frequente per offerte votive di persone più
modeste, non in grado di dedicare, nei grandi centri di culto della madre patria, monumentali
exvoto che spesso assumevano anche una funzione di simboli del prestigio e del potere
economico della città donatrice. La maggior parte dei fedeli preferisce l’offerta nei santuari
locali dove le forme di culto e di venerazione sono più direttamente consone agli interessi e
alle concezioni locali.
Soltanto uno studio complessivo della lettura diacronica della documentazione
archeologica offerta dai vari contesti di rinvenimento potrà contribuire ad arricchire e rendere
più articolata l’analisi degli aspetti culturali e rituali delle aree sacre che ci hanno restituito
reperti dedalici. Tutto ciò determina un legame più immediato con una società più composita
nella quale all’elemento di origine etnicamente greca si è fuso l’elemento indigeno assimilato
dall’unità di cultura: ma assimilazione non significa identificazione per cui rimangono ancora
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operanti stimoli di interessi, originariamente estranei al patrimonio ellenico, che trovano la
loro collocazione nella cultura figurativa greca. Prende avvio così una produzione artigianale,
come quella della coroplastica, che si diversifica in livelli qualitativi differenti che non devono
essere giudicati con il metodo delle capacità dell’esecutore. Tali diversità possono derivare, da
una parte, da esigenze economiche, che si esplicano soprattutto nelle dimensioni, e dall’altra
da una più facile identificazione dei propri interessi nell’oggetto da dedicare attraverso forme
meno colte, ma più istintive, meno dettagliate ma più facilmente comprensive del gusto del
donatore. Perciò la differenziazione che, indipendentemente dallo stato di conservazione, si
può applicare al materiale coroplastico italiota e siceliota si può spiegare non come puro e
semplice diverso dosaggio di cultura greca e di cultura indigena ma come multilaterale
interpretazione di una domanda assai complessa, che si articola entro una gamma molto vasta
di mezzi economici e di effettivi interessi culturali.
Fino a qualche decennio fa, come vedremo nello specifico capitolo, la produzione
artistica dei territori presi in esame era ritenuta una semplice trasposizione provinciale
dell’arte della madrepatria; oggi con una evidenza sempre crescente si presenta dotata di
caratteri originali. Sarebbe erroneo considerarla come una realtà unitaria e perfettamente
omogenea. Essa è varia e diversa da luogo a luogo, sicché nella sua esistenza si può penetrare
soltanto cercando di intendere le molteplici gradazioni del rapporto e dell’incontro tra la
tradizione artistica ellenica e le forme italiche indigene. Tuttavia risulta difficile distinguere
esattamente in un’opera determinata l’apporto stilistico greco da quello locale: comunque, il
sincretismo stilistico è la caratteristica peculiare dell’arte della Magna Grecia e della Sicilia.
Altrettanto difficoltoso risulta definire nettamente le differenze artistiche tra una colonia ed
un’altra. Tale mancanza di unità dipende dall’assenza di centri capaci di unificare sul piano
culturale e artistico le numerose colonie, sebbene siano stati individuati i principali centri di
produzione coroplastica sia in Magna Grecia che in Sicilia.
Per questa ricca produzione coroplastica il punto di partenza fu l’arte greca, poiché è
naturale che i colonizzatori dell’VIII e VII secolo a.C. abbiano dapprima importato dalla
madrepatria sia gli exvoto e le immagini di cui avevano bisogno per il culto degli dei e i riti
funebri, sia le statuette di terracotta che servivano come unguentari. Questi esemplari furono
subito imitati e di conseguenza si trovano le stesse immagini eseguite in terrecotte diverse e a
volte in materiale diverso come il legno per gli ξόανα.
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Successivamente alla raccolta bibliografica e fotografica dei singoli reperti dedalici,
attraverso visite dirette presso alcuni dei musei che dispongono di tali materiali, come il
Museo Civico di Cosenza e il Museo Archeologico Nazionale di Sibari, si è proceduto con
l’analisi delle terracotte della Magna Grecia e della Sicilia, che presentano affinità stilistiche e
concordanza cronologica con la coroplastica dedalica della madrepatria.
In mancanza di uno studio esaustivo e settoriale della produzione scultorea dedalica nei
territori oggetto d’indagine, la ricerca è partita dall’individuazione dei principali centri di
produzione della plastica magnogreca e siceliota nota attraverso la documentazione
archeologica e museale. Procedendo da nord a sud, per ciascuna area analizzata, è stato
adottato un unico schema di classificazione dei reperti dedalici, tenendo conto della
provenienza, della datazione, dei dati relativi alle dimensioni, alla tecnica di lavorazione e allo
stato di conservazione, cui fanno seguito le voci relative alla descrizione e alla bibliografia di
riferimento. È stato presentato poi un prospetto riassuntivo dei principali dati raccolti in
seguito all’analisi svolta, in relazione alla distribuzione dei reperti.
Con questo mio lavoro, si è voluto costruire un repertorio ragionato di terrecotte note,
scavate ed edite, dal quale con successivi aggiornamenti e più specifici approfondimenti altri
potranno trarre materiali e spunti per costruire un catalogo completo delle terrecotte dedaliche
in Magna Grecia e in Sicilia.
____________________________Capitolo I – Origine e diffusione della scultura dedalica
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Capitolo I
Origine e diffusione della scultura dedalica
I.1 – La “questione dedalica”
Il problema delle origini della scultura greca è strettamente legato al mito di Dedalo.
Cospicua è la serie di notizie relative a questo personaggio, pur essendo il più remoto nel
tempo. Si tratta di brani di leggende fiorite intorno al suo nome e che attribuiscono un
valore mitologico ai dati biografici1.
In seguito all’esaltazione del classicismo greco ad opera del Winckelmann, iniziò un
lento ma progressivo filone di studi volti alla rivalutazione dell’arcaismo in seguito alle
crescenti scoperte ad Atene, nel Peloponneso, a Creta, in Sicilia. In tale prospettiva, si
attribuì una coscienza artistica a Dedalo, eponimo di una tradizione scultorea che
raggruppava gli “incunaboli”. Uno dei padri fondatori di questa definizione critica fu E.
Loewy, il quale nel 1910 delineò una ricostruzione storica dei primordi della scultura greca
sollevando il problema delle origini in seguito alla scoperta di sculture di Priniàs e
sviluppando una tesi “pancretese”. Su questa scia proseguirono altri studi promossi da P.
Orsi, di cui si ricorda il celebre contributo “Daedalica Siciliae” del 1918; Gabrici, con il
suo articolo “Daedalica Selinuntia” del 1936; W. Deonna, di cui si ricorda il contributo dal
titolo “Dédale ou la statue de la Grèce achaique”; J. H. Jenkins, con il suo studio
“Dedalica, a Study of Dorian Plastic Art in the seventh Century b. C.” del 19362.
Di pari passo a questi studi inaugurati da Loewy, si sviluppa, su basi diverse, la
ricerca di E. Kunze nel 1930 che aveva come obiettivo la definizione dei rapporti di alcune
strutture delle figure arcaiche dai contorni non netti e talora trascurati con lo stile
geometrico della seconda metà dell’VIII secolo a.C., senza però risalire ad un’origine
qualsiasi di queste opere e limitandosi a delineare i confronti fra creazioni plastiche e stile
geometrico finale al fine di determinare alcuni dati cronologici3. Il Kunze identificò in una
1
BECATTI 1953-54, p. 22.
2
BECATTI 1953-54, p. 22.
3
ARIAS 1972, p. 27.
____________________________Capitolo I – Origine e diffusione della scultura dedalica
6
nuova sensibilità corporea, opposta all’interesse dello stile geometrico per il contorno delle
figure, il passaggio dallo stile geometrico alle forme della plastica protoarcaica4.
L’esigenza di stabilire una relazione tra l’arte greca e il territorio in cui essa si
manifesta in modi diversi sta alla base degli studi di H. Payne e di D. Levi, i quali tentano
di ricostruire storicamente le origini almeno di una parte della scultura greca arcaica,
approfondendo successivamente sia per Corinto sia per Creta il problema dei centri di
produzione e individuandone i caratteri peculiari e le componenti5.
Il dibattito inerente la priorità di un centro per l’elaborazione delle forme della più
antica scultura greca si è sviluppato attorno a Corinto e a Creta. All’inizio del secolo
scorso, gli studi di Kunze, Payne, Levi attribuivano l’origine e lo sviluppo del dedalico
all’isola di Creta e sottolineavano che le officine cretesi, insieme ad alcune altre dei più
importanti centri del mondo greco, avevano avuto una funzione di guida nella elaborazione
delle forme della più antica arte greca6. In un secondo momento, in seguito agli studi di
Matz, Langlotz, Buschor, si è fatta risalire l’origine della scultura dedalica al Peloponneso
Nord-orientale oppure alle Cicladi, secondo le teorie di E. Hommann-Wedeking7.
Nonostante qualche probabile forzatura, nel tentativo di studiare il valore figurativo
ed estetico della scultura dedalica, abbia portato all’attribuzione nei centri dorici delle
culture artigianali più note, tuttavia non bisogna dimenticare l’importanza e l’originalità
della tradizione dorica nel processo di formazione dell’arte attica e di come questa sia
legata all’ambito culturale cretese. In questo senso si spiega il tentativo di E. Homann-
Wedeking che, nel 1950, aveva cercato di rintracciare, nella storia dei motivi artistici
ellenici più antichi, il motivo della creazione della scultura monumentale nella comparsa
del nome del dedicante dell’artista, nel VII secolo, specialmente in opere insulari (si veda il
c. d. Apollo di Mantiklos)8.
Ne è scaturito un approfondito studio dell’arte protoarcaica di Creta, della quale si
sono individuate due correnti: una corrente eterocretese, collegata direttamente alla
tradizione minoica e manifestazione del sostrato preellenico degli Eterocretesi; una
corrente dedalica, collegata all’arte greca ed espressione della popolazione dorica9. In
questa prospettiva, la corrente dedalica era considerata a Creta una manifestazione
secondaria, sorta sotto l’influenza delle scuole peloponnesiache e in particolare di quella
4
RIZZA 1963, p. 27.
5
ARIAS 1972, p. 29.
6
RIZZA 1963, pp. 29, 41.
7
RIZZA 1963, p. 29.
8
ARIAS 1972, p. 29.
9
RIZZA 1963, pp. 29, 30.
____________________________Capitolo I – Origine e diffusione della scultura dedalica
7
spartana, ritardata e deviata nel suo sviluppo dalla forza della tradizione minoica che si
manifesta nelle forme dell’arte eterocretese. In tale contesto rientrano gli sphyrelata10 di
Dreros (Fig. 1), che rappresentano una figura maschile e nuda stante, identificata come
Apollo, secondo la formula iconografica canonica che vede il dio giovane per eccellenza
del pantheon greco, nudo, dal fisico atletico e dai lunghi capelli, e due figure femminili
vestite, identificate con Artemide e Leto, con polos in testa, una lunga veste trattenuta in
vita ed un epiblema portato simmetricamente sulle spalle11. La triade, pur accostandosi ai
principi generali della plastica dedalica per la costruzione dei corpi, si può attribuire ad un
ambiente provinciale in cui sono fortemente sentiti i canoni della tradizione minoica, come
si evince dalla stilizzazione dei capelli della figura maschile, a massa piatta, striata
verticalmente, che termina sulle spalle schiacciata contro la superficie del cranio e del
collo, con i chiari riferimenti ad esemplari della plastica minoica come la Dea dei
serpenti12.
Nell’ambito della discussione, al fine di stabilire la corretta paternità della più antica
scultura greca, si è proceduto con l’analisi della plastica corinzia e di quella cretese.
Dall’analisi delle opere scultore attribuite a Corinto, è emerso che le teste sono
costruite in maniera tale che, sezionate orizzontalmente, presentano nella parte anteriore, in
corrispondenza dell’aggetto del volto, un contorno schiacciato in forma di parentesi quadra
10
Gli sphyrelata, realizzati secondo una tecnica di origine orientale, sono statue ottenute martellando una
lamina di bronzo e piegandola intorno ad un nucleo di legno a cui la lamina è inchiodata. LAMBRUGO 2008,
p. 48. HAFNER 1969, pp. 77-79.
11
D’ACUNTO 2005, pp. 10-26.
12
RIZZA 1963, p. 31.
Fig.1 - Dreros, Iraklion, Museo: sphyrelata
(da GIULIANO 2003)
____________________________Capitolo I – Origine e diffusione della scultura dedalica
8
con negli occhi appena arrotondati, in modo tale che il volto risulta fortemente appiattito,
concepito in una visione frontale e con i piani laterali appena accennati. Da queste
considerazioni emerge che nella plastica corinzia il volto si presenta come una maschera
piatta applicata alla massa della testa retaggio della plastica di epoca geometrica, come
emerge dai tipi più antichi di statuette protodedaliche provenienti da Perachora13. Nel corso
del VII secolo Corinto esercitava una forte influenza nel Peloponneso perdendo
d’importanza in seguito alla forte ondata ionica nella metà del VI secolo14. Per tale motivo
alcuni studiosi hanno tentato di rintracciare elementi ionici nella produzione scultorea
corinzia, come Croissant che parla di influenze siro-fenicie nel tardo VII secolo oppure di
influenze cicladiche, in contrapposizione ad un filone di ricerca che nelle opere di
produzione corinzia, in calcare ed in terracotta, non intravede alcune di queste tracce15.
Nella produzione scultorea cretese, la costruzione del volto si presenta a “piani
convergenti”, in cui la faccia asciutta, con le guance magre ed incavate, trova la sua
spiegazione nella costruzione stessa del volto, costituito da due piani che si incontrano al
centro lungo l’asse del naso in modo da determinare, nella sezione orizzontale, un contorno
in forma di angolo ottuso. Esempi tipici di tale rappresentazione si riscontrano nelle figure
femminili sedute protodedaliche di Priniàs e nel torso di Eleutherna16. A questi esemplari
possiamo aggiungere alcune figurine di Axòs (Fig. 2) ed un frammento di altorilievo fittile
del museo di Candia (Fig. 3), che sembra riprodurre il rilievo di Priniàs17.
13
RIZZA 1963, p. 41.
14
BOOKIDIS 1995, p. 323.
15
BOOKIDIS 1995, pp. 248-289.
16
RIZZA 1963, p. 42.
17
PERNIER 1914, p. 103.
Fig. 3 - Figure fittili dal
Museo di Candia
(da PERNIER 1914)
Fig. 2 - Figure fittili di Axòs
(da PERNIER 1914)
____________________________Capitolo I – Origine e diffusione della scultura dedalica
9
Gli elementi comuni alla plastica corinzia e cretese sono rappresentati dal contorno
del volto nella veduta frontale, sostanzialmente triangolare, stretto e allungato nella fase
più arcaica, che va allargandosi negli esemplari più recenti fino ad assumere una forma più
o meno ovale, con una fase intermedia tendenzialmente trapezoidale dovuta ad una rettifica
del mento. Tale schema-base triangolare del volto, equilibrato ai lati delle due masse della
parrucca a piani orizzontali, rappresenta la peculiarità dello stile dedalico18. L’importanza
di questa stilizzazione del volto consiste nell’aver permesso il passaggio dalla concezione
disorganica delle teste di stile geometrico ad una costruzione organica e coerente, la cui
forma costituisce il punto di partenza della plastica greca del VII secolo. Proprio per tali
motivazioni si è tornati ad indicare Creta come sede di partenza della scultura greca di età
alto-arcaica, ipotesi confermata dai ritrovamenti del 1954 nel deposito votivo della città
cretese di Gortina19. Altre sculture provenienti da Creta, come l’esemplare dal territorio di
Malles (Fig. 4) che rappresenta un personaggio seduto su un trono, il cui viso triangolare
col cranio schiacciato superiormente e con un’acconciatura tipica dedalica, attestano
l’importanza dell’isola nel processo di formazione della corrente artistica che dall’Egeo
arrivò fino in Occidente e l’influsso che direttamente o per mezzo del Peloponneso o
dell’Attica l’arte dedalica poté esercitare su quella di Corcira e della Sicilia20.
18
CANCIANI 1978, p. 484.
19
RIZZA 1963, p. 43.
20
PERNIER 1914, p. 110; PERNIER 1916, pp. 312-314.
Fig. 4 – Scultura in pietra da Malles
(da PERNIER 1916)