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Introduzione
Obiettivo di questo lavoro è quello di analizzare i discorsi che Giuseppe Conte ha
tenuto durante il periodo compreso tra il 4 marzo e il 3 giugno 2020, prima vera
ondata del virus SARS-CoV-2. Presidente del Consiglio dei Ministri al tempo dei
fatti, Conte ha scelto una strategia altamente comunicativa: i suoi discorsi, infatti,
hanno segnato le varie tappe del cosiddetto primo lockdown, dalla chiusura totale
del 4 marzo alla riapertura dei confini regionali del 3 giugno.
Il carattere straordinario della situazione ha costretto il governo ad adottare misure
altrettanto uniche e difficili, che talora la popolazione ha accolto sfavorevolmente,
soprattutto in vista delle loro ripercussioni economiche sulle attività lavorative ed
economiche. Questo, insieme alla necessità di rassicurare i cittadini anche dal
punto di vista strettamente sanitario, ha indotto Giuseppe Conte a rivolgersi
direttamente alla cittadinanza molto spesso; dal 4 marzo al 3 giugno, infatti, si
contano 11 discorsi.
Le registrazioni dei discorsi, ora consultabili sul sito ufficiale del Governo italiano
(www.governo.it), sono state da me trascritte e riportate integralmente in
appendice.
Il primo capitolo del presente lavoro ripercorrerà le principali vicende riguardanti
l’evoluzione del discorso politico in Italia nell’ultimo quarantennio di storia
nazionale, con particolare attenzione al passaggio dal cosiddetto “politichese” al
“gentese”, il linguaggio per la gente comune. Nel secondo capitolo ricostruirò
sinteticamente le principali fasi della pandemia di SARS-CoV-2 e ne illustrerò le
caratteristiche principali. Una corretta comprensione del contesto della pandemia
è, infatti, premessa necessaria e ineludibile, perché permette di vedere nella loro
giusta luce le scelte e le strategie retoriche messe in atto da Giuseppe Conte nei
suoi discorsi alla popolazione italiana.
4
L’analisi dei discorsi del Presidente del Consiglio dei Ministri al tempo dei fatti è
oggetto del terzo capitolo. Questo sarà articolato in modo da sondare puntualmente
i diversi ambiti della retorica classica: partendo dall’accordo con l’uditorio e dai
luoghi, l’analisi si snoderà seguendo l’articolazione del discorso. In seguito, mi
occuperò nel dettaglio di esordio, narratio, argomentazione ed epilogo, fornendo
esempi concreti tratti dai discorsi di Conte. Infine, saranno oggetto di analisi le
figure retoriche e i tratti morfologici, nonché i segnali tipici del discorso politico.
Questa tesi segue un’ampia tradizione di studi sul discorso politico e dei politici e
per questo uno degli studi da me più volte consultato nel corso delle mie ricerche
è la monografia Mi consenta un girotondo. Lingua e lessico nella Seconda
Repubblica di Dell’Anna e Lala.
1
I discorsi di Giuseppe Conte presi in analisi in
questo elaborato, tuttavia, non sono ancora stati oggetto di ricerche approfondite e
specifiche data la loro estrema attualità. A seguire le medesime linee di indagine
del mio studio, ampliandone però il raggio, è il lavoro di Domenico Bonaventura
uscito nel marzo del 2021: Virus, comunicazione e politica: Conte, Renzi, Salvini,
De Luca, Meloni. Stato d’emergenza – lockdown, 31 gennaio-4 maggio 2020.
Come la politica ha comunicato sé stessa.
2
Le fonti scientifiche da me maggiormente usate possono essere raggruppate in tre
principali linee tematiche. La prima, che ha come oggetto d’analisi la
comunicazione politica, comprende studi scientifici che analizzano i cambiamenti
intervenuti in questo ambito negli anni Novanta e le loro cause. Per il secondo
capitolo, che tratta, nello specifico, il tema del virus SARS-CoV-2, ho invece
attinto dalle fonti ufficiali, basandomi principalmente sul manuale di B. S. Kamps,
C. Hoffmann Covid Reference-06 del 2020. È questa un’opera disponibile
1
M. V DELL’ANNA, P. LALA, Mi consenta un girotondo, Lingua e lessico nella Seconda Repubblica,
Lecce, Mario Congedo Editore, 2004.
2
D. BONAVENTURA, Virus, comunicazione e politica, Ariccia (RM), Aracne Editore, 2021.
5
gratuitamente online, aggiornata costantemente, tradotta in molte lingue, tra cui
l’italiano, e giunta a marzo 2021 alla sesta edizione.
Per il lavoro di analisi vera e propria dei discorsi, ho scelto di basarmi
principalmente su due volumi, ovvero sul Manuale di retorica di Bice Mortara
Garavelli (Firenze, Bompiani, 1988) e sul fondamentale Traité de l’argumentation.
La nouvelle rhétorique di Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca (Presses
Universitaires de France, 1958). Ovviamente nel corso del lavoro sono state
consultate anche altre opere, tutte citate nelle note a piè di pagina e nella
bibliografia finale; l’approccio metodologico, però, è quello seguito dagli studiosi
dei volumi sopra citati.
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1. La lingua della politica, dal “politichese” al “gentese” e i
discorsi di Giuseppe Conte
1.1 Il linguaggio della politica
Il binomio linguaggio-politica esiste dalla notte dei tempi. Per comprenderlo è utile
distinguere lingua dei politici e lingua della politica. La prima è la varietà d’uso
degli studiosi di scienze storiche e politiche ed ha un certo grado di
formalizzazione e un lessico specialistico; la seconda, invece, si rivolge a tutti ed
ha compiti ben precisi: informare, comunicare e suscitare partecipazione emotiva.
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La funzione principale della lingua della politica è quella conativa, cioè la ricerca
del consenso. Un politico, infatti, è tanto più capace quanto più riesce a produrre
nella mente del suo uditorio un impercettibile, ma fondamentale, slittamento: dal
far sapere qualcosa, egli riesce a far credere e, infine, a far volere. Risulta
fondamentale, in questo senso, il ruolo non solo del contenuto, ma anche e
soprattutto della forma scelta per veicolarlo.
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Un politico si rivolge sempre a un destinatario, dal quale dipende la sorte lavorativa
dell’oratore. Per il politico si rivela necessaria una conoscenza adeguata del
proprio pubblico, sia dal punto di vista sociale e ideologico, sia da quello
puramente culturale e linguistico. È importante, infatti, conoscere i punti forti e
deboli del gruppo al quale rivolge il proprio messaggio, al fine di veicolarlo nella
maniera più opportuna, senza urtare alcuna sensibilità e, soprattutto, assicurandone
la piena comprensione.
Nell’uditorio di un politico si possono distinguere due gruppi, in base alla fiducia
o meno in lui riposta. Nei confronti di chi aderisce alla medesima fede dell’oratore,
infatti, si opta per una comunicazione politica rituale, tesa a rafforzare il legame
3
M. V. DELL’ANNA, P. LALA, Mi consenta un girotondo. Lingua e lessico nella Seconda Repubblica,
cit., p. 23.
4
Ibidem.
8
già esistente Quando invece l’uditorio è costituito da appartenenti a schieramenti
politici diversi da quelli dell’oratore, è opportuna una comunicazione politica di
carattere argomentativo, che ha l’obiettivo di cercare quanti più consensi possibili.
5
La scelta politica, infatti, non è immutabile ed è proprio sulla posizione oscillante
del pubblico, che fa parte del fisiologico processo di crescita e cambiamento
dell’individuo, che fa leva la scelta linguistica dell’oratore.
I discorsi politici possono essere sia orali, sia scritti. I testi scritti consistono in
manifesti, volantini e articoli giornalistici; quelli orali, invece, in interviste,
relazioni, discorsi congressuali e interventi parlamentari. Quest’ultimo tipo, in
particolare, presenta connotati precisi. Si caratterizza infatti come un discorso
scritto per essere letto da un destinatario specifico, spesso anch’esso politico,
linguisticamente controllato.
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Nel corpus di testi da me analizzati è presente un
intervento parlamentare, del Presidente del Consiglio dei Ministri al tempo dei fatti
Giuseppe Conte, che ho deciso di inserire poiché trasmesso in televisione e quindi
indirizzato non solo ai politici, ma anche a tutto il popolo. Rispetto agli altri, si
nota che il testo 6 del 25 marzo presenta un lessico più puntuale e specifico; in
generale, è un discorso più approfondito, lungo e ben organizzato. È evidente,
infatti, che l’obiettivo di questo intervento non era tanto quello di informare il
pubblico sulle nuove restrizioni, come invece si evince da ognuno degli altri
discorsi, quanto quello di fare il punto della situazione di fronte ai propri colleghi,
marcando punti forti e punti deboli di ogni mossa.
Molto importante nella lingua della politica è il canale attraverso cui il messaggio
viene trasmesso. Se un tempo il mezzo privilegiato era la stampa, con l’avvento
della televisione le forme di comunicazione politica si sono moltiplicate: nascono,
infatti, l’intervista, i dibattiti, le tribune politiche, i tele-comizi e tutti i programmi
televisivi incentrati di tema politico. Insieme al mezzo, quindi, ciò che è
5
Ivi, p. 25.
6
Ivi, p. 29.
9
profondamente cambiato è anche il luogo: se prima, infatti, i politici svolgevano i
propri comizi in piazza, nei teatri o nelle sedi di partito, dove il pubblico era
costituito principalmente da simpatizzanti, con l’avvento della televisione i
destinatari sono potenzialmente infiniti. L’avvento dei mezzi di comunicazione di
massa, come la televisione, ha rivoluzionato la comunicazione politica,
influenzandone forma e contenuti. Il fine primario di questi mezzi, cioè
l’intrattenimento, porta i politici ad adeguare i propri messaggi allo stile
comunicativo prevalente in questi luoghi, arrivando ad adottare le logiche
pubblicitarie.
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Gli oratori, infatti, diventano prodotti da vendere secondo le regole
del marketing; il cittadino-elettore è il consumatore ultimo e il potenziale voto
rappresenta l’atto di acquisto.
8
Diventa quindi fondamentale la ricerca sul target
(così è avvenuto già con Berlusconi): più si conoscono le persone a cui ci si rivolge,
meglio si potrà indirizzare il messaggio.
Questo mette l’oratore in una posizione paradossale e del tutto nuova: il fatto di
non dover stare faccia a faccia con il proprio pubblico sembrerebbe un punto a
favore del politico. In realtà, dietro a ogni telecamera si possono celare i volti, le
opinioni e i giudizi di un pubblico enormemente più ampio e ideologicamente
differenziato rispetto a quello di una piazza o di un teatro, ponendo quindi l’oratore
in una nuova posizione comunicativa.
9
La comunicazione politica risulta
spettacolarizzata, drammatizzata; l’obiettivo, infatti, è conquistare i cittadini e in
televisione questo implica una nuova necessità: non basta più farsi ascoltare, ma
serve farsi notare, mostrarsi. I programmi diventano quindi i palcoscenici in cui
tono della voce, postura e sguardo verso la telecamera diventano elementi
importanti tanto quanto le parole scelte al fine di conquistare più persone
possibili.
10
7
P. LEŚNIAK, Linguaggio della seconda repubblica nel panorama della comunicazione politica all’alba
del nuovo millennio, Cracovia, Jagiellonian University Press, 2010, p. 124.
8
Ivi, p. 125.
9
Ivi, p. 26.
10
Ibidem.
10
Un altro aspetto importante del mezzo televisivo è il livello di dettaglio che
consente di ottenere. La telecamera e lo zoom, infatti, grazie alla tecnologia che
sviluppa schermi sempre più grandi e ad alta definizione, consentono all’uditorio
di osservare da vicino ogni sguardo ed espressione del politico, cosa prima
impossibile. Questo pone l’oratore in una nuova condizione da controllare: è
fondamentale fare attenzione non solo a ciò che si dice, ma anche ai meccanismi
prossemici e mimici che possono generare reazioni nel pubblico.
11
Si possono distinguere due tipologie di discorso politico: quello polemico e quello
didattico. Il primo presuppone il confronto con le posizioni degli antagonisti;
l’oratore mira a far immedesimare il pubblico e ricorre a tecniche testuali di
embrayage attanziale, che si manifestano nell’uso della forma personale nelle frasi
e nella scelta di deittici temporali e spaziali che contestualizzano il messaggio nel
“qui e ora”. La seconda tipologia, invece, non prevede alcun confronto e non cerca
paragoni con l’avversario; al contrario, punta a condurre l’uditorio a riconoscersi
nei contenuti dei messaggi, nei quali non si intravede la presenza dell’oratore. Si
parla, quindi, di débrayage attanziale, caratterizzato dall’uso impersonale della
frase, da temi generali e dalla scarsa collocazione nel “qui e ora”.
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I testi da me
analizzati sembrano rientrare più nella seconda categoria di discorsi; hanno come
obiettivo la persuasione del pubblico non tanto in merito alla figura politica di
Conte, quanto dei temi proposti. Lo scopo dell’oratore, infatti, è quello di divulgare
le azioni intraprese dal governo contro la pandemia e, al tempo stesso, di
persuadere i cittadini a seguire le norme. Unico caso di attacco diretto a un altro
politico, ovvero a un avversario che sostiene idee differenti dall’oratore sul tema
del discorso, è sferrato da Conte nel discorso del 10 aprile 2020, nel quale il
Presidente accusa Matteo Salvini e Giorgia Meloni di mentire rispetto al Mes.
11
Ibidem.
12
Ivi, p. 29.