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2.3 Le modalità e le strategie di espansione nei mercati esteri
Le modalità con cui si decide di entrare nel mercato estero rappresentano un passo
fondamentale per l’azienda esportatrice, ragion per cui bisogna preparare una giusta
strategia che tenga conto di tutte le variabili necessarie al fine di ottenere risultati
vantaggiosi per l’azienda. Ovviamente la modalità prescelte, saranno sempre in
funzione della scelta che vuole fare l’impresa, ovvero se far sì che produzione e
sviluppo di competenze rimangano nel Paese di origine, o se scegli di optare per
spostare la produzione all’estero, stringendo alleanze o investimenti diretti. Ragion per
cui possiamo avere diverse modalità di ingresso:
▪ Esportazione indiretta (ad esempio attraverso l’intervento di
consorzi, buyer o trading companies),
▪ Esportazione diretta (attraverso agenti plurimandatari, punti
vendita, operatori locali ecc.),
▪ Cooperazione con partner esteri (piggyback, franchising,
contratto di direzione, contratto di fabbricazione, joy venture,
ecc.),
▪ Esportazione diretta (consociate e filiali commerciali)
25
.
Le aziende che presentano maggior concentrazione di competenze e risorse umane nel
paese di origine, prediligono utilizzare l’esportazione di tipo diretto o indiretto, in
quanto queste prevedono minori investimenti e meno rischi. Le aziende che scelgono la
modalità di esportazione indiretta, sono quelle che vogliono evitare di avere una
propria organizzazione di vendita estera, in modo tale da non gestire direttamente le
25
Chionne R. (2005).
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varie operazioni commerciali con l’estero, bensì di affidarle a soggetti terzi i quali si
occuperanno della distribuzione del prodotto, limitando così, costi e rischi derivanti dal
processo di internazionalizzazione. Si deduce che tale modalità indiretta, permette
all’azienda di ampliare le proprie attività, senza modifiche sostanziali dell’assetto
organizzativo e produttivo dell’azienda e senza ingenti investimenti. Vi sono diverse
tipologie di soggetti terzi che fungono da intermediari:
• Buyer: questa figura, che agisce per conto di imprese estere che acquistano
ingenti volumi di prodotto, attraverso manifestazioni o altri eventi come ad
esempio le fiere, ricerca prodotti e/o marchi da acquistare per l’impresa per cui
lavora;
• Trady companies: rappresentano società di intermediazione commerciale che
offrono una ampia gamma di servizi per l’esportazione, come servizi di
marketing, servizi logistici e finanziari, analisi e ricerche di mercato,
informazioni sui clienti ecc. Grazie alle loro grandi dimensioni, l’utilizzo di tale
intermediario permette di beneficiare di economie di scala ed elevata conoscenza
dei mercati esteri, e di evitare tutte le problematiche risultanti dalle transazioni
commerciali, in quanto se ne fa carico tale parte terza;
• Imprese importatrici: sono aziende che lavorano per conto del produttore e si
occupano di importare i prodotti nel mercato in del cliente estero;
• Export management company: sono società di esportazione che, per un numero
limitato di imprese operanti nella stessa filiera produttiva, svolgono attività di
esportazione adempiendo a compiti amministrativi e logistici derivanti dalla
vendita all’estero;
• Consorzi export: questi consorzi assolvono diversi servi a favore delle piccole
imprese, per aiutarle nel processo di espansione internazionale. Questi consorzi
di esportazione possono o meno addossarsi il rischio commerciale, ovvero,
possono non acquistare direttamente i prodotti, bensì ricercare potenziali
acquirenti esteri, oppure, possono acquistare direttamente i prodotti dalle
imprese a cui si sono associati, e come una società di import/export, rivenderli ai
compratori esteri.
Mentre, nel caso dell’esportazione diretta, l’azienda ha un contatto più diretto con il
cliente finale e un maggior controllo sui distributori locali, potendo così, gestire in
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autonomia le politiche di marketing. Da qui si capisce come questa forma di
esportazione porti ad un maggior raggiungimento degli obiettivi commerciali e
strategici, permettendo di avere un recupero sul margine economico delle vendite. Le
modalità di esportazione diretta prevedono la realizzazione di strategie di lungo periodo
e soprattutto la costruzione di un sistema organizzativo ben strutturato. Le esportazioni
dirette posso avvenire in diversi modi:
1) Rete di vendita per l’export: usata se non vi è necessità di un’ingente assistenza post-
vendita. Tale modalità è gestita dagli agenti all’estero che si occupano dei rapporti con i
potenziali clienti esteri o con i vecchi acquirenti al fine di vendere il prodotto al maggior
numero di clienti, valutare le nuove tendenze di mercato e fornire l’adeguata assistenza,
tutto con il supporto dell’impresa per la quale lavora;
2) Sussidiaria commerciale estera: tale scelta prevede l’istituzione di una propria filiale
nel paese estero che permette all’impresa, di effettuare una distribuzione diretta del
prodotto, coordinando la sua attività con quella di agenti e distributori;
3) E-commerce: il commercio elettronico, ossia tramite l’utilizzo di internet, permette di
effettuare le vendite senza dover lasciare o delocalizzare la propria sede operativa
permettendo di accorciare le distanze tra il venditore e l’acquirente, con una notevole
riduzione dei costi di comunicazione e promozione. Ne esistono più tipologie:
- Commercio elettronico tra imprese: si rivolge a imprese trasformatrici o rivenditori
intermediari e gli importi delle transazioni sono mediamente elevati;
- Commercio elettronico tra imprese e consumatori finali: i prodotti vengono offerti a
tutti gli utenti della rete e i prezzi sono più contenuti rispetto alla prima tipologia. Offre
diversi vantaggi, in particolare la possibilità di scegliere tra molti prodotti e la velocità
di consegna;
- Commercio elettronico tra consumatori finali: gli utenti interagiscono tra loro
attraverso siti specifici in cui la trattativa commerciale è lasciata alle parti;
33
- Commercio elettronico intra-aziendale: chiuso e limitato ai soggetti appartenenti
all’azienda
26
.
Per quanto riguarda le cooperazioni con partner esteri, spesso identificate con il nome
di alleanze strategiche, esse sono una modalità di entrata nel mercato estero, a medio-
lungo termine, che donano all’impresa che li stipula, diversi benefici, diversamente non
ottenibili, dati soprattutto dallo scambio reciproco di conoscenze e risorse, permettendo
una condivisione di rischi e costi. Sono le varie tipologie di accordi strategici stipulabili,
che si differenziando in base alle risorse e competenze condivise:
- Piggyback:
“È l’accordo mediante il quale l’impresa di produzione o di distribuzione estera
(rider) si serve della rete distributiva di un’impresa locale (carrier) per
commercializzare il proprio prodotto”
27
. L’impresa carrier acquisisce sia la
possibilità di ingrandire il proprio portafoglio prodotti, senza costi elevati, che la
possibilità di ridurre i costi di distribuzione grazie appunto, alla rete di vendita,
mentre, per l’azienda rider non solo ci sono minor costi da sostenere, in quanto
non deve crearsi una propria rete di vendita, ma vengono ridotti le tempistiche di
consegna del prodotto al consumatore finale.
- Franchising:
Esso può essere definito come un accordo di collaborazione per la vendita di
beni e/o servizi, stipulato tra due aziende, una produttrice, definita franchisor, e
un’azienda o più aziende distributrici definite franchisee. Il franchisor concede
al franchisee il diritto di utilizzo della propria formula commerciale, compreso lo
sfruttamento del suo know-how e dei propri segni distintivi. Fornisce inoltre
assistenza e altre prestazioni necessarie a far sì che l’affiliato gestisca la propria
attività con la stessa immagine dell’affiliante. Il franchisee utilizza l’insegna e/o
il marchio, le conoscenze, i metodi commerciali, ecc. dell’affiliante, avviando in
26
Lombardi L. (2014).
27
Silvestrelli S. (2008).
34
questo modo un’attività il cui rischio di insuccesso è piuttosto basso
28
. Quindi
avviare un’impresa in franchising comporta una serie di vantaggi come la
possibilità di raggiungere mercati esteri, facendo affidamento sulle finanze e
competenze organizzative degli imprenditori di quel paese che si occuperanno
direttamente della distribuzione e vendita del prodotto. Tuttavia bisogna prestare
molta attenzione nell’organizzare una giusta rete di comunicazione tra
franchisee e franchisor per assicurarsi un ottimale gestione dei flussi di prodotto
nel paese estero.
- Licensing
Il termine licensing indica quelle attività in cui il titolare di una proprietà
intellettuale (licensor), garantisce a un’altra parte (licensee) il diritto di utilizzo della
stessa, dietro un determinato corrispettivo. Senza la garanzia di questo diritto, o
della licenza, l’utilizzo della proprietà intellettuale è illegale
29
. Solitamente, chi
ricorre a questa forma di entrata sul mercato estero, è quell’impresa che non
possiede un’adeguata capacità organizzativa e/o finanziaria tale da agire in maniera
autonoma sul mercato estero. Infatti i vantaggi forniti da tale accordo di licenza,
consentono di inserirsi rapidamente nel mercato estero, raggirando le problematiche
relative alle importazioni. Tuttavia bisogna prestar attenzione ai rischi di tale
modalità, derivanti sia dalla possibilità di perdita di controllo sulla strategia di
marketing estero, e sia dalla possibile nascita di un futuro concorrente.
- Joint-venture
Essa rappresenta un accordo tra due o più imprese che può essere impostato come
un’intesa formale oppure tramite la realizzazione di una società, al fine di
raggiungere gli obiettivi di interesse comune. Le imprese partecipanti condividono
sia risorse finanziare, sia know-how che competenze gestionali e tecniche. Questo
permette che vi siano minor investimenti all’entrata, maggiori competenze e risorse,
rispetto ad un’azienda che svolge in autonomia la propria attività all’estero, e un
28
del Re V. (2011).
29
Battersby G., Simon D. (2013).
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maggior controllo della competitività cosi come maggior appoggio da parte dei
governi dove si è stabilita la joint-venture.
Dunque risultano essere molteplici le modalità di entrata nei mercati esteri, ragion
per cui, la scelta di una piuttosto che un’altra deve essere ben ponderata, andando a
ricercare i giusti mercati di investimento, nei quali siano presenti grandi vantaggi
per l’azienda, come ad esempio facile insediamento produttivo, basso costo della
manodopera, elevata domanda interna del prodotto o bassi costi d’investimento.
Quando si prende la decisione di iniziare un processo di internazionalizzazione, è
bene realizzare un’attenta analisi del sistema competitivo, che permetterà
all’azienda di redigere un’adeguata strategia competitiva d’ingresso, in quanto
“l’ingresso in un nuovo mercato comporta delle difficoltà tra cui il superamento
delle barriere all’entrata, la limitata conoscenza del mercato/settore, la conquista di
una quota di mercato ex novo, il confronto con i concorrenti già presenti, la
mancanza di un preesistente flusso di ricavi per finanziare i costi e gli investimenti
richiesti, la scarsa propensione della struttura a cimentarsi in campi sconosciuti”
30
.
La strategia di ingresso è costituita essenzialmente dalle seguenti tre fasi:
• Pre-entrata: tale fase prevede l’acquisizione di tutte le informazioni
necessarie per capire come e se entrare nel mercato estero. Quindi reperire
informazioni, ad esempio, sulle variabili macroeconomiche caratterizzanti il
mercato di interesse come l’andamento del PIL e dell’inflazione, il trend del
commercio internazionale, o il flusso degli investimenti diretti esteri, in
quanto essi sono direttamente proporzionali ai paesi con tassi di crescita
elevati. Oltre a tali varabili è opportuno considerare altri fattori importanti
come i bisogni di quel mercato, le aree lasciate “incolte” dai competitors, le
modalità di entrata più consone, le risorse finanziarie necessarie, i trend di
sviluppo, ecc. Ovviamente dopo aver reperito tali informazioni, si valuta se
l’entrata nel mercato estero può risultare proficua o meno, e nel caso non
risulti conveniente l’impresa può decidere di abbandonare tale iniziativa.
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Invernizzi G. (2014).